MOSTRE IN ITALIA REGIONE PER REGIONE
A cura di Mirco Guarnieri
Una panoramica delle mostre in Italia, con le varie iniziative presenti sul territorio nazionale divise per regione.
MOSTRE IN ITALIA: NORD ITALIA
Valle d’Aosta
L’ADIEU DES GLACIERS, IL MONTE ROSA: Ricerca Fotografica E Scientifica
Dal 1 Agosto 2020 - 6 Gennaio 2021
Forte di Bard, Bard (AO)
LA MONTAGNA TITANICA DI RENATO CHABOD
Dal 29 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Forte di Bard, Bard (AO)
Mostre in Piemonte
ANDY WARHOL SUPER POP: THROUGH THE LENS OF FRED W. MCDARRAH
Dal 24 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Palazzina di Caccia di Stupinigi, Nichelino (TO)
ALIGHIERO BOETTI IN VIDEOTECAGAM
Dal 22 Ottobre 2020 - 21 Febbraio 2021
GAM – Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino
L’ORIENTE A TORINO
Dal 21 Maggio 2020 - 31 Dicembre 2020
MAO - Museo d’Arte Orientale, Torino
GIULIO PAOLINI “LE CHEF-D’OEUVRE INCONNU”
Dal 15 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021
Castello di Rivoli, Rivoli (TO)
AGOSTINO ARRIVABENE. VISITAZIONI
Dal 4 Ottobre 2020 - 22 Novembre 2020
Museo Civico Pier Alessandro Garda, Ivrea (TO)
GIANNI BERENGO GARDIN E LA OLIVETTI
Dal 1 Ottobre 2020 - 15 Novembre 2020
CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia, Torino
DIVISIONISMO. LA RIVOLUZIONE DELLA LUCE
Dal 24 Ottobre - 24 Gennaio 2021
Castello di Novara, Novara
FILIPPO DI SAMBUY. IL LIBRO DELLO SPLENDORE (ZOHAR), MONOTIPI E ACQUERELLI
Dal 17 Settembre 2020 - 5 Novembre 2020
Museo della Ceramica, Mondovì (CN)
ASTI, CITTÀ DEGLI ARAZZI
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Mazzetti, Asti
CAPA IN COLOR
Dal 26 Settembre 2020 - 31 Gennaio -2021
Musei Reali - Sale Chiablese, Torino
Lombardia
DIVINE E AVANGUARDIE. LE DONNE NELL’ARTE RUSSA
Dal 28 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Palazzo Reale, Milano
FASCINO SENZA TEMPO. LA BELLEZZA FEMMINILE A MILANO NEI SECOLI
Dal 15 Settembre 2020 - 31 Dicembre 2020
Antiquarium “Alda Levi, Milano
MICHELANGELO A SONDRIO. TESTIMONIANZE NELLA COLLEZIONE CREVAL
Dal 30 Settembre 2020 - 13 Novembre 2020
Galleria Credito Valtellinese - Palazzo Sertoli, Sondrio
L'INVENZIONE DEL DIVINO PITTORE
Dal 2 Ottobre 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo di Santa Giulia, Brescia
GIUSEPPE BOSSI E RAFFAELLO AL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO
Dal 27 Novembre 2020 - 7 Marzo 2021
Castello Sforzesco, Milano
FRIDA KAHLO. IL CAOS DENTRO
Dal 10 Ottobre 2020 - 28 Marzo 2021
Fabbrica del Vapore, Milano
NANDA VIGO - PRIVATE COLLECTION
Dal 6 Ottobre - 31 Dicembre 2020
Museo San Fedele, Milano
TIEPOLO. MILANO, VENEZIA, L'EUROPA
Dal 29 Ottobre 2020 - 21 Marzo 2021
Gallerie d'Italia, Milano
SOTTO IL CIELO DI NUT. EGITTO DIVINO
Dal 30 Maggio 2020 - 20 Dicembre 2020
Civico Museo Archeologico, Milano
ORAZIO GENTILESCHI. LA FUGA IN EGITTO E ALTRE STORIE
Dal 10 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Pinacoteca Ala Ponzone, Cremona
Recensito da Storiarte qui
RAFFAELLO TRAMA E ORDITO. GLI ARAZZI DI PALAZZO DUCALE A MANTOVA
Dal 24 Ottobre 2020 - 7 Febbraio 2021
Palazzo Ducale, Mantova
LA SCAPIGLIATURA. UNA GENERAZIONE CONTRO
Dal 19 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo delle Paure, Lecco
ROYAL DALÌ
Dal 7 Dicembre 2019 - 7 Dicembre 2021
Villa Reale, Monza
Mostre in Trentino Alto-Adige
RAFFAELLO. CAPOLAVORI TESSUTI
Dal 10 Ottobre - 15 Dicembre 2020
Centro Trevi, Bolzano
L'ALTRO CONTEMPORANEO. CARAVAGGIO | BOLDINI | DEPERO
Dal 9 Ottobre 2020 - 28 Febbraio 2021
Dal 9 Ottobre 2020 - 4 Dicembre 2020 - Caravaggio
MarT, Rovereto
LE COLLEZIONI. L'INVENZIONE DEL MODERNO E L'IRRUZIONE DEL CONTEMPORANEO
2 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MarT, Rovereto (TN)
LE CINQUE CHIAVI GOTICHE E ALTRE MERAVIGLIE
Dal 13 Giugno 2020 - 29 Novembre 2020
Palazzo Assessorile, Cles
Veneto
I MACCHIAIOLI. CAPOLAVORI DELL’ITALIA CHE RISORGE
Dal 24 Ottobre 2020 - 18 Aprile 2021
Palazzo Zabarella, Padova
6/900 DA MAGNASCO A FONTANA. DIALOGO TRA COLLEZIONI
Dal 17 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Museo di Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme (PD)
Recensito da Storiarte qui
VAN GOGH. I COLORI DELLA VITA
Dal 10 Ottobre 2020 - 11 Aprile 2021
Centro Altinate San Gaetano, Padova
Recensito da Storiarte qui
1910-1940: LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA DELL’ARTE IN VENETO, DA GINO ROSSI, A GUIDI E DE PISIS
Dal 12 Settembre 2020 - 27 Dicembre 2020
Villa Ancillotto, Treviso
IL RACCONTO DELLA MONTAGNA NELLA PITTURA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
Dal 12 Giugno 2020 - 8 Dicembre 2020
Palazzo Sarcinelli, Conegliano (TV)
FUTURO. ARTE E SOCIETÀ DAGLI ANNI SESSANTA A DOMANI
Dall'8 Ottobre 2020 - 7 Febbraio 2021
Gallerie d'Italia, Vicenza
MARC CHAGALL - ANCHE LA MIA RUSSIA MI AMERÀ
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Roverella, Rovigo
Recensito da Storiarte qui
LA MANO CHE CREA. LA GALLERIA PUBBLICA DI UGO ZANNONI (1836-1919) SCULTORE, COLLEZIONISTA E MECENATE
Dal 27 Giugno 2020 - 31 Gennaio 2021
GAM - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Palazzo della Ragione, Verona
Recensito da Storiarte qui
ALESSANDRO SEFFER. CRONACA E PAESAGGIO NEL VENETO DELL'OTTOCENTO
Dal 3 Ottobre 2020 - 10 Gennaio 2021
Musei Civici - Palazzo Fulcis, Belluno
VEDOVA / SHIMAMOTO: INFORMALE DA OCCIDENTE AD ORIENTE
Dal 30 Agosto 2020 - 15 Novembre 2020
Museo Civico di Asolo, Asolo (TV)
UN CAPOLAVORO PER VENEZIA - LORENZO LOTTO. SACRA CONVERSAZIONE CON I SANTI CATERINA E TOMMASO
Dal 15 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Galleria dell’Accademia, Venezia
DOMENICO TINTORETTO. RITRATTO DI GIOVANNI GRIMANI
Dal 4 Settembre 2020 - 30 Maggio 2021
Museo di Palazzo Grimani, Venezia
Mostre in Friuli-Venezia Giulia
VIENNA 1900. GRAFICA E DESIGN
Dal 10 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Attems-Petzenstein, Gorizia
Marcello Dudovich (1878-1962). Fotografia fra arte e passione
Dal 10 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Scuderie del Castello di Miramare (TS)
NULLA È PERDUTO
Dal 04 Luglio 2020 - 13 Dicembre 2020
Casa delle Esposizioni di Illegio, Tolmezzo (UD)
Liguria
#UNMANIFESTOPERGENOVA
Dal 6 Agosto 2020 - 27 Novembre 2020
Villa Serra, Genova
MICHELANGELO. DIVINO ARTISTA
Dall’8 Ottobre 2020 - 24 Gennaio 2021
Palazzo Ducale, Genova
AUTUNNO BLU A VILLA CROCE
Dal 29 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
Mostre in Emilia-Romagna
GUARDAMI! SONO UNA STORIA…ET IN ARCADIA EGO
Dal 16 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Pinacoteca Nazionale, Ferrara
Recensito da Storiarte qui
ANTONIO LIGABUE. UNA VITA D’ARTISTA (1899 − 1965)
Dal 31 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Palazzo dei Diamanti, Ferrara
TRA SIMBOLISMO E FUTURISMO. GAETANO PREVIATI
Dal 6 Giugno 2020 - 27 Dicembre 2020
Castello Estense, Ferrara
SCHIFANOIA E FRANCESCO DEL COSSA. L'ORO DEGLI ESTENSI
Dal 2 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Schifanoia, Ferrara
ATTRAVERSARE L’IMMAGINE. DONNE E FOTOGRAFIA TRA GLI ANNI CINQUANTA E GLI ANNI OTTANTA
Dal 20 Settembre 2020 - 22 Novembre 2020
Palazzina Marfisa d’Este, Ferrara
ETRUSCHI. VIAGGIO NELLE TERRE DEI RASNA
Dal 7 Dicembre 2019 - 29 Novembre 2020
Museo Civico Archeologico, Bologna
LA RISCOPERTA DI UN CAPOLAVORO - POLITTICO GRIFFONI RINASCE A BOLOGNA
Dal 18 Maggio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Fava, Bologna
MONET E GLI IMPRESSIONISTI. CAPOLAVORI DAL MUSÉE MARMOTTAN MONET, PARIGI
Dal 29 Agosto 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Albergati, Bologna
VITTORIO CORCOS. RITRATTI E SOGNI
Dal 22 Ottobre 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Pallavicini, Bologna
Recensito da Storiarte qui
DANTE NELL’ARTE DELL’OTTOCENTO. UN’ESPOSIZIONE DEGLI UFFIZI A RAVENNA
Dal 16 Ottobre 2020 - 5 Settembre 2021
Chiostri Francescani, Ravenna
INCLUSA EST FLAMMA. Ravenna 1921: Il Secentenario della morte di Dante
Dall'11 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Biblioteca Classense
L’OTTOCENTO E IL MITO DI CORREGGIO
Dal 14 Novembre 2020 - 14 Febbraio 2021
La nuova Pilotta, Parma
L'ULTIMO ROMANTICO
Dal 12 Settembre 2020 - 13 Dicembre 2020
Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, PR
LIGABUE E VITALONI. DARE VOCE ALLA NATURA
Dal 17 Settembre 2020 - 30 Maggio 2021
Palazzo Tarasconi, Parma
FORNASETTI. THEATRUM MUNDI
Dal 3 Giugno 2020 - 14 Febbraio 2021
Complesso monumentale della Pilotta, Parma
INCOMPRESO - LA VITA DI ANTONIO LIGABUE ATTRAVERSO LE SUE OPERE
Dal 6 Giugno 2020 - 8 Novembre 2020
Palazzo Bentivoglio, Gualtieri (RE)
NEI CIELI DEL CORREGGIO. UN INEDITO FRAMMENTO DI ANTONIO ALLEGRI DA SAN GIOVANNI EVANGELISTA IN PARMA
Dal 17 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Museo il Correggio - Palazzo dei Principi, Correggio (RE)
OTTOCENTO RITROVATO. Dipinti inediti di maestri emiliano-romagnoli da Fontanesi a Boldini
Dal 5 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo il Correggio - Palazzo dei Principi, Correggio (RE)
MOSTRE IN ITALIA: CENTRO
Toscana
LA REALTÀ SVELATA. IL SURREALISMO E LA METAFISICA DEL SOGNO
Dal 18 Settembre 2020 - 24 Gennaio 2021
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
L’AVVENTURA DELL’ARTE NUOVA | ANNI 60-80 CIONI CARPI | GIANNI MELOTTI
Dal 3 Ottobre 2020 - 6 Gennaio 2021
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti - Complesso monumentale di San Micheletto, Lucca.
