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A cura di Arianna Marilungo

Introduzione: Giuseppe Pauri

Giuseppe Pauri nacque a San Benedetto del Tronto il 1° novembre 1882 dalla sambenedettese Giovanna Mascaretti e da Giovanni di Calvorio Pauri. La sua famiglia fu presto colpita duramente: l’unica sorella del Pauri, infatti, venne strappata all’affetto dei suoi cari in tenera età ed il padre morì improvvisamente all’età di 35 anni, lasciando la giovane vedova ed il figlio di soli tre anni.

La formazione

Frequentando la scuola, il giovane Giuseppe Pauri mise subito in mostra le sue doti artistiche derivanti da un naturale talento. Durante il tempo libero dallo studio, frequentava la scuola di pittura del maestro Gerardo Gerardini e nel 1897, a soli quindici anni, iniziò a collaborare con Adolfo De Carolis, che stava affrescando i saloni della villa dei conti Costantini-Brancadoro a San Benedetto del Tronto. Durante la collaborazione con De Carolis, Pauri affinò la sua preparazione artistica acquisendo una certa rapidità e sicurezza del segno e prontezza della pennellata. Questa esperienza fu molto rilevante nella carriera artistica del pittore: rimase influenzato dallo stile liberty del De Carolis, fatto di intricati linearismi floreali e dalla trasparenza delle cromie.

L’anno successivo ottenne le prime committenze private in ambito provinciale, ma presto si manifestò una profonda inquietudine che lo portò a cercare nuovi maestri per migliorare il suo talento artistico, per imparare ed indirizzare la sua arte verso forme sempre più personali. In questo periodo entrò in contatto, infatti, con la pittura tardo-neoclassica di Luigi Fontana e divenne allievo di Nicola Achilli, un artista marchigiano specializzato in ornamentazione e decorazione e cresciuto sotto la guida del Fontana. Dopo questo periodo di formazione con Achilli, Giuseppe Pauri prese la decisione di trasferirsi a Roma per approfondire le sue conoscenze artistiche. Partì per la capitale nel 1899 per studiare architettura alla Scuola Preparatoria di Belle Arti e pittura nel Regio Museo Artistico Industriale. Questi sono anni molto produttivi in cui il Pauri ebbe la possibilità di analizzare dettagliatamente molteplici tecniche decorative, imparando a gestirle con padronanza. L’ambiente che si trovò a vivere Giuseppe Pauri era senza dubbio molto stimolante e costituì una significativa esperienza di crescita artistica e umana. Roma stava cambiando il suo volto grazie ai grandi cantieri urbanistici e architettonici e il clima culturale internazionale che si respirava in città, dove convivevano varie correnti pittoriche (Eclettismo, Preraffaellismo, Simbolismo, Liberty), lasciò tracce profonde sulla formazione artistica del Pauri.

A Roma conobbe Ludovico Seitz[1] ed entrò nel suo studio come collaboratore. Le notizie che abbiamo su Pauri non individuano una datazione certa per il suo rientro nelle Marche, anche se è noto che all’inizio degli anni Dieci del Novecento egli aveva già iniziato la sua intensa attività di decoratore e frescante nelle chiese della regione ed anche in Abruzzo.

Una delle sue prime commissioni marchigiane fu il ciclo pittorico nella Chiesa di San Giovanni Battista a Grottammare realizzato tra il 1911 ed il 1913. La sua arte continuò ad ottenere notevoli apprezzamenti e la sua opera presto fu molto richiesta: in questa cornice della sua carriera artistica si inserisce il ciclo decorativo della Chiesa di San Basso a Cupra Marittima, trattata in questa sede.

Oltre alle committenze ecclesiastiche Giuseppe Pauri riceve anche molti incarichi da privati per la decorazione di ambiente in residenze, tra cui il Palazzo dei Conti Lucangeli di Porto Recanati. Durante la sua attività artistica Pauri si dedicò anche alla realizzazione di ritratti e paesaggi.

Negli anni Trenta, nonostante la sua carriera iniziò a rallentare, decorò il ciclo pittorico nella Chiesa di San Lorenzo in Campo e l’abside della Chiesa di Martinsicuro (TE).

Giuseppe Pauri morì all’età di sessantasette anni, nel 1949, a Grottammare (AP)[2].

La decorazione della Chiesa di San Basso

Il progetto della Chiesa di San Basso (figg. 1 e 2) è stato eseguito dall’architetto Francesco Vespignani. L’edificio venne inaugurato nel 1887 quando vi furono traslate le spoglie del Santo[3]: presenta una pianta a croce latina con una navata centrale e due laterali. All’incrocio dei bracci della navata centrale e del transetto si innalza una cupola, mentre il presbiterio termina con l’abside.

