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A cura di Stefania Melito

Introduzione

Il precedente articolo si era soffermato sulla chiesa, cuore dell’attività spirituale della Certosa di San Lorenzo in Padula. Proseguendo nella trattazione si affronteranno invece le sale immediatamente attigue ad essa, ossia la Sala del Tesoro e la Sala del Capitolo, introdotte dal Vestibolo delle Campane.

Il Vestibolo delle campane e la tavola del sacrista

Uscendo dalla chiesa si percorre uno stretto passaggio tra l’ultimo stallo del coro dei Padri e il muro perimetrale dell’aula ecclesiastica, ove spicca uno degli elementi forse più suggestivi di tutta la Certosa di San Lorenzo a Padula, ossia una sorta di schema riassuntivo dell’attività giornaliera di ogni singolo monaco, rimasto intatto dall’ultimo giorno di permanenza dei monaci dopo il 1866.

Fig. 1 – La tavola del sacrista.

Tale manufatto, detto la tavola del sacrista e oggi inserito in una bacheca di vetro, era in pratica un rettangolo che riproduceva la pianta del Chiostro grande, del Refettorio e della chiesa, su cui era segnato sia il nome del monaco che in quella giornata avrebbe dovuto recitare la predica nel Refettorio sia i nomi di coloro che avrebbero recitato il Sacro Ufficio in solitudine nelle proprie celle.

Fig. 2 – Particolare con i nomi dei monaci.

Tramite dei chiodi in legno sulla cui testa era incisa una lettera, infatti, veniva segnata la posizione di ogni religioso, che semplicemente guardando quello schema e senza alcun bisogno di infrangere la clausura, avrebbe conosciuto i “compiti del giorno”.

Fig. 3 – Particolare con i chiodi di legno.

Superato ciò si arriva in una stanza quadrata, la cosiddetta “Sala o Vestibolo delle campane”, sul cui soffitto sono ancora visibili i fori da cui pendevano le grosse corde che azionavano le campane[1], mentre lungo le pareti corrono alcuni stalli. Questa sala, detta anche Colloquio, era uno dei pochi ambienti ove i monaci potessero parlare una volta alla settimana.

Fig. 4 – Il vestibolo delle campane.

Sul pavimento, che presenta lo stesso motivo a gradini tridimensionali della chiesa, spicca però una cosa, ossia una lastra di pietra che ricorda una famiglia illustre, la famiglia Bigotti di Sala Consilina, paese vicino Padula.

Fig. 5 – Lastra tombale dei Bigotti. Credits: https://www.facebook.com/certosadipadula/photos/a.10156819508320621/10164200666960621/?type=3.

Circondata dalla scritta HOC OPUS F.F.D. ANTONI ARCHIPSBIT. TERE SALE PANDOLPH IOHES ANTONI E IOHES D BIGOCTIS, tale lastra tombale tramanda il nome di questa famiglia e di coloro che furono dei benefattori per la Certosa, tanto da meritarsi il privilegio di essere sepolti al suo interno. Non a caso si parla di privilegio, perché oltre al fondatore (Tommaso Sanseverino) ed alla menzione di una delle famiglie nobili di Padula (i Cardona) nessun’altra sepoltura di famiglia è presente in Certosa. Tale privilegio, il cosiddetto “Jus Sepeliendi”, venne probabilmente accordato in quanto i Bigotti, strettamente legati ai certosini di Padula, donarono dei terreni su cui venne poi edificata parte della Certosa di San Lorenzo[2]. Originariamente pare che questa lastra facesse parte di una cappella databile più o meno intorno al ‘400, detta di San Lorenzo, di proprietà della famiglia; in seguito poi agli ampliamenti settecenteschi tale cappella fu distrutta, ma i certosini conservarono la lastra tombale inserendola nella nuova pavimentazione.[3]

Fig. 6 – Lastra tombale dei Bigotti all’interno della pavimentazione.

Lo stemma presente sulla lastra riporta uno scudo centrale su cui nella parte superiore è raffigurato un levriero (segno o di nobiltà della famiglia-i levrieri erano le “razze nobili” per eccellenza- o un riferimento al detto latino “cave canem”, ossia attenti al cane, riportato su molti mosaici parietali di Pompei) mentre nella parte inferiore compaiono tre bande trasversali. Com’era comune in questo tipo di rappresentazioni, al di sotto dello scudo gentilizio compaiono due cherubini.

