A cura di Alessandra Becattini
Introduzione
Il pittore Paolo De Matteis (1662-1728), originario di Piano Vetrale, nel Cilento, è una figura importante nel panorama artistico napoletano a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo. Trasferitosi a Napoli per apprendere l’arte pittorica dal rinomato Luca Giordano, di cui divenne uno degli allievi più importanti, dal 1681 circa al 1683 fu a Roma. Nella città papale, tramite il marchese del Carpio, collezionista e ambasciatore del re di Spagna, entrò in contatto con il pittore Giovanni Maria Morandi, che lo introdusse poi nell’animato circolo artistico dell’Accademia di San Luca. Qui ebbe modo di assimilare i nuovi spunti della corrente pittorica di Carlo Maratti, caratterizzata da una attenta conciliazione tra lo stile barocco e quello classicista.
Fu così che il giovane pittore, rientrando a Napoli pochi anni dopo con il marchese del Carpio, divenuto intanto viceré della città, portò con sé l’esperienza romana fondendola felicemente con il barocco napoletano del Giordano e plasmando uno stile personalissimo ed apprezzato da una committenza eclettica. Unanimemente considerata dai critici come una sintesi tra le due maggiori influenze del pittore è l’Allegoria della Sapienza e delle Arti che incoronano Partenope (fig. 1), una delle prime opere certe dell’artista, firmata e datata al 1685 circa e che oggi si conserva nel Museum of Fine Arts di Houston. L’opera rappresenta la Sapienza, attorniata dalle Arti, che ordina alla Virtù di incoronare Partenope, sirena del Golfo di Napoli, sotto la quale è rappresentata la personificazione di un fiume. Se lo schema compositivo della rappresentazione si ispira all’esempio del maestro Giordano, come si può notare dal quadro del Prado con Rubens che dipinge l’Allegoria della Pace (fig. 2), le figure idealizzate e la costruzione più bilanciata della scena derivano maggiormente dall’insegnamento romano del Maratti, del quale Stefano Pierguidi propone un confronto con l’Allegoria della Clemenza di Palazzo Altieri (fig. 3).
Paolo De Matteis, che negli ultimi decenni è stato oggetto di una forte riscoperta critica da parte degli storici dell’arte, fu un pittore attivissimo non solo nell’ambiente partenopeo ma anche per una committenza nazionale ed internazionale. Molti dei suoi lavori sono infatti diffusi e visibili su tutto il territorio italiano, compresa la Toscana.
Una tela napoletana ad Arezzo
Una prima opera dell’autore visibile in Toscana è la grande tela con San Mauro cura gli infermi (fig.4) presente nella cappella del transetto sinistro della Badia delle SS. Flora e Lucilla di Arezzo.
Firmata e datata al 1690, questa pala d’altare fu commissionata dagli abati aretini al pittore cilentano, al prezzo di 100 scudi, grazie alla mediazione di un benedettino di Cava de’Tirreni e conoscente del De Matteis stesso. Unico esemplare del pittore ad oggi conosciuto nell’aretino, secondo Giuseppe Napoletano la commissione di questo dipinto potrebbe essere connessa ad una serie di incarichi conferiti al De Matteis da più comunità benedettine italiane, confraternita al quale anche la Badia di Arezzo apparteneva.
In alto, al centro della ponderata composizione, si colloca San Mauro, vestito con l’abito nero benedettino, rappresentato nell’atto di guarire un malato. Attorno al santo si accalcano altre figure di ammalati in attesa del suo tocco miracoloso. In basso sulla destra, l’attenzione del riguardante è indirizzata sulla figura dell’infermo, coperto da un drappo arancio e dipinto in primo piano su una rudimentale carrozzella, sulla cui ruota l’artista appose la firma e la data di esecuzione della pala. La matrice stilistica dell’opera si ispira ai modelli del maestro Giordano, come per esempio il San Francesco Saverio battezza gli indiani (fig. 5), oggi al Museo di Capodimonte a Napoli, dal quale però il De Matteis si discosta delicatamente nel creare una composizione meno affollata e più calibrata, anche nella teatralità dei gesti, più composti, sulla scia dell’insegnamento romano.