Il Pauri ottenne la commissione della decorazione del soffitto nel 1921: il 10 febbraio di quell’anno venne firmato il contratto con il quale Giuseppe Pauri si impegnava a consegnare il lavoro nel febbraio dell’anno successivo. Tuttavia, il Pauri terminò la decorazione solo il primo ottobre del 1930. La decorazione si estende su quasi tutta la superficie del soffitto della Chiesa, includendo la navata principale, il transetto, la grande cupola ed il catino absidale.

La volta a botte che copre la navata centrale è suddivisa in due larghe zone da cornici decorate con festoni, tralci vegetali, motivi geometrici e tondi con simboli cruciformi. In ciascuna zona è stata dipinta la stessa raffigurazione: al centro vi è una sorta di tendaggio bianco cosparso di stelle fiancheggiato da due fasce in cui è riprodotto un mare stilizzato e paranze, nelle cui vele è riportato il monogramma di Cristo sormontato da una Croce. Lo sfondo su cui si stagliano le barche è costituito da una schiera di teste ovine affiancate e ripetute (figg. 3-4). Questo motivo sullo sfondo può assumere vari significati religiosi: le pecore potrebbero alludere al gregge mistico, ma la scena potrebbe anche rappresentare San Basso come pastor et nauta, assumendo il ruolo di unica guida dei fedeli, di pastore e nocchiero che li conduce verso la salvezza eterna, simboleggiata dal monogramma di Cristo dipinto al termine della navata. Un’altra chiave di lettura per questa scena marina potrebbe fare riferimento ad un significato prossimo al contesto sociale in cui è stata eseguita la decorazione: le brache e gli agnelli, infatti, potrebbero alludere alla pesca e alla pastorizia, attività economiche fondamentali del piceno, e allo stretto rapporto tra la cultura marinara e quella contadina tipiche del territorio cuprense.

Sulle vele della volta che sovrastano le finestre è raffigurata una tenda arricchita di piccole fiamme e fiancheggiata da un fitto pergolato. Al centro di ogni tenda, circondato da un tondo raggiante, è rappresentato un simbolo che allude alla missione redentrice di Gesù Cristo (fig. 5). A destra c’è una coppa e una colonna sormontata da una lampada, simboli della passione di Cristo. A sinistra sono stati rappresentati una corona fiammeggiante ed un libro che richiamano la gloria del Messia, come descritta nell’Antico Testamento[4] ed il libro del giudizio che solo il leone della tribù di Giuda potrà aprire[5].

Fig. 5 – Vele che sovrastano le finestre della navata centrale con i simboli della missione redentrice di Gesù Cristo. Credits: Walter Ruggeri.

La cupola (fig. 6) si unisce alla navata grazie ad un arco nel cui intradosso vi sono decorate varie cornici, tra cui spicca quella centrale composta da intrecci vegetali e rami di palma intervallati da tondi con simboli cruciformi (fig. 7). Su ciascuno dei quattro pennacchi della cupola sono dipinti altrettanti angeli rappresentati con le braccia e gli occhi rivolti verso il cielo in posizione orante e con le ali spiegate. Indossano una lucente tunica e poggiano i piedi su un globo. Lo sfondo su cui sono rappresentati è stato dipinto come se fosse un mosaico dorato (fig. 8).

Come osserva correttamente lo studioso Antonio Lazzari, il ciclo decorativo della zona presbiteriale si differenzia moltissimo da quello della navata centrale. Nella zona del presbiterio, infatti, Giuseppe Pauri adotta modelli stilistici e schemi iconografici che richiamano esplicitamente l’arte ravennate del VI secolo. Gli angeli, ad esempio, sono un evidente riferimento a quelli che si trovano nella cupola dell’abside della chiesa di San Vitale a Ravenna (fig. 9). La grande croce greca che suddivide lo spazio della cupola è un ulteriore riferimento ad un elemento della chiesa ravennate già citata. È ipotizzabile che il Pauri abbia preso spunto dall’arte ravennate-bizantina sull’esempio di un importante artista inglese, Edward Burne-Jones[6], che negli anni Ottanta dell’Ottocento aveva decorato la chiesa di San Paolo entro le Mura con chiari riferimenti all’arte musiva tipica dell’Impero bizantino.

Fig. 9 – Angelo che sorregge il clipeo, Basilica di San Vitale, Ravenna, metà del VI sec. Fonte: www.omnia.ie.