DOPO CARAVAGGIO. Il Seicento Napoletano nelle Collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito
Dal 14 Dicembre 2019 - 6 Gennaio 2021
RAFFAELLO E IL RITORNO DEL PAPA MEDICI: RESTAURI E SCOPERTE
Dal 27 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Palazzo Pitti, Firenze
…CON ALTRA VOCE RITORNERÒ POETA. IL RITRATTO DI DANTE DEL BRONZINO ALLA CERTOSA DI FIRENZE
Dall’11 Ottobre 2020 - 31 Dicembre 2020
Pinacoteca della Certosa del Galluzzo, Firenze
AURELIO AMENDOLA. UN'ANTOLOGIA. MICHELANGELO, BURRI, WARHOL E GLI ALTRI
Dal 13 Novembre 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Buontalenti - Antico Palazzo dei Vescovi, Pistoia
IL SOGNO DI LADY FLORENCE PHILLIPS. La collezione della Johannesburg art gallery
Dal 24 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Santa Maria della Scala, Siena
"MIO VANTO, MIO PATRIMONIO". L’arte del ‘900 nella visione di Leone Piccioni
Dal 30 Agosto 2020 - 21 Gennaio 2021
Museo della Città, Pienza (SI)
AFFRESCHI URBANI. PIERO INCONTRA UN ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 20 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo Civico di Sansepolcro, Sansepolcro (AR)
Mostre in Umbria
GIOVANNI BATTISTA PIRANESI NELLE COLLEZIONI DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA
Dal 10 Ottobre 2020 - 13 Febbraio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
BRIAN ENO. REFLECTED
Dal 4 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
RAFFAELLO IN UMBRIA E LA SUA EREDITÀ IN ACCADEMIA
Dal 18 Settembre 2020 - 6 Gennaio 2021
Palazzo Baldeschi, Perugia
Marche
I MAESTRI ITALIANI DEL ‘900 IN MOSTRA PERMANENTE A FABRIANO
Dall’11 Ottobre 2015 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli”, Fabriano (AN)
MADE IN NEW YORK, KEITH HARING - Subway Drawings
23 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Campana, Osimo (AN)
Abruzzo
YOKO YAMAMOTO. GEI-SHA
Dall’11 Settembre 2020 - 22 Novembre 2020
Museo Palazzo de’ Mayo, Chieti
Mostre in Lazio
FUORI. Quadriennale d’arte 2020
Dal 29 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo delle Esposizioni, Roma
Recensito da Storiarte qui
CIVIS CIVITAS CIVILITAS. Roma antica modello di città - PROROGATA
Dal 21 Dicembre 2019 - 22 Novembre 2020
Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali
I MARMI TORLONIA. COLLEZIONARE CAPOLAVORI
Dal 25 Settembre 2020 - 27 Giugno 2021
Musei Capitolini - Villa Caffarelli, Roma
IL TEMPO DI CARAVAGGIO. CAPOLAVORI DELLA COLLEZIONE DI ROBERTO LONGHI
Dal 16 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Musei Capitolini, Roma
BANKSY - A VISUAL PROTEST
Dall’8 Settembre 2020 - 11 Aprile 2021
Chiostro del Bramante, Roma
Per Gioco - La collezione dei giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina
Dal 25 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo di Roma, Roma
MOSTRE IN ITALIA: SUD
Campania
NAPOLI LIBERTY. N'ARIA 'E PRIMMAVERA
Dal 25 Settembre 2020 - 24 Gennaio 2021
Gallerie d'Italia, Napoli
Gli Etruschi e il MANN
Dal 12 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MANN - Museo Archeologico Nazionale, Napoli
SANTIAGO CALATRAVA - Nella Luce Di Napoli
Dal 6 Dicembre 2019 - 13 Gennaio 2021
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
MARINA ABRAMOVIĆ / ESTASI
Dal 18 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Castel dell’Ovo, Napoli
VENUSTAS. GRAZIA E BELLEZZA A POMPEI
Dal 31 Luglio 2020 - 31 Gennaio 2021
Palestra grande, Pompei (NA)
PAESTUM. FOTOGRAFIE DI MARCO DIVITINI
Dal 16 Ottobre 2020 - 16 Gennaio 2021
Museo Archeologico Nazionale di Paestum, Paestum (SA)
Mostre in Puglia
MARIO SCHIFANO E LA POP ART IN ITALIA
Dal 10 Ottobre 2020 - 29 Novembre 2020
Contemporanea Galleria d’Arte, Foggia
L’ORO, LA SANTITÀ E LA GLORIA. PRESENTAZIONE DEI POLITTICI VENETI DEL MUSEO CASTROMEDIANO DOPO IL CANTIERE DI RESTAURO APERTO
Dal 16 Ottobre 2020 - 16 Novembre 2020
Museo Castromediano, Lecce
Il polittico di Antonio Vivarini. Storia arte restauro
Dal 1 Marzo 2014 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, Bari
Sicilia
HEROES - BOWIE BY SUKITA
Dal 10 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Palazzo Sant’Elia, Palermo
ORIENTE E OCCIDENTE. ALLEGORIE E SIMBOLI DELLA TRADIZIONE MEDITERRANEA. INSTALLAZIONI DI NAVID AZIMI SAJADI
Dal 23 Ottobre 2020 - 6 Gennaio 2021
Complesso Monumentale di Santa Maria Nuova di Monreale
RITRATTO DI IGNOTO. L'ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 7 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Loggiato San Bartolomeo e Palazzo Trinacria, Palermo
L'ARTE DEL '900 NELLA COLLEZIONE POSABELLA
Dal 12 Aprile 2014 - 31 Dicembre 2020
Galleria Civica Giuseppe Sciortino, Monreale (PA)
DOMENICO PELLEGRINO. ERACLE. L’UOMO, IL MITO, L’EROE
Dal 5 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Museo Mandralisca, Cefalù (PA)
CARLA ACCARDI – ANTONIO SANFILIPPO. L’AVVENTURA DEL SEGNO
Dal 26 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Convento del Carmine, Marsala (TP)
Mostre in Sardegna
STEVE MCCURRY. ICONS
Dal 13 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo di Città, Cagliari
IL REGNO SEGRETO. SARDEGNA-PIEMONTE: UNA VISIONE POSTCOLONIALE
29 Maggio 2020 - 15 Novembre 2020
MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Nuoro
FUORI. LA QUADRIENNALE D'ARTE DI ROMA
A cura di Maria Anna Chiatti
L’arte è la forma più alta di speranza
Gerhard Richter
Introduzione: la 17ª edizione della Quadriennale d'arte di Roma
La Quadriennale d'arte di Roma, dal titolo: FUORI, si tiene al Palazzo delle Esposizioni ed è aperta al pubblico dal 30 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021.
FUORI moda, FUORI tempo, FUORI scala, FUORI gioco, FUORI tutto, FUORI luogo. Come le persone e come l’arte: FUORI dalle categorie e dalle categorizzazioni. La rassegna è un invito a cambiare punto di vista, ad uscire dagli schemi per vedere l’arte dentro e FUORI di (e da) sé.
La mostra è stata curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol (fig. 1), e organizzata dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, e da Azienda Speciale Palaexpo. Il principale partner istituzionale è il MiBACT, che attraverso la Direzione Generale Creatività Contemporanea ha concesso un importante contributo specifico, corrispondente a circa il 55% del budget totale, facendosi anche promotore del progetto speciale Premio AccadeMibact. La restante parte dei fondi è stata fornita da sponsor privati, contributori e altri partner, secondo una modalità di collaborazione tra pubblico e privato avviata con successo nelle precedenti edizioni.

Gli artisti presenti alla manifestazione
La Quadriennale d'arte di Roma è probabilmente il più importante evento di arte contemporanea cui si potrà partecipare in questa stagione dal clima sociale così singolare, una manifestazione significativa e innovativa sotto il profilo artistico, ma anche un forte segnale di cui il mondo della cultura necessita ora più che mai. L’intero edificio del Palazzo delle Esposizioni di Roma (4.000 metri quadri) è dedicato alla rassegna come tributo per rilanciare la ricerca artistica italiana e internazionale.
Gli artisti selezionati sono 43, ognuno rappresentato da più opere, nell’intento di delineare un percorso alternativo per leggere l’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi: Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR - Alessandro Petti - Sandi Hilal, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj and Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaela Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci - Socìetas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo, Zapruder Filmmakersgroup.
Un totale di 300 opere esposte in 35 sale, con molte produzioni site specific; questi numeri hanno creato la necessità di ideare un percorso espositivo che fosse all'altezza del concept progettuale, per consentire una lettura efficace nonché una certa godibilità dell’esperienza di fruizione. La persona da ringraziare per questo è l’architetto Alessandro Bava, che ha saputo dare vita ad un allestimento innovativo, finalmente accompagnato da una illuminazione bella e funzionale.

All’interno della mostra le opere esposte si declinano in una grande varietà di media e tecniche, dalla pittura su tela alle installazioni neon, ai video, alle sculture multimateriche; si trovano così connessi (a volte anche in dialogo) tra loro, artisti emergenti e mid-career con “le sperimentazioni di pionieri che non sempre hanno trovato posto nella narrazione canonica dell’arte italiana”, per citare la curatrice Sarah Cosulich. FUORI affascina non solo per l’intergenerazionalità, ma anche per la multidisciplinarietà, che si esplicita con opere ispirate alla danza, alla lirica e al teatro, all’architettura e al design. L’espressione di desideri e ossessioni; l’esplorazione dell’indicibile e dell’incommensurabile; l’indagine delle tensioni tra arte e potere sono campi di riflessione, così come pure la presenza fondamentale della figura femminile (e femminista). Esplicito anche il richiamo a FUORI!, la prima associazione per i diritti degli omosessuali, formatasi agli inizi degli anni Settanta.
Qualche esempio.
Cinzia Ruggeri, nella Sala 1, sa rileggere la cultura del fashion made in Italy con una sagacia (soprattutto in Abito Ziggurat, fig. 3) per niente scontata.
Nanda Vigo espone (al neon) una serie di opere che offrono un’alternativa al quotidiano spazio-tempo, con specchi che rimandano un’immagine diversa e impensata (fig. 4). A Monica Bonvicini è dedicata una sala che per poco è ancora reale, ispirata alla Turandot di Puccini: presenta una installazione sonora, una serie di spartiti dell’opera che riportano slogan femministi, due sculture che sono una vera poesia di autoaffermazione femminile (fig. 5).

Chiude la prima parte del percorso Lisetta Carmi, con la serie di fotografie Il Parto (1968). Nient’altro che la verità, nuda e cruda, dell’infinito circuito generazionale (figg. 6 e 7).
La Sala 13 è una metamostra (una mostra oltre la mostra). Il collettivo TOMBOYS DON’T CRY espone una serie di opere che riflette sulle trasformazioni dei corpi, e in particolare sul tema della lacrima; mentre la Sala 14 è il bellissimo risultato del fondersi delle opere di Chiara Camoni, Raffaela Naldi Rossano e Diego Gualandris (figg. 8 e 9).
La Quadriennale d'arte continua con i fiori esposti sullo scalone che conduce al secondo piano, e che sono il racconto della storia d’amore dei due artisti Petrit Halilaj e Alvaro Urbano: un progetto che esprime con la delicatezza di un bouquet un modo di essere famiglia che è universale e universalmente comprensibile (figg. 10 e 11)
Il secondo piano offre due progetti interessanti, seppure per motivi diversi: Giuseppe Gabellone nella Sala 22 rompe la realtà con due non-finestre dallo straordinario impatto visivo (fig. 12). Si aprono su ricordanze di antiche civiltà, con decorazioni a motivi fitomorfi e architettonici creati attraverso un lungo processo di lavorazione delle superfici. Nella sala successiva i DAAR (Sandi Hilal e Alessandro Petti) propongono la creazione di un Ente di decolonizzazione, che si mette di traverso rispetto alla nomina a Patrimonio UNESCO di Asmara per le costruzioni razionaliste di epoca fascista. Il progetto pone anche una serie di domande riguardanti lo stesso argomento, ma riferite a otto borghi siciliani, oggi abbandonati, costruiti dall’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano (figg. 13 e 14). Una riflessione estremamente interessante.


Luisa Lambri propone in mostra una serie di Untitled, fotografie in cui l’artista indaga i tagli di Lucio Fontana e le aperture dell’architettura di Marcel Breuer con una attenzione particolare alla luce e alle superfici delle opere stesse, creando uno spazio calmo dove immergersi (fig. 15).
L’ultima sezione della Quadriennale d'arte, di nuovo al primo piano, ospita Valerio Nicolai e il suo Capitan Fragolone (fig. 16), una grande fragola di cartapesta che, del tutto inaspettatamente, accoglie un performer: spiando dai fori praticati sulla superficie della fragola si può osservare infatti la performance di un pirata nella propria nave, come in una matrioska.

La Quadriennale d’arte di Roma 2020 è il risultato di tre anni di lavoro, di programmazione, di un percorso in cui i workshop itineranti di Q-Rated per giovani artisti e curatori e il fondo Q-International per rafforzare la presenza dell’arte italiana nelle istituzioni all’estero hanno rappresentato una fondamentale risorsa per la ricerca, rispondendo alla missione dell’istituzione di mappare la situazione artistica in Italia.
