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A cura di Stefania Melito

Introduzione

Palazzo Zevallos, o Palazzo Zevallos Stigliano, ubicato sulla centralissima via Toledo a Napoli, è uno degli edifici più particolari della città, oggi sede di Banca Intesa, e dalle testimonianze seicentesche si evince che dovesse essere molto diverso, e quindi facilmente riconoscibile, dagli altri palazzi della zona in quanto più alto di tutti.

Di Armando Mancini – Flickr: Napoli – Palazzo Colonna di Stigliano, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=16773353

La sua costruzione, ed anche il suo nome, si devono al ricco mercante portoghese Giovanni Zevallos, descritto come un perfetto “esempio di egoismo e rapina” che grazie alla sua abilità riuscì in breve tempo ad accumulare un patrimonio immenso per l’epoca: per fame di grandezza nel 1635 comprò questo palazzo, già esistente, e man mano, con un’opera di acquisizioni durata quattro anni, si assicurò la proprietà degli altri piccoli edifici della zona. La cosa straordinaria è che Giovanni volle competere niente di meno che con Palazzo Reale, affidando quindi l’accorpamento, la “ristrutturazione” e l’ammodernamento dei palazzi ai canoni barocchi a Cosimo Fanzago, anche se ricerche più recenti tendono a suggerire il nome di Bartolomeo Picchiatti, gran Ingegnere di Corte.

Palazzo Zevallos: descrizione

A marcare la proprietà del palazzo, all’ingresso viene posto lo stemma dei Zevallos, che però durante i tumulti del 1647, che danneggiano l’edificio, va perduto. Nel 1659 la proprietà, a causa della cattiva gestione della moglie e del figlio di Giovanni Zevallos, passa ai Vandeneynden, ed attraverso il matrimonio di una Vandeneynden con un Colonna di Stigliano, a questi ultimi, che ne arricchiscono ulteriormente il prestigio con l’acquisizione di numerose opere d’arte. È di questo periodo la costruzione del portale in marmo bianco e piperno scuro, unica caratteristica mantenutasi inalterata fino ai giorni nostri.

Di IlSistemone – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22119541

Una testimonianze dell’epoca così descrive il palazzo:

“ll pianterreno si apriva con un grande atrio voltato, con pilastri e archi in piperno, dal quale era possibile raggiungere vari punti dell’edificio: a destra vi era una scala secondaria che dava accesso alle cantine e al piano ammezzato; a sinistra la scala principale che permetteva di raggiungere sia l’ammezzato che i due piani nobili; al centro invece si apriva il grande cortile attorno al quale erano disposti vari ambienti di servizio, tra cui una grande scuderia. Il primo piano nobile era composto da varie stanze tra cui una Galleria che dava sul cortile grande e un’altra – più piccola – che affacciava invece sul cortile secondario.”

Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=48743228

La proprietà viene mantenuta fino al 1831, anno in cui la principessa di Stigliano, per far fronte a dei debiti, smembra il palazzo, riservandosi il secondo piano e vendendo il primo al banchiere Forquet. Tra il 1898 e il 1920 la Banca Commerciale Italiana acquista tutto il palazzo sia da Forquet che dagli altri proprietari, dando il via all’ultima trasformazione del Palazzo, completamente adeguato al gusto Liberty.

Le modifiche apportate da Luigi Platania riguardano il cortile fanzaghiano, che viene trasformato e adibito a salone per il pubblico; le pareti, che vengono tutte rivestite in marmo; il piano ammezzato, aperto e trasformato in balconate di gusto Liberty, e il grande spazio vuoto coperto dal lucernario vetrato decorato secondo il gusto degli anni; due grandi vetrate policrome sono aggiunte a schermare le arcate tra salone e vestibolo. Viene infine aggiunto il nuovo scalone d’onore monumentale.

Di Mentnafunangann – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=39976809

BIBLIOGRAFIA

A. Cilento, Bestiario napoletano, Laterza editore 2015

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