Le opere di Paolo De Matteis a Pistoia
Una seconda committenza toscana del pittore cilentano si trova a Pistoia, nella chiesa di San Paolo, dove si conserva la Visione di san Gaetano da Thiene (fig. 6), eseguita nel 1693.
In alto a sinistra un piccolo putto solleva un corposo drappo svelando la scena allo spettatore, un espediente scenico che De Matteis usa spesso nelle sue composizioni e che apprende fedelmente dal maestro Giordano. In primo piano un gioioso angelo sorregge S. Gaetano, intento nella contemplazione della divina visione di Cristo in gloria, assiso su soffici nuvole e circondato da una schiera di angeli dalla dolce fisionomia. In basso a destra è dipinto poi lo stemma del committente.
La pala fu affidata al De Matteis dal marchese Giovanni Matteo Marchetti, raffinato collezionista e conoscitore d’arte, membro di una nobile famiglia pistoiese strettamente connessa al Granducato mediceo. Il marchese, mentre rivestiva la carica di preposto della cattedrale pistoiese, assieme ai fratelli si dedicò al restauro dell’altare di famiglia, voluto dal padre scomparso alcuni anni prima. Durante i lavori di decorazione, Marchetti commissionò proprio al pittore cilentano una nuova pala d’altare in sostituzione di una vecchia tavola.
Le motivazioni di tale commissione risultano ancora oggi molto fumose e differenti sono state le ipotesi degli studiosi in merito. Un erudito conoscitore come il Marchetti non poteva non essere a conoscenza delle coeve scelte artistiche gravitanti la corte medicea, aperta ad influenze barocche esterne all’ambito fiorentino. Tra il 1682 e il 1685 si attesta, inoltre, la presenza a Firenze di Luca Giordano, impegnato nella decorazione della cappella Corsini nella chiesa di Santa Maria del Carmine e poi a Palazzo Medici-Riccardi. Questo dato, pur non avvalorando la teoria di una supposta presenza di De Matteis al seguito del maestro, ipotesi ormai esclusa dagli studiosi, potrebbe tuttavia attestare un plausibile intento emulativo per la commissione al pittore cilentano. Napoletano ha suggerito, inoltre, che la visione diretta del San Mauro cura gli infermi potrebbe aver giocato un ruolo chiave nel far ricadere la scelta sul De Matteis. Poiché la pala d’altare pistoiese non era ancora stata eseguita al momento della nomina del Marchetti a vescovo di Arezzo, avvenuta nel dicembre 1691, lo studioso propone che il marchese potrebbe aver apprezzato direttamente dal vivo il valore dell’opera aretina di De Matteis, propendendo successivamente per una commissione al pittore napoletano.
Lucia Sacchetti Lelli propone, invece, di legare una seconda figura alla scelta artistica intrapresa dal committente pistoiese: padre Sebastiano Resta. Milanese di nascita e membro di una congregazione filippina romana, il Resta è una figura affascinante del panorama del collezionismo seicentesco e per questo ancora oggi è oggetto di ampi studi da parte degli storici dell’arte. Oltre ad essere stato un pittore apprezzato, fu soprattutto un erudito collezionista di disegni antichi e moderni, che raccolse all’interno di grandi volumi, arricchiti da personali commenti storico artistici, con l’intento di tratteggiare una storia dell’arte italiana ante litteram.