Come principale evento collaterale di FUORI è visitabile nella Sala fontana di Palazzo delle Esposizioni la mostra Domani Qui Oggi, curata da Ilaria Gianni. Questa esposizione presenta i lavori di dieci giovani artisti (tutti under 28) selezionati nell’ambito del concorso per il Premio AccadeMibact, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT in collaborazione con Fondazione Quadriennale di Roma.
FUORI è accompagnata da un corposo catalogo bilingue (italiano-inglese, 680 pp.), edito da Treccani. Contiene saggi dei curatori, schede sugli artisti e sulle opere in mostra, approfondimenti sulle attività di Q-Rated e Q-International; una sezione separata ospita i testi critici di altri autori, che fanno luce su nuove metodologie di ricerca nel campo dell’arte contemporanea.
Per quanto concerne la piacevolezza della visita, gli spazi ampi concedono di godere della mostra in totale sicurezza (certamente con l’uso di dispositivi di protezione individuale); il percorso espositivo, seppur lineare e di facile intuizione, risulta ricco e stimolante. L’apparato di comunicazione del museo è del tutto adeguato, con didascalie anagrafiche e brani di approfondimento in ogni sala. Anche per questo, FUORI si pone come necessità di uscire dalle restrizioni fisiche e mentali che abbiamo vissuto tutti in questo complesso anno 2020.
FUORI
La Quadriennale di Roma 2020
a cura di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol
Roma, Palazzo delle Esposizioni
30 ottobre 2020 - 17 gennaio 2021
Via Nazionale 194, 00184 Roma
Informazioni utili
Orari
Martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica 11 - 20
Sabato 11 - 22
Chiusure
Chiuso il lunedì
Tariffe
Il biglietto di ingresso alla mostra è gratuito.
Prenotazione obbligatoria su www.quadriennale2020.com
Ingressi consentiti fino a un’ora prima della chiusura.
Costo del catalogo: 35 euro.
Contatti
Tel. +39 06 696271
Ufficio Stampa (Maria Bonmassar)
+ 39 06 4825370
+ 39 335 490311
VITTORIO CORCOS. RITRATTI E SOGNI
A cura di Andrea Bardi
La sfolgorante carriera artistica del livornese Vittorio Matteo Corcos (1859-1933) è ripercorsa, nella sua interezza, all’interno delle sale di Palazzo Pallavicini a Bologna, in una mostra, organizzata proprio da Pallavicini s.r.l. e curata da Carlo Sisi, aperta al pubblico dal 22 ottobre 2020 al 14 febbraio 2021. La rassegna bolognese segue, a distanza di un anno, la precedente monografica – anch’essa curata da Sisi e allestita nelle sale del Museo Accorsi – Ometto di Torino – dedicata al “peintre des jolies femmes”, felice epiteto con cui il corrispondente del “Times” De Blowitz definì il pittore negli anni del suo soggiorno parigino. Non solo un femminino grazioso, tuttavia, arieggia le stanze del palazzo: nelle sei sezioni in cui la mostra è suddivisa i numerosi ritratti, provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Gallerie degli Uffizi di Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Milano), catturano l’osservatore catalizzando la sua attenzione sui loro occhi e offrendogli sensazioni ogni volta nuove ma sempre estremamente vivide. Gli occhi erano, d’altronde, uno dei pallini di Corcos. Per dirla con le parole del pittore:
“In un ritratto quello che conta sono gli occhi: se quelli riescono come voglio, con l’espressione giusta, il resto viene da sé”
E di “espressioni giuste”, negli oltre 40 dipinti esposti in mostra, ce ne sono molte. Dalla sicurezza dell’imprenditore di successo (Emilio Treves) al rovello intellettuale del poeta (Giosuè Carducci), passando per la spensieratezza di Bonheur, il ventaglio di emozioni distillate nelle tele di Corcos va ben oltre quell’aggettivo, joli, con il quale Gabriel Albert Aurier timbrava, nei suoi infuocati sermoni sul “Mercure de France”, lo stuolo di principesse di porcellana che ingombrava i Salons ufficiali e gli atelier dei pittori più à la page dell’epoca. E non è un caso che l’ultima sezione della mostra, dal titolo più che mai eloquente (Stati d’animo) accosti a un riuscitissimo Pietro Mascagni proprio Sogni. Un’opera, quest’ultima, che insieme ad altre (la Morfinomane, non presente in mostra) chiude la questione Corcos tratteggiandolo nella sua complessità di pittore “chastement impur” (castamente impuro) secondo la formula, stavolta quanto mai riuscita, del suo mercante Adolphe Goupil.
La famiglia e gli amici. Nel salotto della “gentile ignota”
Una volta lasciata alle spalle la sala detta “della Ringhiera”, con L’imperatrice Maria Teresa d’Austria sul carro di Cibele affrescata sulla volta, la mostra fa il suo esordio ufficiale nella “Sala delle Udienze” o “Camerone” [fig. 1]. Il sistema di pannellature turchesi accoglie alcuni dei ritratti con cui Corcos immortalò i personaggi, più o meno noti, che gravitavano attorno alla sua casa fiorentina.

Da Emilio Treves (1907) allo scrittore Yorick (pseudonimo di Pietro Coccoluto Ferrigni, 1889), il centro di gravità della Sala è tuttavia concentrato sugli occhi di Emma Ciabatti vedova Rotigliano [fig. 2], moglie in secondo matrimonio di Corcos e perno della vita intellettuale di un circolo che comprendeva Giosuè Carducci [fig. 3], Silvestro Lega e Giovanni Pascoli, amico così intimo della “gentile ignota” da concederle l’affettuoso epiteto.
Gli anni di Parigi
È la piccola “Sala di Giove, Marte e Minerva” ad ospitare, invece, all’interno di una delicata cornice dalle tinte malva, un breve campionario di opere parigine del maestro. Giunto nella Ville Lumière nel 1880 su suggerimento del pittore Domenico Morelli, a Parigi Corcos accolse i molteplici stimoli visivi che pittori come Lèon Bonnat, James Tissot e Giuseppe de Nittis erano in grado di offrirgli. È proprio a De Nittis, infatti, che il maestro indirizza il suo sguardo in Woman with dog [fig. 4], esercizio di stile in cui proprio il barlettano si era cimentato negli stessi anni. Le coordinate figurative di Corcos rimangono, nella sala, sempre interne alla società alto borghese, dalle noie di donne di flaubertiana memoria (femme se promenant au Bois de Boulogne, fig. 5) alla raffinata spensieratezza di Bonheur [fig. 6].
Luce mediterranea
A partire dalla terza sezione della mostra, Luce mediterranea, l’infilata delle stanze, partendo dal salone d’ingresso, percorre in lunghezza l’ala del palazzo affacciato su via San Felice. Tra gli spazi della “Sala dell’Allegoria del Commercio” il fulcro tematico è, stavolta, il profondo legame che il pittore mantenne con la sua villa toscana di Castiglioncello, vero e proprio set fotografico allestito per immortalare ospiti come Peggy Baldwin [fig. 7]. Le marine di Castiglioncello, evocate grazie alla scelta, felice seppur già vista del turchese, pur costituendo uno degli snodi fondamentali del percorso pittorico di Corcos, sono qui trattate simbioticamente rispetto alla figura femminile, che, tra delicati contrappunti cromatici o soffusi mimetismi giocati su una dominante unica di colore (Ritratto di signora sul lago, fig. 8) vuole recitare ancora un ruolo da protagonista.
Le peintre des jolies femmes
Era il 1885 quando il corrispondente parigino per il “Times”, De Blowitz, consegnò a Corcos l’etichetta, scomoda ma non priva di fondamento, di “peintre des jolies femmes”. Sotto la volta affrescata dal Bacco e Arianna di Filippo Pedrini Carlo Sisi ambienta, riproponendo un rassicurante malva, una piccola galleria di ritratti al femminile [fig. 9], dove allo sfaldamento boldiniano della forma (Une elegante, fig. 10) si alternano le esattezze tattili dei ricami (La parigina, fig. 11).

L’incarnato quasi ceramico delle fanciulle si tinge invece di mistero in La Vestale, [fig. 12], anticipazione delle perturbazioni psichiche di Sogni e, al contempo, efficace tentativo di estrarre l’archetipo dal particolare.
Il primato del ritratto
La spettacolare “Sala dei Conviti”, affrescata da Giuseppe Antonio Valliani su quadrature di Serafino Barozzi, fornisce al nutrito parterre di ritratti presenti una scenografia dal respiro molto ampio che ne consentirebbe la piena valorizzazione [fig. 13] senza un sistema di illuminazioni talvolta troppo aggressivo (è il caso della splendida Lina Cavalieri, fig. 14).
La preziosa collezione di effigi comprende lo storico Ernesto Masi [fig. 15], sporgente da uno sfondo monocromo (evidente la lezione di Bonnat), la Principessa Maria Josè [fig. 16] oltre al bozzetto per il ritratto ufficiale del Kaiser Guglielmo II, il quale, ammaliato dal ritratto della Contessa Rombo Morosini, decise di portare Corcos nella sua residenza di Potsdam e posare per lui.
Stati d’animo
La scelta di un fondale scuro è ripetuta nel Pietro Mascagni [fig. 17] che, assieme alle Tre Sorelle e Sogni, nella “Sala della Biblioteca” dedicata agli Stati d’animo, conclude questa preziosa parata di ritratti. L’effigie del giovane compositore, giunta a palazzo su concessione della famiglia Mascagni, sfrutta infatti la scarsità di riferimenti ambientali non tanto per conferire a quest’ultimo un tono solenne quanto per canalizzare l’attenzione sullo sguardo e sulla posa, sfrontata e audace, del modello.

Audace fu considerata, in occasione dell’Esposizione di Belle Arti di Firenze del 1896, anche Sogni [fig. 18]. Opera quasi più grande del suo artefice, cela il suo segreto nell’abilità dimostrata dal pittore di captare frequenze sopite, ma ben presenti, nella psiche della giovane Elena Vecchi, figlia, poco più che ventenne, dello scrittore Jack la Bolina.

Vittorio Corcos. Ritratti e Sogni
Bologna, Palazzo Pallavicini
22 ottobre 2020 – 14 febbraio 2021
Via San Felice 24, 40122 Bologna
Informazioni utili
Orari
Lunedì – Mercoledì: chiuso
Giovedi – Domenica: 11:00 – 20:00
È possibile acquistare i biglietti fino alle 19:00 (orario di chiusura della biglietteria)
Aperture straordinarie
1 novembre 2020
7, 8, 21, 22, 26, 28, 29, 30 dicembre 2020
31 dicembre 2020 (11:00 – 17:00, ultimo ingresso alle 16:00)
1 gennaio 2021 (14:00 – 20:00, ultimo ingresso alle 19:00)
4, 5, 6 gennaio 2021
23 gennaio 2021 (11:00 – 24:00, ultimo ingresso alle 23:00)
Chiusura
La mostra sarà chiusa al pubblico nei giorni 24 e 25 dicembre 2020.
Tariffario
Intero: € 13
Ridotto: € 11 (dai 6 ai 18 anni non compiuti, over 65 con documento, studenti fino a 26 anni non compiuti con tesserino, militari con tesserino, guide turistiche con tesserino, giornalisti praticanti e pubblicisti con tesserino regolarmente iscritti all’Ordine, accompagnatori diversamente abili in compagnia del disabile, soci ICOM con tesserino, biglietto ITALO avente come destinazione/origine Bologna con data antecedente/successiva di massimo 3 giorni)
Gruppi (minimo 10 persone): € 10 (1 accompagnatore gratuito)
Scuole: € 5 (2 accompagnatori gratuiti per ogni classe)
Bologna Welcome e Bologna Card Cultura: €10
Giovedì Università (con tesserino): €9
Gratuito: bambini sotto i 6 anni disabili con certificato
Biglietto famiglia (con figli dai 6 ai 18 anni non compiuti): € 10 per il Genitore, € 8 per i Minori dai 6 ai 18 anni non compiuti
Biglietto open: € 16 (biglietto con prenotazione senza vincoli di orario e data valido fino a fine mostra)
Servizi di Audioguida
L’audioguida completa della mostra è presente all’interno della nuova App di Palazzo Pallavicini, scaricabile gratuitamente su smartphone.
