TIZIANO E L’IMMAGINE DELLA DONNA NEL CINQUECENTO VENEZIANO

A cura di Silvia Piffaretti

 

 

Tiziano e limmagine della donna nel Cinquecento veneziano

Palazzo Reale, dal 23 febbraio al 5 giugno 2022, accoglie nei suoi spazi la mostra “Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento veneziano” che vede protagonisti, oltre al grande maestro, i suoi contemporanei quali Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese e Tintoretto. La curatela della mostra, prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Skira editore, in collaborazione con il Kunsthistorisches Museum di Vienna e la Fondazione Bracco, è affidata a Sylvia Ferino, già direttrice della Pinacoteca del Kunsthistorisches. Secondo la curatrice Tiziano ha ricreato la donna: “che si trattasse di dipinti religiosi, di ritratti, di “belle donne” o di personaggi femminili della mitologia, l’artista riuscì a conferirle un aspetto così vitale e luminoso, un tale spessore e un erotismo sempre così meravigliosamente sofisticato da assicurare fama eterna alla donna e a se stesso”.

 

La rimarchevole qualità di Tiziano risiedeva nell’essere abile ad infondere un’intensità nella realtà che percepiva. Tale fu il pensiero espresso nel 1576 da Antonio Persio nel Trattato dell’ingegno dell’huomo, nel quale veniva descritto il processo creativo del pittore: “quando volea disegnare o colorire / alcuna figura, tenendo avanti una donna / o un huomo naturale, cotal oggetto / così movea la vista corporale di lui, / e il suo spirito così penetrava nell’oggetto / di chi ritraeva, che facendo vista di non sentire / altra cosa che quella, venia a parere / a’ circostanti d’esser andato in ispirito”. L’atto creativo di Tiziano, che lo condusse a produrre immagini più belle di quanto la natura fosse in grado di fare, presentava la medesima intensità di un atto d’amore. Pietro Aretino, in una lettera a Jacopo Sansovino del gennaio 1553, descrisse il comportamento di Tiziano verso le donne: “Quello che mi fo maraviglia di lui / è che qualunque ne vede, o dove egli / si ritrova, le vezzeggia, si avanta a basciarle, / et con mille altre giovenili pazzie / le intertiene, senza passar più oltre”.

 

Il percorso espositivo

La mostra, che è articolata in undici sezioni, presenta un allestimento di Pierluigi Cerri Studio, mentre l’illuminazione, a cura di Lisa Marchesi Studio, crea un’atmosfera coerente con gli ambienti veneziani del Cinquecento, in cui luce e penombra consentono alle celate caratteristiche delle opere di emergere mettendo in luce la bellezza e lo status delle donne. L’esposizione, che presenta la donna in un contesto profano, si apre con le due protagoniste dell’Antico e del Nuovo Testamento: Eva di Tintoretto e Maria di Tiziano. A tale sezione introduttiva ne segue una dedicata ai ritratti, per la quale è opportuno premettere come nella prima metà del XVI secolo le donne veneziane delle classi agiate apparissero raramente ritratte, poiché la Serenissima non approvava il culto della memoria. Infatti Tiziano ritrasse donne non veneziane come Isabella d’Este, raffigurante una bellezza ideale, dal momento che all’epoca era ormai sessantenne, e la figlia Eleonora Gonzaga, di cui l’Aretino attribuì a Tiziano il merito di aver saputo combinare le due qualità contrastanti della donna, ovvero bellezza e castità.

 

