LA PITTURA SILENZIOSA DI LORENZO PUGLISI. LA NATIVITÀ AL MUSEO MARINO MARINI DI FIRENZE

A cura di Arianna Canalicchio

 

 

Lorenzo Puglisi – Natività

A cura di Angelo Crespi

23 dicembre 2021 - 11 gennaio 2022

Museo Marino Marini, Firenze

 

“In un ciclo infinito di vita, nascita e morte, l’uomo in ogni epoca può solo interrogarsi sul mistero dell’esistenza, sul significato della propria vita: la forte contrapposizione di questi due momenti fondanti per l’essere umano, si ritrovano in questo luogo unico, dove il Tempietto del Santo Sepolcro […] ci riporta alla caducità inevitabile dell’esperienza dell’uomo”[1]

 

 

Queste le parole di Lorenzo Puglisi sulla sua Natività, un olio su tela che rimarrà visibile fino all’11 gennaio 2022 dietro all’altare della Cappella Rucellai all’interno del Museo Marino Marini. Situato nella chiesa sconsacrata di San Pancrazio, il museo fiorentino raccoglie dal 1988 un’importante collezione di opere di pittura ma soprattutto sculture realizzate del maestro nato a Pistoia all’inizio del secolo scorso. Il museo è anche sede di alcune mostre temporanee che da anni portano a Firenze un po’ di arte – finalmente - contemporanea.  

 

Nato a Biella nel 1971, Puglisi a distanza di poco più di un anno torna nel capoluogo toscano con un nuovo lavoro, in dialogo ancora una volta con un luogo di culto. L’artista si era infatti confrontato nel settembre 2020 con il crocifisso realizzato da un giovane Michelangelo intorno al 1493-94 e conservato nella Basilica di Santo Spirito[2]. In occasione delle celebrazioni per i vent’anni del rientro dell’opera nella chiesa agostiniana l’artista aveva esposto una sua personale interpretazione del tema della crocifissione in cui dal nero profondo della croce emergevano il volto, le mani e i piedi del Cristo (Fig. 4).  “Il mio tentativo di pittura si rivolge alla visione di qualcosa che è altro dal visibile empirico – ha raccontato Puglisi - ma col quale è inseparabilmente intrecciato, è mescolato ad esso; la ricerca dell’essenziale della rappresentazione, come ambizione e fine, è legato alla ricerca di essenzialità nella vita e ne è conseguenza e speranza di conoscere”[3].

 

Questa volta il confronto è invece con la Cappella Rucellai nella quale è situato il Tempietto del Sacro Sepolcro, capolavoro di Leon Battista Alberti (Fig. 3)[4]. L’opera di Puglisi, di ritorno dall’Art Museum Bourse di Riga, in Lettonia, è, come spesso succede nel suo lavoro, ispirata alla tradizione pittorica e in questo caso il riferimento è al Caravaggio. Si tratta della Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (Fig. 5) tela che, stando agli ultimi studi dovrebbe essere stata realizzata intorno al 1600 per il mercante Fabio Nuti e fin da subito portata a Palermo; l’opera rientra ad oggi nella lista stilata dall’FBI dei dieci capolavori artistici mondiali con il più alto valore stimato, rubati e mai ritrovati. La Natività venne infatti trafugata dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo nell’ottobre del 1969, probabilmente ad opera di qualche famiglia mafiosa ma, nonostante siano fiorite diverse teorie sulla sua attuale collocazione, alcune delle quali la vorrebbero seppellita insieme a droga e denaro, altre mangiata dai topi in una stalla, non si hanno più tracce del lavoro caravaggesco.