Contatti
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SEICENTO-NOVECENTO. DA MAGNASCO A FONTANA
Recensione mostra "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" a cura di Mattia Tridello
Introduzione: "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana"
“… la forma appare circondata da un alone. Essa è una stretta definizione dello spazio, ma è anche un suggerimento d’altre forme. S’espande, si propaga nell’immaginario, o noi, piuttosto, siamo mossi a considerarla come una specie di spiraglio attraverso il quale possiamo penetrare in un regno incerto, che non è l’esteso, né il pensato, ma una folla di immagini che aspirano a nascere.”(Henri Focillon “La vita delle forme”)
La forma, le forme, gli spazi e gli ambienti sono circondati, come ricorda lo storico dell’arte francese Henri Focillon (1881-1943), da un alone diffuso, abbagliante ma discreto che, inserendosi nell’immaginario comune, non separa ma anzi unisce le epoche, gli stili e le opere che il tempo ha saputo produrre e regalarci ma anche tramandarci, secondo precisi e distinti lassi cronologici non sempre in dialogo fra loro. Moretto da Brescia affianco a De Chirico, Severini con Baschenis, Guttuso con Morandi sono solo alcuni degli accostamenti, delle mute ma vivaci conversazioni tra artisti, stili e peculiarità di correnti e movimenti diversi che, eccezionalmente, trovano spazio e allestimento nell’incantevole cornice cinquecentesca di Villa Bassi –Ratgheb ad Abano Terme. La mostra “Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana”, visitabile dal 17 ottobre al 5 aprile 2021, si propone come una splendida e ben curata esposizione volta a ribadire e instaurare dialoghi profondi, studiati e approfonditi tra opere artistiche che, se disposte in malo modo, non sempre risultano di facile accostamento simbolico e visivo. La mostra invece si presenta con un taglio inedito, le contrapposizioni tra i dipinti qui non stridono ma, anzi, diventano facilmente comprensibili e estremamente interessanti. Gli oggetti esposti, vicini tra loro, comunicano con se stessi e con l’osservatore in un impatto visivo unico che genera implicite suggestioni e regala inaspettate scoperte. Addentrandosi tra le sale della villa tutto, dagli arredi alle decorazioni parietali, si fa carico di un importante connubio, di una mistura di artisti che mai, fino ad ora, hanno potuto vedersi e dialogare e che ora, grazie al contributo delle due collezioni da cui provengono le opere in oggetto, potranno incontrarsi e mostrarsi. Il tempo sembra quasi fermarsi per un istante all’interno del museo: l’ambiente, come del resto fu nei secoli la stessa villa che contiene la mostra, diventa un ponte tra il passato e la contemporaneità, tra le storiche e antiche vedute euganee del comune aponense e l’istinto più avanguardistico e moderno delle tele ospitate nella struttura. La loggia centrale (che introduce al palazzo) detiene il primato di filtro tra l’esterno e l’interno, di passaggio arieggiato che permette alla città e all’esposizione di scambiarsi vicendevolmente gli intensi respiri del tempo e di instaurare un legame inedito tra storia, arte e paesaggio.
"Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana": l’esposizione
L’esposizione, che vanta un numero elevato di opere, si presenta come l’unione tra due collezioni diverse per astrazione stilistica e per il periodo dei quadri raccolti, accomunate tra loro da una lunga ma assai importante vicenda storica e collezionistica. La prima, la collezione Bassi-Ratgheb, venne donata al Comune di Abano Terme da parte di Roberto Bassi Ratgheb per via di un nutrito sentimento di affetto nei confronti del luogo in cui amava recarsi per le cure termali. Il nucleo del vasto possedimento artistico si incentra sulla pittura sei-ottocentesca di area lombarda-bergamasca. La seconda, la collezione Marini, è maggiormente conosciuta per la vocazione al collezionismo di opere d’arte contemporanee al suo proprietario. Il grande numero di queste ultime si presta straordinariamente per essere messo in contatto con opere più antiche, per rintracciare anche nel moderno gli influssi mai estinti del passato. Le due raccolte, seppur nell’esplicita e visibile diversità spaziale, temporale e stilistica, non rinunciano ad instaurare un dialogo, anzi, permettono al visitatore di ritrovare in un De Chirico numerosi riferimenti a una pittura seicentesca del Pitocchetto, a volte non investigati o conosciuti dal pubblico.
Il percorso espositivo
La mostra si articola in tre sezioni principali, dedicate ai tre temi più rappresentati nella storia dell’arte (Ritratto, Natura morta e Paesaggio), che si snodano attraverso gli splendidi e ricercati interni di Villa Bassi – Ratgheb (Fig. 1). Agevolata dalla presenza di un involucro d’eccezione assai ricco di peculiarità decorative che vanno dal Cinquecento all’Ottocento, l’esposizione non si presenta come un’arida rassegna di quadri disposti in stanze uguali e monotone, ma anzi diventa una vera e propria vasta passeggiata nella storia che si articola dal piano nobile al sottotetto fino ad arrivare alle incantevoli volte dell’interrato. Il visitatore può quindi comprendere l’essenza della mostra anche grazie al suo contenitore, a quel desiderio di curiosità, nel passare nella sala successiva, che quest’ultima regala e alimenta.
"Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana". Le prime sale
Le prime sale dell’esposizione "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" ruotano attorno all’impianto veneziano cinquecentesco della villa. Ai lati del salone centrale del piano nobile trovano spazio alcune stanze in cui sono ospitate e messe in relazione le opere. Ve n’è un esempio nella prima dove, in concomitanza e somiglianza con le tonalità degli affreschi parietali, sono esposti un paesaggio antico e una reinterpretazione contemporanea (Fig. 1a).
Sezione del ritratto
Una delle tre sezioni della mostra "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" si basa sul tema del ritratto attraverso i secoli. Se nel Cinque-Seicento il soggetto maschile si affaccia sul panorama pittorico come un tema prediletto caratterizzato dalla fierezza dell’impostazione ritrattistica e dal valore di affermazione sociale, nel “secolo breve” tale stabilità e importanza sembra svanire per lasciare spazio a una desolazione interiore, che mira non a prediligere l’uomo nella sua fierezza, bensì nella sua fragilità interiore. Nel Novecento la coscienza di quest’ultimo come “senza qualità” porterà ad evidenti risultati in campo artistico, basti pensare alle famose piazze di De Chirico. Tra l’incombenza di ombre dilatate e scure emergono esclusivamente gli edifici dello spazio, all'uomo è riservata solo una piccola, limitata, porzione della tela. Per tale motivo la curatrice della mostra ha ben deciso di non paragonare i ritratti maschili seicenteschi con quelli novecenteschi ma con un’opera dello stesso De Chirico, per segnalare come, a distanza di secoli, i riferimenti all'opera del passato siano ancora presenti (si veda il bastone del viandante in relazione con la ciminiera) anche in un periodo variegato e assai complicato come il secolo scorso (Fig. 2- 3-4).
Nell’ambito del ritratto femminile, invece, la mostra espone in relazione fra loro numerose opere di autori differenti che instaurano un vivo e emozionante contrasto. Da una parte l’elegante figura dipinta da Rinaldo Agazzi “Ritratto di Isabella Nowak” (Fig. 5) dialoga fortemente con la più sintetica e ombrosa figura della “Signora del crisantemo” (Fig. 5) di Lorenzo Viani per poi rinnovarsi e mutarsi in un assemblaggio scomposto di linee, materiali e tecniche che aderiscono al movimento cubista de “la moglie di Picasso” (Fig. 6) di Enrico Baj.
Sezione della natura morta
Una parte dell’esposizione "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" (Fig. 7) tratta un tema che per secoli ha costituito un punto fermo nel vasto mondo iconografico e stilistico della storia dell’arte. Le nature morte, infatti, di solito utilizzate per adornare le pareti delle abitazioni nobili, col tempo, diventarono un vero e proprio tema canonico, che dal Cinquecento al Novecento fu sempre un riferimento presente nella pittura di molti artisti, ne è un esempio l’ampia selezione che la mostra propone. Iniziando con una tela rappresentante alcuni strumenti musicali di Baschenis (Fig. 8), il percorso si snoda attraverso le numerose versioni, sempre diverse, che altri autori fecero del medesimo tema, evolvendo la figura e mutandola nel suo concetto sia pittorico che spaziale. Dalla piena luce che disegna le forme di Morandi (Fig. 9) si passa al colore di Guttuso (Fig. 10) fino ad arrivare all’astrazione concreta della forma che procede e si sviluppa per linee geometriche e cromatiche operata da Parmiggiani.
Sezione del paesaggio
L’ultima sezione dell’esposizione "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" (Fig. 11) racchiude numerose opere legate tra loro da un unico filo comune, il paesaggio e la sua metamorfosi tra natura e pittura nel corso del tempo. Partendo da alcuni pregevoli dipinti seicenteschi di area lombarda, l’occhio dell’osservatore viene colpito dalle molteplici forme in cui il medesimo tema è stato trattato, cambiato e rinnovato dagli artisti tardo ottocenteschi e novecenteschi. Risulta proprio in quest’ultimo periodo un profondo mutamento, una vivida destrutturazione delle forme spaziali: gli spazi architettonici diventano linee geometriche, le linee a loro volta si dipartono nello spazio fino ad infrangerlo e lacerarlo, come tagli nella tela. Passando per Tosi, Morlotti e Mandelli, lo sguardo del visitatore si sofferma principalmente sul notevole impatto visivo creato dall’opera di Fontana. Lo spazio, la natura, il paesaggio sembrano quasi non trovare più riscontro. Anzi, quel sottile lembo che lo divideva dal mondo esterno viene tagliato e trafitto quasi a volerlo superare. In “Concetto spaziale, Attese” (Fig. 12) tutto ciò viene riassunto e diventa toccabile, concreto.
Il quadro, che infatti chiude la sezione, rimarca ancora la volontà dell’esposizione di voler regalare a qualsivoglia visitatore una cronologica, intensa e innovativa visione dell’arte secolare, cercando di individuare nessi, differenze ma anche rapporti e somiglianze all’interno di un luogo che, collocato in una delle più famose località termali italiane, diventa custode di una notevole eredità, di una mostra che si pone non nel tempo ma tra i tempi. Se nel Seicento Villa Bassi Ratgheb divenne un ponte tra l’intellettualismo veneziano e l’entroterra padovano, oggi quest’ultima ricostituisce quel collegamento, quella mirabile conversazione tra epoche, stili e artisti, quel dialogo che qui, tra i silenziosi colli, non può che risuonare e continuare a diffondere la sua bellezza nel tempo, nei luoghi e nello spazio dell’animo umano.
Informazioni per la visita
"Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" Museo di Villa Bassi-Ratgheb, Abano Terme
Via Appia Monterosso, 52 35031 Abano Terme (PD)
Orario della mostra
GIOVEDI’ 14.30 – 18.30
VENERDI’ 14.30 – 18.30
SABATO e DOMENICA 10.00 – 13.00; 14.30 – 18.30
SPECIALE GRUPPI: la mostra è visitabile ogni LUNEDI’ E MARTEDI’ su prenotazione.
SPECIALE VENERDI’ ingresso ridotto riconosciuto ai turisti degli hotel termali di Abano e Montegrotto Terme, SOLO con prenotazione dell’hotel o esibendo un voucher dell’hotel ospitante.
Biglietti e tariffe
Intero: 9 euro
Ridotto: 7 euro
Riduzione per: 7-25 anni, over 70, possessori della Arte Terme Card (si può chiedere al desk del Museo), soci FAI e TOURING CLUB;
Biglietto unico famiglia €20
(famiglia composta da 2 adulti accompagnatori di ragazzi fino ai 18 anni)
Catalogo
Catalogo edito da Silvana Editoriale
"GUARDAMI! SONO UNA STORIA" ET IN ARCADIA EGO
A cura di Mirco Guarnieri
Introduzione: "Guardami! Sono una storia" "Et in Arcadia Ego"
Venerdì 16 Ottobre presso la Pinacoteca Nazionale di Ferrara è stato inaugurato il secondo appuntamento del ciclo di mostre dossier "Guardami! Sono una storia" realizzato dalle Gallerie Estensi in collaborazione con il Laboratorio DiDiArt del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara. La rassegna si svolgerà fino al 17 Gennaio del 2021 e vedrà come protagonista il dipinto “Et in Arcadia Ego” di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1666), proveniente dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica Barberini Corsini di Roma.
Alla realizzazione della mostra dossier "Guardami! Sono una storia" hanno preso parte giovani studiosi e studenti dell’Università di Ferrara che, con il coordinamento dei funzionari delle Gallerie Estensi e di alcuni membri del Comitato Scientifico del Laboratorio, si sono avvicinati alla vita del museo, lavorando alle fasi di ricerca, progettazione e organizzazione della mostra con l’intento di portare il visitatore ad osservare più approfonditamente l’opera.
Il dipinto, tra i più enigmatici del Guercino, fu probabilmente realizzato tra il 1618 e il 1622, anni in cui il pittore entrò in contatto con la pittura veneta ed emiliana che ne influenzarono lo stile.
Il quadro mostra due giovani pastori che osservano un teschio umano collocato su un muro, che pare rivolgersi ai due pronunciando le parole incise sulla pietra: Et in Arcadia Ego. La frase latina può tradursi con “Anche in Arcadia io (sono)” stando a significare che anche la regione dell’Arcadia sembra entrata a far parte del dominio della Morte portando così l’opera a divenire un “memento mori”, in cui l’artista accosta la giovinezza e la spensieratezza dei pastori al destino di morte che accomuna tutti noi creando un’atmosfera di riflessione e raccoglimento, poetica e profondamente suggestiva.