Ritornando alla Sala delle Campane, la particolarità di quest’ambiente risiede nel fatto che esso è un crocevia, uno slargo da cui è possibile accedere a tre differenti ambienti: da sinistra a destra si aprono infatti la Sala del Tesoro, la Sala del Capitolo e l’ingresso al chiostrino del Cimitero antico.

La Sala del Tesoro

Fig. 7 – La Sala del Tesoro.

La Sala del Tesoro è un’aula unica rettangolare, con due file di armadi in noce decorati in radica di ulivo, i cui riquadri sono intervallati da paraste lignee scanalate con capitello corinzieggiante che ne movimentano la superficie; essi corrono su quasi tutto il perimetro della Sala e un tempo erano destinati ad accogliere e custodire gli arredi sacri e le preziose suppellettili della Certosa.

Fig. 8 – Gli armadi della Sala del Tesoro, particolare.

Nel libro di Thomas Salmon del 1763, Lo stato presente di tutti i Paesi, e Popoli del Mondo naturale, politico e morale, con nuove osservazioni, e correzioni degli antichi, e moderni viaggiatori, volume 23, sono descritti minuziosamente alcuni di questi preziosi arredi, tra cui si annoveravano “…un Paliotto per il Maggior Altare con de’ rilievi, disegno particolare del Solimeno, due vasi con fiori, pure di argento che non si conoscono gli eguali in Europa, e due Croci l’una d’argento e l’altra d’avorio, entrambe di rarissimo disegno, e lavoro”[4].. Menzione a parte merita il Crocifisso d’avorio, opera di piccole dimensioni che la leggenda vuole essere opera di Michelangelo (come il ciborio nella sacrestia) e che scampò alle razzie dei francesi, fortuna che non toccò purtroppo agli affreschi e alle decorazioni parietali, come suggeriscono malinconicamente le cornici vuote sulle pareti. Il crocifisso, dopo l’eversione ecclesiastica del 1866, fu donato alla Chiesa Madre di Padula, venendo però rubato dopo poco tempo.

Sulla volta dell’aula compare una cornice in stucco che ne percorre sinuosamente tutta la superficie e la scandisce in due grandi riquadri, separati da conchiglie allungate; restano le tracce, in uno di questi, di un grande affresco raffigurante La caduta degli angeli ribelli, definito sempre dal Salmon <<a fresco di buon pennello>>.

Fig. 9 – La volta della Sala del Tesoro.

La decorazione continua ricoprendo interamente il soffitto a crociera, inglobando altri due riquadri presenti sulle pareti laterali e fondendosi con l’altare.

Fig. 10 – L’altare della Sala del Tesoro.

Preceduto da tre gradini che lo sopraelevano rispetto al pavimento a gradini tridimensionali, esso presenta al centro un paliotto in scagliola, mentre al di sopra si ergono due colonne che reggono una trabeazione: al centro, subito sopra l’altare, un riquadro bianco che doveva contenere un affresco o un dipinto su tela, che secondo il Salmon era una tavola del De Matteis, pittore cilentano di grande bravura[5]. Ai lati, in due nicchie, vi sono due statue, probabilmente due santi o due magistrati romani secondo alcune interpretazioni. Al sommo della cornice architettonica vi è probabilmente un Cristo in gloria preceduto da angeli, mentre seduti ai due lati della cornice vi sono due angioletti. Un tempo si accedeva a questa Sala mediante una porta situata alle spalle dell’altare maggiore della chiesa.

Fig. 11 – La porta che conduce nella Sala del Tesoro, situata dietro l’altare maggiore della chiesa.

La Sala del Capitolo

Fig. 12 – La Sala del Capitolo.

Adiacente alla Sala del Tesoro è la Sala del Capitolo dei padri, un luogo che aveva una doppia funzione. La prima era connessa alla burocrazia, in quanto il Capitolo era il luogo ove i monaci si occupavano delle questioni inerenti all’amministrazione della Certosa di San Lorenzo: se la chiesa era il fulcro spirituale di tutto il complesso certosino, questa sala ne era il fulcro burocratico. Qui si eleggeva ad esempio il Priore, si ammettevano nuovi monaci all’Ordine e sempre qui si discutevano gli atti e gli adempimenti burocratici; non tutti i monaci potevano partecipare a queste riunioni, e sembra che il modo di dire “non avere voce in capitolo” derivi proprio da queste pratiche.

La seconda funzione era quella salvifica: qui infatti si potevano pubblicamente confessare i propri peccati, e ricevere la conseguente punizione in nome della capacità di redenzione propria della regola certosina: proprio per sottolineare questo concetto fu immaginato il programma decorativo sulla volta, che comprende La guarigione di un paralitico, La resurrezione di Lazzaro e La guarigione di un cieco.

