ARIMINUM

LA RIMINI ROMANA

La colonia di diritto latino di Ariminum fu fondata dai Romani nel 268 a.C. sulla foce del fiume Marecchia (Ariminus). La colonia rappresentava il centro nevralgico dell’Italia antica poiché era situata al limite del territorio dei Galli Boi e protetta dall’Adriatico e dai fiumi Marecchia e Ausa. Oltre a ciò, Ariminum era uno snodo strategico tra il Nord e il Centro Italia poiché era attraversata da due importanti strade: la Via Emilia, costruita nel 187 a. C., che giungeva fino a Piacenza e la Via Popilia (o Via Romea) che, passando per Ravenna, arrivava fino ad Aquileia.

Ariminum era delimitata da tre lati: a Est dal mare, a Nord dal fiume Marecchia e a Sud dal torrente Ausa. Rispetto alla pianta classica delle città romane, Rimini presenta un perimetro irregolare poiché a oriente il confine seguiva l’andamento curvo della spiaggia e del porto, mentre nell’angolo meridionale era parzialmente condizionato dalla fossa Patara, oggi interrata.

Nel 90 a. C. Ariminum, durante le guerre puniche, fu elevata al rango di Municipio e iscritta alla tribù Aniensis e, a seguito della costituzione della Gallia Cisalpina, ne divenne la città più settentrionale.

La città di Ariminum raggiunse il vertice della sua ricchezza e potenza durante l’epoca di Augusto, quando la città fu divisa in sette Vici, di cui ci sono rimasti solo quattro dei sette nomi dei Vici (Dianense, Germalo, Velabrense e Aventiniense).

I monumenti odierni, i quali testimoniano la presenza dei Romani a Rimini, sono opera degli Imperatori Augusto e i suoi successori Tiberio e Adriano che promossero la costruzione dei monumenti e delle opere pubbliche che sono arrivate fino a noi. Qui di seguito andrò a illustrare, singolarmente, i monumenti dell’età romana a Rimini.

Arco d’Augusto

L’Arco d’Augusto rappresentava la porta d’ingresso a coloro che, partendo da Roma, giungevano a Rimini avendo attraversato la Via Flaminia. Si può affermare che questo Arco sia uno dei monumenti più celebri dell’intera Italia Settentrionale perché è la più antica porta “onoraria” conservata, oltre al fatto che fu posta su una delle strade più frequentate dell’Italia Antica.

L’Arco fu costruito nel 27 a. C., per mezzo di un decreto del Senato Romano, per onorare l’Imperatore Augusto che fece restaurare la Via Flaminia e le più importanti strade d’Italia.

Inserito originariamente all’interno delle mura della città tra due torri lapidee più antiche, oggi l’Arco si presenta isolato e somiglia più ad un arco trionfale: l’isolamento dell’Arco avvenne ad opera del Duce tra il 1936 e il 1938.

L’Arco di Augusto è ad un solo fornice, alto 8,84 metri, e affiancato da semicolonne corinzie che reggono la trabeazione e il timpano, sormontati dall’attico, il quale fu sostituito nel Medioevo da un muro circondato da merli ghibellini. Secondo la tradizione la sommità dell’Arco era coronata da una quadriga marmorea guidata da Augusto (notizia che trova conferma in una notizia di Cassio Dione).

All’interno dei pennacchi, dentro i capitelli, si trovano quattro clipei (due per fronte), in cui sono raffigurati i busti delle divinità tutelari della colonia:

  • Fronte verso Roma: a sinistra Giove, col simbolo del fulmine; a destra Apollo, protettore della casa augustea, coi simboli della cetra e del corvo.
  • Fronte verso la città: a sinistra Nettuno, col tridente e il delfino; a destra la Dea Roma, col gladio e un trofeo di armi, simbolo della potenza romana.

Sull’attico è incisa la seguente iscrizione onoraria che, tradotta in italiano, recita: “Il Senato e il Popolo Romano – all’Imperatore Cesare Augusto figlio del Divo Giulio, comandante supremo dell’esercito per la settima volta e designato l’ottava, quando la via Flaminia e le altre – celeberrime strade d’Italia per sua deliberazione e volontà furono restaurate”.