Informazioni per la visita alla mostra dossier all’interno della Pinacoteca Nazionale:
"Guardami! Sono una storia" Et in Arcadia Ego
16 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Pinacoteca Nazionale di Ferrara
Corso Ercole I d'Este 21
Palazzo dei Diamanti, primo piano
Ferrara
Numero di telefono: 0532 205844
Orari
Dal Martedì alla Domenica: 10 - 17:30
L’ultimo ingresso alla Pinacoteca è consentito fino a mezz'ora prima dell’orario di chiusura del museo.
Biglietti
Intero: 6 €
Ridotto: da 5 € a 2 €
Gratuito: Scuole; disabili al 100% con un accompagnatore; giornalisti e guide turistiche con tesserino; minori di 18 anni; membri ICOM; personale MIBACT; docenti e studenti (per dettagli ed ulteriori gratuità rivolgersi in biglietteria).
Prima dell’ingresso verrà rilevata la temperatura e sarà obbligatorio indossare la mascherina.
Gallerie Estensi - MiBACT
Largo Porta Sant'Agostino, 337
Modena
ORAZIO GENTILESCHI. LA FUGA IN EGITTO E ALTRE...
Recensione a cura di Silvia Piffaretti
“Anche se il timore avrà sempre più argomenti, scegli la speranza”, così dichiarava Seneca, citato da Gian Domenico Auricchio, Presidente della Camera di Commercio di Cremona, in occasione della nuova mostra curata da Mario Marubbi dal titolo “Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre storie” presso la Pinacoteca Ala Ponzone di Cremona e aperta al pubblico dal 10 Ottobre 2020 al 31 Gennaio 2021. Quest’ultima rappresenta un importante segnale per la città poiché secondo Luca Burgazzi, attuale Assessore alla Cultura, le istituzioni culturali di fronte alle difficoltà non devono scoraggiarsi ma, al contrario, aprire la via della ripartenza per ricondurre lo spettatore ad un’esperienza reale, e non virtuale, dell’arte. Dunque la città, attraverso l’attualità del tema del viaggio e della fuga di fronte a momenti difficili, riparte dalla cultura per riflettere su valori e virtù che han consentito di affrontare il buio periodo della pandemia.
La mostra, dunque, opera una riflessione su tale tema a partire dalla figura di Orazio Gentileschi (1563-1639) che, a seguito della formazione romana, girò l’Italia e giunse perfino alla corte francese e poi inglese dove rimase fino alla morte. L’artista, come scrisse Roberto Longhi, fu “il più meraviglioso sarto e tessitore che abbia mai lavorato tra i pittori” e a inizio Seicento, apertasi la strada del caravaggismo, ne fornì una personale interpretazione in cui il realismo di luci, superfici e incarnati si combinava a un brillante colorismo e a un forte rigore disegnativo-compositivo.
Ingresso e prima parte: Pier Paolo Pasolini e la “Madonna col Bambino”
La mostra si apre con un ledwall, sulla destra, su cui scorrono scene della fuga in Egitto tratta da “Il Vangelo secondo Matteo” del 1964 di Pier Paolo Pasolini, mentre sulla sinistra la citazione dell’episodio tratta dal Vangelo sopracitato ci introduce alla vicenda, si legge: “Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo»”, e così Giuseppe fece rifugiandosi in Egitto fino alla morte del sovrano.

Da questo corridoio si accede alla prima sala dove si può ammirare, sulla sinistra, una statuetta di età tolemaica della dea egizia Iside col figlioletto Horus, mentre sulla destra la raffigurazione della “Madonna col Bambino in un paesaggio” di Orazio Gentileschi, dove sono visibili il giallo e il blu delle vesti e la dolcezza materna che si ritroverà anche nelle due versioni della fuga.
La seconda parte: le due versioni del “Riposo durante la fuga in Egitto”
Tale parte della mostra è dedicata alle due tele del “Riposo durante la fuga in Egitto”, tema indagato all’iniziò dell’attività dell’artista e ripreso durante il soggiorno inglese. All’epoca infatti era comune che un’artista realizzasse più opere del medesimo soggetto con lievi variazioni che, in questo caso, riguardano le posizioni dei personaggi e i colori delle vesti che sembrano essere invertiti. Nella sala le due tele vengono affiancate sulla parete per permettere all’osservatore un diretto confronto, sulla sinistra vi è quella appartenente ad una collezione privata datata 1612, mentre sulla destra quella del Kunsthistorisches di Vienna non precedente al 1626 e firmata in basso a sinistra, che si discosta dalla precedente per il formato rettangolare che mostra maggiormente Giuseppe.
L’ambientazione di entrambe le tele è molto scura e caratterizzata da una parete di fondo tagliata da un’elegante luce diagonale che, all’interno dell’allestimento museale, sembra quasi il fascio di una luce reale. Nelle tele è chiaro come Gentileschi, a detta di Longhi, si distingua dai suoi contemporanei per “la preparazione lenta delle forme, per la sottigliezza dell’impasto, per la morbidezza quasi serica delle pieghe, per il non raro cangiare” con cui dipingeva. Nella scena la madre e il bambino, da cui lo spettatore è subito rapito, si collocano sulla destra. In particolare, la madre rivolge un pacato e amorevole sguardo materno al piccolo che, a sua volta, volge l’occhio verso lo spettatore. Della Vergine, abbigliata in una veste indagata nelle pieghe rigonfie, si nota la precisione dei tratti morbidi e delicati del viso e la minuzia dell’intrecciata capigliatura. Giuseppe, sulla sinistra, è rappresentato assorto nel riposo e segnato sulla fronte da realistiche rughe dalla muta espressività.
La terza parte: l’indagine attorno al tema
La terza parte della mostra si concentra sull’esposizione di ulteriori dipinti, ma anche sculture, miniature, vetrate, avori e incisioni legati al tema a partire dal Medioevo per giungere fino al Novecento. Tra i dipinti in esposizione vi è la “Fuga in Egitto” del 1436 del pittore e miniatore Giovanni di Paolo. La piccola tavola raffigura in primo piano la Madonna, sul dorso di un mulo, con in braccio il Bambino e accompagnata da Giuseppe col bastone e il sacco da pellegrino.
Di epoca successiva è la rielaborazione della fuga di Pietro Ricchi, detto il Lucchese, datata 1645 in cui domina il buio rischiarato da una luce rivelatrice indugiante sul volto della madre che, con leggiadria, accarezza il volto del piccolo che cerca a sua volta il contatto; sullo sfondo vi è un Giuseppe addormentato. Del 1707 è la suggestiva tela de “Il sogno di san Giuseppe” del Legnanino dove, in un contesto appena suggerito, sono protagonisti l’angelo e Giuseppe dai volti definiti da una luce che costruisce espressivi giochi chiaroscurali, mentre la Vergine e il bambino sono rischiarati da un piccolo lume.
Un’interpretazione originale e insolita è invece data nel 1880 da Luc-Olivier Merson, dove un bagliore lunare fa luce su una sfinge egizia che ospita la Vergine col Bambino, mentre sulla destra Giuseppe giace addormentato a terra accanto a un debole fuocherello e all’asino. Caratteristica è la realizzazione di Mario Sironi del 1930, nata come copertina della “Rivista illustrata del Popolo d’Italia”, dove con stile sintetico e classico pone la Sacra Famiglia in un contesto urbano a cui aggiunge la cometa, di norma non presente nell’episodio, per dare dinamismo e luce.
In questo modo la mostra volge al termine conducendo lo spettatore all’uscita attraverso le sale della collezione permanente ricche di grandi capolavori. La mostra dunque testimonia come, attraverso una solida collaborazione museale, sia possibile fare dell’arte e della cultura una sorgente di bellezza che può divenire strumento di riflessione e accrescimento dell’individuo, specialmente dopo un periodo come quello appena vissuto.
Informazioni per la mostra
Orari:
dal 10 ottobre 2020 al 31 gennaio 2021
da martedì a domenica dalle 10:00 alle 18:00
Informazioni:
www.musei.comune.cremona.it - [email protected] - 0372/407770
www.turismocremona.it - [email protected] - 0372/407081
Prenotazioni:
www.musei.comune.cremona.it - [email protected] - 0372/407770
Biglietti:
acquistabili presso la sede del Museo Civico "Ala Ponzone” e online su www.vivaticket.it
Intero: € 7,00 Ridotto: € 5,00
Visite guidate:
è possibile prenotare gratuitamente una visita guidata alla mostra
mercoledì e venerdì - ore 16.00
sabato e domenica - ore 11,00, 14.30, 16.30
prenotazione obbligatoria - massimo 10 persone per gruppo
Visite guidate gruppi:
I gruppi devono prenotare obbligatoriamente l’ingresso. Ogni gruppo potrà essere di massimo 10 persone. Per i gruppi più numerosi, il museo mette a disposizione gratuitamente una seconda guida per permettere l’accesso contingentato del gruppo diviso. Per usufruire di questa opportunità è necessario prenotare almeno una settimana prima tramite la biglietteria. Tutti i gruppi con guida dovranno essere dotati di radiomicrofono. Nel caso non ne fossero provvisti è possibile noleggiarlo al costo di 3€ a persona.
Catalogo:
Editore Bolis. Prezzo di vendita 38€
In vendita presso il bookshop della mostra a 30€
VAN GOGH I COLORI DELLA VITA
Recensione mostra "Van Gogh i colori della vita" a cura di Mattia Tridello
Introduzione
“Van Gogh non era pazzo”. Con questa breve ma intensa frase Marco Goldin (curatore della mostra) apre gli esiti delle ricerche e del lungo studio svolto sull’opera di uno dei più famosi artisti della storia dell’arte, di un personaggio per troppo tempo rilegato alla figura del genio matto e tormentato che ora, grazie alla mostra in oggetto, potrà essere osservato da un taglio inedito e ben più veritiero. Van Gogh, infatti, se si dovesse usare una metafora, fu come Icaro: si avvicinò in fretta al sole per carpirne, intravederne e comprenderne le cromie dell’umanità, con il suo abile pennello intrise di viva materia la tela facendone scaturire visioni di incredibile bellezza e autentica sperimentazione coloristica. Rimase attaccato a quel bagliore dorato delle soleggiate giornate vissute tra i campi di grano, a quelle ore passate accanto ai covoni, a quelle spighe che tanto appassionatamente raffigurò. Ancora, vedendo i suoi quadri, lo si può immaginare mentre errante passeggia con il suo cavalletto sulle spalle, attraversa distese assolate, colline, paesi e città riposandosi sotto il bagliore delle stelle del firmamento. Van Gogh, dunque, non era un semplice artista pazzo, ma fu un abile tessitore delle vicende della vita tramite quel colore che mai nessuno, prima di lui, seppe così egregiamente interpretare e rendere proprio.
In questa cornice si apre il 10 Ottobre, per chiudersi l’11 Aprile 2021, dopo una trepidante attesa, la mostra “Van Gogh, i colori della vita” presso il Centro culturale San Gaetano di Padova. Fornita di ben 82 capolavori del maestro olandese, l’esposizione apre i battenti dopo un lungo periodo di chiusura che a ha più volte messo in discussione l’affermarsi e la conferma dell’evento stesso. Tuttavia, trovarsi a distanza ravvicinata con alcune delle più conosciute opere dell’artista implica una domanda da porsi circa la loro presenza in una città antica e assai ricca di cultura come Padova. Ebbene, potrà risultare sorprendente ma è proprio lo stesso Van Gogh a raccontarlo dopo aver letto un articolo, indicatogli dal fratello Theo, sulla rivista “Dei due mondi”. In esso si narrava della visita che Boccaccio fece a Francesco Petrarca proprio a Padova presso la casa, accanto al Duomo, di quest’ultimo. Durante l’incontro i due capisaldi della letteratura italiana si intrattennero a conversare nel giardino dell’abitazione. Immaginando una situazione simile, pochi mesi prima dell’arrivo di Gauguin, Van Gogh volle ricreare alcuni quadri con vedute di giardini per arredare la futura stanza dell’amico, sperando che anche loro avrebbero potuto dialogare in serena tranquillità come i due poeti italiani. Comprendere, quindi, come l’artista avesse già avuto conoscenze della città veneta, permette all’esposizione di inserirsi non a caso nel tessuto culturale cittadino, anzi di essere un punto di riferimento per i visitatori e i turisti in cerca di una mostra che non sia solo un arido elenco di quadri ma un racconto cronologico della vita, attraverso la pittura, dell’artista olandese. Per questo motivo l’itinerario proposto mira a ricostruire non un unico tema, ma anzi un preciso e dettagliato percorso, l’intero cammino dell’attività di Van Gogh, concentrandosi dagli inizi fino alle ultime opere realizzate poco prima della scomparsa. L’ottantina di quadri e disegni riuniti eccezionalmente al San Gaetano sono frutto di importanti prestiti concessi da alcuni dei più autorevoli musei vangoghiani del mondo, basti citare il Van Gogh Museum di Amsterdam e il Kröller-Müller Museum di Otterlo. Avere la possibilità di visitare la mostra permette al visitatore, quindi, di immergersi nel racconto della vita dell’artista tramite la sottile ma fulgida narrazione di alcuni dei più famosi capolavori che, straordinariamente, sono visibili in una sede diversa da quella olandese, in un luogo che per la prima volta li riunisce e ne permette l’osservazione, concedendo così al visitatore di instaurare un rapporto diretto con ciò che fu, divenne e continuerà ad essere Van Gogh.
