L'ARTE A FERRARA NEL XVI SECOLO

A cura di Mirco Guarnieri

Introduzione

Con l’inizio del 1500 Ferrara raggiunse il massimo splendore, diventando la prima capitale moderna d’Europa e inaugurando il Rinascimento ferrarese, grazie al compimento da parte di Biagio Rossetti dell’Addizione Erculea. Nell'ambito artistico il principale attivista della corte ferrarese di quel tempo fu Dosso Dossi. Assieme a lui presso la scuola ferrarese ci furono altri artisti di spicco come Girolamo da Carpi, Garofalo, l’Ortolano, Bastianino, Scarsellino e Bononi, considerato l’ultimo pittore della scuola ferrarese.

 

L'arte a Ferrara nel XVI secolo: gli artisti

Dosso Dossi

Pseudonimo di Niccolò Luteri. I dati anagrafici del pittore sono scarsi, ma secondo gli studi di Carlo Giovannini la nascita del pittore viene fatta risalire tra il 1468 e 1469 in una località vicino Mirandola, chiamata Tramuschio. La formazione di Dosso Dossi avvenne inizialmente attraverso la pittura di Giorgione, i rimandi alla classicità di Raffaello ed infine influenzato dalla scuola ferrarese, accentuando i contrasti del chiaroscuro e i rimandi simbolici negli ultimi anni di vita. Nel 1510 lo troviamo al servizio dei Gonzaga a Mantova e successivamente dal 1514 divenne pittore presso la corte degli estensi di Ferrara, peraltro inizialmente chiamato Dosso della Mirandola e non Dosso Dossi. In quel periodo presso la corte Estense si trovava anche Ludovico Ariosto, con il quale collaborò alla realizzazione di opere. Sotto Alfonso d’Este diresse e procedette alla realizzazione dei Camerini d’Alabastro realizzando opere come il Trionfo di Bacco (fig. 1), Enea e Acate sulla costa libica (fig. 2) e la Discesa di Enea nei Campi Elisi (fig. 3). Assieme a lui lavorarono alcuni maestri della pittura veneta del tempo come Giovanni Bellini e Tiziano: il primo realizzò un Festino degli Dei (fig. 4), quest'ultimo portò a compimento Bacco e Arianna (fig. 5), il Baccanale degli Andrii (fig. 6), Festa degli Amorini  (fig. 7) e il Cristo della Moneta (fig. 8). Successivamente il Camerino venne smantellato con la devoluzione della città allo Stato Pontificio nel 1598. Dosso compì molti viaggi tra Firenze, Roma e in particolare Venezia, tenendosi aggiornato sulle ultime novità stilistiche avviando dialoghi con Tiziano da cui apprese la ricchezza cromatica e le ampie aperture paesaggistiche.Nel 1531 venne chiamato a Trento dal Principe Vescovo Bernardo Cles per affrescare una ventina di stanze del Castello del Buonconsiglio lavorando al fianco del Romanino, morendo successivamente a Ferrara nel 1542.

 

Opere Dosso Dossi

 

 

Opera Giovanni Bellini

 

 

 

Opere Tiziano

Bastianino

Sebastiano Filippi, in arte Bastianino nacque a Ferrara attorno al 1532, iniziando a dipingere sotto l’influsso del padre Camillo. Dopo aver conseguito un viaggio a Roma il pittore ferrarese assimilò molto della pittura michelangiolesca tanto che la elaborò in uno stile tutto suo anche attraverso il cromatismo dell’ultimo Tiziano. Rientrato da Roma nel 1550, il Bastianino diede alla luce l’affresco dei Seguaci della Croce per l’Oratorio dell’Annunziata, poi, assieme al padre e il fratello Cesare lavorò per la corte estense dando vita alle Tavole lignee che decorano il Camerino delle Duchesse  (fig. 9 a,b,c,d) tra il 1555 e 1560 nel palazzo ducale della città estense.