 

Puglisi recupera da Caravaggio la verticalità dell’opera; una linea sottile che, partendo dalla punta del dito dell’angelo, crea un flusso continuo che arriva a Gesù, lega i protagonisti in un dialogo discendente. Le tre figure affiorano dal buio con delicatezza e pur nella loro inconsistenza ci descrivono un momento estremamente intimo. L’artista si concentra su quelli che sono i punti vitali ovvero quei punti nei quale la vita scorre con maggior forza; sono infatti mani e volti ad emergere dal buio evocando l’immagine nel suo complesso. La sua ricerca lo porta così a racchiudere dentro un gesto l’essenzialità dell’intera immagine. “Dal nero trae alla luce una Natività - ha raccontato Angelo Crespi, curatore della mostra – […]  pochissimi tratti, in una sorta di rarefazione del gesto, gli sono sufficienti per adombrare la nascita”[5].

 

Le opere di Puglisi sono sempre così vicine all’ossimoro, uno scontro tra buio e luce, tra vita e morte, che nella loro assolutezza ci trasportano a qualcosa di altro, a qualcosa di ultraterreno ma che conserva una profonda umanità. Il bianco screziato di rosso e di nero dei suoi volti li rende espressivi pur senza definirli. La sua pittura traccia solo una guida ma è l’occhio di chi guarda a definirne i lineamenti (Fig. 9). Nella sua Natività percepiamo la Vergine mentre osserva carica di dolcezza materna il figlio e diventa il tramite tra la vita terrena di Gesù e quella divina alla quale salirà con l’angelo che col dito si rivolge a Dio padre. È l’immagine di un dialogo assoluto, eppure l’opera è calata in un silenzio surreale; si sono persi quel movimento e quell’agitazione che per secoli hanno caratterizzato la raffigurazione del momento della nascita del Bambino per ottenere un’immagine essenziale e silenziosa.

 

Il nero è l’inizio di tutto, colore dicotomico che oscilla tra il principio e la fine; il nero è il colore assoluto: l’espressione del massimo delle possibilità ma allo stesso tempo il nulla. La scelta artistica di Puglisi, pur nella sua semplicità, è una scelta rischiosa. Ha ancora senso parlare di pittura a tema religioso oggi? Ma i suoi sono davvero temi religiosi o sono piuttosto dei temi assoluti? Davanti alla forza di un viso che nella sua indefinitezza esprime tutto, allora, forse, ci troviamo davanti a qualcosa di più universale di una Natività, o almeno credo.  

 

 

 

 

Note

[1] Lorenzo Puglisi. Natività, comunicato stampa della mostra al Museo Marino Marini, online presso https://www.arte.it

[2] Si tratta di un lavoro giovanile di Michelangelo realizzato per ringraziare il priore della Basilica di Santo Spirito dell’ospitalità. Per secoli se ne erano perse le tracce nonostante la sua esistenza fosse testimoniata dal Vasari e venne ritrovato soltanto nel 1962. Fino al 2000 tuttavia il crocifisso ligneo rimase a Casa Buonarroti e solo dopo numerose richieste venne infine condotto nuovamente nella Basilica per cui era stato ideato.

[3] Citato in Firenze. Lorenzo Puglisi “davanti” a Michelangelo. Una mostra, due crocifissi, in “Artemagazine” https://artemagazine.it

[4] Il tempietto, noto anche come sacello, venne realizzato dall’Alberti a partire dal 1457 su commissione di Giovanni di Paolo Rucellai. Costruito con marmi bianchi e verdi riccamente intarsiati, venne concepito come una riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Le pareti esterne sono decorate con trenta tarsie tutte diverse raffiguranti stemmi e motivi geometrici, intervallate da paraste corinzie. La bibliografia sulla Cappella Rucellai e sul lavoro di Leon Battista Alberti è molto vasta, a tal proposito interessante è A. Belluzzi C. Acidini G. Morolli (a cura di), La Cappella Rucellai in San Pancrazio, in L'uomo del Rinascimento. Leon Battista Alberti e le arti a Firenze tra ragione e bellezza, catalogo della mostra di Firenze (11 marzo-23 luglio 2006), Mandragora, Firenze 2006.

[5] Lorenzo Puglisi. Natività, comunicato stampa della mostra al Museo Marino Marini online presso https://www.arte.it

 

 

 

Bibliografia

Beatrice (a cura di), Lorenzo Puglisi. Popolo e memoria, catalogo della mostra di Torino (23 ottobre – 21 novembre 2019), Giampaolo Prearo Editore, Milano 2019.