Il percorso di visita
Giunti al primo piano della sede espositiva, la mostra si presenta suddivisa in 7 sale che ricostruiscono cronologicamente la formazione e le tappe che diedero una significativa svolta all’opera pittorica dell’artista tramite una successione di disegni e quadri intervallati da alcune citazioni dal vasto e ricco epistolario intrattenuto da Vincent con il fratello Theo. Per consentire e garantire una visita in sicurezza, oltre agli ingressi scaglionati, la visita nelle prime sale è contingentata e prevede un tempo massimo di permanenza.
Sala 1
La prima sala della mostra si presenta al visitatore con un quadro riprodotto ma non più esistente. Si tratta dell’opera intitolata “Il pittore sulla strada di Tarascona” (Fig. 1), che venne distrutta da un bombardamento alleato su Magdeburgo durante la Seconda Guerra Mondiale. Il quadro, raffigurante lo stesso Vincent mentre è intento ad attraversare eroicamente la campagna di Arles per andare incontro al suo quotidiano lavoro, segnò e influenzò indelebilmente uno dei più importanti e innovativi artisti del secolo scorso, Francis Bacon, che decise di ispirarsi a quest’ultimo capolavoro per crearne ben sei reinterpretazioni, tre delle quali sono esposte proprio in mostra (Fig. 2).
Fig. 1: “Il pittore sulla strada di Tarascona” (perduto)
Le grandiose tele del pittore statunitense, realizzate tra la fine del 1956 e l’inizio del 1957, sono volte proprio ad enfatizzare la figura eroica di un uomo, Van Gogh, che in controcorrente e con uno stile personalissimo affrontò con i suoi colori l’esistenza terrena.
Fig. 2: Sala 1
Sale 2-3
La seconda e la terza sezione dell’esposizione (Fig. 3-4), attente nel ricostruire i primi approcci di Van Gogh con il disegno, mettono in luce il percorso molto breve (1880-1881) che vide l’artista cimentarsi con i primi schizzi realizzati al di fuori delle lettere indirizzate al fratello. Proprio nel medesimo periodo di soggiorno tra le miniere di carbone della zona del Borinage in Belgio, si assiste alla ripresa dell’epistolario con Theo che, precedentemente, aveva subito una battuta d’arresto. In una lettera Van Gogh comunica chiaramente, anche visto l’impegno utilizzato per i suoi primi disegni ispirati alla vita quotidiana, la volontà di compiere il mestiere dell’artista nella vita.
Sala 4
L’itinerario di formazione dell’artista olandese prosegue nella quarta sala (Fig. 5) dove, investigando il periodo trascorso da quest’ultimo a Nuenen nel Brabante, possono essere osservati i primi lavori che mostrano una maggiore affinità con il disegno e permettono di comprendere come l’artista, affascinato dalla teoria del colore di Charles Blanc, inizi a sperimentare il primo uso dei colori complementari. Tuttavia, almeno per questo periodo, Van Gogh continua ad essere legato alla narrazione degli episodi della vita giornaliera di contadini e tessitori, anticipando sia nello stile che nella scelta dei temi la pittura dei “Mangiatori di patate” (Fig. 6-7).
Dopo un breve soggiorno di tre mesi ad Anversa, Van Gogh si trasferisce finalmente a Parigi nel 1886, più precisamente a Montmartre, dove risiedeva il fratello, interrompendo per ovvi motivi la corrispondenza con lui e privandoci del racconto quotidiano della sua vita nella capitale francese. Quest’ultima, tuttavia, oltre ad essere teatro di scambio di influenze artistiche, sarà il luogo in cui Vincent vedrà per la prima volta dal vero un quadro impressionista. La vivida, nuova interpretazione della realtà portata avanti da esponenti quali Gauguin, Seurat e Signat (in sala sono esposte alcune tele) influenzerà profondamente la pittura del giovane olandese tanto da farne scaturire capolavori assoluti della sua neonata cifra stilistica, opere che sono esposte eccezionalmente in questa sezione (Fig. 8. Tra quest’ultime non si può non citare il celeberrimo “Autoritratto con il cappello di feltro” (Fig. 9) che, nella sua piccola dimensione, costituisce un punto di riferimento all’interno dell’esposizione stessa.
Sala 6
Il 19 Febbraio 1888 Van Gogh lascia Parigi per recarsi, alla ricerca del caldo sole del sud, ad Arles. I quindici mesi trascorsi nella cittadina furono determinanti per l’affermazione dello stile coloristico dell’artista. Sotto la luce del paese egli iniziò ad affrontare in pittura numerosi e svariati temi, da quelli legati alle nature morte e ai fiori a quelli ritrattistici ispirati, per lo più, alle poche persone che egli conosceva e con cui aveva stretto qualche contatto. Non a caso la sala (Fig. 10) vanta la successione dei quadri raffiguranti i cosiddetti “Amici di Arles”, tra questi, il postino Roulin (Fig. 11) e i coniugi titolari del Cafè de la Gare in Place Lamartine ubicato sotto l’abitazione di Van Gogh (Fig. 12).
Nella sala trova spazio anche un interessante confronto che permette di comprendere come l’artista non sia stato influenzato solamente dallo stile impressionista e post-impressionista, bensì anche da i grandi maestri realisti del passato come Millet. Non a caso proprio un quadro di quest’ultimo è stato collocato vicino all’opera intitolata “il seminatore” di Van Gogh (Fig. 13).
Fig. 13: il seminatore
Il periodo trascorso tra la città e i suoi dintorni venne segnato e caratterizzato dalla permanenza, dal 23 Ottobre al 23 Dicembre 1888, di Paul Gauguin. Gli esiti del contrastato rapporto di amicizia tra i due artisti si concretizzarono in una crisi profonda che coinvolse Van Gogh fino al famoso taglio dell’orecchio e alla decisione autonoma di rifugiarsi nell’istituto di malattie mentali di Saint- Remy.
Sala 7:
Gli ultimi quindici mesi dell’esistenza del tormentato ma geniale Van Gogh, dal Maggio del 1889 alla fine di Luglio del 1890, trascorsero prevalentemente sotto i cieli di Saint-Remy. Il periodo di un anno trascorso tra le mura della casa di cura per malattie mentali di Saint-Paul-de-Mausole, nel medesimo paese, costituisce sì un periodo intenso e complicato costellato da ben quattro crisi, ma anche un’incredibile stagione di puro colorismo che, attraverso i quadri ritraenti i covoni di grano (Fig. 14-15) e le nubi dense ma bianche e languide, costituiscono il testamento spirituale dell’artista. Gli ultimi 70 giorni della sua esistenza combaciano con la piena adesione al nuovo stile, una pittura carica di materia ma altamente luminosa e vibrante nelle forme, nuova nelle dimensioni e sorprendentemente vivace nei colori. La parte finale della sala è volta quindi, tramite pannelli fotografici, ad illustrare i campi di grano e quei paesaggi che accompagnarono Van Gogh fino alla morte, fino a quella tomba che, non a caso, è riprodotta sull’ultima parete dell’esposizione.
Quella lastra che custodisce il corpo di uno dei più geniali artisti del XIX secolo ancora alimenta e continua ad emanare intense suggestioni che mai smetteranno di essere accolte. Un esempio è ancora il fascino che la pittura di Van Gogh ha esercitato su una serie di artisti contemporanei che, in concomitanza con la mostra, hanno realizzato alcune reinterpretazione dell’opera vangoghiana tramite quadri, disegni e addirittura capi d’abbigliamento. Questo dunque non è altro che il chiaro, indiscutibile risultato dell’eredità culturale e pittorica che l’artista olandese ci ha lasciato, di quell’intimo e profondo sentimento umano che nei suoi quadri ha voluto far trasparire, di quel girasole che, sulla sua tomba, evoca e continuerà per l’eternità a tramandare il testamento di una vita, il colore.
Informazioni per la visita:
VAN GOGH. I COLORI DELLA VITA
Padova, Centro San Gaetano
10 ottobre 2020 - 11 aprile 2021
CALL CENTER PER INFO E PRENOTAZIONI
TEL 0422 429999
[email protected]
E' VIVAMENTE CONSIGLIATA LA PRENOTAZIONE
PER LA MIGLIORE GESTIONE DEGLI INGRESSI IN MOSTRA
ORARIO MOSTRA
(ultimo ingresso 70 minuti prima della chiusura)
da lunedì a giovedì: 10 - 18
venerdì: 10 - 19
sabato: 9 - 20
domenica: 9 – 19
BIGLIETTI
(prezzi comprensivi di diritto di prenotazione)
Intero € 17,00
Ridotto € 14,00 studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni, giornalisti con tesserino
Ridotto € 11,00 minorenni (6-17 anni)
BIGLIETTI CON VISITA GUIDATA
(prezzi comprensivi di diritto di prenotazione)
Intero € 24,00
Ridotto € 21,00 studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni, giornalisti con tesserino
Ridotto € 18,00 minorenni (6-17 anni)
Per i titolari di biglietto gratuito (bambini fino a 5 anni compiuti - accompagnatore di persone non abili) la visita guidata resta a pagamento (€ 7).
GRUPPI
(15 persone)
Intero € 13,00
Ridotto € 10,00 minorenni (6-17 anni)
SCUOLE
Le scuole interessate a una visita guidata sono pregate di contattare, a partire dall'1 settembre, il nostro call center (0422 429999 - [email protected]).
INGRESSO GRATUITO
Bambini fino a 5 anni compiuti, accompagnatore di persone non abili.
Per i disabili che necessitino di accompagnatore e per chi accompagna in mostra bambini fino a 5 anni, è necessario fare la prenotazione tramite call center 0422 429999.
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YOKO YAMAMOTO. GEI-SHA
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I MARMI TORLONIA. COLLEZIONARE CAPOLAVORI
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ORAZIO BORGIANNI. UN GENIO INQUIETO NELLA ROMA DI CARAVAGGIO
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Colori degli Etruschi. Tesori in terracotta
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Civis Civitas Civilitas. Roma antica modello di città
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CROSSING RESIDENCY - ANGELO BELLOBONO. LINEA 1201
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Sedi Varie, Rocchetta a Volturno, Isernia
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NAPOLI LIBERTY. N'ARIA 'E PRIMMAVERA
Dal 25 Settembre 2020 - 24 Gennaio 2021
Gallerie d'Italia, Napoli
Gli Etruschi e il MANN
Dal 12 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MANN - Museo Archeologico Nazionale, Napoli
Santiago Calatrava - Nella Luce Di Napoli
Dal 6 Dicembre 2019 - 13 Gennaio 2021
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
MARINA ABRAMOVIĆ / ESTASI
Dal 18 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Castel dell’Ovo, Napoli
VENUSTAS. GRAZIA E BELLEZZA A POMPEI
Dal 31 Luglio 2020 - 31 Gennaio 2021
Palestra grande, Pompei (NA)
Puglia
MOVIMENTO. Il linguaggio segreto dell’anima
Dal 24 Luglio 2020 - 24 Ottobre 2020
MAT - Museo dell’Alto Tavoliere, San Severo (FG)
PhEST
Dal 7 Agosto 2020 - 1 Novembre 2020
Varie sedi, Monopoli (BA)
Circuito del contemporaneo in Puglia - INHUMAN
Dal 18 Luglio 2020 - 18 Ottobre 2020
Castello di Barletta, Barletta (BA)
Il polittico di Antonio Vivarini. Storia arte restauro
Dal 1 Marzo 2014 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, Bari
Basilicata
Enrico della Torre incisore
Dal 02 Agosto 2020 - 30 Ottobre 2020
Museo Internazionale della Grafica, Castronuovo di Sant'Andrea (PZ)
Sicilia
Sine Die. La fotografia nel tempo dell’isolamento creativo
Dal 18 Luglio 2020 - 04 Ottobre 2020
Palazzo della Cultura, Catania
RITRATTO DI IGNOTO. L'ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 7 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Loggiato San Bartolomeo e Palazzo Trinacria, Palermo
L'ARTE DEL '900 NELLA COLLEZIONE POSABELLA
Dal 12 Aprile 2014 - 31 Dicembre 2020
Galleria Civica Giuseppe Sciortino, Monreale (PA)
DOMENICO PELLEGRINO. ERACLE. L’UOMO, IL MITO, L’EROE
Dal 5 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Museo Mandralisca, Cefalù (PA)
IO, RENATO GUTTUSO
Dal 27 Giugno 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Civico di Noto – Ex Convento di Santa Chiara, Noto (SR)
NOVECENTO - DA PIRANDELLO A GUCCIONE - ARTISTI DI SICILIA
Dal 30 Maggio 2020 - 30 Ottobre 2020
Convitto delle Arti Noto Museum, Noto (SR)
CARLA ACCARDI – ANTONIO SANFILIPPO. L’AVVENTURA DEL SEGNO
Dal 26 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Convento del Carmine, Marsala (TP)
Sardegna
Maria Jole Serreli. A casa mia avevo tre sedie
Dal 11 Luglio 2020 - 11 Ottobre 2020
EXMA EXhibiting and Moving Arts, Cagliari
Steve Mccurry. Icons
Dal 13 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo di Città, Cagliari
Back_Up. Giovane arte in Sardegna
Dal 27 Giugno 2020 - 17 Ottobre 2020
Museo Nivola, Orani (NU)
Il regno segreto. Sardegna-Piemonte: Una visione postcoloniale
29 Maggio 2020 - 15 Novembre 2020
MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Nuoro
Narcisa Monni. Insieme a te non ci sto più
Dal 13 Agosto 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Stazione dell’Arte, Ulassai (NU)
MARC CHAGALL: ANCHE LA MIA RUSSIA MI AMERÀ
Recensione mostra "Marc Chagall: anche la mia Russia mi amerà" a cura di Mattia Tridello
Introduzione
“Ciascun pittore è nato da qualche parte e anche se in seguito reagisce alle influenze di nuovi ambienti, una certa essenza, un certo profumo, del suo paese natale, persisterà per sempre nel suo lavoro”. Parole più appropriate e veritiere non poteva non scriverle Marc Chagall quando, all'interno della propria autobiografia, si accinse a raccontare gli episodi salienti della sua formazione, non solo artistica ma anche spirituale e umana. Nel vasto dipinto delle avanguardie novecentesche si inserisce quindi una figura complessa, una pennellata intrisa da numerose sfumature e impregnata da mutevoli cromatismi, un artista che non aderì formalmente alle nuove sperimentazioni pittoriche condotte da Picasso, Braque e Modigliani ma che, tuttavia, attinse da queste alcuni riferimenti per poterli tradurre nel suo linguaggio, per stemperarli e immergerli nella variopinta tavolozza della tradizione figurativa russa ed ebraica. Egli, prima ancora che Chagall, era infatti l’ebreo di tradizione chassidica Moishe Segal, il russo Mark Zacharovič Šagal. Non risulta possibile dunque poter comprender appieno l’essenza di tale pietra miliare dell’arte del ‘900 senza conoscerne prima l’origine, la provenienza, l’attaccamento personale alla terra natia, alla cultura ebraico-ortodossa che ne forgiò l’esistenza. In aiuto a questo intento giunge mirabilmente la nuova mostra “Marc Chagall, anche la mia Russia mi amerà” ospitata dal 19 Settembre 2020 al 17 Gennaio 2021 nell'incantevole cornice del quattrocentesco Palazzo Roverella nel cuore della città di Rovigo.
