3.8
(4)
A cura di Antonio Marchianò

L’abbazia di Santa Maria del Patire, a Rossano, fu fondata intorno al 1095 dal monaco e sacerdote Bartolomeo di Simeri, grazie all’aiuto del conte Ruggero e dell’ammiraglio normanno Cristodulo. Venne dedicata a “Santa Maria Nuova Odigitria”, anche se è conosciuta con il nome di “Santa Maria del Patìr“, o semplicemente “Patire” (dal greco Patèr = padre), attribuzione data come segno di devozione al padre fondatore. Le vicende della formazione della chiesa sono narrate nel Bios di S. Bartolomeo di Simeri. Nel Bios racconta che il santo siciliano viveva in una laura nei pressi di Rossano, dove ben presto venne raggiunto da discepoli desiderosi di seguire il suo esempio. La Vergine, apparsagli in sogno, ispirò al santo il desiderio di fondare in quel luogo un monastero a Lei dedicato. Per avere i mezzi e i fondi necessari, Bartolomeo si rivolse ad un personaggio eminente della corte normanna: Cristodulo, ammiraglio della flotta normanna di Sicilia. Per suo tramite, il santo fu presentato alla contessa Adelaide, che lo accolse con favore ad approntò con molta generosità i mezzi necessari per la costruzione del monastero. Il monastero divenne per tutti Santa Maria τοũ πατρός, del Padre , per la presenza e la fama di Bartolomeo.

Fig.1 – Santa Maria del Patir.

Oltre al Bios ci sono altri due documenti che ci informano sulla fondazione del Monastero. Il primo, datato al 1103, è una donazione di Ruggero II a Bartolomeo, che vi figura come abate della nuova Odigitria. L’altro è una bolla del 1105 in cui il pontefice Pasquale II sottometteva il monastero alla Santa Sede. La ricchezza del monastero fu assicurata da numerose elargizioni e donazioni di pontefici e personaggi di rilievo. Le sorti del monastero rossanese seguirono infatti quelle del monachesimo greco del sud Italia, che dopo la splendida fioritura di età medievale fu interessato da un lento declino economico, spirituale e culturale. Il monastero venne definitivamente soppresso nel 1806, anche se i religiosi se ne allontanarono solo nel 1830.

Del complesso monastico rimangono ora i ruderi di un chiostro, frutto però di rifacimenti posteriori, e la chiesa, che nonostante le spoliazioni, i restauri, frequenti terremoti che la colpirono minandone parzialmente le strutture, mostra sostanzialmente le forme originali. E’ una costruzione in pietra, adornata da una cornice di conci e mattoncini su mensole che percorrono l’intero edificio, eccetto il lato settentrionale. Gli elementi decorativi più interessanti si trovano nella zona absidale. Decorazioni cromatiche si trovano anche presso i portali laterali: nel portale meridionale, fiancheggiato da due colonne con capitelli e mensole decorate, abbiamo un originale motivo di fiori stilizzati, mentre in quello settentrionale, anch’esso fiancheggiato da due colonne, vi è nella ghiera un motivo a saetta. Una serie di arcatelle cieche scandite al ritmo di cinque da lesene poggianti su uno zoccolo, percorre invece le tre absidi, ed ogni arcatella è decorata a sua volta da un tondo che racchiude un motivo stellare realizzato con tarsie di vario colore. La facciata è invece piuttosto semplice, ed evidenzia la tripartizione interna. Vi si apre un unico portale, fiancheggiato da colonne con capitelli decorati e sormontati da due oculi, il superiore probabilmente coevo alla ricostruzione, l’inferiore più tardo.

L’interno è una basilica a tre navate, di cui la centrale più alta delle laterali, con copertura ad incavallature lignee. Le navate sono divise da arcate a sesto acuto poggianti su colonne in muratura, impostate su basi , forse di rimpiego, prive di capitello. Un arco trionfale e due laterali più piccoli immettono nell’area del presbiterio, sopraelevato rispetto al resto della costruzione e suddiviso in tre ambienti absidati. La tripartizione dello spazio presbiteriale, tipico delle costruzioni legate alla cultura orientale, risponde a criteri di ordine liturgico: nel vano centrale, più ampio, detto Bema, avviene la liturgia eucaristica vera e propria; il vano a sinistra dell’altare, il Diakonikos, è utilizzato per i riti della vestizione e per la conservazione di libri, vasi sacri e altri oggetti di culto; infine nel vano di destra, detto Protesis, avvengono i riti preparatori alla liturgia vera e propria. Tutti e tre i vani presentano una copertura a cupola. Il monastero presenta una decorazione pavimentale in mosaico nella navata centrale ed in opus sectile presso le navate laterali. Tale decorazione doveva svolgersi per gran parte del pavimento attuale. In una visita apostolica del 1587 parla di un “pavimento tutto de marmi, ad usanza delle chiese di Roma et bona parte, circa il terzo de detto pavimento, è fatto et lavorato a dadi de marmo con animale at mostri depinti..” In seguito all’abbandono della chiesa, i baroni Compagna utilizzarono parte di questi marmi per la decorazione della loro cappella di famiglia nella vicina Schiavonea. Non rimane dunque che una vasta area decorata presso la navata centrale, il cui disegno presenta elementi vegetali (fiori e foglie) intrecciati fra loro a formare delle rotae, dischi di oltre due metri di diametro, con figure di animali mitologici: un liocorno, un centauro (fig2), un felino(fig.3) e un grifone (fig4). Troviamo anche un’iscrizione che recita che BLASIUS VENERABILIS ABBAS HOC TOTUM IUSSIT FIERI. Blasio è documentato come abate di Santa Maria del Patir nel 1152: intorno a questi anni è possibile datare l’opera musiva. Nelle navate laterali rimangono invece resti di decorazioni in opus sectile con motivi geometrici, del tutto simili a quelli ritrovati nel pavimento musivo della vicina San Adriano a San Demetrio Corone.