Foro

Il foro, che corrisponde all’odierna Piazza Tre Martiri, rappresentava il centro della vita urbana in età repubblicana e nella prima parte dell’età imperiale. Originariamente ornata da importanti edifici pubblici, l’attuale Piazza Tre Martiri conservava all’angolo di via IV novembre, i resti dell’antica pietra (suggestum) sopra la quale Giulio Cesare arringò le proprie truppe la sera fra l’11 e il 12 gennaio 49 a.C. per seguirlo, di fatto, contro il Senato di Roma. La pietra è andata perduta nel secolo scorso, mentre il cippo che la sosteneva, arrivato ai giorni nostri, è del 1555 come recita l’epigrafe in latino sul retro, che tradotta, suona così: “i consoli riminesi hanno restituito questo suggestum crollato per la sua antichità nei mesi di novembre e dicembre 1555”.

Sono ben documentati il decumano e il cardine massimi; il decumano era la prosecuzione della Via Flaminia (la quale terminava all’Arco di Augusto) e congiungeva in una perfetta linea retta l’Arco e il Ponte di Tiberio.

In occasione dei più recenti lavori di ristrutturazione della piazza, è stato messo in luce e recintato un tratto dell’antica pavimentazione del foro romano.

Ponte di Tiberio

Dalla parte opposta del centro, rispetto all’Arco d’Augusto, si trova il Ponte di Tiberio, iniziato da Augusto e terminato da Tiberio (14-21 d. C.). Questo ponte ha resistito, nel corso dei secoli, alle intemperie naturali grazie alla sua solida struttura e agli accorgimenti progettati dai suoi costruttori (ad esempio la disposizione dei piloni che sono disposti seguendo la corrente) e ha ispirato artisti del Rinascimento, del calibro di Giovanni Bellini, Andrea Palladio e Antonio da Sangallo, i quali presero nota delle caratteristiche strutturali e formali del ponte.

Il ponte è giunto a noi in perfette condizioni, tant’è che supporta tutt’oggi il traffico veicolare e pedonale dei cittadini di Rimini.

L’infrastruttura è composta da cinque arcate a pieno centro e misura 62,60 metri di lunghezza. I piloni del ponte sono obliqui rispetto all’asse del ponte, per favorire la corrente del fiume. Nel serraglio di alcune arcate, su entrambi i fronti del ponte, sono scolpiti degli emblemi in cui si riconoscono allusioni a cariche e onori attribuiti ad Augusto.

Così come l’Arco d’Augusto termina la Via Flaminia, il Ponte di Tiberio conclude la Via Emilia, perciò le due più importanti strade consolari hanno a Rimini il loro “termine” monumentale.

Anfiteatro

Fuori dal perimetro urbano dell’allora colonia Ariminum, sorgeva l’anfiteatro: costruito nel II secolo d. C., la sua arena (74 x 45 m.) era ampia quasi quella del Colosseo di Roma.

Oggi si possono ammirare i resti di questo monumento, perché le strutture laterizie dell’anfiteatro vennero prima incorporate nelle mura tardoromane e medievali, successivamente furono interrate a causa delle frequenti piene del fiume Ausa.

Teatro

Dell’imponente edificio per spettacoli eretto nel I sec. d.C., non rimangono che pochi ruderi oggi inglobati in più recenti costruzioni che ricalcano l’originario andamento curvilineo delle gradinate (cavea).

Prossimo al foro, fu probabilmente eretto per volontà di Augusto nell’ambito degli interventi di sviluppo urbanistico promossi dall’imperatore. Di forma semicircolare, aveva un diametro esterno di ca. 80 metri, mentre all’interno la lunghezza della scena misurava ca. 23 metri. La cavea, completamente autoportante, era sorretta da murature radiali e concentriche, costruite in malta con laterizi a vista. Corridoi di accesso coperti da volte a botte, consentivano lo smistamento verso le scale che conducevano alle gradinate.

Occultato per secoli, ma mai completamente cancellato dalla memoria come attestano alcune fonti medievali, il teatro fu “riscoperto” agli inizi degli anni ’60.