Fig. 13 – La volta della Sala del Capitolo.

Nell’ambiente, ad aula unica rettangolare absidata circondata da stalli lignei, spicca l’altare in pietra di Padula attribuito a Andrea Carrara, scultore padulese settecentesco di grande abilità che operò in Certosa sia come capomastro sia come professionalità singola, scolpendo anche alcuni elementi della facciata e alcune metope del Chiostro Grande. Interessante è su questo altare, che è situato su una sopraelevazione rispetto al pavimento della Sala e che ha ulteriori tre gradini al di sotto, la lavorazione della pietra, volutamente lasciata quasi grezza, che “costringe” ad avvicinarsi per svelare il motivo floreale che cela e che contrasta con le volute più lisce poste ai lati.

Fig. 14 – Particolare altare della Sala del Capitolo.

L’altare è sormontato dal dipinto Madonna con San Bruno e San Lorenzo, ascrivibile al XVIII secolo ed inserito in una cornice a stucco a dettagli dorati, uno dei pochi ad essere scampato alle razzie francesi.

Fig. 15 – Altare della Sala del Capitolo.

Ai due lati dell’altare sono inseriti due medaglioni in stucco, l’uno raffigurante una donna in abiti religiosi con in mano una rosa, con molta probabilità Santa Rita, mentre l’altro, che ritrae una donna in lacrime su un teschio, potrebbe essere una rappresentazione della Maddalena penitente: tale doppia rappresentazione potrebbe alludere al perdono (Santa Rita viene anche chiamata la Santa del perdono) e al pentimento (la Maddalena). I due medaglioni sovrastano due porte: quella al di sotto della Vergine conduceva dirimpetto alla Cappella del Fondatore situata nel cimitero antico, mentre l’altra dirimpetto o era finta, quindi messa lì per motivi di simmetria con la precedente, o conduceva in un altro ambiente attiguo alla Sala del tesoro.

Sempre nello stesso ambiente, arricchito da stucchi settecenteschi e cornici purtroppo vuote, vi sono quattro statue (San Giuseppe, San Lorenzo, Tobia e l’angelo e San Giovanni) attribuite a Domenico Lemnico, scultore napoletano che operò moltissimo in ambito certosino fino al punto di prendere i voti, e che era allievo del Vaccaro.

Al di sopra dell’altare una cupola, inserita su una fascia marcapiano aggettante, dà slancio verticale a tutta la sala, ed inonda di luce naturale in maniera opportuna e scenografica l’altare.

Fig. 22 – La cupola della Sala del Capitolo.

 

Note

[1] Secondo alcuni, i monaci preannunciavano il loro ingresso in chiesa proprio attraverso i rintocchi delle campane.

[2] Dalle ricerche di Michele Cartusciello, direttore del Museo del Cognome di Padula. http://museodelcognome.it/

[3] Cfr. M.T. D’Alessio, “La sepoltura della famiglia Bigotti nella Certosa di Padula”.

[4] G. Lapadula, “La Certosa di San Lorenzo”, Matonti editore, 2009, pag. 50

[5] Paolo De Matteis (Piano Vetrale, 9 febbraio 1662 – Napoli, 26 luglio 1728) è stato un pittore italiano allievo di Luca Giordano, attivo in particolare nel Regno di Napoli tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. https://www.museionline.info/pittori/paolo-de-matteis

 

Bibliografia

M.T. D’Alessio, La sepoltura della famiglia Bigotti nella Certosa di Padula.

M.T. D’Alessio, La Certosa di San Lorenzo a Padula, Naus, 2018.

Salmon, Lo stato presente di tutti i Paesi, e Popoli del Mondo naturale, politico e morale, con nuove osservazioni, e correzioni degli antichi, e moderni viaggiatori, volume 23, Albrizzi, Venezia 1763.

Lapadula, La Certosa di San Lorenzo, Matonti editore, 2009.

Strocchia, Le carte dell’Archivio della Certosa di Padula: inventario analitico delle carte del Fondo Corporazioni religiose soppresse nell’Archivio di Stato di Napoli, Laveglia Carlone, 2009.

M.C. Gallo, Tipi e forme degli ammodernamenti barocchi nel Salernitano, Laveglia, 2004.

 

Sitografia

https://www.museionline.info/pittori/paolo-de-matteis

http://www.polomusealecampania.beniculturali.it/index.php/la-certosa-padula

 

Fotografie proprie

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