Il pavimento non è l’unico vanto della costruzione: la relazione del 1587 ci informa della suppellettile ed oggetti liturgici di grande valore, di cui oggi non rimane nulla, eccetto una tavola con la Vergine Odigitria donata da Atanasio Calceopilo nel periodo del suo archimandriato ed oggi presso il Museo Arcivescovile di Rossano.  Un altro oggetto è il fonte battesimale conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York (fig.5), reca un iscrizione incisa lungo il bordo data al 1137 su commissione di Luca, successore di Bartolomeo come igumeno del Patirion. L’oggetto mostra nella forma e nella decorazione contatti e derivazioni d’ambiente nordico rare in Italia. L’autore forse fu Gandolfo artefice della conca battesimale oggi conservata presso il Museo Nazionale di Messina, proveniente dal monastero di S. Salvatore a Messina. Luca commissionò il prezioso recipiente patirense a Gandolfo, un artigiano d’oltralpe.

Fig. 2 – Santa Maria del Patir, mosaici, liocorno, centauro e iscrizione.
Fig. 4 – Fonte battesimale conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York.

 

Bibliografia

Barralt X., Altet l., Il mosaico pavimentale, in La pittura in Italia. L’Altomedioevo, Milano 1994.

Barralt X., Altet l., Volte e tappeti musivi in Occidente e nell’Islam, in Il mosaico, a cura di C. Bertelli, Milano 1998.

Batifol P., l’abaye de Rossano contribution a l’historire de la vaticane (Paris 1891),London 1971,pp.6,55,60, Vat.2000,2050.

Burgarella F., “Rossano in epoca bizantina”. Daidalos, 2003, Vol. III, n. 3, pp. 10-15.

Colafemmina, C., San Nilo di Rossano e gli ebrei, in Atti del Congresso Internazionale su S. Nilo di Rossano (28 settembre – 1 ottobre 1986), Rossano-Grottaferrata 1989, pp. 119-130.

Gradilone, A., Storia di Rossano, Cosenza 1967.

Guiglia Guidobaldi, s.v. Pavimento, in Enciclopedia dell’Arte medievale, vol. IX, Roma 1998.

Guilou A., Le liber visitationis d’athanase Chalkeopolos (1457-1458). Contribution à l’historie du monachismo grec en Italie meridionale (studi e testi 206), Città del Vaticano 1960,pp.140-147, 271-273; F. Russo“ Storia ed arte del Patirion Rossanese”, in fede arte XII 1964,pp. 308-312; F. Russo, regesto vaticano per la Calabria, II, Roma 1974,nn. 1190, 11970-11976.

Mercati S. G., ” Sul tipico del monastero di S. Batolomeo di Trigoria tradotto in italo-calabrese  in trascrizione greca da Francesco Vucisano”, in ASCL VIII, 1938, p.205;S. G. Mercati, “Sulle reliquie del monastero di S. Maria del Patir presso Rossano “, in ASCL IX, 1939, pp. 1-14.

Nordhaggen P.J. , s.v. Mosaico, in Enciclopedia dell’Arte medievale, vol. VIII, Roma 1997.

Orsi P., Le chiese basiliane della Calabria, Firenze 1929,pp.113-151.

Rende M., Cronistoria del monastero e chiesa di S. Maria del Patir(Napoli 1717), Ris. Anast. Rossano scalo 1994.

 

Sitografia

http://www.artesacrarossano.it/codex.php

Quanto ti è piaciuto l'articolo?

Fai clic su una stella per votarla!

Media dei voti: 3.8 / 5. Totale: 4

Nessun voto finora! Sii il primo a votare questo post.