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A cura di Felicia Villella

Introduzione

I resti del castello normanno – svevo si stagliano nel quartiere di Nicastro, sito in Lamezia Terme, provincia di Catanzaro, Calabria.
Considerando che con manufatto artistico si intende tutto ciò che di bello, nelle sue più svariate accezioni, può essere prodotto per mano dell’uomo, credo che la scelta di ricadere su una struttura architettonica, che in sé racchiude secoli di storia, sia calzante. Un edificio custodisce in sé l’armonia delle sue parti, lo studio matematico delle proporzioni, quello ingegneristico della quotidianità a cui un monumento può andare incontro e infine rispetta il gusto estetico di un epoca, di una famiglia che ne commissiona la realizzazione e il potere che quest’ultima vuole trasmettere attraverso di essa.

Di Lametino di Wikipedia in italiano – Trasferito da it.wikipedia su Commons., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=703368

Il castello normanno-svevo di Nicastro: descrizione

In un breve accenno di stampo geografico, possiamo dire che il quartiere di Nicastro – dal latino neo, nuovo e castrum, accampamento – è uno dei tre comuni che uniti nel 1968 ad oggi costituiscono la città di Lamezia Terme. Nel fulcro storico del rione San Teodoro di Nicastro, arroccato tra i fiumi Canna e Niola, sull’estremità di uno sperone roccioso di costituzione scistosa, si colloca il castello risalente all’XI-XII secolo dopo Cristo sui resti di quello che doveva essere un precedente edificato in materiale deperibile, opera del popolo normanno.

È sotto Roberto il Guiscardo che si dà il via alla costruzione dell’edificio in forma stabile e concreta, secondo un processo di latinizzazione che prevedeva la conversione delle terre calabre da lui dominate. In seguito, si assiste ad un susseguirsi di integrazioni e modifiche ad opera di dinastie postume che adattano la fortezza al gusto personale e alle esigenze strategiche del tempo.
Primi fra tutti gli Svevi; Federico II gli conferisce l’aspetto attuale, inserendolo nell’elenco dei castra exempta direttamente controllati dalla Corona. Compare il mastio esagonale, accompagnato dalla cinta muraria e da tre torri, una circolare e due sub-circolari sul prospetto anteriore; si aggiungono ampliamenti e zone sviluppate su più livelli a carattere residenziale.

La cappella, invece, è di probabile attribuzione Angioina, così come alcuni interventi di manutenzione e restauro delle mura e dell’ingresso, come dimostrano i laterizi presenti ed introdotti prevalentemente sotto Carlo I.

L’ultima evoluzione stilistica e strategica apportata al monumento si deve agli Aragonesi, che costruiscono i bastioni e introducono nel sistema difensivo al palazzo una serie di feritoie progettate secondo il sistema del fuoco incrociato.
Con il terremoto del 1638 e poi quello del 1783, l’edificio è vittima dell’abbandono e dell’uso del materiale costitutivo per la ricostruzione del borgo abitativo sottostante.

Ad oggi il complesso si sviluppa per una lunghezza di circa 100 mt e una larghezza di 60 mt, restano pressoché intatti il maschio e l’accesso principale che conduce alle quattro torri di realizzazione stilistica e architettonica differenti fra di loro: una delle due torri prossime all’entrata è caratterizzata da una struttura abilmente concepita composta da massi di notevoli dimensioni nella parte inferiore della muratura e di dimensioni ridotte in relazione all’altezza a cui sono soggette, permettendo la formazione di una struttura snella e alleggerita nella parte superiore del manufatto; la seconda torre, invece, è costituita da massi di dimensioni ridotte e laterizio. Delle restanti due torri poste anteriormente rispetto al prospetto principale risalta soprattutto la prima di forma circolare, ma che nasconde una pianta interna poligonale; mentre l’ultima presenta una base a scarpa lanceolata e resti di intonaco nella parte inferiore; entrambe risultano essere edificate con pillori e pietrame erratico di medio-piccole dimensioni e ritocchi postumi in laterizio.

Conclusione
Ridotto a poco più di un rudere, il castello di Nicastro, si trova sotto la tutela della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria ed è stato oggetto di una serie di campagne di scavo che hanno portato alla luce diverse sezioni dell’edificio ancora non indagate, oltre a reperti di varia natura, quali ceramiche e vasellame di uso quotidiano.
Usato prevalentemente per la realizzazione di spettacoli all’aperto durante le festività, molti degli abitanti del posto ignorano l’importanza di un così imponente complesso a dominio della città.
Attualmente il castello poggia ancora sullo sperone roccioso su cui è stato edificato in passato, è possibile intravederlo dal centro della città a dimostrazione della sua resistenza e della sua volontà di essere testimonianza di un passato glorioso del territorio e di un sapere del costruire che sfida il tempo e le intemperie.

Bibliografia e sitografia

  • C. Gattuso, F. Villella, R. Marino Picciola, Il castello di Nicastro –il piano diagnostico. Esempio di articolazione, Atti del Convegno Diagnosis of Cultural Heritage, Napoli, 15-16 Dicembre 2011.
  • P. Giuliani, Memorie storiche della città di Nicastro, p. 24 – 39, A. Forni Editore, 1893.
  • P. Bonacci, Scritti storici lametini, p. 41 – 60, La Modernissima, Lamezia Terme, 1993.
  • P. Ardito, Spigolature storiche sulla città di Nicastro, p. 61- 109, La Modernissima, Lamezia Terme, 1989.
  • M. Mafrici, Il Castello di Nicastro – in una Calabria sconosciuta, Anno I Aprile/Giugno, n°2, Reggio Calabria, p. 90 – 94, stampa a cura del Comune di Lamezia Terme,1978.
  • G. De Sensi Sestito, F. Burgarella, Tra l’Amato ed il Savuto. Tomo II, p. 381 -406, Ed. Rubbettino, 2008.
  • K. Massara, I possedimenti dei Cavalieri di Malta nella piana lametina in una platea del ‘600, p. 407-452, Ed. Rubbetino,2005.
  • http://www.comune.lamezia-terme.cz.it
  • http://www.lameziastorica.it

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