Successivamente vennero realizzate opere come la Madonna Assunta (fig. 10), del 1565, per la chiesa di Sant'Antonio in Polesine e le pale d’altare per la Certosa di San Cristoforo. Le due pale non hanno una datazione precisa, infatti ci è giunto solo un documento del 1565 dove vengono menzionate queste opere raffiguranti l’Ascensione di Cristo e il Giudizio universale (fig. 11), inizialmente “Assunzione della Vergine”, presupponendo quindi che siano state concluse tra il 1566 e il 1572 (anno di consacrazione della Certosa).

Uno dei capolavori più importanti per la corte estense fu la realizzazione degli affreschi nell’Appartamento dello specchio all’interno del Castello Estense, voluti da Alfonso II. Assieme a Ludovico Settevecchi e Leonardo da Brescia, il Filippi diede alla luce gli affreschi per la Sala dei Giochi (fig. 12 a,b,c,d,e) dopo il terremoto del 1570 e la Sala dell’Aurora (fig. 13 a,b,c) tra il 1574-75 (Bastianino “Il Tempo”,“La Notte” e “L’Aurora”, Ludovico Settevecchi “Il Giorno”e “Il Tramonto” figg. 15 a,b).

Dal 1577 al 1580 il Bastianino lavorò alla realizzazione del Giudizio Universale (fig. 14) nel catino absidale del coro della cattedrale di Ferrara, ispiratosi a quello di Michelangelo nella Cappella Sistina, mentre tra il 1580 e la fine del Cinquecento il pittore, ormai giunto verso la fine della sua carriera pittorica realizzò altre pale d’altare per la chiesa di San Paolo, raffiguranti la Resurrezione di Cristo del 1580, l’Annunciazione del 1590-91 e la Circoncisione datata tra il 1593 e prima del 1600. Morì nel 1602 a Ferrara.

 

Opere Bastianino

 

 

Opere Ludovico Settevecchi

 

Scarsellino

Ippolito Scarsella, detto lo Scarsellino nacque a Ferrara nel 1551 e grazie al padre Sigismondo, anch'egli pittore, si avvicinò alla pittura. All'età di 17 anni Ippolito lasciò Ferrara per andare prima a Bologna e poi a Venezia. Nella prima città ebbe modo di ammirare le opere dei Carracci, mentre nella città veneta divenne apprendista di Paolo Veronese che chiamerà “suo nuovo maestro”, entrando in contatto con i pittori della scuola veneta come Jacopo Bassano e assimilando lo stile manieristico, la rivoluzione del movimento e del colore imposti da Tiziano. Nel 1576, tornò a Ferrara aprendo una bottega. Questi sono gli ultimi anni del governo della dinastia Estense.Il pittore operò assieme ad altri colleghi alla realizzazione di opere da soffitto per il Palazzo dei Diamanti come Apollo (fig. 16) e Fama (fig. 17)datate 1591-93. Scarsellino avrà modo di entrare in contatto con i Carracci e successivamente con Carlo Bononi (quest’ultimo molto più giovane di lui) influenzandoli con la sua pittura.

Una delle sue realizzazioni più importanti è quella del 1592 nel catino absidale della chiesa di San Paolo a Ferrara di Elia che viene rapito al cielo sul carro di fuoco, oltre alla Discesa dello Spirito Santo. Realizzò inoltre molte opere per diverse chiese di Ferrara e non, alcune però senza una precisa datazione. Sappiamo che nell'ultimo decennio del 500 trascorse un paio d’anni dentro San Benedetto per la realizzazione delle Nozze di Cana. Oltre che ad essere riconosciuto come un importante pittore, fu anche copista creando - per citarne alcune - la copia del Baccanale degli Andrii (fig. 18 a,b) di Tiziano, ante 1598, e Madonna col Bambino e angeli che appare a Giulia Muzzarelli (fig. 19 a,b) di Girolamo da Carpi nel 1608.