Gazzaneo, Il Grande Sacrificio, Manfredi editore, Cesena 2019.

Lorenzo Puglisi. Natività, comunicato stampa della mostra al Museo Marino Marini (23 dicembre 2021 – 11 gennaio 2022), Firenze.

 

Sitografia

http://www.lorenzopuglisi.com (Sito dell’artista)

https://www.arte.it (Sito della rivista “Arte.it The map of Art in Italy”)

https://artemagazine.it (sito della rivista Artemagazine)

https://museomarinomarini.it (Sito del Museo Marino Marini)


LEONARDO DA VINCI E CARAVAGGIO: DUE ARTISTI A CONFRONTO SUL TEMA DELLA NATIVITÀ

A cura di Mery Scalisi

 

Si avvicina il Natale, si avvicina la nascita di Gesù, episodio cardine all’interno della tradizione iconografica cristiana. La Natività, infatti, è un argomento trattato dall’arte cristiana sin dai tempi antichi, presente già nella pittura del IV secolo.

Nelle svariate versioni della Natività vengono narrate le vicende della nascita di Gesù così come descritte nei Vangeli dell’Infanzia, quelli di Luca e di Matteo: gli episodi ricorrenti sono la nascita povera di Gesù, l’Adorazione dei pastori e la visita dei Magi.

In questo articolo mi soffermerò sul confronto tra due artisti lontani nel tempo, nello stile e nel carattere, ma entrambi impegnati, a loro tempo, nella realizzazione di due interpretazioni della Natività: Leonardo da Vinci, equilibrato, statico e strutturato, e Caravaggio, impetuoso e incontenibile.

 

Leonardo da Vinci

Leonardo, nato a Vinci (Firenze) il 15 aprile del 1452, era figlio illegittimo di Ser Piero. Formatosi nella bottega del Verrocchio, rappresenta ancora oggi un caso unico, nonostante fosse “homo sanza lettere”; in vita sua non intese mai occuparsi solo di pittura, scultura e architettura, ma si impegnò a riconoscere il valore dell’esperienza, intesa come sperimentazione e studio meticoloso e scientifico della realtà, in tutte le sue forme.

Di Leonardo, spirito critico e innovatore del Rinascimento italiano, tutti ormai conoscono il genio, ma pochi conoscono l’uomo che non smise mai, in fondo, di essere quel bambino di Vinci che si chiedeva perché e per cosa.

La sua storia, ancora oggi, rappresenta una vera e propria odissea (fig. 1).

 

Adorazione dei Magi, 2,46 x2,43 m, Galleria degli Uffizi, 1481-82, olio su tavola e tempera grassa

Preso sempre da nuovi interessi, Leonardo spesso ebbe difficoltà a portare a termine le sue opere. Nel 1481 i frati del Convento di San Donato a Scopeto (Firenze) gli commissionarono una pala d’altare col tema dell’Adorazione dei Magi, opera che non verrà mai terminata a causa della partenza dell’artista verso Milano.

La tavola dell’Adorazione dei Magi ritrae il momento della visita dei Magi di Gesù bambino; l’artista, inoltre, richiama l’assenza della figura paterna, ricordandoci la propria condizione familiare (fig. 2).

 

Fisionomia, prospettiva, architettura, botanica, zoologia, sono le materie sulle quali Leonardo focalizza il suo interesse, anche a costo di sminuire la correttezza teologica della scena. In questo giovane Leonardo è già possibile riconoscere la trasversalità delle sue conoscenze. Forse i lineamenti del personaggio all’estrema destra del quadro sono quelli di Leonardo stesso, come era di prassi fra gli artisti del tempo farlo (fig. 3).

 

Leonardo in questa opera contrappone la pace trasmessa dai protagonisti sacri al caos espresso dal resto della figurazione (fig. 4, 5).