L’esposizione, prima in Italia ad inaugurare una così rara e ben compiuta retrospettiva sul legame di Chagall con la cultura russa, si pone senz'altro come abile excursus della pittura chagalliana e di come l’artista sia arrivato a congiungere, tramite i ricordi di infanzia e giovinezza, la ricca varietà dell’immaginario fiabesco e popolare della tradizione ebraica chassidica con la mistica spiritualità delle rappresentazioni sacre ortodosse per antonomasia, le icone. La mostra non vuole essere quindi un contenitore di quadri disposti senza logica, ma anzi un preciso percorso che si snoda attraverso le forme dei più fantastici abitanti di quelle vedute, di quei dipinti che solo Chagall seppe creare. Così facendo, l’osservatore viene accompagnato in un incredibile viaggio nel quale i più celebri simboli utilizzati dal pittore vengono investigati, spiegati, giustapposti ai corrispondenti della tradizione figurativa russa per poterne ricavare un’importante constatazione. Quest’ultima si può riassumere, di certo, nel fatto che egli, in posizione contro corrente rispetto alla diffusa iconoclastia avanguardista dell’epoca, fece scaturire dalle sue opere una personalità pittorica e poetica non in rottura con il passato ma anzi legata alla memoria, a quei luoghi, personaggi e animali tipici della tradizione iconografica mistico-onirica chaddista; non interruppe il sottile filo che lo legava alla natia Vitebsk, non arrivò a cancellare la sua origine, ma la rese sempre presente, ferma, fissa, tanto ripetitiva quanto fondamentale. Non a caso, la sua autobiografia termina con le parole adottate come titolo della mostra “anche la mia Russia mi amerà” proprio per sottolineare il ruolo primario e generativo di quella grande “madre Russia” che lo vide venire alla luce nel lontano 1887 e che lo accompagnò sentimentalmente per tutto il corso della vita.
Marc Chagall: il percorso espositivo
L’esposizione, che vanta un alto numero di opere autografe dell’artista, mostra al visitatore numerosi quadri di indubbio valore provenienti da alcune delle più autorevoli sedi museali europee e mondiali, tra cui la Galleria Tretyakov di Mosca, il Museo di Stato Russo di S. Pietroburgo, il Centre Pompidou di Parigi, la Thyssen Bornemisza di Madrid e storiche collezioni private. La mostra, articolata negli spazi del sottotetto del palazzo, ripercorre il tema centrale tramite due sezioni distinte che mirano a restituire e ricreare gruppi ideali delle opere che vennero prodotte quando l’artista soggiornava in Russia e quelle prodotte quando si trasferì definitivamente in Francia, con accento sui motivi iconografici della tradizione russo-ebraica.
Prima sezione
La prima sezione (Fig. 1), dedicata ad ospitare tutte quelle opere che vennero prodotte quando Chagall viveva stabilmente in Russia o vi si era assentato per breve tempo ma con l’intenzione di tornarvici, espone, accanto ai capolavori dell’artista, anche i cosiddetti “lubki” (Fig. 2). Quest’ultimi, specificatamente russi nell'impostazione artistica, sono litografie che, a causa dell’elevata tiratura e dello stile che traeva spunto dalle icone, assunsero nel tempo una connotazione puramente popolare e un carattere fortemente illustrativo. Le scene quotidiane raffigurate in quest’ultime, se messe a confronto, rivelano numerose assonanze con l’opera chagalliana, come ad esempio le case lignee e i contadini intenti nelle attività giornaliere (Fig. 3)

Proseguendo nel percorso, il visitatore viene accolto in una della sale più suggestive dove sono collocati due dei più importanti e celebri capolavori del pittore. Sulla sinistra compare infatti la famosa “Passeggiata” (Fig. 4) mentre, a destra, “Il Matrimonio”(Fig. 5) (è la prima volta che l’opera viene prestata e lascia la sede russa). Entrambe le scene sono pervase da un profondo e sincero sentimento d’amore da parte dell’autore per sua moglie, Bella Rosenfeld, il comune denominatore di esse può essere senz'altro la serenità diffusa di un’unione coniugale attesa e desiderata. Di interessante analisi e impatto coloristico risulta la tela del “Matrimonio”. In quest’ultima tutti i personaggi e lo sfondo sono monocromi, l’unico bagliore cromatico deriva dall'angelo che, amorevolmente, sembra abbracciare e custodire la coppia di novelli sposi. La particolarità dell’insieme risiede oltretutto nella presenza, accanto, di due incisioni russe raffiguranti due uccelli del paradiso somiglianti alla figura angelica dell’opera (Fig. 6). Come precedentemente anche qui vi sono numerosi riferimenti, l’angelo del bene reca nella mano un mazzo di fiori e presenta dei colori legati alle tonalità usate da Chagall, il rosso e il grigio. Superando la sala dedicata al tema dei fiori, si viene introdotti al cospetto di un altro dipinto di altrettanto impatto visivo, “L’ebreo in rosso” (Fig. 7). Insieme ai tipici elementi della simbologia ebraica, come le iscrizioni in yiddish sullo sfondo (Fig. 8), emerge imponente la figura dell’ebreo seduto, una figura che da lì a poco, in veste di “ebreo errante”, sarà destinata a occupare le tele dell’artista che, come quest’ultimo, peregrinerà in varie città, da Vitebsk a Parigi, da Mosca (dove lavorerà addirittura per la creazione di costumi teatrali (Fig. 9) a Berlino fino a lasciare definitivamente la terra russa.


La seconda sezione
La seconda sezione della mostra incentra l’esposizione e la scelta delle opere su quelle legate agli anni che videro Marc Chagall definitivamente allontanarsi dalla Russia. Dopo il 1922 infatti, insieme alla famiglia, egli si trasferirà in Francia. Fu costretto a lasciare quest’ultima solamente dal 1941 al 1948 a causa dell’occupazione nazista, della creazione del Governo di Vichy e le conseguenti persecuzioni antisemite. Accanto ai quadri che rievocano il difficile periodo storico attraversato dall'artista, si veda, ad esempio “Gli amanti legati al palo” (Fig. 10) dove, tra un cupo presagio accentuato dai toni scuri, emerge un’imbarcazione, la stessa che Chagall impiegò per attraversare l’Atlantico e rifugiarsi dalla follia del Terzo Reich. Nelle sale circostanti le opere esposte rievocano e fanno ancor di più avvertire la profonda nostalgia che l’artista provava stando lontano da Vitebsk. Non a caso i numerosi quadri si fanno carico di molti simboli della tradizione russo-ebraica, fino a formare una poderosa raccolta di simboli, messaggi e significati. Uno dei temi ricorrenti è infatti quello della pendola ed è riassunto egregiamente nel dipinto “Pendola dall'ala blu”(Fig. 11). Quest’ultima era una suppellettile presente in qualsivoglia casa russa, ma ancor di più in qualsiasi casa ebraica di rispetto dato che essa serviva per scandire non solo l’avvicendarsi delle ore, ma specialmente gli orari delle celebrazioni religiose della tradizione giudaica.
Oltre alle pendole, nell’opera di Marc Chagall compaiono molti altri elementi dal valore altamente, se non puramente, simbolico e interpretativo, come ad esempio i numerosi animali presenti. Tra galline, mucche, capre, asini figura fra tutti il gallo. Nessuno degli animali citati in precedenza assume, almeno nella pittura dell’artista, un valore così discordante, una valenza così opposta. Quest’ultimo per la tradizione russa (Fig. 12) assurge a rappresentazione dell’annunciatore del giorno, quindi di un nuovo inizio di forza, arditezza e virilità. Al contrario, invece, nella cultura ebraica, il gallo è l’animale sacrificale che il rabbino, alla vigilia della festa dello Yom Kippur sacrifica e immola. Chagall, nell'opera intitolata “Il gallo” (Fig. 13) restituisce una sintesi tra i due mondi, l’uomo a cavallo dell’animale (la posizione è simile a quella della stampa) lo abbraccia ripetendo il gesto che, in lontananza, compiono due amanti a bordo di un’imbarcazione. L’immaginario culturale di Chagall si arricchirà in seguito di altri elementi simbolici, basti citare la slitta (Fig. 14), ma al termine della sua carriera artistica egli predilesse e rese più evidente il rapporto di riferimento con le icone.

Scendendo i gradini che conducono all'ultima, ampia sala dell’esposizione, si giunge al termine del percorso artistico proposto al visitatore. Entrati nello spazio, subito l’occhio viene colpito dai rapporti di confronto tra le opere chagalliane e le antiche icone (Fig. 15) prestate dalla Collezione Intesa San Paolo. La curatrice, Claudia Zevi, ha affermato che proprio l’ultima sala era quella che le destava maggior preoccupazione, a causa della presenza di confronti così netti tra una realtà pittorica novecentesca e una molto più antecedente. Tuttavia, se la mostra è riuscita nel suo intento, non sono necessarie ulteriori spiegazioni per comprendere come l’apice più alto del legame tra Marc Chagall e la sua terra sia proprio quello instaurato con la più antica forma di rappresentazione sacra russa, l’icona.

Risulta veramente difficile poter descrivere la cifra stilistica chagalliana se si esclude di fatto il forte legame spirituale che Marc Chagall stesso mantenne sempre vivo e presente con le rappresentazioni della fede russa. Sebbene reinterpretati con altri significati, i simboli che l’artista attinge dalla storia figurativa della sua terra natia restano molto evidenti, ne è un esempio il quadro intitolato “Villaggio con sole oscuro” e l’icona “Ascensione di Elia sul carro di fuoco”(Fig. 15). In entrambe le opere l’elemento coloristico culminante è senza ombra di dubbio l’enorme disco rosso che irradia la scena e sembra voler fondere in un’unica realtà la dimensione culturale e spirituale dell’anima russa. Ulteriori riferimenti si possono scorgere facilmente anche nel piccolo dipinto della “Sacra Famiglia” (Fig. 16) con l’icona della “Madre di Dio del Segno” (Fig. 17): come la Madre di Dio mostra tra le braccia il Figlio Gesù, anche Marc Chagall rappresenta quest’ultimo tra le braccia semi aperte delle figure seduta in primo piano. Spostando lo sguardo verso la parte terminale della sala, lo sguardo viene ancora una volta colpito da un ulteriore paragone tra l’icona della “Madre di Dio di Tolga” (Fig. 18) e “Domenica” (Fig. 19).
