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Il Trittico prende il nome dal paesino abruzzese di Beffi, situato nei pressi di Tione, in provincia dell’Aquila. Conservato nella chiesa di Santa Maria del Ponte fino al 1915 fu poi ritirato per motivi di sicurezza e sottoposto a restauro. Dopo il restauro fu trasferito nel Museo Nazionale dell’Aquila.

Era esposto nel Museo Nazionale d’Abruzzo quando L’Aquila fu colpita dal terribile terremoto del 6 aprile 2009, che ha distrutto il centro storico del capoluogo abruzzese. “Sopravvissuto” al terremoto non riportò danni.

Fu scelto come ambasciatore dell’arte italiana negli Stati Uniti, simbolo della rinascita e dello straordinario patrimonio culturale nazionale: grazie al tour americano fu ammirato da oltre un milione di visitatori.

Dall’8 febbraio 2011 è di nuovo esposto a L’Aquila nel salone della Banca D’Italia. E’ un segnale di ripresa e di rivincita nei confronti dei problemi causati dal terremoto.

L’alta qualità della realizzazione suggerisce che l’opera sia stata realizzata da un maestro di chiara fama, molto esperto nella tecnica pittorica e nella preparazione dei pigmenti cromatici. L’autore viene identificato come il “maestro di Beffi” e operò in Abruzzo tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo.

Nel tempo sono stati suggeriti diversi nomi, soprattutto di artisti di scuola senese; più di recente è stato avanzato il nome di Leonardo Savini da Teramo, un abile maestro molto documentato a Sulmona (nativo di Teramo divenne in seguito cittadino sulmonse).

Il Trittico, opera a tempera su tavola, propone il racconto di alcuni episodi salienti della vita della Madonna; nella tavola centrale cuspidata è rappresentata la Madonna col Bambino in trono e due angeli; sullo sportello di sinistra sono raffigurate la Natività e l’Adorazione dei pastori con un donatore, su quello di destra la Dormitio e l’Incoronazione della Vergine. Si tratta di un’opera d’arte di grande raffinatezza, fascino ed eleganza.

È un capolavoro corrispondente a un gusto molto preciso, quello tipico del gotico internazionale. Altissima è la qualità della manifattura, che si manifesta nei pigmenti brillanti d’origine naturale, rimasti inalterati dopo sei secoli, nell’oro zecchino, utilizzato come fondo e per sottolineare precisi dettagli (come ulteriore colore e fonte di luce) e nella sofisticata punzonatura delle aureole, impresse con straordinaria professionalità.

Bibliografia
L. Arbace, Viaggio intorno al Trittico di Beffi: Arte come libertà, il fascino del tardo gotico italiano.
C. Pasqualetti, «Ego Nardus magistri Sabini de Teramo»: sull’identità
del ‘Maestro di Beffi’ e sulla formazione sulmonese di Nicola da Guardiagrele.

GALLERIA FOTOGRAFICA

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