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Introduzione

Nel quindicennio manfrediano la politica delle fortificazioni appare caratterizzata da elementi che hanno un forte rapporto con il passato e con l’antico, in particolare per quanto riguarda il sistema castellano federiciano che non studia le modalità attraverso le quali creare delle differenze sostanziali tra le architetture della sua epoca e quelle militari e civili del periodo normanno.

Come il padre, anche Manfredi vuole porre la sua attenzione nei confronti delle strutture castellari regie; tra le varie innovazioni vuole dotare la città di Manfredonia di un sistema portuale dotato di mura tra il 1256 – 1258 e, per l’occasione, fa costruire una torre quadrata che verrà posta in seguito all’interno del Castello.
Il Castello di Manfredonia non è il frutto di un progetto unitario concepito fin dalla sua origine così come oggi ci appare, ma è il risultato di trasformazioni, ampliamenti e rifacimenti avvenuti in epoche diverse.

In origine tutta la struttura consisteva in uno spazio quadrilatero racchiuso da una cinta muraria raccordata da cinque torri a pianta quadrata, di cui quattro poste agli angoli e la quinta ubicata presumibilmente nei pressi della porta principale di Nord-est. I rimaneggiamenti delle epoche successive faranno assumere un aspetto estetico totalmente differente rispetto all’originario: la quinta torre, essendo stata smembrata, conserva poche tracce, mentre le altre, ad eccezione di quella posta a Sud-est, hanno cambiato la loro struttura formale da strutture quadrangolari a torrioni a pianta cilindrica.

Il castello di Manfredonia

Come tutti i castelli fortificati che si rispettino, presenta un torrione più alto degli altri: è consuetudine dei castelli medievali essere collocati su una motta, considerata il punto più alto della città, dalla quale spiccava il “donjon” (o “dongione”), torrione fortificato più alto degli altri che serviva come rifugio in caso di attacco nemico o abitazione del castellano.

Il castello di Manfredonia si connota, dal punto di vista architettonico, per una predominante derivazione sveva, geometricamente impostata e dalla linearità regolare della struttura, caratteristiche che lo accomunano anche ai castelli svevi costruiti fuori dall’Italia. Le fonti documentarie non confermano altrettanto però, visto che datano la costruzione al periodo di Re Carlo I d’Angiò.

Infatti i primi documenti che parlano del Castello di Manfredonia provengono proprio dalla Cancelleria angioina e risalgono all’aprile del 1279: in essi si fa riferimento al reclutamento di manodopera specializzata per l’inizio dei lavori, ma un’altra ipotesi probabilmente accettabile è quella in virtù della quale gli Angioini abbiano sopraelevato il Castello su fondazioni preesistenti, inserendole in un progetto più grande che ricordava gli albori della dinastia sveva, rendendole quasi omaggio, soprattutto ad un personaggio come Manfredi.

Di Salvatore Triventi – http://www.fotodasogno.altervista.org/, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=34905536

Con il governo della casa d’Aragona, (1442), si assiste ad un ulteriore processo di visibile trasformazione del Castello: negli ultimi anni del XV secolo, gli Aragonesi, all’interno di un complessivo progetto di fortificazione delle strutture difensive delle più importanti città costiere, dispongono per il Castello di Manfredonia la costruzione di una nuova cortina muraria inglobante la struttura primitiva. A queste mura viene data una leggera inclinazione “a scappata” tale da renderle più rispondenti alle mutate esigenze dell’arte difensiva conseguenti all’uso dell’artiglieria (all’epoca, per mandar via il nemico, una delle modalità più gettonate era l’olio bollente. Veniva occupato tutto il perimetro superiore della balaustra del Castello, comprese le torri e da quella posizione si gettava giù; la facciata a scappata consentiva uno scorrimento maggiore e più veloce dell’olio in questione). I torrioni cilindrici posti agli angoli della fortificazione presentano un ordine “casamattato”, detto così perché ospitava i cannoni e l’artiglieria per le battaglie ed era il luogo più sicuro del Castello, “a prova di bomba” come si suol dire; la casamatta, appunto, era il luogo che veniva distrutto per ultimo durante gli assedi poiché era chiuso all’interno e coperto nella parte superiore.

L’unico problema era che, quando si caricavano i cannoni o le armi oppure in caso di una bomba tirata con la catapulta che riusciva a raggiungere l’interno della casamatta, il fumo veniva trattenuto all’interno. La protezione era soltanto esterna per intenderci: la casamatta aveva comunque delle aperture per consentire la sistemazione delle bocche dei cannoni, ma se un esplosivo riusciva a raggiungere l’interno non c’era via di scampo in quanto dalla casamatta si poteva entrare ma non si poteva uscire.

La costruzione del grosso bastione posto ad Ovest del Castello, denominato dell’Avanzata o dell’Annunziata, segna per l’edificio un’altra tappa nella storia della sua edificazione, che nel corso del tempo è mutata anche nel Novecento, dando al Castello di Manfredonia l’aspetto che vediamo oggi.

 

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