Con l’inizio del nuovo secolo gli Estensi non sono più i padroni di Ferrara. Ora la città è nelle mani dello Stato Pontificio e la devoluzione della città è già avviata. Altri dipinti realizzati per le chiese della città sono Noli me tangere (fig.20) a San Nicolò e l’Annunciazione a Sant’Andrea, entrambe senza una datazione precisa, ma comunque realizzate comunque nel primo decennio del 1600, la Decollazione di San Giovanni Battista (fig. 21), tra il 1603 e 1605, lUltima cena (fig. 22) del1605, Madonna col Bambino in gloria fra i santi Chiara, Francesco e le Cappuccine adoranti l’Eucarestia30(1609) per Santa Chiara, il Martirio di Santa Margherita31per l’Istituto della provvidenza del 1611 e San Carlo Borromeo del 1616 per San Domenico, indicato come l’ultimo dipinto del pittore. Morirà successivamente nel 1620.

 

Opere Scarsellino

Carlo Bononi

Secondo studi recenti il pittore nasce a Ferrara nel 1579 (inizialmente si diceva fosse nato un decennio prima). Il periodo storico in cui egli vivrà è quello della Devoluzione di Ferrara passata sotto lo Stato Pontificio, il quale porterà la città ad un lento declino. Si dice che Bononi sia stato allievo di Bastarolo, entrato poi in contatto con lo Scarsellino. I punti di riferimento artistici del pittore sono Tintoretto e Veronese per quanto riguarda la tradizione, mentre Caravaggio e i Carracci  per quanto riguarda l’innovazione pittorica. L’inizio della sua carriera pittorica viene attribuita con la realizzazione dell’opera Madonna col bambino in trono e i santi Maurelio e Giorgio (fig. 24) del 1602 per la residenza dei Consoli delle vettovaglie. Nel 1605-06 avvenne la svolta pittorica facendo apportare alle figure una sorta di anima, comunicando uno stato di leggera inquietudine. Questa svolta è visibile nelle opere degli Angeli (fig. 25 a,b) del 1605-1606 e della Sibilla (fig. 26) del 1610. Dall'anno successivo troviamo anche documenti che menzionano Carlo Bononi per la commissione di opere come San Carlo Borromeo (fig. 27)  per la Chiesa della Madonnina di Ferrara. Oltre a queste opere nel primo decennio del 600 inizierà a dipingere il ciclo decorativo (fig. 28 a,b,c,d,e,f,g,h,i,l) che orna la chiesa di Santa Maria in Vado a Ferrara, la più importante commissione ricevuta che gli darà un’immensa fama. Successivamente il pittore andrà via da Ferrara, ritenuta da egli stesso “troppo stretta”. Si dirigerà a Roma per trovare fortuna o completare la sua formazione (scarsa documentazione) e Fano per poi tornare a dipingere tra Ferrara e Reggio Emilia nel secondo decennio del 600. In quel periodo a Ferrara realizzò opere come le Nozze di Cana (fig. 29) per il Refettorio della Certosa di San Cristoforo, ispirandosi all'omonimo dipinto del Veronese, l’Angelo Custode (fig. 30) per la chiesa di Sant'Andrea (successivamente spostata alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara prima che la chiesa venisse chiusa al culto) di cui non abbiamo una datazione certa e portò a termine il ciclo di Santa Maria in Vado. Il pittore morirà nel 1632 e venne sepolto dentro la chiesa che gli diede fama. Successivamente venne rinominato l’ultimo pittore dell’Officina ferrarese.

Nel 1570, Ferrara venne colpita da un terremoto di forte intensità portando oltre che alla distruzione della città anche, indirettamente, alla fine del potere Estense a Ferrara, facendola concludere nel 1598 con la cacciata della famiglia dalla città e la successiva devoluzione da parte della chiesa.

 

Opere Carlo Bononi

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

G. Sassu, F. Cappelletti, B. Ghelfi, "Bononi l'ultimo sognatore dell'Officina ferrarese", Ottobre 2017, Fondazione Ferrara Arte.

G.C.Argan, Storia dell’arte italiana, Sansoni, ristampa 1982.

A.Stanzani, A. Bliznuckov, C. Guerzi, Catalogo "Lampi Sublimi a Ferrara", Aprile 2017, Edizioni Edisai.

J.Bentini, Bastianino e la pittura a Ferrara nel secondo Cinquecento, Nuova Alfa Editoriale, 1985.