 

 

A livello compositivo la tavola presenta una struttura del tutto nuova e particolarmente audace per l’epoca: le figure che prendono parte all’evento straordinario fanno da corona alla Vergine, allungandosi con un movimento orbitale verso l’esile figura immersa in un’atmosfera che è anche barriera invisibile per la massa di persone.

L’opera che ammiriamo si presenta ai nostri occhi pressoché allo stato di abbozzo, ma già così ci permette di percepire il lungo processo creativo, fatto di una lunga serie di studi preparatori, che ha visto impegnato l’artista. Prima di arrivare all’abbozzo dell’Adorazione, Leonardo si impegnò a studiare l’episodio precedente, vale a dire il momento della nascita, della Natività, incorporato da Leonardo nell’evento dell’Adorazione e collocato sulla destra, come in una scena cinematografica, grazie all’utilizzo della prospettiva, la “cinepresa” del suo tempo, al tempo.

La composizione è centrata secondo un sistema di diagonali che s’incrociano sul capo della Vergine, ma la scena prospettica ha il suo punto di fuga spostato a destra, fra i due alberi; ciò significa che la carrellata scenografica sta lasciando fuori campo quello che è a destra, la capanna nella quale sono rimasti solo l’asino e il bue, solo in parte visibili: è in questo modo che Leonardo allude a ciò che è accaduto due settimane prima, la nascita di Cristo (fig. 6).

 

Caravaggio

Michelangelo Merisi, nato a Milano il 29 settembre del 1571, da una famiglia del borgo di Caravaggio, il suo apprendistato nella bottega del Peterzano dove assimila la tradizione del realismo lombardo di Moretto, Romanino e Savoldo, che gli permisero di imporsi come uno degli artisti più innovativi del suo tempo.

La vita di Caravaggio fu particolarmente tormentata e proprio questo aspetto fece sì che nel corso dei secoli l’artista rientrasse tra i geni definiti “maledetti” (fig. 7).

 

Lo sviluppo stilistico di Caravaggio lo portò dalle tinte chiare delle prime opere giovanili fino ai forti contrasti di ombre e luci che, nelle opere più mature, accentuano spesso l’immediatezza della brutale realtà della rappresentazione.

Negli ultimi anni del Cinquecento l’artista abbandonò anche i temi della pittura giovanile, prevalentemente di carattere allegorico, per lasciare posto ai soggetti sacri: d’ora in poi le figure protagoniste verranno evidenziate da funesti fasci di luce che, in contrasto con nette zone d’ombra, renderanno profonda e cruda la realtà raccontata dal pittore.

Senza disegno preparatorio e con pennellate veloci, in questa nuova fase della pittura di Caravaggio prevalgono gli sfondi scuri, all’interno dei quali viene abolito quasi del tutto lo sfondo paesistico, in modo tale da porre così invece l’attenzione tutta sull’uomo.

Da questa breve premessa sulla figura di Caravaggio capiamo chiaramente quanto sia forte la componente realistica della sua arte: in ogni tela egli trasferisce la vita vissuta, dipinge dal vero utilizzando dei modelli umili, presi dalla strada, che posano separatamente per poi essere sovrapposti sulla tela. Trovata, questa, che gli causò non pochi rifiuti da parte dei committenti, i quali non potevano accettare di vedere, ad esempio, una Vergine simile ad una donna del popolo, scoperta e ritratta in un ambiente umile e negletto.

 

Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, 2,68x1,97 m, 1600, olio su tela

Durante la permanenza in Sicilia, nel suo penultimo anno di vita, l’Oratorio della Compagnia di San Lorenzo di Palermo commissionò a Caravaggio una Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi.

L’opera, realizzata nel segno del grande realismo, sua più nota cifra stilistica, mette in scena sei personaggi che nell’aspetto sembrano essere poveri ed emarginati: la Madonna, San Giuseppe, San Lorenzo, San Francesco d’Assisi, l’angelo planante e il sesto personaggio, probabilmente San Leone (fig.8).

