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A cura di Matilde Lanciani

Lizzie Siddal: la biografia e l’incontro con Rossetti

La poetessa Elizabeth, Lizzie Siddal (1829-1862), anche pittrice e modella, fu il soggetto che i Preraffaelliti usarono per la composizione di “Ophelia” e altre opere. Lucinda Hawksley, nella biografia dell’artista, testimonia che Lizzie proveniva da una famiglia modesta e che lavorava in un negozio di Londra dove si fabbricavano cappelli. La particolarità di Lizzie risiedeva nei suoi capelli rossi, che al tempo erano malvisti dalla società, e negli occhi molto grandi che tendevano al grigio. I suoi genitori furono piccoli proprietari terrieri che tentarono di arricchirsi: infatti, dopo essersi trasferiti da Hutton Garden a Southwark, goderono di una limitata stabilità economica.

Millais, Ophelia, 1851-52.

L’incontro fra Lizzie e Dante Gabriel Rossetti avvenne nell’inverno tra il 1849-50 di fronte al negozio di cappelli dove la ragazza lavorava. Il gruppo dei preraffaelliti notò la giovane donna e ne rimase profondamente colpito tanto da andare a chiedere alla madre di poterla assumere come modella. Fare la modella in epoca vittoriana si traduceva in molti casi in un atteggiamento simile alla prostituzione, ma garantita la serietà da parte del gruppo, la madre di Lizzie accettò per il guadagno elevato che avrebbe ottenuto.

Il primo lavoro per cui posò Lizzie, che era molto attratta dalla pittura e nutriva una profonda ammirazione per l’arte, fu “La dodicesima notte” di Walter Deverell, artista col quale inizialmente strinse un grande rapporto di amicizia e con cui condivideva bozzetti e disegni.

Deverell, La dodicesima notte, 1850.

Lizzie costituiva per i preraffaelliti l’ideale per eccellenza di bellezza decadente e particolare: la carnagione chiarissima, le mani esili, il volto scavato, i capelli rossi e gli occhi grandissimi le conferivano un aspetto sublime e tormentato di cui Rossetti presto si innamorò.

Dante Gabriel Rossetti, Proserpina, 1874.

Dante Gabriel Rossetti aveva origini italiane che rivendicava nelle sue opere legate a Dante Alighieri, identificando la musa Beatrice del poeta con la sua Lizzie, ritratta più volte proprio nelle vesti di quest’ultima. La personalità vivace, romantica ed esuberante di Rossetti sarebbe stata poi particolarmente apprezzata dalla modella che iniziò a prendere lezioni di disegno proprio da lui, convinta che un giorno sarebbe diventata una grande artista.

Un altro pittore preraffaellita, Valentine Prinsep (1838-1904) scrisse di Rossetti: “Rossetti era il pianeta attorno al quale ruotavamo….copiavamo il suo modo di parlare, tutte le belle donne erano stunners per noi, i vombati erano divenute le più deliziose tra le creature di Dio. Il medievalismo era il nostro ideale di bellezza e cedemmo la nostra individualità alla forte personalità del nostro amato Gabriel”.[7]

Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix, 1872.

Rossetti voleva “migliorare” Lizzie per renderla degna di passare la vita con lui, in quanto la ragazza proveniva da una famiglia di rango inferiore, ragione per cui il pittore le fece cambiare cognome. L’artista era ossessionato da Lizzie tanto che la sorella della stessa, Christine, lasciò una bellissima poesia dopo aver osservato lo studio di Rossetti tappezzato di schizzi con dettagli di Elizabeth.

 

In uno studio d’artista

Un volto si affaccia da tutte le sue tele,

Un’identica figura siede o cammina o si china:

L’abbiamo trovata nascosta dietro quegli schermi,

Quello specchio ha restituito tutta la sua bellezza.

Una regina in opale o in abito rubino,

Una ragazza senza nome nei più freschi prati estivi,

Un santo, un angelo – ogni tela significa

Lo stesso unico significato, né più meno.

Si nutre del suo viso dal giorno alla notte,

E lei con occhi gentili lo guarda a sua volta,

Bella come la luna e gioiosa come la luce:

Non consumata dall’attesa, non offuscata dal dolore;

Non come è, ma com’era quando la speranza splendeva;

Non come è, ma come ora nutre il suo sogno[8].

Gli ultimi versi, composti quattro anni prima che Rossetti sposasse Lizzie, manifestavano già le prime difficoltà dell’ “attesa” che stava “consumando” la ragazza. Christine sapeva bene quale era la condizione e la reputazione di una donna che era solita dormire nella casa di un uomo senza essere sposata, così come Lizzie. Inoltre la famiglia di Rossetti si opponeva alle nozze per via della differenza sociale, così Rossetti iniziò a fare uso di clorario e a frequentare altre donne fino a calare in uno stato di depressione e follia, stesso a cui giunse Lizzie.