Proseguendo nel percorso espositivo si incontra la sala dedicata alle “Belle veneziane”, genere diffuso in laguna all’inizio del XVI secolo e a metà tra ritratto reale e ideale. Nella rappresentazione di tali donne che guardano l’osservatore, da un lato gli anelli gemelli indicavano il fidanzamento, dall’altro il seno scoperto suggeriva una certa sensualità, anche se recenti letture gli attribuiscono un significato nuovo, quello di “aprire il cuore”. Infatti Lodovico Dolce nel Dialogo dei colori (1565), riferendosi ad un dipinto di Raffaello, suggerì come lo scoprire il seno fosse un modo per indicare il cuore come sede della verità dei sentimenti e della fedeltà. Un esempio eloquente è la Laura (1506) di Giorgione: al momento in cui il maestro vi stava lavorando, i ritratti di donna a sé stanti si limitavano a rappresentazioni di status e verosimiglianza fisica. Al contrario, egli introdusse una giovane in uno spazio buio di fronte a una pianta di alloro, facendole indossare un soprabito con una pelliccia maschile leggermente scostata per esibire il seno. La ghirlanda di alloro, come asserisce Cesare Ripa nell’Iconologia, oltre a rappresentare la virtù, mostra “che l’amor d’essa non è corruttibile, anzi come l’alloro sempre verdeggia, et come corona, o ghirlanda che di figura sferica non ha giamai alcun termine”.

 

Nelle successive sezioni dominano invece raffigurazioni di coppie di amanti che si prestano attenzioni, ma anche sante ed eroine come Lucrezia, matrona dell’antica Roma, che si tolse la vita per difendere il proprio onore dopo la violenza subita da Sesto Tarquinio, oggetto di due tele di Veronese e Tiziano. Tra le altre vi sono anche Giuditta e Susanna che, osservata dai vecchioni, è la protagonista di una magnifica tela in cui Tintoretto dispiega la sua eleganza e attenzione ai dettagli.

 

Oltre alle sale dedicate alle donne è presente anche un ambiente destinato ai letterati, polemisti e scrittori d’arte; è infatti importante ricordare come all’epoca Venezia fosse la capitale dell’editoria, per la presenza della tipografia di Aldo Manuzio. A fare da contraltare agli uomini di cultura vi sono le donne erudite, come scrittrici, poetesse e cortigiane che nel Cinquecento entrarono nel mondo letterario. Quasi al termine del percorso si colloca la sezione degli “amori degli dei”, in cui centrale è la vicenda di Venere e Adone; la dea della bellezza, graffiatasi per errore con una freccia di Cupido, provò la passione per il giovane che perse la vita in una battuta al cinghiale. Altro tema rappresentato è la conquista di Giove, a cui segue la sezione delle allegorie e l’ultima denominata “Oltre il mito” che chiude la mostra con Ninfa e pastore di Tiziano. In questo modo Palazzo Reale, dopo la precedente mostra “Le signore dell’arte. Storie di donne tra '500 e ‘600”, continua a riflettere sulla rappresentazione della donna attraverso un’accurata e rigorosa selezione di imperdibili capolavori della storia dell’arte riuniti in una medesima sede espositiva.

 

 

Informazioni di visita

Orari:

Martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.00 - 19.30

Giovedì 10.00 - 22.30

Lunedì chiuso

 

Biglietti:

Intero 14 euro

Biglietto Open 16 euro

Ridotto 12 euro: visitatori dai 6 ai 26 anni, over 65, portatori di handicap, gruppo e convenzioni

Ridotto 10 euro: possessori Abbonamento Musei Lombardia, Soci Orticola, visitatori in occasione di Art Week giovedì 31 marzo dalle ore 18.30 alle 22.30

Ridotto speciale 6 euro: scuole, giornalisti con tesserino ODG con bollino dell’anno in corso non accreditati dall’ufficio stampa e altre categorie convenzionate

Biglietto famiglia: 1 o 2 adulti 10 euro / ragazzi dai 6 ai 14 anni 6 euro

Gratuito: minori di 6 anni, guide turistiche abilitate con tesserino di riconoscimento, tesserati ICOM, giornalisti accreditati dall’ufficio stampa e altre categorie convenzionate, possessori Vip Card MiArt nella sola giornata sabato 2 aprile

 

Diritti di prevendita

2 euro per singoli e gruppi adulti

1 euro per scuole

 

Infoline e prevendite

02 92 800 822

 

Prenotazioni gruppi, scuole e visite guidate

02 92 800 822

 

Informazioni online e social

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#tizianomilano

 

Uffici stampa

Skira

Lucia Crespi | 02 89415532


LA CASA NATALE DI TIZIANO VECELLIO A PIEVE DI CADORE

A cura di Mattia Tridello

 

 