Durante la sua vita fu in contatto con i maggiori collezionisti e conoscitori del suo tempo e viaggiò in tutta Italia. Proprio a Napoli fu ospite del già citato marchese del Carpio, per curarne la collezione di disegni, negli stessi anni in cui il De Matteis gravitava nell’orbita del viceré. Plausibilmente fu allora che il Resta e il pittore instaurarono un rapporto di amicizia di lunga durata, attestato da successivi contatti epistolari tra i due. Proprio il Resta fu in seguito in contatto con il marchese Marchetti per occuparsi dell’ampliamento della sua collezione di dipinti e disegni. Secondo la storica, questo triangolo intellettuale avvalorerebbe l’ipotesi di un intervento del Resta quale «intermediario non solo per la pala d’altare della chiesa di San Paolo…»[1], ma anche per alcune opere richieste dal Marchetti per la decorazione del salone del palazzo di famiglia a Pistoia. Infatti, per questo progetto decorativo il marchese commissionò proprio a Paolo De Matteis altre due tele, entrambe dal soggetto mitologico e collegate simbolicamente alla musica, una delle passioni del committente. Nella tela con Siringa inseguita da Pan (fig. 7), firmata e datata 1695, il pittore racconta per immagini la storia narrata da Ovidio nelle sue Metamorfosi, rappresentandoci l’istante prima della trasformazione della ninfa in un fascio canne per sottrarsi alla presa del satiro. I personaggi secondari dipinti nella scena sono abilmente disposti “a corona” attorno ai due protagonisti, concentrando l’attenzione dello spettatore sul soggetto principale della composizione. Come ha notato Napoletano, dal punto di vista compositivo l’opera pistoiese si ispira abbondantemente alla tela di Luca Giordano, con lo stesso soggetto, conservata alla Walpole Gallery di Londra (fig. 8). Tuttavia, le figure sono ormai lontane dai modi del maestro napoletano, avvicinandosi piuttosto alle classicheggianti morfologie della scuola romana. Questa caratteristica è ancor più evidente nella seconda tela di Palazzo Marchetti, l’Apollo e Marsia (fig. 9), dove il focus della composizione è la raggiante figura del dio, dipinta dal De Matteis con una bellezza idealizzata e una posa ponderata all’antica sulla scia di Carlo Maratti (fig. 10).
Le due tele pistoiesi rappresentano un prezioso esempio della sensibilità del pittore cilentano per la “pittura arcadica”. Grazie alla sua conoscenza delle fonti classiche, Paolo De Matteis fu infatti un pittore erudito molto «sensibile all’interscambio tra pittura e letteratura»[2], tanto da essere stato considerato dagli storici dell’arte come un precursore della pittura arcadica, della quale anticipò «i princìpi, i temi e gli stilemi», particolarmente espressi nelle sue opere dal tema mitologico. Pur non avendo mai aderito all’Accademia dell’Arcadia, l’eclettico pittore cilentano fu in contatto con alcuni esponenti del circolo letterario romano, condividendone le ispirazioni e contribuendo così alla diffusione di questo gusto nella pittura napoletana a cavallo tra i due secoli.
Note
[1] L. Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes, Giovan Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo, collezionista e mecenate a Pistoia (1647-1704), p. 20.
[2] G. Napoletano, “Note sui dipinti di Paolo De Matteis a Pistoia”, in Predella, 34, 2014, p. 80; Idem per la citazione successiva.
Bibliografia
Sacchetti Lelli, Hinc priscae redeunt artes: Giovan Matteo Marchetti, vescovo di Arezzo, collezionista e mecenate a Pistoia (1647-1704), Aska Edizioni, Firenze, 2005.
Pierguidi, “Li soggetti furono sopra la pittura”: Luca Giordano, Carlo Maratti e il “Trionfo della pittura napoletana” di Paolo de Matteis per il Marchese del Carpio, in Ricerche sul ‘600 napoletano: saggi e documenti, 2009, pp. 93-99.
Tocchi, Il San Mauro taumaturgo di Paolo de Matteis, in La chiesa della Badia in Arezzo: guida storico artistica, a cura di A. Andanti-G. Centrodi-M. Tocchi, Città di Castello, 2013, pp. 168-172.
Napoletano, “Note sui dipinti di Paolo De Matteis a Pistoia”, in Predella, 34, 2014, pp. 75-84.
Della Ragione, Paolo De Matteis: opera completa, Edizioni Napoli Arte, Napoli, 2015.
Sitografia
https://www.treccani.it/enciclopedia/sebastiano-resta_(Dizionario-Biografico)/
https://www.treccani.it/enciclopedia/paolo-de-matteis_%28Dizionario-Biografico%29/
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