 

L’opera, trafugata nel 1969 e della quale se ne sono perse del tutto le tracce, rivela ancora una volta il senso doloroso della vita per Caravaggio, con la presenza di personaggi interpretati da gente semplice e con un’intensità espressiva del tutto unica; protagonisti sono ancora una volta gli emarginati e i poveri che Caravaggio aveva conosciuto e con i quali aveva vissuto durante le sue continue fughe per l’Italia.

Se nell’Adorazione dei Magi Leonardo aveva scelto di abbandonare il momento della Nascita di Cristo per lasciare spazio al momento dell’Adorazione, Caravaggio invece ci racconta il momento vero e proprio della Natività. Grazie all’autentico realismo, presente fino all’ultimo nelle sue opere, l’artista rende l’episodio del tutto verosimile, oltre ad accentuare la componente drammatica grazie ai giochi di ombre e luci che caratterizzano questa sua fase creativa.

La Natività in questione, oltre a presentarsi come assolutamente vera e profonda, mette in scena una serie di personaggi colti in atteggiamenti del tutto spontanei: San Giuseppe, molto giovane rispetto all'iconografia tradizionale, ci volge le spalle e, avvolto in un manto verde, è intento a dialogare con un personaggio che si trova dietro la figura di San Francesco, l’ipotetico Fra Leone. La presenza di San Francesco è sicuramente un tributo all'Oratorio, che all'epoca era passato alla Venerabile Compagnia a lui devota costituitasi già nel 1569. La figura a sinistra è San Lorenzo. Al centro, la Madonna appare qui con le sembianze di una donna comune, nel suo aspetto estremamente malinconico e forse già consapevole della fine del figlio, posto sopra un piccolo giaciglio di paglia (fig.9, 10). È proprio il Bambino a conferire alla scena un forte senso di realismo: Caravaggio dipinge il figlio di Dio come un bambino qualsiasi, evitando di rappresentarlo in preghiera o in Giudizio, come accade in quadri più antichi; proprio sopra il bambino, intanto, vi è un angelo planante, simbolo della gloria divina (fig,11).  La testa del bue è visibile, mentre l'asino si intravede appena.

 

 

 

Bibliografia

Il libro dell’arte. Come guardare l’arte, Bernard Myers, Grolier incorporated

Leonardo, la pittura. Carlo Pedretti, artedossier, Giunti editore

Leonardo, l’ultima cena, Rizzoli, a cura di Federico Zeri

Leonardo pop-up, Courtney Watson McCarthy, Edizioni White Star

Leonardo da Vinci. Dall'Adorazione dei Magi all'Annunciazione. Raffaele Monti, Sillabe

Caravaggio. Roberto Longhi, a cura di Giovanni Previtali, Editori riuniti

Caravaggio, Canestra di frutta. Introduzione di Philippe Daverio. I capolavori dell’arte, Corriere della sera

Caravaggio. La Natività di Palermo. Nascita e scomparsa di un capolavoro. Michele Cuppone, Saggi di storia dell’arte

 

 

MERY SCALISI

Sono nata ad Adrano, in provincia di Catania, nel 1990.
Ho conseguito i miei studi presso l'Accademia di Belle Arti di Catania, conseguendo dapprima laurea di primo livello in Comunicazione e valorizzazione del patrimonio storico artistico e successivamente laurea di secondo livello in Progettazione artistica per l'impresa, diventando cultrice della materia storia dell'arte contemporanea presso la stessa Accademia.
Ho avuto la possibilità di intraprendere percorsi lavorativi di svariata natura, dalla didattica museale, attraverso percorsi laboratoriali, portati anche nella scuola dell'infanzia e primaria, al ruolo di operatore culturale per la curatela e organizzazione di eventi d'arte nella mia città e lavorando anche presso una galleria d'arte contemporanea ho avuto la possibilità di inserirmi in un contesto contemporaneo nazionale e internazionale conoscendo artisti le cui tecniche e i modi di lavorare camminano al passo col mercato dell'arte.
Per Storia dell'arte sono redattrice per il progetto Discovering Italia per la regione Sicilia.