A cura di Silvia Piffaretti
“Condividere frasi in un campo allargato”
La Galleria Milano, a partire da martedì 1 febbraio e fino al 12 marzo 2022, ospita l’imperdibile personale di Cesare Viel dal titolo “Condividere frasi in un campo allargato”, realizzata in collaborazione con la Galleria Pinksummer di Genova. Per l’occasione l’artista, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, ha dato vita a un progetto dialogico, attraverso il quale ha invitato colleghi e amici a condividere con lui una frase per loro significativa che si potesse adattare allo specifico vissuto del momento presente. La miriade di frasi è stata trascritta, con l’elegante calligrafia dell’artista, su dei fogli di carta da pacchi che, alternati a brevi frasi composte dal lui stesso, costruiscono un paesaggio verbale all’interno dello spazio espositivo. L’intervento, sorto da una comunione tra soggettivo e plurale, si configura come un momento immersivo di riflessione sul tempo che stiamo vivendo e i suoi processi trasformativi. Tale paesaggio di frasi, da intendersi come un campo allargato, secondo la prospettiva di Rosalind Krauss, si sviluppa secondo una linea orizzontale, che ne riflette la coralità, in contrasto con la verticalità dell’impostazione autoriale.
Un paesaggio di frasi
A partire dal progetto prende corpo un’installazione che finisce con l’abitare l’intero spazio espositivo della galleria, il quale è percorso dal visitatore grazie ad una passerella rialzata che lo guida attraverso le due sale espositive nel mare metaforico di parole. Entrambe le stanze sono tappezzate da fogli di carta da pacchi disposti a terra, riportanti le considerazioni altrui, per poi distinguersi nelle opere disposte alle pareti. Nel primo ambiente alle pareti campeggiano quattro fogli bianchi, formato 100×140, con altrettante frasi trascritte da Viel: “lo strato più duro del linguaggio”, “non andare via”, “condividere frasi in un campo allargato”, “pietre nella mente”.
Nel successivo, invece, si collocano dei disegni a grafite raffiguranti massi da scogliera utilizzati come moli o barriere anti-erosione sulla costa e in alcune spiagge del Ponente Ligure, quali Noli, Sanremo e Spotorno. Quest’ultimi si configurano come un chiaro richiamo autobiografico al luogo in cui l’artista vive e lavora, ovvero Genova: qui insegna all’Accademia Ligustica di Belle Arti e consegue, nell’anno 1991, la laurea in Lettere Moderne. Attraverso tale raffigurazione Cesare Viel mette in comunicazione il familiare paesaggio ligure, con quello dolomitico e affettivo dei suoi genitori. L’artista, infatti, dichiara: “guardare i disegni di questi massi, una volta finiti, produce in me una dolcezza intensa, imprevista, in contrasto con la durezza reale della pietra, ma solo apparentemente, perché in fondo, in questo caso, dolcezza e durezza si accoppiano e si mescolano in un nuovo ulteriore orizzonte”.
Un incontro tra pietre e parole
É dunque fondante il legame tra pietre e parole, manifestato ampiamente anche dalle stesse dichiarazioni rilasciate da Cesare Viel. Quest’ultimo afferma che “leggere la pietra e vedere nella pietra ciò che non è solo pietra è come provare la ‘tenuta’ di un pensiero o di una frase fino a toccare gli strati più duri”, infatti nel disegno dei muti e attraenti massi affiorano i segni di una lingua; è così possibile ravvisare nell’anatomia di un masso l’anatomia di una frase-linea che percorre un piano di composizione. Nel disegnarle, le pietre, “a un certo punto e a modo loro incominciano a parlare, servono tempo e pazienza, è un farsi attendere, poi tacciono di nuovo, e in quel nuovo silenzio si definiscono i contorni e i volumi: presenza, equilibrio”, per mezzo della prova di un trattamento a matita o di un colore, oppure spostando linee e curve, si procede come nella scrittura. Attraverso tale procedura “i massi, uno dopo l’altro, uno accanto all’altro, come le frasi, rispondono e fanno contatto, entrano in dialogo con lo spazio e tra loro” e nonostante occorra tempo “le frasi sedimentano il senso che propagano, si fermano e diventano opere”.
Le frasi, una volta sedimentate in opere, si orientano a definire una marea varia e multiforme. Alcune si concentrano sul silenzio: “non voglio sentire il silenzio dell’assenza, ma ascoltare quello della consapevolezza” (Frida Carazzato), così come “la conoscenza e la bellezza sprigionano dalla presenza di ciò che è nascosto e dalla potenza che sta dietro a ogni forma di silenzio” (Cesare Pietroiusti). Altre invece paiono rimandare ad un immaginario legato al mare: “navigo a vista” (Anna Cestelli Guidi), “oggi mi sento un’isola” (Teresa Macrì), “aria da bere, acqua da respirare” (Massimo Palazzi). Non mancano però alcuni enunciati, più o meno brevi, rinvianti al mondo dell’arte; ad esempio “arte esistenza mondo” (Giacinto di Pietrantonio), oppure “l’arte e la conoscenza alimentano una speranza che ha bisogno di coraggio per compiere scelte, per elaborare nuove narrazioni, per assumersi il diritto e la responsabilità della trasformazione del mondo” (Pietro Gaglianò).
Nell’esposizione, che si configura come “un’indagine, gentile, sul chiedere, il ricevere e il restituire trasformato quello che si è chiesto”, l’artista mostra come il processo e la trasformazione si definiscano ed esemplifichino con maggiore lucidità grazie allo spazio reale in cui si depositeranno le frasi a pavimento. In questo modo tutto galleggia nel campo allargato e il visitatore, attraverso l’osservazione e la lettura di tale marea di parole, si apre a plurime riflessioni e libere associazioni che sconfinano ben oltre la soglia dello spazio espositivo.
Informazioni di visita:
Galleria Milano
Via Manin 13, Via Turati 14 – 20121 Milano
02-29000352
Orari: da martedì a sabato dalle ore 10,00 alle 13,30 e dalle 15,00 alle 19,00
Instagram @galleria.milano | FB galleriamilano |Twitter @GalleriaMilano
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