Porta Montanara

La Porta Montanara era l’ingresso meridionale della città e rappresenta l’unico esempio, nell’Italia settentrionale, di porta urbica di età sillana giunta ai giorni nostri. L’appellativo “Montanara” dato alla porta deriva dal fatto che questa rappresentava l’accesso per coloro che giungevano a Rimini attraverso la Valmarecchia. Originariamente la porta era composta da un doppio fornice, il quale agevolava la viabilità, che incanalava in passaggi paralleli, il percorso in uscita da Rimini e quello in entrata. Dal punto di vista strutturale, la porta era formata da blocchi di arenaria di colorazione giallastra e strutturata in due fornici speculari costituiti da un doppio giro di cunei di 3,45 metri di larghezza e 5,90 di altezza. La porta, nel suo complesso, aveva una profondità di 2,20 metri e una larghezza complessiva di 12,5 metri. Sotto il Regno di Antonino Pio (138-161 d. C.), a causa dell’innalzamento della strada, il fornice di sinistra venne chiuso, l’altro fornice venne rialzato e in seguito la porta fu collegata alle abitazioni limitrofe fino alla Seconda Guerra Mondiale. La città di Rimini, durante la guerra, subì gravi danni a causa dei bombardamenti: la Porta Montanara fu il monumento che subì i danni più gravi. Nel 1943 la porta fu smantellata per permettere ai camion militari dell’esercito di raggiungere Rimini e, successivamente, i resti dell’arco furono collocati nel cortile del Museo Civico di Rimini. Nel 2004 l’arco fu ricomposto e posizionato nei pressi della sua posizione originaria.

Domus del chirurgo

Durante l’estate nel 1989 fu scoperto a Piazza Ferrari, a seguito di alcuni lavori di abbellimento urbano, un grande complesso archeologico sviluppatosi tra l'epoca romana tardo-imperiale e la tarda antichità. La casa, costruita nel II secolo d. C., fu chiamata “Domus del Chirurgo” perché l’edificio è stato identificato con la residenza e lo studio di un medico. All’interno sono stati trovati molti reperti chirurgici dell’epoca, il che avvalora il fatto che l’abitazione apparteneva a un chirurgo, che si suppone fosse greco per via di iscrizioni greche rinvenute al suo interno.

La Domus fu distrutta nel 257 d. C. a causa di un incendio provocato dall’invasione barbarica degli Alamanni.

Museo della città di Rimini

Il Museo della Città conserva, oltre ai reperti rinvenuti nella “Domus del chirurgo”, diverse testimonianze della Rimini romana rinvenuti durante le diverse campagne di scavo collegate alla ricostruzione della città a seguito delle gravi distruzioni provocate dalla seconda guerra mondiale.

In particolare si apprezzano alcuni mosaici pavimentali provenienti da domus del periodo imperiale, nonché alcuni monumenti funerari conservati nel lapidario.

Nell’aprile 2016 è stato aperto un Centro Visitatori (in Corso d’Augusto n. 135) dedicato alla Rimini romana, che si avvale di sofisticati strumenti multimediali in grado di ricostruire virtualmente l’aspetto generale della città romana nonché e dei principali monumenti.

Bibliografia essenziale

NEVIO MATTEINI, Rimini, guida storica e artistica, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 1978.

PIER GIORGIO PASINI, Guida per Rimini, in GUIDEVERDI, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna 1989., pp. 9-25.

AA.VV., Storia di Rimini, dall’epoca romana a capitale del turismo europeo, Bruno Ghigi Editore, Rimini 2004, pp. 8-32.

ANGELO TURCHINI, Storia di Rimini, dalla preistoria all’anno Duemila, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena 2015, pp. 38-73.

