LA CAPPELLA DI SAN GIUSEPPE A BRERA

A cura di Francesca Richini

 

 

La cappella di San Giuseppe. Da Santa Maria della Pace alla Pinacoteca di Brera

Visitando la Pinacoteca di Brera si può osservare la pittura lombarda del XV-XVI secolo: Bergognone, Foppa, Bramante, Bernardino Luini sono alcuni degli artisti presenti. Questo percorso passa per la sala XIII, dove si ripropone quella che doveva essere la struttura della cappella di San Giuseppe, in origine in Santa Maria della Pace a Milano.

 

Gli affreschi dipinti da Bernardino Luini e Bernardo Zenale intorno al 1520-1521 sono arrivati a Brera in diversi momenti dal 1805 al 1875. Il convento venne soppresso per decreto napoleonico nel 1805 e trasformato in caserma, deposito e scuderia. Fu questo atto a far optare per la scelta di spostare gli affreschi all’interno della Pinacoteca di Brera con l’intenzione di salvarli da fine certa. Partendo dalle pitture meglio conservate e più facili da rimuovere, arrivando poi a quelle della volta, dell’arco di ingresso e dei pennacchi più complicate da strappare. La disposizione attuale delle opere cerca di riproporre quella originaria della cappella. È tuttavia il frutto di uno studio eseguito da Ludovico Pogliaghi, come testimonia un suo acquerello, su volere dell’allora direttore della Pinacoteca di Brera. Studio utile ma tuttavia difficile, data la già precaria situazione nella quale versava la struttura e l’affresco, come testimonia Carlo Torre nella sua “Guida di Milano” a causa della forte umidità.

 

La cappella di San Giuseppe

Avvicinandosi alla cappella riproposta a Brera si può osservare nell’intradosso di ingresso quattro profeti: Davide, Salomone ed altri due profeti. Alzando lo sguardo, si osserva la volta con lunette a forma di conchiglie dove sono presenti arcangeli accompagnati da coppie di angeli intenti a reggere spartiti e strumenti musicali. Gli strumenti musicali raffigurati e riconoscibili sono un flauto traverso, un doppio flauto dritto, un liuto, una lira, un organo portativo, una lira da braccio, una cetra a corde detta altobasso, una tromba ed una zampogna. Dei cherubini collegano spicchi e lunette e sono presenti anche nelle fasce ornamentali, nelle vele e nei rombi; mentre, come punti di unione, piccole teste di angeli fanno da ponte alle strutture.

 

 

Scendendo con lo sguardo si possono osservare gli affreschi delle pareti il cui tema principale sono le “Storie della Vergine e di San Giuseppe”. Ricordandosi che la disposizione attuale non rispecchia probabilmente quella originaria, ma è frutto di studi. Partendo da sinistra, nella controfacciata la Cacciata di Gioacchino dal Tempio, sotto lEducazione di Maria; sulla parete sinistra lAnnuncio della nascita di Maria, lIncontro di Anna e Gioacchino alla Porta Aurea, la Natività della Vergine; sulla parete di fondo Tre giovani, San Giuseppe eletto sposo della Vergine, San Giuseppe e la Vergine di ritorno dalle nozze; sulla parete di destra la Presentazione della Vergine al Tempio, il Congedo di Maria dal Tempio, il Sogno di San Giuseppe; in controfacciata un frammento di angelo in volo.

 

Una problematica insoluta e che fa ancora discutere è la disposizione originaria delle opere. L’acquarello di Pogliaghi riprende le pareti già spogliate, mentre illustra la volta, il sottarco ed i pennacchi. Le guide del Seicento e del Settecento descrivono una pala, oggi andata perduta, raffigurante la Morte di San Giuseppe eseguita da Gerolamo Chignoli; lo stesso autore risulta essere pagato nel 1631-1632 per eseguire affreschi, di cui non rimane traccia, nel coro di Santa Maria della Pace insieme a Tanzio da Varallo, al Volpino e al Cerano. Non è certa neanche la posizione dell’altare. C’è chi sostiene che dovrebbe trovarsi sulla parete di fondo insieme alla pala perduta, dato che guide e fonti antiche riferiscono di affreschi di Luini alle pareti laterali. Altri, che l’altare avrebbe dovuto trovarsi sul lato destro, sotto la finestra, nell’incavo poco profondo dipinto dal Pogliaghi.

 

L’interpretazione delle figure fa ricorso a diverse fonti, quali i Vangeli apocrifi, la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze e, non ultima, lApocalypsis Nova scritta dal Beato Amadeo nel 1470 circa, su rivelazioni ricevute dall’arcangelo Gabriele. A quest’ultimo scritto si deve la massiccia presenza angelica della volta, come la rappresentazione di Maria e Giuseppe in preghiera dopo l’elezione di San Giuseppe a sposo della Vergine, ed anche la scena del Congedo di Maria dal Tempio, nel quale il sacerdote le impone di sposarsi e Maria si sottomette al volere del religioso. Una cosa salta all’occhio dello spettatore, la mancanza del completo ciclo pittorico. Andato perso a causa delle operazioni di strappo separate nel tempo e non complete.

 

Santa Maria della Pace

 

La chiesa, in origine facente parte del convento degli amadeiti, si trova in via S. Barnaba dietro l’edificio del palazzo di Giustizia di Milano. Acquistata nel 1967 dall’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro, è aperta al pubblico la mattina del primo giovedì del mese. Costruita nel 1466 con il supporto di Bianca Maria Visconti e sotto richiesta di Amadeo Mendes da Silva. La chiesa venne terminata nell’anno della consacrazione nel 1497, avvenuta sotto lo sguardo dell’arcivescovo Guido Antonio Arcimboldi.