Lizzie: il sogno e l’agonia

Lizzie Siddal continuò ad imparare da Rossetti, dipinse moltissime serie con soggetti arturiani e medievali, come ad esempio “Il lamento delle donne” (1857), “Prima della battaglia” (1855-59) e “La dama di Shalott” (1853). Nell’Ottocento l’abilità artistica femminile iniziava ad essere riconosciuta, prima le donne erano considerate brave solo a copiare poiché considerate prive di genio creativo.

Lizzie Siddal, Il lamento delle donne

Rossetti, supportato da Ruskin, spinse Lizzie ad inviare le sue opere e partecipare ad alcune esposizioni dove i suoi soggetti trovarono discreto apprezzamento. Lizzie sembrava soddisfatta ma Rossetti non voleva ancora decidersi a sposarla, la loro relazione oscillava fra momenti di tenera complicità e tormentosi periodi di follia, in quanto Lizzie aveva iniziato a fare uso di laudano, stessa sostanza che la condusse alla morte per overdose.

Insoddisfatta per la sua condizione sociale e per essere considerata una prostituta dalla società, dopo alcune crisi depressive, fu mandata in un centro di cura per giovani donne attanagliate dall’isteria dove ricevette le assidue visite di Rossetti, che però non si decideva a sposarla e continuava la sua vita di eccessi. Dopo una crisi più forte delle altre, accentuata anche dal lavoro come modella per l’opera “Ophelia” di Millais, Rossetti le chiese di sposarlo per riportarla alla vita, ma non durò molto. Infatti poco dopo rimase incinta ma, per via delle sostanze che utilizzava e della debolezza fisica, perse il bambino inducendola a una crisi che non riuscì più a sostenere e che la portò al suicidio nel 1862.

Studio preparatorio per l’Ophelia di Millais.

Studio preparatorio per l’Ophelia di Millais

Lizzie, a livello di critica d’arte, fu sempre oscurata dall’ombra di Rossetti, mito preraffaellita per eccellenza che, dopo la morte della giovane, straziato dal dolore e dal senso di colpa si dedicò alla composizione di alcuni sonetti tra i quali “Senza di lei”:

Cos’è il suo specchio senza di lei?Il grigio vuoto

dove lo stagno è orbo del volto della luna.

E le sue vesti, senza di lei? Lo spazio vuoto e agitato

Della nuvolaglia quando la luna è sparita.

I suoi sentieri, senza di lei? Il proprio dominio

Del giorno, usurpato dalla tetra notte. E il suo letto

Il cuscino, senza di lei? Lacrime, ahi – per buona

Grazia d’amore – e freddo oblio di notte e giorno.

Prima di lasciare la vita Lizzie aveva scritto la lirica Andata:

Per toccare il guanto sulla sua dolce mano,

Per guardare la brillante gemma nel suo anello,

Elevai il mio cuore in un’improvvisa canzone

Come quando cantano gli uccelli selvatici.

Per toccare la sua ombra sull’erba soleggiata,

Per aprire un varco nell’oscura foresta,

Riempire la mia vita con tremori e lacrime

E silenzio dove io ero.

Osservo le ombre ammassate attorno al mio cuore,

Vivo per sapere che lei è andata –

Andata per sempre, come la tenera colomba

Che ha lasciato l’Arca sola.

Rossetti, disegno di Lizzie.

Note

[7] Hawksley L., Lizzie Siddal. Il volto dei preraffaelliti, 2019.,p.33.

[8] Hawksley L., Lizzie Siddal. Il volto dei preraffaelliti, 2019.,p.p.36-37.

 

Bibliografia

Capra C., Storia Moderna, Le Monnier, 2004.

De Ruggiero G., La formazione dellImpero britannico, in L’Europa nel sec. XIX, Padova

Hawksley L., Lizzie Siddal. Il volto dei preraffaelliti, 2019

Himmelfarb G., The idea of poverty: England in the eary industrial age, Faber, Londra 1984.

Landreth H., David C. Colander, Storia del pensiero economico, Il Mulino, 1996.

Smith A.,Beatrice L., Preraffaelliti lutopia della bellezza ,catalogo della mostra (Torino, 19 aprile-13 luglio 2014), 24 Ore Cultura, 2014.

 

MATILDE LANCIANI

Nasce a Macerata nel 1998, dopo la maturità scientifica consegue la laurea triennale in Beni Culturali indirizzo storico-artistico presso l’Università degli Studi di Perugia con una tesi dal titolo “L’alfabeto del secondo preraffaellismo a Roma. Alma Tadema e l’Esposizione Internazionale del 1883”, un estratto della quale viene pubblicato a febraio 2020 sulla rivista Archeomatica, dedicata alle nuove tecnologie applicate ai Beni Culturali.
Ha acquisito esperienza nel settore attraverso una serie di tirocini formativi presso Il Labirinto della Masone (Parma), la Fondazione Ranieri di Sorbello (Perugia) e presso la Diocesi di Ascoli Piceno con il progetto “Chiese Aperte: sulle vie del Romanico ad Ascoli” nel 2017.
Ha svolto l’attività di giornalista per un quotidiano online e attualmente è iscritta al corso magistrale di Beni Culturali presso l’Università di Firenze. All’interno di Storia dell’Arte è redattrice e referente per la regione Marche.

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