Sitografia

http://www.rimini-it.it/rimini-romana.html

https://www.comune.rimini.it/comune-e-citta/citta/monumenti

http://www.bisanzioit.blogspot.com


LONGIANO, IL VILLAGGIO IDEALE

Longiano è una piccola città situata su di un colle che sovrasta le pianure verso Cesena e Rimini. L’appellativo villaggio ideale si collega al 1992, quando la città di Longiano vinse il concorso organizzato dalla Comunità Europea e dalla rivista “Airone”. Nonostante si trovi ai margini della Via Emilia, Longiano non possiede testimonianze di civiltà romana, come per altre città romagnole; ciò è dovuto al frequente passaggio di eserciti barbarici e delle loro conseguenti spoliazioni. A partire dal Medioevo, Longiano ebbe uno sviluppo molto fiorente: sebbene si trovasse geograficamente più vicina a Cesena rispetto a Rimini, la città fu sempre fedele alla città rivierasca. Lo sviluppo di Longiano ebbe un forte incremento durante la signoria dei Malatesta, i quali governarono la città dal 1295 al 1463. Il castello di Longiano, divenuto Castello Malatestiano durante la signoria dei Malatesta era adibita, non solo a baluardo di difesa del territorio, ma anche a residenza estiva.

Longiano non fu mai teatro di cronache storiche di particolare rilievo, e le poche cronache registrano episodi delle battaglie, prima tra Rimini e Cesena, poi tra i Malatesta e gli eserciti della Chiesa e infine tra i Malatesta e i potenti vicini. Nel Marzo del 1198 i cesenati distrussero Longiano, la quale fu ricostruita l’anno successivo dai riminesi. La città, alleatasi con l’esercito di Rimini, si vendicò di questo atto il 14 giugno 1216 quando sconfisse l’esercito di Cesena al Monte delle Forche. Dopo questa data non si registrarono più fatti particolari fino al 13 dicembre 1295, quando ci fu la piena affermazione del potere dei Malatesta su Rimini. Nel 1297 Longiano fu data alle fiamme dai cesenati, alleati con i forlivesi, i faentini e gli imolesi, e in seguito gli fu dato il nome di borgo bruciato. Nel 1429 il condottiero Carlo Malatesta, fratello di Pandolfo e tra i più illuminati della signoria dei Malatesta, morì nel castello di Longiano. La città ripassò sotto il dominio dello Stato Pontificio nel 1463 per rimanervi fino al 1859.

 

IL CASTELLO MALATESTIANO

Il Castello Malatestiano di Longiano si trova sulla sommità del colle su cui si adagia il borgo, ed è circondata da una doppia cinta muraria perfettamente conservata. Non si hanno notizie certe sulla data di edificazione del castello, però una pergamena del 1059 indica che nella zona di Longiano fu edificato un castello a scopo difensivo contro l’esercito di Cesena. Dal 1290 al 1463 il castello vide il suo massimo splendore quando divenne la residenza della famiglia Malatesta, i quali lo ampliarono e lo resero più fortificato. Il castello fu sede del Municipio fino al 1989 e oggi è sede della Fondazione Tito Balestra, che gestisce una delle raccolte d’arte moderna e contemporanea più ricche dell’Emilia-Romagna.

Oggi si accede al Castello Malatestiano attraverso un cortile esterno dove a destra si trova la Torre Civica, la torre più alta di tutto il complesso e al centro una vasca veneziana dove si trova una targhetta che recita: “Corte Carlo Malatesta - N. Rimini 5-6-1368 - M. Longiano 14-9-1429”.

 

SANTUARIO DEL SANTISSIMO CROCIFISSO

Il Santuario del Santissimo Crocifisso è una chiesa che divenne in seguito un santuario francescano ed è il più importante luogo di culto del villaggio ideale di Longiano. Non esistono fonti certe sulla data di costruzione e dunque si ipotizza che la data più probabile possa essere il 1357, che è la data incisa sulla campana minore. La chiesa e il convento furono costruiti fuori dalle mura del castrum Longiani attraverso i canoni tipici dell’Ordine francescano, semplicità e povertà. Particolarmente importante nella storia del Santuario fu il 6 maggio 1493: i paesani di Gambettola donarono una vitella che s’inginocchiò “in forma di profonda venerazione” di fronte ad una immagine del crocifisso. Il giorno seguente questa immagine fu portata in processione per le vie del paese “con molta solennità, devozione e pompa”. In seguito l’immagine del crocifisso fu spostato dal chiostro all'interno della chiesa e collocato su un altare costruito appositamente. Nel 1697 fu istituita la Confraternita laicale intitolata al SS. Crocifisso, su iniziativa del dottor Baldassarre Manzi.