M.A.Novelli, Studi e Ricerche - Lo Scarsellino, Zanichelli Editore, 1955.

 

Sitografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/luteri-giovanni-detto-dosso-dossi_(Dizionario-Biografico)/

http://www.treccani.it/enciclopedia/filippi-sebastiano-detto-bastianino_(Dizionario-Biografico)/

http://www.treccani.it/enciclopedia/scarsella-ippolito-detto-lo-scarsellino_(Dizionario-Biografico)/


L'ARTE A FERRARA NEL XV SECOLO

A cura di Mirco Guarnieri

 

 

Questo ciclo di articoli vedrà come protagonista l’arte tra XV e XVI secolo delle signorie emiliano-romagnole.

 

Gli Estensi furono una famiglia che si insediò a Ferrara dal 1240 divenendo prima duchi, poi signori della città. Sotto Niccolò III d’Este (1384-1441) Ferrara divenne un grande centro culturale rinascimentale, raggiungendo ulteriore splendore sotto Leonello d’Este (1407-1450). Con Borso d’Este (1413-1471) la Scuola ferrarese, meglio nota come Officina ferrarese, divenne molto importante per la presenza di artisti come Cosmé Tura, Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti. Successivamente, con Ercole I d’Este, la città raggiunse il massimo splendore con la costruzione dell’Addizione Erculea da parte di Biagio Rossetti nel 1492. Si raggiunge l'apice del Rinascimento a Ferrara nel XV secolo.

 

L'arte a Ferrara nel XV secolo: L'Officina ferrarese

L’Officina ferrarese fu fondata da Cosmè Tura presso la corte estense a Ferrara, al quale si affiancarono Francesco del Cossa ed Ercole de Roberti. Lo stile della scuola muterà nel tempo, dovuto alle influenze di artisti e delle città vicine, come Mantova, Venezia, Firenze e Bologna, ospitando artisti come Andrea Mantegna, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e Roger Van Der Weyden. Altri artisti che faranno parte dell’Officina ferrarese nel Quattrocento saranno Galasso Galassi, Angelo Maccagnino, Michele Pannonio, Lorenzo Costa il Vecchio, Boccaccio Boccaccino, Domenico Panetti, L’Ortolano Ferrarese, Ercole Grandi, Ludovico Mazzolino e Michele Coltellini.

 

Cosmé Tura

Pittore della corte estense, nonché rappresentante di spicco dell’Officina ferrarese, nasce nel 1433, e i primi documenti dove troviamo il suo nome risalgono al 1451-52, quando per la corte estense decorò oggetti di uso quotidiano. Tramite studi, pare che il pittore, tra il 1452 e 1456, non si trovasse a Ferrara. Da qui l’ipotesi che sia stato mandato dagli Estensi in viaggio di apprendistato a Padova dove venne influenzato dalla pittura rinascimentale padovana (segno netto e tagliente, esuberanza decorativa con citazioni dell'antico, portato poi ad estremi livelli). Tornato a Ferrara, conobbe direttamente Piero della Francesca attorno al 1458-59, suo grande maestro dal quale mutò il senso della costruzione spaziale geometrica, lo spirito monumentale e la luce che si fece più nitida e tersa usata negli sfondi. Altro stimolo che Tura ricevette fu quello proveniente dalla pittura fiamminga, da cui apprese l’osservazione minuta dei dettagli e la resa delle varie consistenze dei materiali tramite l’uso della pittura ad olio. Sotto la corte estense di Borso d’Este, Cosmé Tura dipinse opere come la Madonna con Bambino in un giardino (fig. 1), 1452; Madonna con Bambino in trono tra San Girolamo e una Santa martire (forse la Maddalena), 1455. Nel 1458 concluse le opere del Ciclo delle Muse iniziate da Angelo Maccagnino presso lo Studiolo di Belfiore dell’omonima Delizia, quali Calliope e Tersicore (figg. 2,3). Verso la fine degli anni '60 del 400 dipinse le ante dell’organo del Duomo di Ferrara raffiguranti da un lato L’Annunciazione (fig. 4) e dall’altro San Giorgio e la principessa (fig. 5). Con la successione al potere di Ercole I d’Este, Cosmé Tura divenne ritrattista di corte, ruolo che ricoprì fino al 1486 quando venne sostituito da Ercole de Roberti. Nel 1470 concluse il Polittico Roverella (fig. 6), fatto in onore di Lorenzo Roverella, allora vescovo di Ferrara (una delle opere più importanti del pittore).