I quattro bracci della grande croce greca dipinta sulla cupola terminano con i quattro troni degli evangelisti, ognuno dei quali è vestito all’antica ed è contrassegnato dal proprio simbolo che si trova sul dossale di ciascun trono: l’aquila per San Giovanni nel braccio che sporge verso l’abside; l’angelo per San Matteo a destra, il toro per San Luca a sinistra ed il leone per San Marco verso la navata. È interessante notare come il volto di San Luca (fig. 10) sia un autoritratto del Pauri (fig. 11), che si è voluto ritrarre nelle vesti di colui che è considerato patrono degli artisti perché, secondo la tradizione, aveva realizzato il primo ritratto della Madonna.

Nel tondo centrale della croce greca è illustrata una scena che rimanda al libro dell’Apocalisse (fig. 12). Nel cielo campeggia il trono del Cristo giudice dove vi è appoggiato il libro con i sette sigilli contenente i decreti divini escatologici. L’agnello indica che il libro potrà essere aperto solo da Cristo in virtù del suo sacrificio per la salvezza dell’umanità, grazie al quale è stata abbattuta la pratica delle offerte votive alle divinità pagane, simboleggiate dal tripode e dal toro sacrificale che fugge rappresentati in basso. Quattro porticati di stile neogotico sono rappresentati negli spazi tra un braccio e l’altro della croce. Attraverso i porticati dipinti si scorgono dei giardini fioriti, allusione al Paradiso. Al centro dei giardini fioriti il Pauri rappresenta una grande croce gemmata che sembra nascere da un cespo vegetale e fiancheggiata da gigli. Ai lati della croce vi sono due cervi che si abbeverano: simboleggiano i fedeli che, rigenerati dalle acque del battesimo e nutriti dai Vangeli, ricevono la promessa della vita eterna. Due pavoni affrontati, rappresentati su uno sfondo di riquadri e losanghe, sormontano ciascun portico.

Fig. 12 – Cupola, particolare del tondo centrale. Credits: Walter Ruggeri.

La cupola si ricongiunge con le finestre del transetto attraverso archi che presentano fasce tripartite e variamente decorate: motivi geometrici, lampade sormontate dalle palme della vittoria con i lunghi chiodi del martirio di San Basso, tondi con il motivo delle colombe affrontate (fig. 13). Numerosi ornamenti decorano anche le incorniciature delle finestre: frange, fregi geometrici e vegetali, tra cui alcuni tralci di aranci.

Fig. 13 – Motivi ornamentali nel punto di congiuntura della cupola con le finestre del transetto. Credits: Walter Ruggeri.

Il catino absidale è preceduto da una copertura a botte (fig. 14) nel cui centro il Pauri ha dipinto una sorta di pergolato ottagonale fiancheggiato da due arcate trilobate caratterizzate da un fregio a linea spezzata tipico di alcuni artisti futuristi e dello stile Art Déco. Sopra l’arco absidale si scorge, attraverso l’arcata dipinta a sinistra, l’albero del bene e del male con il serpente. A destra, invece, si vede una palma carica di frutti. Tali raffigurazioni simboleggiano la contrapposizione vizio e virtù: percorrendo la retta via l’uomo otterrà il regno di Dio, mentre vivendo nel peccato si condannerà alla dannazione eterna.

Fig. 14 – Copertura a botte che precede il catino absidale con le rappresentazioni dell’albero della conoscenza del bene e del male e l’albero della vita. Credits: Walter Ruggeri.

Nel catino absidale (fig. 15) è stata dipinta la gloria del santo titolare della chiesa. Anche in questo caso, lo schema compositivo rimanda alle grandi decorazioni dell’arte bizantina, come ad esempio il mosaico absidale della Basilica Eufrasiana a Parenzo, in Croazia (fig. 16).

San Basso è raffigurato su uno sfondo dorato come un uomo anziano con una folta barba bianca e con gli attributi del vescovo: piviale, mitria e pastorale. Il santo è seduto su un elegante trono di legno, arricchito da dorature, al centro di una struttura circolare che simboleggia il firmamento ed è circondato da folte schiere di angeli. Ai piedi del gruppo è stato rappresentato un mare stilizzato in cui navigano alcune barche. Sul lato destro, sopra il mare, vi è la personificazione del vento. Sul lato sinistro, invece, saette. Queste raffigurazioni simboleggiano i carismi di San Basso di dominare gli elementi naturali e placare le burrasche, quindi testimoniando ai fedeli che il Santo veglia e protegge le imbarcazioni e le persone. In particolare, il fatto che il santo sia rappresentato nel punto più importante della chiesa soddisfa l’esigenza di protezione divina da parte di una comunità marinara come quella di Cupra Marittima. Questa idea di protezione sacra è ribadita anche dalla presenza delle spoglie di San Basso sotto l’altare.