Il Crocifisso del Santuario, oggetto di culto da almeno cinque secoli, è un dipinto a tempera su tela sottile applicata su una tavola di rovere risalente al XIII secolo. La figura del Crocifisso si trova al centro, su un tabellone decorato a rombi, la cui matrice stilistica si rifà alla pittura di Giunta Pisano (1200-1260), mentre ai margini del braccio trasversale del Crocifisso si trovano le figure di Maria e Giovanni. La cornice che ospita il Crocifisso è datata 1781, quando si decise di dotarsi di una “macchina” adatta a portare il Crocifisso in processione.

 

MUSEO D’ARTE SACRA

Il Museo d’arte sacra del villaggio ideale di Longiano è stato inaugurato il 18 marzo 1989 dal Comune di Longiano e dalla Diocesi di Cesena e Sarsina. Il museo si trova all'interno dell’Oratorio di S. Giuseppe, un edificio tardobarocco che si trova sotto i bastioni del Castello Malatestiano.

All’interno del museo sono custodite importanti opere d'arte, insieme a preziosi e innumerevoli oggetti sacri come arredi, paramenti, reliquie ed ex-voto. Tra i dipinti più importanti si possono citare “l’Assunta e i Santi Antonio Abate e Girolamo”, attribuito a Giovanni Battista Barbiani (1593-1650) e il “San Valerio Martire” di Giuseppe Rosi (1750). Dentro delle bacheche in vetro sono conservati preziosi oggetti, tra cui un tabernacolo, calici e altri oggetti rituali, un piviale in seta rossa e oro, e una pisside in argento sbalzato utilizzato da papa Giovanni Paolo II in occasione della visita in Romagna nel 1986.

Parte dei dipinti esposti sono stati restaurati col contributo di privati cittadini, tra cui alcuni ex-voto, madonne e santi votivi.

 

MUSEO DEL TERRITORIO

Il Museo del Territorio di Longiano è un museo nato nel 1986 dove sono raccolti gli strumenti che raccontano gli usi e costumi del territorio longianese e, più in generale, dell’intera Romagna. Attualmente sono presenti circa tremila oggetti, donati e depositati da collezionisti e ricercatori locali. La raccolta è ordinata in undici ambienti espositivi, seguendo lo schema dei mestieri e dei lavori delle donne. Al piano terreno sono proposti strumenti e materiali legati a figure artigianali tradizionali: il falegname, il fabbro, il meccanico, il calzolaio, il muratore, il barbiere. Al piano superiore sono ricostruite la cucina tipica romagnola e la camera da letto in stile anni Trenta, in aggiunta si trovano due sale dove sono custoditi gli strumenti per la lavorazione della tela e per i lavori della campagna. Lungo le scale sono appese fotografie originali riferite anche agli antichi castelli malatestiani. Infine nel giardino accanto al museo si possono ammirare degli attrezzi per la semina, l'aratura ed altri lavori agricoli.

 

TEATRO PETRELLA

A fianco di quello che rimane del convento di San Girolamo sorge il maestoso Teatro Petrella, edificato nel 1865 dall’ ing. Giulio Turchi e dedicato al compositore palermitano Errico Petrella, personaggio allora famoso che partecipò all’inaugurazione. Nel dopoguerra il teatro andò in disuso ma nel 1980 il Comune di Longiano decise di restaurarlo e nel 1986 fu reinaugurato. Da allora ha ospitato primari artisti che qui spesso hanno presentato le loro opere in anteprima nazionale, quali: Gino Paoli, Ivano Fossati, Fabrizio De Andrè Anna Oxa, Ornella Vanoni, Francesco De Gregori e tanti artisti di Teatro.

Longiano, il villaggio ideale ricco di storia, arte e cultura.

Bibliografia essenziale:

P. GINO ZANOTTI, Longiano, il paese – il santuario, appunti di storia e di arte, Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1965

ADAMO BRIGIDI, Memorie cronologiche di Longiano, Bruno Ghigi Editore, Rimini, 1988

CLAUDIO RIVA (a cura di), Il Crocifisso di Longiano, fulcro di Fede e di Arte, Stilgraf, Cesena, 1992

GIORGIO MAGNANI con la collaborazione di Ezio Lorenzini, Longiano, storia personaggi, pro-loco e cultura, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena, 2004

Sitografia:

https://www.beniculturali.it/mibac


IL RINASCIMENTO ROMAGNOLO

Il Rinascimento romagnolo

Con l’articolo di oggi si conclude il ciclo di uscite che tratta il Rinascimento romagnolo nelle Signorie emiliano-romagnole tra il XV e XVI secolo.