Introduzione

Tiziano Vecellio, un geniale talento

“Tizian, ch'onora

non men Cador, che quei Venezia e Urbino”

Ludovico Ariosto, Orlando furioso, Canto XXXIII

 

Con queste parole Ludovico Ariosto, nel trentatreesimo canto dell’Orlando furioso, descrive il genio di un uomo che, con la sua pittura, seppe diventare uno degli artisti più famosi, acclamati e richiesti del Rinascimento. La sua mente artistica innovativa che, con l’abile tocco pittorico, fu capace di tramutare la consolidata tradizione del disegno fiorentino, in una tecnica che si basava esclusivamente sul colore inteso come contorno stesso e riempimento, espresse magistralmente tutta la sua creatività artistica su quei colpi di luce vibranti che scaturiscono in rossi vividi, in quelle pennellate dense quanto vibranti che irrompono, prima ancora che nella tela, nel cuore dell’osservatore. Tiziano Vecellio fu tutto questo ma anche molto altro. Come abile imprenditore seppe curare e creare attorno a sé una fiorente bottega, si adoperò con pragmatica attenzione nel gestire gli investimenti e le entrate economiche, creò una fitta rete di commissioni tra le più alte cariche governative dell’Europa cinquecentesca. Per lui si sono scritti e composti innumerevoli contributi, biografie, studi e saggi volti a restituirne una vita dedicata all’arte e alla sua evoluzione. Tuttavia, rimane ancora incerta la data di nascita e tutto quel capitolo vitae che ne delinea l’infanzia e il periodo che anticipò il suo esordio nel panorama pittorico veneziano. Eppure, anche senza una data precisa della sua venuta alla luce, ancora oggi a noi si presenta una testimonianza fisica, visibile e visitabile di quell’infanzia vissuta nel magnifico paesaggio montano, tra i boschi, i sentieri e le vette delle Dolomiti. La sua casa natale è infatti pervenuta pressoché intatta fino ad oggi e, se ci si pensa, è suggestivo il fatto che proprio quelle mura, quelle pietre, quelle stanze udirono i primi pianti dell’artista, i primi passi, forse, come racconta un suo biografo, anche i primi disegni di un talento che da lì a poco sarebbe scaturito dando al mondo capolavori tanto unici quanto sublimi.

 

L’infanzia a Pieve di Cadore

Tiziano, secondogenito di Gregorio Vecellio, nasce nel borgo montano di Pieve di Cadore, a pochi chilometri dalla nota località di Cortina d’Ampezzo, nel bellunese, probabilmente in una data racchiusa tra il 1477 e il 1490. L’infanzia del giovane trascorse all’interno della casa natale insieme alla compagnia del fratello Francesco e delle tre sorelle, Orsa (Orsola), Caterina e Dorotea. Intorno all’età di nove-dieci anni, Tiziano, come viene affermato da Francesco Beltrame in “Cenni illustrativi sul monumento a Tiziano Vecellio”, “[...] digiuno di qualunque nozione elementare del disegno, essendo ancora fanciullo, sul muro della casa paterna effigiò l'immagine di Nostra Donna (la Madonna), valendosi per colorirla del succo spremuto dalle erbe e dai fiori: e tale fu lo stupore, che destò quella primizia del suo genio pittorico, che il padre stabilì di mandarlo col figlio maggiore Francesco a Venezia presso il fratello Antonio, affinché apprendesse le lettere e il disegno”. Fu così che egli, insieme al fratello e al padre, lasciò Pieve per recarsi in laguna; nella città che lo vedrà, nel corso di pochi anni, come uno degli artisti più richiesti e acclamati del Cinquecento. La sua formazione avviene presso le botteghe di Sebastiano Zuccato, Gentile e Giovanni Bellini e Giorgione. Proprio nei primi anni giovanili, con la carica espressiva del momento, Tiziano realizzò già alcune opere. La prima di queste, secondo un’attenta rilettura recente degli storici, sarebbe da individuare nel dipinto Jacopo Pesaro presentato a San Pietro da papa Alessandro VI (fig. 1) che, fatto risalire al 1503-1506, sarebbe la prima pittura che egli dipinse da ventenne.

