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A cura di Alessandra Becattini

 

 

Il Lungarno Corsini di Firenze, identificato precisamente nel tratto che si estende tra ponte Santa Trinita e ponte alla Carraia, prende il nome dal palazzo che ci si affaccia: il tardo seicentesco Palazzo Corsini al Parione, un raro esempio di architettura barocca fiorentina. L’ingresso principale dell’edificio si colloca dalla parte opposta alla maestosa facciata che si mostra in tutta la sua bellezza proprio sull’omonimo Lungarno (fig. 1), dove si apre con una terrazza scenografica posizionata sull’avancorpo del piano terreno, estensione delle due ali laterali che delimitano la corte interna. Su quest’ultima si colloca poi il corpo centrale del palazzo, arricchito da un doppio loggiato originariamente aperto (fig. 2). A coronazione dell’intero complesso, gli attici delimitati da balaustre ornate da statue e vasi in terracotta.

 

La fastosità degli esterni si riflette ancora di più nelle decorazioni all’interno del palazzo. Infatti, l’intento di imitare ed eguagliare le scelte stilistiche del Granducato aveva portato gli esponenti delle più importanti famiglie fiorentine ad intraprendere imponenti campagne decorative all’interno dei propri palazzi con l’intento di celebrare le glorie del proprio casato. Lo stesso fu per il palazzo fiorentino della famiglia Corsini, che tra la fine del ‘600 e il primo decennio del ‘700 diviene il più fastoso e più moderno tra i palazzi privati fiorentini, magnifico esempio della corrente tardo-barocca in città.

 

La famiglia Corsini

Le prime notizie storiche accertate sui Corsini risalgono al ‘300, quando risultano tra i più affermati mercanti fiorentini di lana e seta e già ben intrecciati nel tessuto politico e sociale della città. La scalata sociale della famiglia fu però interrotta nel 1425 da un critico tracollo economico che riuscirono tuttavia a superare grazie ai comprovati rapporti con la casata medicea. Infatti, durante il XV secolo non solo contribuirono attivamente al clima intellettuale della Firenze umanistica, ma prosperarono nuovamente con il commercio della lana e della seta, recuperando le ricchezze perdute. Pur avendo sempre avuto un ruolo considerevole nella vita pubblica della città, nel ‘600 la fortuna diede una svolta fondamentale all’ascesa della casata. Un esponente della famiglia, arricchitosi con la fondazione del banco Corsini a Londra, una delle banche più importanti della città d’oltremanica, lasciò tutte le sue immense ricchezze ai parenti fiorentini.  La cospicua eredità fu utilizzata dai Corsini per ampliare le proprietà terriere ed immobiliari, in particolare nei territori dello stato pontificio, accrescendo sempre di più le proprie ricchezze e il prestigio della casata, insignita anche del titolo nobiliare. Al momento della ristrutturazione del palazzo, quindi, i Corsini erano ormai quasi all’apice della loro ascesa sociale, coronata nel 1730 con l’elezione a pontefice di Lorenzo Corsini, papa Clemente XII.

 

La storia architettonica

Le prime notizie di una struttura nella posizione odierna risalgono al XV secolo. All’epoca, sul suolo dell’odierno palazzo, era presente il Casino del Parione. Di proprietà degli Altoviti, il Casino fu confiscato alla famiglia nel 1555, quando i rapporti tra Bindo Altoviti (antimediceo) e Cosimo I degenerarono inderogabilmente, entrando così a far parte dei beni del futuro granducato. Il Casino, che fu anche la residenza privata di Don Lorenzo de’Medici, venne venduto nel 1649 da Ferdinando II a Maria Maddalena Machiavelli, moglie di Filippo Corsini.

Il palazzo, donato dalla Machiavelli al figlio Bartolomeo, fu sottoposto ad un attento e ampio programma di ristrutturazione per ammodernare l’antica struttura e adeguarla all’esigenze della famiglia, compresa quella di rappresentanza del crescente potere del casato. Una particolare attenzione fu dedicata alla realizzazione del piano nobile dell’ala destra, deputato anche alla raccolta della prestigiosa collezione artistica dei Corsini.

Il progetto di restauro, che si protrasse ininterrottamente per più di 70 anni, ebbe inizio nel 1650 e vide il susseguirsi di molteplici figure coinvolte, delle quali è difficile ancora oggi riferire con precisione il contributo. I lavori furono probabilmente commissionati ad Alfonso Parigi e poi a Ferdinando Tacca, documentato a lavoro nel palazzo dal 1669 al 1672. Su disegno di Pier Francesco Silvani è invece la monumentale scala elicoidale costruita nell’ala sinistra tra il 1679 e il 1681 (fig. 3), facendo quindi pensare ad un suo più ampio coinvolgimento nella progettazione. È interessante ricordare che sempre al Silvani fu commissionata negli stessi anni la realizzazione della cappella Corsini nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze (fig. 4), dove per la decorazione vennero chiamati a lavorare anche Giovanni Battista Foggini, per l’apparato scultoreo, e il pittore napoletano Luca Giordano per la realizzazione della cupola. La scelta di questi artisti mostra quanto Bartolomeo non solo fosse un uomo acculturato, ma anche sensibilmente aggiornato sulle scelte stilistiche più in voga nella Firenze del suo tempo e fuori dai confini della città.