Prima della morte che lo colpirà nel 1490, il pittore ferrarese realizzò un’ultima opera tra il 1484 e il 1490 chiamata Sant’Antonio da Padova (fig. 7).

Opere Cosmé Tura

 

Francesco del Cossa

Di questo pittore si hanno poche notizie in merito alla sua vita e alla sua formazione. L’anno della sua nascita (1436) si ottiene per via dello scambio di fonti epistolari tra due letterati bolognesi che commemoravano la sua prematura morte all'età di 42 anni, mentre la sua formazione pare sia avvenuta al fianco di Cosmé Tura, con influenze del rinascimento padovano legate a Donatello e Mantegna, ma anche alle novità di Piero della Francesca, da cui prenderà maggior spunto per la compostezza e la solennità delle figure. Il suo nome viene menzionato per la prima volta in un documento del 1456, quando sotto la tutela del padre ricevette un pagamento per la realizzazione della Deposizione con tre figure (opera distrutta con il rifacimento dell’abside verso fine 400) vicino all'altare maggiore della Cattedrale di Ferrara. Nel 1460 verrà menzionato in due atti notarili, venendo chiamato “pictore”. Sempre lo stesso anno gli si attribuisce l’opera Polimnia per il Ciclo delle Muse presso lo Studiolo di Belfiore, poi successivamente assegnato ad Angelo Maccagnino. Nel 1463 morirà il padre e fino all’11 Dicembre del 1467 (giorno dove risultò essere a Ferrara) non si ebbero più documenti sul pittore. Molto probabilmente fece un viaggio formativo verso Firenze. Qualche anno dopo gli venne affidata la collaborazione agli affreschi del Salone dei Mesi a Palazzo Schifanoia, dove portò a termine i mesi Marzo, Aprile e Maggio  (figg. 8,9,10) portando un colore luminoso e un’attenta cura nella costruzione prospettica, contrapponendo una più naturale rappresentazione umana rispetto a quella di Tura. Dopo la fine degli affreschi a Palazzo Schifanoia, Francesco del Cossa si trasferì a Bologna, probabilmente deluso dai bassi compensi che il duca Borso gli dava. Della vita del pittore a Bologna ne parleremo successivamente quando tratteremo del Rinascimento bolognese sotto la corte dei Bentivoglio.

Opere Francesco del Cossa

Ercole de Roberti

Nato tra il 1451 e il 1456, fu apprendista di Gherardo da Vicenza, Francesco del Cossa e Cosmé Tura, ossia il pantheon dell'arte ferrarese nel XV secolo. A circa 17 anni lavorò agli affreschi di Palazzo Schifanoia, compiendo il mese di Settembre (fig. 11), dove possiamo notare che le forme subiscono una stilizzazione geometrica e le figure, grazie ai contorni tesi e spigolosi, assumono dinamismo da rendere il tutto anti-naturalistico con grande violenza espressiva.

Ci sarà un periodo dove assieme a del Cossa lavorerà a Bologna (1470-1478), per poi fare ritorno a Ferrara intorno al 1479 aprendo una bottega con il fratello Polidoro e l’orafo Giovanni di Giuliano da Piacenza. Il punto di arrivo stilistico del pittore lo abbiamo con la Pala Portuense (fig. 12) per la Chiesa di Santa Maria in Porto vicino Ravenna del 1479-81, mentre tra il 1486 e il 1493 vengono documentati dipinti di donne dell’antichità commissionati da Eleonora d’Aragona, tali Bruto e Porzia (fig. 13), 1486-90; Moglie di Asdrubale con figli (fig. 14), 1490-93 (1490-93) e un piccolo dipinto per il cardinale Ippolito d’Este del 1486.