 

Fig. 1 – Tiziano, Jacopo Pesaro presentato a San Pietro da papa Alessandro VI, 1503-1506, Museum voor Schone Kunsten, Anversa. Credits: Di Tiziano Vecellio - Opera propria photo taken on 2010-02-28, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9724849.

 

Successivamente, nel corso degli anni della formazione e della raggiunta fama veneziana, il pittore si stabilì in laguna. In particolare, la casa natale cadorina tornò ad essere abitata da Tiziano durante il suo ultimo quindicennio di vita; fu proprio in quel periodo che divennero sempre più frequenti i ritorni nella terra natia. Il pittore amava soggiornare nei luoghi dell’infanzia e di certo vi sostava anche per curare i propri beni e interessi economici, nonché commerciali. Cadore a sua volta accoglieva il suo illustre concittadino tanto che, molte volte, si rivolse a lui per cercare di risolvere alcuni incomprensioni o problemi con la Repubblica Serenissima. Tiziano amava trascorrervi spesso i mesi estivi tanto che, proprio in quel frangente, si offrì per la decorazione absidale della chiesa Arcidiaconale del paese, un’iniziativa che purtroppo non poté compiersi a causa della morte del maestro avvenuta il 27 agosto 1576.

 

La casa, l’esterno

A pochi passi dalla piazza centrale del borgo montano, in contrada Arsenale, si mostra in tutta la sua storicità la casa natale. L’esterno (fig.2) si presenta nelle vesti di una tipica a abitazione cadorina cinquecentesca: la divisione in due piani collegati da una scala lignea esterna e da un ballatoio, il camino addossato alle mura perimetrali e il tipico tetto detto a scandolette, ovvero ricoperto da assicelle in larice sopra travi a vista.

 

Fig. 2  - Casa natale di Tiziano, esterno. Fonte: Di Iriss1998 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=43723267.

 

La casa, l’interno

Accedendo al piano terra della casa, grazie alla porta a da arco che si affaccia sul piano di calpestio esterno, si entra in una stanza di notevoli dimensioni, detta “sala nobile”, molto comune tra le abitazioni cadorine quattrocentesche. Proseguendo con l’itinerario, attraversando un’altra stanza e la scala esterna, si giunge al piano primo dove sono collocate quattro stanze. Tra queste figura la cucina (fig. 3) nella quale emerge la cappa del focolare rialzato (detto foghèr), quella mediana (detta stùa) con le pareti rivestite da pino cembro nella quale, secondo la tradizione, venne alla luce l’artista, la sala da pranzo e un piccolo studiolo probabilmente utilizzato dal padre di Tiziano.

 

Fig. 3 – Il foghèr e la cucina della casa. Fonte: http://www.magnificacomunitadicadore.it/cadore/musei/2/casa-natale-di-tiziano-vecellio.html

 

Dopo la morte di Tiziano la casa passò in eredità al figlio di quest’ultimo, Pomponio che, passati pochi anni, la vendette a un altro acquirente. I passaggi di proprietà si succedettero fino a quando, anche dopo alcune modifiche volte a ripristinare il volto originario del fronte anteriore della casa, il 17 Dicembre 1922 quest’ultima venne ufficialmente dichiarata, con Regio decreto, monumento nazionale. Inaugurata il 7 Agosto 1932, la dimora storica divenne meta di numerose visite tanto da costituire nel tempo una testimonianza visibile e visitabile di uno dei geni che seppe dare slancio e continuazione a uno dei capitoli più incredibili e innovativi della storia pittorica italiana; di un giovane cadorino, pressoché sconosciuto quando arrivò a Venezia, destinato a diventare veicolo di un’arte in cambiamento, di quel geniale talento che qui nella sua casa si respira, si custodisce e tramanda amorevolmente.

 

Sitografia

http://www.magnificacomunitadicadore.it/cadore/musei/2/casa-natale-di-tiziano-vecellio.html

https://www.dolomiti.it/it/protagonisti-e-personaggi/una-passeggiata-a-pieve-di-cadore-nei-luoghi-del-grande-tiziano

https://www.culturaveneto.it/it/luoghi/lista-musei/5efb99c2b282ae8154755936