 

La struttura religiosa, originariamente suddivisa da un tramezzo atto a separare i religiosi dai laici, oggi è a navata unica con cinque campate a volte ogivali a crociera. Alle pareti sono presenti grossi sostegni pensili che sorreggono i costoloni e gli archi trasversali del soffitto. Le cappelle laterali sul fianco destro, visibili da via S. Barnaba, sporgono semiottagonali dal lato della chiesa e hanno finestre allungate ogivali. Mentre sul lato sinistro sono presenti due cappelle per campata. La facciata, tra due contrafforti, con cornice in cotto ha un portale architravato restaurato che sostituisce l’originale barocco. Ai due lati sono presenti due finestroni e nel mezzo una grande finestra circolare sovrastata dal grande sole con il motto “Pax”. Il campanile cinquecentesco si trova presso la zona absidale.

 

La struttura della chiesa vide l’intervento di numerosi artisti della Milano dell’epoca, Guiniforte e Pietro Antonio Solari rispettivamente ne disegnarono la struttura originaria e la realizzarono. L’intervento di Marco d’Oggiono sia per la cappella di Giovanni Battista Bagarotti nel 1519, sia l’anno seguente per la crocifissione eseguita per il refettorio del convento. Gli affreschi di Tanzio da Varallo, ancora visibili in loco, sulla volta del vano absidale: l’Annunciazione dei Magi e l’Annuncio dei Pastori, eseguiti prima del 1630. La cappella di San Giuseppe dalla pianta quadrata e con volta ad ombrello fu costruita intorno al XVI secolo, vicino alla zona presbiteriale. Questa era, secondo le guide antiche, vicina alla cella del Beato Amadeo e ad un sacello dedicato al beato.

 

Nel 1805 la chiesa per decreto napoleonico venne chiusa e soppressa e sotto la direzione di Andrea Appiani, direttore della Pinacoteca di Brera, vennero rimossi dalla chiesa e trasferiti nella Pinacoteca le opere dei fratelli Campi, di Marco d’Oggiono, Gaudenzio Ferrari e Bernardino Luini (qui analizzati). A partire da questa data molte opere della chiesa vengono disperse e, in alcuni casi, sono visibili oggi in vari musei italiani. Nel 1841 diventa Riformatorio Marchiondi, poi riscattata nel 1900 circa diventa il Salone Perosi, sede di concerti. Restaurato ad opera dei Bagatti Valsecchi passa nel 1906 alle suore di Santa Maria Riparatrice. Oggi è, come già scritto, sede dei Cavalieri del Santo Sepolcro.

 

Amadeo Mendes da Silva

Il Beato Amadeo è stato l’iniziatore della Congregazione amadeita, scrittore dell’Apocalypsis Nova e fondatore di edifici religiosi nel ducato di Milano e nella Repubblica di Venezia, rispettivamente la Chiesa di Santa Maria della Pace a Milano nel 1466, la Chiesa di S. Maria Bressanoro a Castelleone nel 1460, il Convento della Santissima Annunciata a Borno nel 1469 e Santa Maria delle Grazie a Quinzano nel 1468.

Amadeo Mendes nacque nel Nordafrica forse a Ceuta nel 1420 circa, di lui non si hanno notizie certe né della famiglia di provenienza né di ciò che fece sino al 1452, anno nel quale ottenne la licenza di passare all’Ordine dei francescani minori e di recarsi in Italia ad Assisi. Arrivò a Milano nel convento di S. Francesco ed in breve la sua fama di guaritore e visionario giunse fino al duca Francesco Sforza e alla moglie Bianca Maria Visconti, di cui diventò sia il confessore privato sia la persona mandata per risolvere missioni delicate. Proprio grazie alla protezione di Bianca Maria ottenne la possibilità di fondare i conventi prima elencati.

Il frate, noto come “frater Amedeus Hispanus”, animato da una volontà di riforma fondò, oltre ai conventi, una nuova “organizzazione”. Atto che venne malvisto dall’Ordine dei francescani minori e che fece nascere diverse tensioni: tanto da coinvolgere il papa. Nonostante la mancanza di appoggio degli Osservanti il frate riuscì ad ottenere nel 1471 la protezione del papa Sisto IV, Francesco della Rovere, utile affinché la Congregazione, appena fondata, avesse la possibilità di allargarsi. Amadeo Mendes morì in seguito ad un malore mentre stava andando a Roma il 10 agosto 1482, nel convento milanese di S. Maria della Pace. La stessa struttura dal quale è stato staccato il dipinto qui analizzato.

 

 

 

Bibliografia

Touring Club Italiano, Milano, Guida d’Italia, Touring Editore, Rotolito Lombardia, Milano, ediz. 2015.

  1. Agosti, J. Stoppa, R. Sacchi, Bernardino Luini e i suoi figli. Itinerari. Ediz. illustrata, Officina Libraria, Milano, 2014.

 

Sitografia

https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00210/

https://www.treccani.it/enciclopedia/menes-silva-amadeo-de_(Dizionario-Biografico)/

https://pinacotecabrera.org/collezioni/opere-on-line/?sala=13

https://www.treccani.it/enciclopedia/bernardino-luini_(Dizionario-Biografico)/