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A cura di Matilde Lanciani

 

Carlo Crivelli (Venezia 1430-35 – Ascoli Piceno 1494-95), artista veneziano fratello del pittore Vittore Crivelli, dopo un soggiorno a Zara, seguendo le orme di Giorgio Schiavone, giunse nelle Marche nel 1468 e vi innestò un linguaggio influenzato dalla prima formazione padovana con accenti donatelliani e tardogotici, con particolare attenzione ai dettagli preziosi tramite un segno decorativamente incisivo.

Abbiamo iniziato col ripercorrere le sue orme a Montefiore dell’Aso per arrivare ora a considerare il tema mariano della Madonna con il Bambino fra Corridonia e Macerata. Nell’articolo si tratterà della pala della Madonna che allatta il bambino (Fig.1) collocata nella chiesa dei SS. Pietro Paolo e Donato a Corridonia, e della pala della Madonna col Bambino presso il Palazzo Buonaccorsi di Macerata.

Luigi Lanzi, importante storico dell’arte italiano di origine marchigiana, del Crivelli scriveva: “È pittor degno che si conosca per la forza del colorito più che pel disegno; e il suo maggior merito sta nelle piccole istorie, ove mette vaghi paesetti, e dà alle figure grazia, movenza, espressione. Per il succo delle tinte e per un nerbo di disegno questo pittore può a buon diritto chiamarsi pregevolissimo tra gli antichi. Si compiacque d’introdurre in tutti i suoi quadri delle frutta e delle verdure, dando la preferenza alla pesca ed al citriolo; quantunque trattasse tutti gli accessori con bravura tale che in finitezza ed amore non cedono al confronto de’ fiamminghi. Non sarà inutile accennare che i suoi quadri sono condotti a tempera e perciò a tratti, e sono impastati di gomme sì tenaci che reggono a qualunque corrosivo; motivo per cui si mantennero lucidissimi”[1].

Fig. 1.

Per quanto riguarda la Madonna che allatta il bambino abbiamo una tavola realizzata intorno al 1430-1500 ed attualmente visibile nel percorso espositivo “La fede dipinta e tramandata” all’interno della chiesa di S. Pietro a Corridonia, allestito con la concessione del parroco Don Fabio e curata dalla museologa Giuliana Pascucci e dall’architetto Mario Montalboddi. A livello stilistico l’opera anticipa il grande Polittico del Duomo di Ascoli del 1473 ed è simile ai due Trittici di Valle Castellana (Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno) e alla Madonna di Poggio Bretta (Museo Diocesano di Ascoli). Si tratta di una tempera di 127×63 centimetri che viene menzionata per la prima volta in un inventario del 1727 e citata come decorazione di uno degli altari laterali della ormai distrutta chiesa di S. Maria di Gesù a Corridonia. La sua realizzazione, infatti, è legata all’edificazione di questo edificio nel 1471 e alla fondazione della Confraternita del SS. Sacramento.

L’inventario esplica: “L’Altro altare di questa chiesa, che ha il titolo della Madonna della Concezione sta nella parte destra verso da piedi. Ha questo la sua buona predella, la croce davanti; in mezzo la piccola lapide, col suo sepolcrino di pietra, ed una scalinata à un sol ordine non dipinta, et adorna di semplici cornici. Il quadro di questo, quale è dipinto in tavola, rappresenta la Madonna Santissima in atto di azzinnare il Bambino Gesù, con due angioli, uno di qua, et uno di là, con molte facce di serafini di intorno alquanto guasto, e da un lato forato. L’ornamento di questo è di gesso adorno di rilievi indorati, di due Santi dipinti a destra l’uno, l’altro a sinistra, quali non si conoscono chi siano, per esser quasi guasti. In mezzo a detto ornamento vi è una descrizione che per esser guasta (come è tutto l’ornamento) appena dimostra leggibili queste parole: “EGO IMMACULATA ET CAPUT MEUM PLENUM EST RORE”. Il passo si riferisce a quello biblico del vello bagnato di rugiada di Gedeone, il quale simboleggia la Verginità di Maria[2].

La Madonna indossa un ricco e prezioso mantello, al quale si aggrappa l’infante che si volge teneramente a guardare lo spettatore (Fig.2) mentre la madre lo cinge. La visione scorciata della scena costituisce un’inquadratura molto moderna, così come lo è la dimensione umana e meno iconica rispetto alla tradizione; la psicologia dei personaggi è indagata a fondo e restituisce la loro umanità in maniera sorprendentemente fedele dal punto di vista introspettivo. L’opera, attribuita al Crivelli dai critici Cavalcaselle e Morelli, riveste un ruolo di primaria importanza nella produzione  di tale artista.

Fig.2.

Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi custodiscono un’altra Madonna col Bambino del Crivelli. Il dipinto reca nel retro, su un frammento di tela ritagliata, la seguente iscrizione “KAROLUS CRIVELLUS VENETUS PINXIT 1470 FERMIS”. In questo caso abbiamo un dipinto a tempera e oro su tavola trasportato su tela, di 59×41 centimetri, databile al 1470 circa che è parte superstite del perduto Polittico di Fermo.

Fig. 3.

Nel dipinto sullo sfondo astratto dorato si stagliano la Madonna a mezza figura, girata di tre quarti, e il Bambino adagiato sulle braccia della madre, che lo avvicina al viso osservando intensamente lo spettatore, già consapevole del destino del figlio. Sul manto indossato da Maria è raffigurata la stella che allude alla cometa di Betlemme ed il cardo che allude alla corona di spine, dunque alla passione. L’opera costituisce l’elemento restante di una composizione di maggiori dimensioni, forse una pala d’altare o un polittico (citato da Luigi Lanzi nel 1789) destinati all’antica chiesa maceratese di Santa Maria della Pietà, fondata da San Giacomo della Marca nel 1426 per i Minori Osservanti. Un incendio devastò l’edificio nel corso del 1799, come racconta Amico Ricci nel 1835, che però non andò completamente distrutto: la tavola di Crivelli venne in parte recuperata e ne furono salvati due frammenti. Il maggiore, quello con la Madonna col Bambino, venne tesaurizzato nel Palazzo Comunale, restaurato alla fine dell’Ottocento presso la Biblioteca Comunale, l’altro raffigurante la Pietà entrò a far parte della collezione Caccialupi, poi di quella romana di Nevin, per giungere infine al Fogg Art Museum di Cambridge. Inoltre Girolamo di Giovanni trasse dall’iconografia di questa Madonna una copia nella cappella della frazione montana di Malvezzi a Bolognola, oggi alla Pinacoteca civica di Camerino.

 

Note

[1] Zampetti, P., & Crivelli, C. (1986). Carlo Crivelli. Nardini.

[2] Dal catalogo Pinacoteca Parrocchiale, la storia, le opere, i contesti, 2003, pag.70.

 

Bibliografia

Coltrinari, F. (2011). Note e precisazioni sulla prima attività di Carlo Crivelli nelle MarcheIncontri. Storia di spazi, immagini, testi, Macerata, 143-171.

De Carolis, F. (2017). Alcune considerazioni sulla prima attività di Carlo Crivelli nelle Marche. Il dossier Crivelli della Fondazione Federico Zeri. INTRECCI d’arte, 6(6).

Liberati, G., Zaccari, L., Pascucci, G., & Quintili, G. (2003). Pinacoteca parrocchiale: la storia, le opere, i contesti.

Pietro Zampetti, Carlo Crivelli, Nardini Editore, Firenze 1986.

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