 

Tornando al palazzo, a questa prima fase di interventi architettonici risale la decorazione pittorica della loggia collocata al primo piano che si affaccia sul cortile, eseguita tra il 1651 e il 1653. Come ricordato da Alessandra Guicciardini Corsi Salviati, menzionato da alcune fonti come impegnato nella “Loggia della galleria” [1] è il pittore fiorentino Bartolomeo Neri al quale sono riferite le quadrature dell’attuale Galleria di Aurora (fig. 5), oggi però visibile solo attraverso gli ampi rifacimenti nel XVIII secolo; la parte figurativa è invece attribuita alla mano di Alessandro Rosi (figg. 6-7). Le pitture della loggia sono le uniche sopravvissute di questa primissima fase decorativa; nulla rimane dei documentati interventi del Neri nel salone, in alcune stanze del casino e per la “camera del signor Marchese”[2]; lo stesso vale per l’intervento di Jacopo Chiavistelli e Andrea Ciseri, che nel 1653 e poi nel 1656 ricevevano pagamenti per alcune pitture fatte nel palazzo.

 

Anche della seconda campagna pittorica, che ebbe inizio nel 1671 e vide al lavoro Alessandro Bonini, Andrea Scacciati e Carlo Bambocci, è difficile identificare con precisione le tracce; sempre allo Scacciati e al Bambocci furono commissionati dei lavori anche per la terza campagna decorativa, avvenuta tra il 1680 e il 1685. A quest’ultima risalgono anche gli affreschi dell’alcova di Filippo Corsini, eseguiti da Pier Dandini ed ancora in parte visibili.

 

Alla morte di Bartolomeo Corsini, avvenuta nel 1685, il progetto di restauro passò nelle mani del primogenito Filippo, al quale si deve la maggior parte dei lavori architettonici e decorativi del palazzo.

Cresciuto a stretto contatto con la corte medicea e con il futuro Cosimo III, per il quale rivestì la carica di ambasciatore e consigliere, Filippo fu un uomo di cultura e amante delle arti. Dalle postille artistiche annotate nei diari dei viaggi europei intrapresi a fianco del granduca, ai contatti con l’Accademia della Crusca di cui fu membro fin da giovane, il Corsini alimentò la sua eterogenea conoscenza anche grazie ai frequenti viaggi romani. Nella città papale entrò in contatto non solo con le correnti artistiche più aggiornate del tempo, ma anche con le novità nel campo dell’allestimento delle collezioni private, che a Roma potrebbe aver apprezzato nella rinnovata galleria Colonna. Non più riunita in un unico spazio quale era stato quello della galleria, per volere di Filippo la collezione d’arte Corsini fu invece estesa a tutti gli ambienti di rappresentanza del palazzo e i dipinti liberamente esposti su tutte le pareti delle sale. A Firenze, quella dei Corsini fu una delle prime collezioni nobiliari, assieme alla Galleria Palatina, ad applicare questo modello di allestimento detto ad “incrostazione”, che fu ampiamente in uso per tutto il XVIII secolo nelle collezioni private.

Pochi sono i documenti che accennano a delle acquisizioni del Corsini per la quadreria di famiglia e certamente esigue le informazioni che se ne deducono in merito sulla sua attività collezionistica. Nell’archivio della famiglia, infatti, è stato rintracciato dagli storici solamente una ricevuta di pagamento per 41 opere, delle quali per nessuna è specificato il soggetto e soltanto una chiarisce il nome dell’autore, Luca Giordano[3]. Tuttavia, possiamo immaginare che Filippo contribuì all’arricchimento della collezione Corsini, verosimilmente già accresciuta dal padre; infatti, il Baldinucci riferiva appartenute a Filippo alcune opere che ancora oggi si trovano nella collezione del palazzo, tra cui una delle versioni della Stregoneria di Salvator Rosa (fig. 8), eseguita dall’artista proprio per Bartolomeo[4].

Come già accennato, la maggior parte dei lavori eseguiti nel palazzo si devono a Filippo, che seguì tutte le fasi del progetto personalmente con grande interesse e passione. Approfondiremo i risultati di questa sua impresa nel prossimo articolo.

 

Note

[1] A. Guicciardini Corsi Salviati, Affreschi di Palazzo Corsini a Firenze (1650-1700), Firenze, 1989, p. 36.

[2] P. Maccioni, Palazzo Corsini e villa Le Corti, in Fasto privato: la decorazione murale in palazzi e ville di famiglie fiorentine, vol. 1, a cura di M. Gregori e M. Visonà, Firenze, 2012, p. 22.

[3] A. Guicciardini Corsi Salviati, Affreschi di Palazzo Corsini …cit., p. 18.

[4] Ivi, p. 20. Per l’opera di Salvator Rosa: F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, secolo V (1610-1670), Firenze, 1728, p. 565. Consultabile online: https://books.google.co.uk/books?id=zVQGAAAAQAAJ&dq=baldinucci&pg=PA380#v=onepage&q=baldinucci&f=false

 

 

Bibliografia

Guicciardini Corsi Salviati, Affreschi di Palazzo Corsini a Firenze (1650-1700), Centro Di, Firenze, 1989.

Zika, The Corsini Witchcraft Scene by Salvator Rosa: Magic, Violence and Death, in The Italians in Australia: Studies in Renaissance and Baroque Art, a cura di D.R. Marshall, Centro Di, Firenze, 2004, 179-190.

Patrizia Maccioni, Palazzo Corsini e villa Le Corti, in Fasto privato: la decorazione murale in palazzi e ville di famiglie fiorentine, vol. 1, a cura di M. Gregori e M. Visonà, Firenze, 2012, pp. 21-42.

 

Sitografia

http://www.palazzocorsini.it/thepalace/?lang=en

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