Ercole de Roberti continuò a dipingere oltre che a Ferrara in altre città dell’Emilia-Romagna, influenzando i vari artisti locali. Nel 1487 divenne ritrattista di corte prendendo il posto di Cosmé Tura, mentre nel 1489 venne inviato da Eleonora d’Aragona a Venezia per acquistare oro per poter eseguire le dorature dei forzieri della figlia Isabella d’Este, che si apprestava a diventare moglie di Francesco II Gonzaga a Mantova. Nel 1492 assieme al duca Alfonso d’Este si dirigerà a Roma per rendere omaggio a Papa Alessandro VI Borgia, nonché suo futuro suocero. L’anno successivo de Roberti lavorerà a dei cartoni per la delizia di Belriguardo. Il pittore poi morirà nel 1496 venendo sepolto nella Chiesa di San Domenico.

Opere Ercole de Roberti

 

Con questo articolo si conclude la prima parte sull'arte a Ferrara nel XV secolo. Nel prossimo termineremo l’argomento trattando alcuni artisti del panorama artistico ferrarese del XVI secolo come Dosso Dossi, Bastianino, Scarsellino e Carlo Bononi.

 

Sitografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/roberti-ercole-de-detto-anche-ercole-da-ferrara_%28Enciclopedia-Italiana%29/

http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-del-cossa_%28Dizionario-Biografico%29/

http://www.treccani.it/enciclopedia/cosme-tura_%28Enciclopedia-Italiana%29/


CARLO BONONI

A cura di Mirco Guarnieri

Carlo Bononi: la vita

Carlo Bononi, secondo le fonti settecentesche, nacque a Ferrara nel 1569 ma studi recenti pongono la sua data di nascita un decennio più avanti. Il periodo storico in cui vive l’artista è quello della Devoluzione di Ferrara, passata poi sotto lo Stato Pontificio il quale però trascinerà la città ad un lento declino. Per quanto riguarda il periodo artistico siamo negli anni tra la Controriforma e la piena maturazione del nuovo linguaggio artistico naturalistico e barocco.

Grande disegnatore, inquieto sperimentatore e infaticabile viaggiatore sarà allievo - si dice - del Bastarolo per poi entrare in contatto con lo Scarsellino. I suoi riferimenti stilistici si trovano fuori Ferrara, in particolar modo per la tradizione cinquecentesca veneta di Tintoretto e Veronese e per ciò che di nuovo si stava presentando (Caravaggio, i Carracci e Simon Vouet).

Se dobbiamo trovare una data di inizio della carriera artistica di Bononi non la troveremo prima del 1600, infatti il suo primo dipinto è riconducibile al 1602 con la Madonna col Bambino in trono e i santi Maurelio e Giorgio(fig. 1) proveniente dalla residenza dei Consoli delle Vettovaglie, ora situato a Vienna. Il dipinto contiene riferimenti bastaroleschi che convivono con molteplici declinazioni (l’uso di tende e colonne tipiche della pittura veneta e l’espressione dolcemente sbalordita che riporta alla mente Correggio e Ludovico Carracci).

 

Attorno al 1605-1606 il pittore ferrarese porterà la sua carriera ad una svolta sostanziale. Oltre ad alcune incertezze in materia di conduzione pittorica presente anche nei dipinti precedenti, Carlo Bononi introdurrà un’anima nelle sue figure, facendo comunicare qualcosa di indefinito con un atteggiamento di leggera inquietudine, un indugiare mesto, eppure ammiccante in una compiaciuta tristezza. Le opere più rappresentative di questa svolta sono i due Angeli(figg. 2-3) del 1605-1606 della Pinacoteca di Bologna e Sibilla (fig. 4) del 1610 appartenente alla Fondazione Cavallini-Sgarbi.