Oggi tratterò l’arte rinascimentale nella Signoria dei Malatesta, signori di Rimini e Cesena e quella della città di Forlì che sebbene fu governata da diverse personalità diede vita ad un’importante scuola pittorica. Nel 1500 finì la reggenza dei Malatesta con la presa dei territori di Romagna da parte di Cesare Borgia, per poi passare sotto lo stato pontificio con la morte di Alessandro VI e la fine del dominio borgiano.

Cesena

La città conobbe sotto i Malatesta una fioritura in molti campi tra i quali quello architettonico e urbanistico, in particolare sotto Domenico Malatesta Novello, che dal 1447 portó un rinnovamento urbano con l’allargamento della cinta muraria, il rafforzamento della Rocca Malatestiana e in particolare di gran rilievo la fondazione della Biblioteca Malatestiana1 progettata dall’architetto Matteo Nuti, costruita nel 1447 e ultimata nel 1454.

Dal 1500 Cesena passò sotto Cesare Borgia, facendo diventare la città capitale del Ducato di Romagna.

Opera

Fig. 1 - Biblioteca Malatestiana (sala del Nuti), 1447-1454, Cesena.

Rimini

La città fu il centro del potere dinastico Malatestiano fino al 1500. Il Rinascimento riminese concise con la durata della reggenza di Sigismondo Pandolfo Malatesta che regnò dal 1432 al 1468. Il signore di Rimini attirò alla sua corte pittori come Piero della Francesca e architetti come Ercole de Roberti. Sebbene Rimini diventò un importante centro artistico non si riuscì a formare nessuna scuola pittorica.

Tra le opere architettoniche erette durate la signoria di Sigismondo vi è Castel Sismondo2 ideata e progettata dallo stesso signore nel 1437, supervisionata poi da Filippo Brunelleschi che nel 1438 fu a Rimini per  un paio di mesi. Altra 0pera molto importante e simbolo della città è il Tempio Malatestiano3. I lavori iniziarono nel 1450 quando venne deciso di trasformare l’antica chiesa romano-gotica di San Francesco in un monumento in linea con la nuova cultura rinascimentale. L’esterno dell’opera venne affidata a Leon Battista Alberti, ma per mancanza di fondi non riuscì a completare la costruzione lasciandola priva della copertura, che nel progetto dell’architetto era una cupola. All’interno del Tempio vi è l’affresco di Piero della Francesca che ritrae Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo4.

Con la fine della signoria di Sigismondo Malatesta non ci furono ulteriori sviluppi artistici.

 

Opere

Fig. 2 - Castel Sismondo, 1437-1446, Rimini.
Fig. 3 - Tempio Malatestiano, 1447 (rifacimento)-1503, Rimini.
Fig. 4 - Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo, 1451, Tempio Malatestiano, Rimini.

Forlì      

Come detto nell'introduzione Forlì subì la reggenza di molteplici personalità. I primi furono gli Ordelaffi che entrarono in guerra contro la chiesa ma nonostante ciò riuscirono a governare la città per quasi due secoli. Con la morte di Sinibaldo degli Ordelaffi nel 1480, Papa Sisto IV diede il governo della città a suo nipote Girolamo Riario e Caterina Sforza che durò fino al 1500, quando la vedova di Riario venne sconfitta da Cesare Borgia nell’assedio di Forlì. Diventato Duca di Romagna il Valentino controllò i territori di Rimini, Cesena e Forlì fino al 1503, quando dopo la morte del padre Papa Alessandro VI, venne messo agli arresti da Papa Giulio II facendo ripristinare per un breve periodo gli Ordelaffi (1503-04). Con la fine della famiglia forlivese i territori di Romagna passarono definitivamente sotto il controllo dello Stato Pontificio.

Nonostante questi cambiamenti di governo a Forlì nacque la scuola forlivese, importante scuola pittorica rinascimentale. Tra i più importanti artisti di questa scuola vi erano Melozzo da Forlì e il suo discepolo Marco Palmezzano.