La glorificazione di questo santo è sottolineata anche da altri due aspetti iconografici. Sulla sommità dell’abside, tra nimbi, stelle e cerchi concentrici dorati, spunta la mano di Dio che reca un anello: tema iconografico proveniente dalla cultura figurativa paleocristiana e sta a significare che il potere del personaggio dipinto ha origine direttamente da Dio. L’anello che offre rappresenta il legame tra San Basso e la sua comunità, l’unione tra il vescovo e la Chiesa, così come Cristo è sposo della Chiesa.

Inoltre, l’evangelista Marco, l’unico dipinto con un libro aperto in mano su cui si può leggere Secundum Marcum (fig. 17), ha il volto rivolto verso il Santo. È proprio nel vangelo di Marco che si trova la versione più estesa dell’episodio di Gesù che placa la tempesta[7]. Il potere di placare le burrasche accumuna San Basso a Cristo, così come il martirio subito dal santo lo rende alter Christus.

Fig. 17 – Particolare della cupola con in primo piano l’evangelista Marco. Credits: Walter Ruggeri.

Il programma iconografico ideato dal Pauri allude alla missione redentrice di Cristo stabilendo un parallelismo di carattere salvifico tra la Sua figura e quella di San Basso.

In questo ciclo pittorico, il Pauri si dimostra un artista maturo e molto attento alla rappresentazione della figura umana, come dimostrano la naturalezza e le espressioni nei volti degli angeli che circondano san Basso, l’intensità del suo sguardo, la sua gestualità e la caratterizzazione fisiognomica degli evangelisti. Sulla base degli esempi dei suoi maestri, Pauri si focalizza molto sugli aspetti ornamentali e decorativi della pittura in cui libera tutta la sua fantasia creativa. Questi elementi, che spesso primeggiano su tutto il resto, accolgono suggestioni stilistiche di varia natura: linee sinuose e serpentinate che ricordano quelle del De Carolis e dello stile Liberty; linee secche con un andamento spezzato e spigoloso che rimandano al Futurismo e all’Art Déco[8].

Per la stesura di questo elaborato sono stati importanti due persone a me care che, in tempi e modalità diverse, mi sono state di grande aiuto: la mia collega ed amica dott.ssa Eliana Ameli che mi ha fatto conoscere questo sorprendente ciclo pittorico ed il mio amico Walter Ruggeri che si è generosamente messo a disposizione per scattare le fotografie. Ad entrambi va il mio più profondo e sentito ringraziamento.

 

 

Note

[1]Ludovico Seitz (Roma, 11/06/1844 – Albano, 18/01/1908) è stato un pittore italiano che aderì alla corrente artistica ottocentesca dei Nazareni. Affrescò la Cappella dei Tedeschi nella Basilica di Loreto (1892-1902). Fu direttore della Pinacoteca Vaticana.

[2]Antonio Lazzari, La gloria di San Basso. Il ciclo decorativo di Giuseppe Pauri nella Chiesa parrocchiale di Cupra Marittima, Quaderno n. 6, Comitato Festeggiamenti San Basso, Linea Grafica, Centobuchi (AP), 2010, pp. 5-8

[3] San Basso (Nizza, 190 circa – 5 dicembre 250) è patrono di Termoli e Cupra Marittima.

[4] «In quel giorno sarà il Signore degli eserciti una corona di gloria, uno splendido diadema per tutto il suo popolo» (Is. 28, 5)

[5] «Uno dei vegliardi mi disse: “Non piangere più; ecco, ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide; egli dunque aprirà il libro e i suoi sette sigilli”» (Ap. 5, 5)

[6] Nato a Birminghan il 28 agosto 1833 è stato uno dei principali esponenti della corrente artistica dei Preraffaelliti. Allievo di Dante Gabriel Rossetti. Affascinato dall’arte italiana, Burne-Jones diviene presto un pittore di grande successo nonostante la sua ritrosia ad esporre in pubblico. Espone nel 1877 alla Grosvenor Gallery ottenendo un grande successo che lo porterà ad essere uno dei pittori più amati in Inghilterra. Nel 1880 viene nominato Baronetto. Muore a Fulham il 17 giugno 1898. L’eredità delle sue opere d’arte è considerata un anello di congiunzione tra il preraffaellismo, il simbolismo e l’Art Nouveau.

[7] Mc 4, 35-41

[8]Antonio Lazzari, cit., pp. 9-29

 

Bibliografia

Antonio Lazzari, La gloria di San Basso. Il ciclo decorativo di Giuseppe Pauri nella Chiesa parrocchiale di Cupra Marittima, Quaderno n. 6, Comitato Festeggiamenti San Basso, Linea Grafica, Centobuchi (AP), 2010.

Cesare Caselli, Giuseppe Pauri 1882-1949: un sambenedettese tra Adolfo de Carolis e Ludovico Seytz, fa parte di “Riviera delle Palme mensile di informazione e cultura”, anno V, n. 3-4. Marzo/Aprile 1989.

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