 

 

I primi documenti che menzionano Carlo Bononi sono riconducibili al 1611 con le opere San Carlo Borromeo (fig. 5)per la Chiesa della Madonnina di Ferrara e l'Annunciazione (fig. 6), per la Chiesa di San Bartolomeo a Modena, poi dirottata l’anno successivo dallo stesso committente Ippolito Bentivoglio verso Santa Maria della Neve a Gualtieri. Queste due opere aprono la strada ad una formulazione del tutto moderna della pala d’altare nella quale diviene predominante l’aspetto emozionale. Importante anche è come ricorrerà a tutti gli espedienti narrativi della cultura barocca (sorpresa, luce e teatralità dispiegati in piena coscienza). Altre commissioni che Bononi riceverà saranno a Ravenna nel 1612, a Cento nel 1613 e Mantova nel 1614, ma quella che gli darà più fama sarà quella per il ciclo decorativo (figg. 7a-b-c-d-e-f-g-h-i-l) che orna la Basilica di Santa Maria in Vado  a Ferrara, concluso entro il 1617.

 

 

 

 

 

Dopo questi eventi il pittore capisce che Ferrara gli è troppo stretta e decide di andare in viaggio a Roma, ma non essendoci documentazioni a sufficienza non sappiamo se sia andato per trovare fortuna o per completare la sua formazione. Dopo Roma, Bononi si diresse a Fano dove presso la chiesa di San Paterniano, l’artista produsse una delle sue opere più intense e coinvolgenti, Il San Paterniano che risana la cieca Silvia (fig.8), facente parte delle storie del santo. In quest’opera notiamo come Bononi sia stato influenzato dal contatto con le opere caravaggesche (come le tele Cottarelli di San Luigi dei Francesi) dalle quali l’artista ha colto l’intimo vibrare della luce, il tono malinconico, la capacità di cogliere l’attimo e la pregnanza delle pose, senza però rinunciare alle sue radici emiliane.Un altro dipinto che riconduce alla pittura caravaggesca è Genio delle arti (fig. 9) del 1621-22 riconducibile ad Amor vincit omnia del Merisi. Inizialmente si pensava che l’opera di Bononi fosse unica, ma dopo recenti reperimenti, si è scoperto che un anno prima si trovava impegnato nel soddisfare le richieste di un’ancora ignota committenza,  richiedente un Genio delle arti, noto solo tramite fotografia.

 

Dal secondo decennio del 600 il talento del pittore ferrarese fu impiegato nel soddisfare committenze tra Ferrara e Reggio Emilia (definita in quel periodo la capitale della cultura figurativa del ducato estense) come la decorazione della Volta della Cappella Gabbi o dell’Arte della seta di Reggio Emilia. Sempre nello stesso anno Bononi concluse per il Refettorio di San Cristoforo della Certosa di Ferrara le Nozze di Cana (fig. 10), ispirato all'omonimo quadro di Veronese con chiari elementi di Barocco incipiente. Ma soprattutto ci fu la conclusione del ciclo di Santa Maria in Vado, intervenendo nel presbiterio. Un’altra opera di cui però non si sa con esattezza la data di conclusione è l'Angelo Custode (fig. 11) per la chiesa di Sant'Andrea a Ferrara (poi trasferito alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara nel 1863, prima che la chiesa venisse chiusa al culto). Carlo Bononi morirà il 3 Settembre del 1632 sepolto nella chiesa di Santa Maria in Vado a Ferrara.

 

 

 

Le figure 4; 7a,b,c,e,f,g,h; 9 provengono da https://www.palazzodiamanti.it/1607/opere-in-mostra.

La figura 5 proviene da https://www.museoinvita.it/sassu-bononi/

La figura 6 proviene da https://www.artribune.com/arti-visive/archeologia-arte-antica/2017/12/mostra-carlo-bononi-palazzo-diamanti-ferrara/attachment/carlo-bononi-annunciazione-1611-gualtieri-santa-maria-della-neve/

Le figure 7i,l provengono da https://www.museoinvita.it/sassu_bononi_vado/

La figura 8 proviene da https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/carlo-bononi-secondo-andrea-emiliani

La figura 10 proviene da https://gallerie-estensi.beniculturali.it/blog/osservando-lo-splendore-del-gran-desco-delle-nozze-di-cana-di-carlo-bononi/

 

 

 

Bibliografia

G. Sassu, F. Cappelletti, B. Ghelfi, "Bononi l'ultimo sognatore dell'Officina ferrarese", Ottobre 2017, Fondazione Ferrara Arte.