Il Rinascimento romagnolo: Melozzo da Forlì

Nome d’arte di Melozzo di Giuliano degli Ambrosi nacque a Forlì nel 1438.

Avendo poca documentazione riguardo al pittore forlivese si suppone che la formazione artistica di Melozzo dovesse porsi tra Mantegna e Piero della Francesca. Fece molti viaggi tra Roma e le Marche, ma è nella città pontificia che mise in risalto maggiormente le sue doti di pittore, nominato nel 1475 da Sisto IV Pictor papalis, ovvero pittore ufficiale del Papa. A Forlì sappiamo che verso gli ultimi anni della sua vita iniziò nel 1493 con il suo allievo Marco Palmezzano le decorazioni5 della Cappella Feo nella chiesa di San Biagio a Forlì (distrutte dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale), poi ultimate dall’allievo a causa della morte del Melozzo l’anno seguente.

 

Opere Melozzo da Forlì

Fig. 5a - San Giacomo Maggiore e il miracolo degli uccelli selvatici, 1493-1494, Cappella Feo, Chiesa di San Biagio, Forlì (Lunetta e Cupola).
Fig. 5b - San Giacomo Maggiore e il miracolo degli uccelli selvatici, 1493-1494, Cappella Feo, Chiesa di San Biagio, Forlì (Lunetta e Cupola).

Marco Palmezzano

L’artista nasce a Forlì tra il 1456-59, allievo di Melozzo da Forlì con il quale costituisce il nucleo della scuola forlivese. La sua formazione artistica deriva da quella del maestro infatti nelle sue prime opere si firma come Marchus de Melotius cioè Marco di Melozzo. Il Palmezzano seguì il maestro a Loreto e a Roma per poi tornare a Forlì dove realizzò Madonna con Bambino in trono con San Giovanni Battista, San Pietro, San Domenico e Santa Maria Maddalena6 (1493) e ultimò i lavori della Cappella Feo. Nel 1495 il Melozzo aprì bottega a Venezia per un breve periodo e tornato in Romagna realizzò l’Annunciazione7 per la chiesa del Carmine affermandosi nel territorio per il suo modello di Pala prospettica e per la pittura compatta e lucente. Negli ultimi anni della sua vita realizzò molte opere nella sua città natale.Per l’Abbazia di San Mercuriale a Forlì realizzòImmacolata con il padre eterno in gloria e i Santi Anselmo, Agostino e Stefano8 (1500) e San Giovanni Gualberto in adorazione del crocifisso in presenza di Santa Maria Maddalena9(1502); per il Duomo di Forlì la Comunione degli Apostoli10(1506) e per la chiesa di San Marco a San Varano tra il 1506-1513 viene realizzata la Madonna con Bambino11. Il pittore morì a Forlì nel 1539.

 

Opere Marco Palmezzano

Fig. 6 -Madonna con Bambino in trono con San Giovanni Battista, San Pietro, San Domenico e Santa Maria Maddalena, 1493, Pinacoteca di Brera, Milano.
Fig. 7 - Annunciazione, 1497, Musei Domenicani, Forlì.
Fig. 8 - Immacolata con il padre eterno in gloria e i Santi Anselmo, Agostino e Stefano, 1500, Cappella Ferri, Abbazia San Mercuriale, Forlì.
Fig. 9 - San Giovanni Gualberto in adorazione del crocifisso in presenza di Santa Maria Maddalena, Abbazia San Mercuriale, Forlì.
Fig. 10 - Comunione degli Apostoli, 1506, Duomo, Forlì.
Fig. 11 - Madonna con Bambino, 1506-1513, chiesa di San Marco, San Varano, Forlì.

 

Sitografia

https://www.rimini.com/storia/i-malatesti

https://www.riminiturismo.it/visitatori/scopri-il-territorio/arte-e-cultura/castelli-e-torri/castel-sismondo

https://www.riminiturismo.it/visitatori/scopri-il-territorio/arte-e-cultura/chiese/tempio-malatestiano

http://www.roth37.it/COINS/Malatesta/storia.html

http://www.comune.cesena.fc.it/malatestiana/storia