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A cura di Felicia Villella

Introduzione

Tortora è il primo paese nord-occidentale della Calabria, vanta una notevole vista sul Mar Tirreno e possiede una posizione geografica strategica grazie al confine con la Basilicata. Il territorio rientra nel territorio del Parco Nazionale del Pollino ed è suddiviso in tre realtà, il centro storico, le frazioni montane e la zona marina, sostanzialmente il paese si estende lungo il Golfo di Policastro, fino ad arrivare a Laino Borgo. 

Da un punto di vista storico, il territorio è stato soggetto alla presenza dell’uomo già dal Paleolitico inferiore, come attestano i numerosi reperti rinvenuti nella zona nota come il Rosaneto risalenti a circa centocinquantamila anni fa. Dal VI al IV secolo a.C., Tortora, meglio nota con il nome di Blanda, fu in seguito abitata dagli Enotri, un popolo preromano. 

L’attuale denominazione del paese è successiva e deriva dalla cospicua presenza dell’omonimo volatile nella zona, che ne ha fatto il simbolo principale dello stemma araldico comunale.

I portali di Tortora

Il centro storico vanta una ricca collezione di portali lapidei, a partire dal più misterioso appartenente alla Cappella del Purgatorio, una costruzione di modeste dimensioni risalente al 1200 circa il cui impianto originario è costituito da un’unica navata quadrata di 8mt circa di lato e da una piccola abside posta di fronte l’ingresso.  Sormontata da un tavolato ligneo dipinto raffigurante le anime del Purgatorio, la navata conduce alla zona presbiteriale ed è separata da essa da un arco a tutto sesto. La facciata, presenta un unico ingresso incorniciato da un mirabile e laborioso portale scolpito con raffigurazioni esoteriche, una nicchia sovrastante lo stesso e due aperture laterali, il tutto capeggiato da un campanile a vista. 

Il portale, del 1688 che con il portone ligneo rappresenta l’unico esempio di arte basiliano-calabrese si presenta come un arco a tutto sesto, la cui parte superiore poggia su due pilastri dalla forma squadrata e nell’insieme rappresentano la volta celeste. I pilasti culminano in due capitelli decorati da un quadrifoglio e una figura animalesca, adagiati su due piedritti, mentre alla base sono scolpiti due leoni accovacciati, a guardia dell’ingresso.

Un ulteriore portale è quello di Palazzo Feudale, che si presenta come un arco a tutto sesto, nella cui chiave di volta è inserito lo stemma in ceramica smaltata della famiglia spagnola Vargas, in esso è rappresentato un braccio che afferra una clava, al di sopra di uno scorcio di mare stilizzato il tutto incorniciato da una bordatura giallo oro e un drappeggio cremisi. L’arco poggia su due mensole lineari mentre i piedritti terminano su due muretti. Il Palazzo, posto in Corso G. Garibaldi, è appartenuto al Principe Vargas Muchaca di Casapesenna, una famiglia feudataria di origine spagnola.

Situato in Via Bruzia, Portale Arleo incornicia l’ingresso di un palazzotto a più livelli, attualmente sfruttato ad uso abitativo. Nessuna notizia storica ci permette di delineare i contorni di una precisa indagine anamnestica, in conformità con il resto dei portali presenti nel territorio dal punto di vista stilistico, si fa risalire intorno alla seconda metà del X secolo, prima metà dell’XI. Oggetto di un errato restauro che ha ulteriormente assottigliato le morfologie dei decori presenti, il portale si presenta come un arco a tutto sesto, culminante in una chiave di volta dalle sembianze antropomorfe, ma dalla funzione apotropaica, si tratta probabilmente di una gorgone o di una Marcolfe. È formato da quattro parallelepipedi smussati ad angolo vivo, e una coppia di piedritti sormontati da due capitelli decorati da una colomba o da una tortorella in alto rilievo, il tutto sorretto da due pilastrini quadrangolari anch’essi decorati da una coppia di cani da guardia. Il resto delle decorazioni si rifà a motivi floreali stilizza che accompagnano nell’insieme l’intero portale. 

Ad incorniciare un suggestivo sottopassaggio sito in Vico Giuseppe Garibaldi troviamo Portale Leoncini, realizzato sfruttando il congiungimento tra due palazzotti privati, dei quali però non si hanno notizie storiche attendibili, così come nulla è stato tramandato riguardo la manovalanza e la data di realizzazione del portale. In conformità con quanto detto precedentemente, per somiglianza stilistica, anche questo portale si fa risalire al periodo compreso fra il X e l’XI secolo.

Realizzato come un arco a tutto sesto, il portale è capeggiato da una chiave di volta apotropaica su cui aleggia il blasone, ricondotto ad una casata familiare che ha come stemma un leone rampante colto di profillo sorretto da un albero posto al centro del blasone. L’arco si sviluppa su due basi quadrangolari squadrate decorate su due facce da croci templari e capitelli recanti una coppia di colombe incastonate in una cornice ottagonale. I piedritti sono decorati da fiori penduli stilizzati che si raccordano specularmente nella chiave di volta. 

Procedendo per Corso Giuseppe Garibaldi, all’entrata di un’ampia corte di un palazzotto signorile, Portale Lomonaco risale all’alto Medioevo e fu testimone nel 1860 della sosta di Giuseppe Garibaldi nel palazzo. L’elemento architettonico presenta un arco a tutto sesto costituito da sei conci decorati da motivi floreali stilizzati che si arrampicano lungo l’intero profilo dell’arco, culminando in una chiave di volta anch’essa floreale. Le mensole sono circondate da ghirlande lapidee, mentre i piedritti sono formati da tre conci in cui si ripete un motivo di foglie alternate a fiori. Il blasone posto in alto rispetto al portale raffigurante lo stemma di famiglia, è stato posto in un secondo momento rispetto alla costruzione del portale. In esso sono raffigurati due leoni rampanti posti ai lati di un albero centrale.

Infine, preso la Chiesa dedicata all’Annunziata, in una zona esterna al centro abitato, di fianco all’entrata nella chiesetta è presente un portale lapideo dalle semplici fattezze, precedente un lungo corridoio affrescato che conduce all’antico chiostro. Il portale si presenta costituito da conci squadrati privi di decorazioni, sui quali è incisa la data di fine lavori, 1628.

 

 

Celico G., Moliterni B., Luoghi di Culto e di Mistero, p. 133-162, Grafica Zaccara, 2003.

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Salem G. N., Leon L. M., I Quattro Soli – Dal Simbolo al Mito – Appunti di Antropologia Iniziatica, p. 49-94 , L’Oleandro Arga Editore, 2008.

Giacomini A., Il libro dei segni sulle pietre, Carmagnola, 2001.

Celico G., Scalea tra duchi e principi, mercanti, filosofi e santi, Soveria Mannelli, pp. 15 e 17, 2000.

Tesi di Laurea triennale della Dott.ssa Daniela Sarubbo – SIMBOLI E MISTERI TRA LE INCISIONI

Progetto di Valorizzazione del Comune di Tortora, AA 2013/14 Università della Calabria

<h3><strong>GALLERIA FOTOGRAFICA</strong></h3>”;

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