MOSTRA SU GIOVANNI BOLDINI A FERRARA

A cura di Mirco Guarnieri

Giovanni Boldini: biografia

Giovanni Boldini nacque a Ferrara, il 31 dicembre 1842. Abbandona presto gli studi scolastici per apprendere dal padre Antonio gli insegnamenti pittorici, il quale seppe valorizzare il talento del figlio. Grazie allo zio paterno negli anni 60 del 800, Boldini lasciò Ferrara per trasferirsi a Firenze. Nel capoluogo toscano il pittore si iscriverà all’Accademia di Belle Arti dove avrà come insegnanti Stefano Ussi ed Enrico Pollastrini. Boldini si discosterà dalle discipline accademiche, e troverà nel Caffè Michelangelo un ambiente molto stimolante per lui. Questo luogo era spesso frequentato dal gruppo dei Macchiaioli e da li in poi allaccerà rapporti con figure di spicco come Michele Gordigiani e Cristiano Banti. Da quel momento il pittore ferrarese avrà committenze per ricchi stranieri residenti a Firenze dai quali talvolta riceveva spesso accoglienza nelle proprie ville. Nel 1867 venne invitato a Parigi per l’Esposizione Universale. Qui avrà modo di vedere i dipinti di Manet e Degas, ricevendo in particolare stimoli da quest’ultimo, come l’uso della fotografia. Nel 1870 si trasferirà a Londra, dove per merito di Cornwallis-West e del duca di Sutherland riuscirà ad inserirsi tra le alte classi londinesi ricevendo numerose commissioni. Tuttavia, Londra non lo appagò a pieno. Decise dunque di ritornare nella capitale francese nel 1872, entrando in contatto con Meissonier, De Nittis e Palizzi. Da li a poco Boldini diverrà il massimo rappresentante del ritratto d’epoca, distinguendosi tra i ritrattisti del suo tempo per l'abilità del disegno e nella resa luminosa dei colori neri e bruni.

Il periodo di massima crescita del pittore viene individuato dalla critica tra il 1892 ed il 1914, quando trionfando nei saloni parigini produrrà ritratti femminili di raffinatissima e sensuale bellezza. Nel 1926 conoscerà Emilia Cardona che dopo 3 anni diventerà sua moglie.  Affetto da broncopolmonite, Boldini morirà a Parigi l’11 Gennaio 1931 all’età di 89 anni.

"Boldini e la moda" a Palazzo dei Diamanti

La mostra esamina specifico il rapporto tra Boldini e la moda. Al Palazzo dei Diamanti è possibile osservare le opere del pittore ferrarese affiancate ad abiti dell’epoca e la presenza di alcune opere di artisti come Degas, De Nittis, Sargent, Whistler e Paul Helleu.

Nei dipinti delle prime sale è riscontrabile come i ritratti dell’artista siamo molto ben definiti e dettagliati, dando molta importanza agli abiti, quasi da far intendere allo spettatore il materiale del vestito, e all’aspetto della figura. In particolar modo nei ritratti femminili possiamo scorgere la delicatezza dei volti femminili, la flessuosità e la sensualità dei corpi; quasi comprendendo quanto Boldini amasse ritrarre figure femminili. Altra caratteristica di Boldini è l’uso del colore. In moltissimi quadri possiamo vedere come il pittore prediliga colori scuri, dando quel tocco di lucidità che lo differenzia dagli altri pittori dell’epoca. Gli sfondi delle opere sono neutri, ma pur sempre facendo rilevare il luogo dove la persona ritratta si trovava. Proseguendo per le sale del palazzo notiamo come il Boldini cambi stile di pittura. Nelle prime sale le figure sono dipinte con estrema attenzione mentre nelle ultime notiamo come la pittura diventi più veloce e lo sfondo delle opere tende sempre di più a fondersi con il soggetto, dando maggior importanza allo sguardo delle donne raffigurate.

Opere

Sala 7. Giovanni Boldini, Madame R.L., 1901.