Tra le variopinte reminiscenze degli edifici parigini emergono due giovani volti abbracciati tra loro che, sorridendo serenamente, guardano il panorama francese. A prima vista risulta facile notare la somiglianza di tale figura con quella dell’abbraccio di Gesù attorno alla Madre di Dio, di quel gesto di amore scambievole di un figlio verso la madre, nel caso di Chagall di un marito verso la moglie.
Conclusioni
Ecco dunque che, dando le spalle a quest’ultimo dipinto, ci si avvia verso l’uscita e il termine dell’esposizione sotto gli occhi attenti e quanto mai reali di Chagall che continuano a scrutare coloro che si concedono l’occasione di visitare una mostra dal taglio assolutamente inedito, che non riproduce un arido elenco di quadri ma, anzi, stabilisce un tema ristretto, conciso e mai, in maniera così mirata, approfondito. Un argomento che ha contribuito ad ampliare quanto già si conosceva dell’opera di Chagall, aprendo un campo di ricerca simbolico ampio, variegato e ancora, sotto certi aspetti, ambiguo e complesso. La mostra di Palazzo Roverella si può certamente inserire all'interno di uno di quei percorsi utili non solo per approfondire la figura di uno dei più valenti artisti novecenteschi, ma anche come essenziale nutrimento culturale che giova più che alla mente, al cuore del visitatore. Un cuore, un sentimento, un amore reciproco e sereno che ha contraddistinto, fin dalla gioventù, un ebreo nato in uno sperduto paesino russo, uno straordinario interprete della “mistica del quotidiano”, un eccezionale artista che ha scelto di forgiare la sua arte sulle forme di un passato fiabesco, fantastico e straordinariamente ricco di derivazioni culturali, antropologiche e sociali senza però mai rinunciare allo spirito di modernità dell’avanguardia. Quell'amore per l’arte e per la sua amata Russia, che ancora palpita e respira nelle sue tele, ci aiuti a fidarci di lui e a prendere, come Rosa nella “passeggiata”, il volo verso l’alto, verso il mondo pittorico, etereo ma assai radicato nelle sue origini, di colui che seppe imprimere un solco indelebile nella storia dell’arte, del mondo e della società.
Informazioni per la visita:
MARC CHAGALL. ANCHE LA MIA RUSSIA MI AMERÀ
PALAZZO ROVERELLA - ROVIGO (RO) ITALIA
19 settembre 2020 - 17 gennaio 2021
Orari:
da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 19.00
sabato, domenica e festivi dalle 9.00 alle 20.00
Biglietti previa prenotazione e acquistabili su Vivaticket:
INTERO - € 12,00
RID. 6-18 ANNI - € 8,00
RID. OVER65 - € 8,00
RID. STU UNIV - € 8,00
RID. INSEGNANTI - € 8,00
Catalogo:
Acquistabile presso il Bookshop di Palazzo Roverella, edito da Silvana Editoriale, a cura di Claudia Zevi.
LA REGIONE DELLE MADRI. I PAESAGGI DI OSVALDO LICINI
Recensione mostra "La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini" a cura di Matilde Lanciani
INTRODUZIONE
“Ti scrivo dalle viscere della terra, la regione delle madri forse, dove sono disceso per conservare incolumi alcuni valori immateriali, non convertibili, certo, che appartengono al dominio dello spirito umano. In questa profondità ancora verde, la landa dell’originario forse, io cercherò di recuperare il segreto primitivo del nostro significato nel cosmo. Cessato il pericolo, non dubitate, riapparirò in superficie con la ‘diafanità sovra essenziale’ e ‘senza ombra’. Solo allora potrò mostrarti le mie prede: i segni rari che non hanno nome; alfabeti e scritture enigmatiche; rappresentazioni totemiche, che solo tu con la tua scienza potrai decifrare”.
La mostra “La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini”, aperta dal 25 luglio all’8 dicembre 2020, celebra l’artista ed il comune di Monte Vidon Corrado, sua terra natale. Con queste parole, che l’artista scrisse in una lettera del 1° febbraio 1941 all'amico Franco Ciliberti, è possibile rievocare la profondità interiore della sua arte. Esponente dell’astrattismo novecentesco, rimase sempre intensamente legato alle sue origini marchigiane, tanto da stabilirsi proprio a Monte Vidon Corrado insieme alla moglie Nanny Hellström, conosciuta a Parigi nel Café du Dôme.
La collezione comprende 90 oli e 30 disegni, di cui 33 del periodo figurativo degli anni ‘20, 9 dipinti astratti degli anni ’30 e i restanti degli anni ’40-’50, provenienti da importanti collezioni come il Museo Novecento di Firenze, il Museo d’Arte Contemporanea di Ca’Pesaro a Venezia, il Centre Pompidou di Parigi, la Galleria d’Arte Contemporanea di Ascoli Piceno, il Museo Palazzo Ricci di Macerata, il Museo Civico di Palazzo Chiericati di Vicenza, il Museo Civico Città di Monclavo e da collezionisti privati. Alcune delle opere non sono state mai esposte prima come ad esempio Paesaggio italiano (1921) del Centre Pompidou, Studio per angelo su fondo giallo (1956), Personaggio della collezione M.Carpi, e Colline marchigiane (1926) del Comune di Moncalvo.
BIOGRAFIA DI OSVALDO LICINI
Osvaldo Licini nacque a Monte Vidon Corrado nel 1894 da una famiglia di “contadini proprietari” come dichiarò l’artista nel questionario per riprodurre le sue opere nella collana “Arte Moderna Italiana” predisposto dall’editore Scheiwiller nel 1929. Ben presto i suoi genitori, portando con loro solo la sorella di due anni più piccola, Esmeralda, lasciarono le Marche per recarsi nella Ville Lumière. Il talento di Osvaldo fu dunque lasciato alle cure del nonno Filippo, che lo indirizzerò presso l’Accademia di Bologna cogliendo da subito le sue doti artistiche con molta sensibilità. Durante le estati Licini tornò nel luogo natale e compose nel 1913 i “Racconti di Bruto”, opera letteraria di ispirazione simbolista, successivamente si iscrisse all'Accademia di Firenze ma fu chiamato alle armi interrompendo gli studi. Passò un periodo tra la Francia e le Marche, dal 1917 al 1926, durante il quale espose le sue opere al Salon d’Automne, al Salon des Indépendent e alle Cloiserie de Lilas, frequentando il Caffè di Montparnasse dove ebbe modo di venire a contatto con alcuni degli artisti più importanti del suo tempo (Picasso, Modigliani, Cocteau, insomma tutto l’ambiente effervescente parigino) e dove coltivò le amicizie del circolo fermano dei fratelli Catalini e Arcuto Vitali.
Incontrò nel 1925 Nanny Hellström, pittrice di Göteborg che studiava all’Académie Julian e seguiva le lezioni di André Lothe, con la quale si fidanzò e si trasferì proprio a Monte Vidon Corrado nel 1926, dove i due si sposarono e condivisero il clima di arcaica naturalità.
La sua produzione è caratterizzata dalla rappresentazione del paesaggio marchigiano en plain air in chiave interiore e può essere suddivisa in tre fasi distinte: il figurativismo degli anni ’20, l’astrazione geometrica degli anni ’30 e le creature fantastiche degli anni ’40.
LA PAROLA ALLA CURATRICE DELLA MOSTRA "LA REGIONE DELLE MADRI", DANIELA SIMONI
- Osvaldo Licini. Qual è il suo legame con le Marche e da cosa è nata l’idea, come avete pensato alla realizzazione della mostra?
Daniela Simoni: “Il Polo Licini è formato dal Centro Studi, che è un centro di documentazione con una biblioteca specializzata, e dalla Casa Museo, dove l’artista è vissuto ed è morto che è stata restaurata, acquisita dal comune ed aperta al pubblico dal 2013. La mostra quindi rientra nelle attività svolte dal Centro Studi, sia in sede che all’esterno, come nel caso della collaborazione esterna all'ultima mostra del Guggenheim di Venezia curata da Luca Massimo Barbero.
La mostra "La regione delle madri" nasce dopo il successo di Venezia, e la regione Marche ha deciso di scegliere il suo paese natale. Una mostra ad hoc per questo luogo, una mostra dei paesaggi di Licini, nella sua casa, è possibile solo qui. Una casa dalla quale ha guardato quel paesaggio e si è lasciato ispirare e che costituisce un inevitabile legame tra contenuto e contenitore”.
Continua la curatrice: “Nonostante avesse numerose altre opportunità Licini ha deciso di rimanere a vivere a Monte Vidon Corrado, dove era nato nel 1894: la sua famiglia, infatti, si trasferì a Parigi quando era piccolo e lui rimase qui con il nonno Filippo, contadino abbastanza colto per il tempo, perito agronomo, il quale capì le sue inclinazioni e lo indirizzò agli studi artistici. “Conosce poi la pittrice Nanny e vengono a vivere qui: la dimensione leopardiana silenziosa era il suo habitat naturale per creare. Ispirazione costante tratta dal paesaggio, proprio come Cézanne che era suo riferimento, ma al contempo una riflessione intellettuale continua, un paesaggio che non è mai solo realistico ma interiorizzato e sublimato.
-Per quanto concerne le fasi di strutturazione della mostra invece come è pensata a livello di percorso e di andamento?
“La mostra è articolata nelle due sedi, divisa in due parti, con 9 sezioni – spiega Simoni - La prima sezione nel Centro Studi è quella dedicata ai dipinti figurativi. Licini lavora per serie: Monte Falcone, Appennino, Massa Fermana, Servigliano. Quelle vedute diventano come Sainte-Victoire per Cézanne. Per questa prima sezione l’allestimento è giocato sul verde, quindi sulla naturalità.
La seconda parte è allestita al pianterreno e simboleggia il passaggio alla fase geometrico-astratta e poi alla genesi delle creature fantastiche. Ogni sezione si apre con un dipinto figurativo. Il Birolli ha definito la sua una temporalità circolare: non c’è cronologia rettilinea, Licini riprendeva le opere e si metteva sempre in discussione. Lui ritorna sui temi e sulla struttura compositiva delle opere. Nell’ultima parte, nella cantina, nelle cosiddette “viscere della terra”, troviamo la dimensione siderea con gli Angeli Ribelli, le Amalassunte, gli Olandesi Volanti.”.
“Lo svolgimento è cronologico ma anche tematico. Abbiamo enfatizzato il “ritornare”, la circolarità. Volevamo far comprendere al visitatore il titolo “La regione delle madri”. Infatti Licini, alla fine degli anni ‘30, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, si chiude a Monte Vidon Corrado e ha contatti epistolari con gli intellettuali, non espone in questo periodo per lutto – specifica la curatrice -Contemporaneamente aderisce al primordialismo, movimento fondato da Franco Ciliberti, filosofo comasco, che aveva come scopo capire l’origine della civiltà contemporanea attraverso la metafisica spiritualistica, capire l’origine delle religioni, insomma la dimensione aurorale della civiltà. Licini trova a Monte Vidon Corrado lo specchio di ciò”.
IL PERCORSO DELLA MOSTRA "LA REGIONE DELLE MADRI"
La mostra "La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini" si colloca nella prima sezione all’interno del Centro Studi, adiacente alla Casa-Museo, dove è possibile ammirare una serie di paesaggi (Fig. 1, 2 e 3), italiani e non, in cui traspare tutto l’amore dell’artista per la natura e soprattutto per la sua terra natale e per la sua regione di origine, dove sembra davvero aver trovato la chiave della sua ricerca teorica sul significato dell’esistenza.
La seconda sezione, all’interno della Casa-Museo (Fig.4 ) dove visse l’autore, è caratterizzata da una sorta di riassunto delle due fasi dell’autore, rispettivamente figurativa degli anni ’20 e astratta degli anni ’30. Il passaggio tra questi due periodi è sancito inevitabilmente dalle esperienze francesi ed è presagito in opere come Paesaggio marchigiano del 1925 (Fig.5) o in Studio per archipittura (1935-36) (Fig.6), rielaborato in Archipittura del 1936 con elementi irregolari, asimmetrici e decentrati e con la caratteristica dicotomia tra alto-basso, cielo-terra. L’inclinazione delle sue composizioni deriva sicuramente dal paesaggio collinare di Monte Vidon Corrado, i piani obliqui su cui sono giocate le sue opere sono evidenti in Paesaggio in grigio del 1925 (Fig.7), Il Bilico del 1933 (Fig.8) o Uccello n.4 (1932), quest’ultima con il tema del volo a sua volta anticipatore di quelle che saranno poi le creature fantastiche.
Dal paesaggio, sempre punto di partenza, dopo l’adesione al movimento dei primordiali, si sviluppano i temi fantastici come in Personaggio nella luna (Fig.9) detto anche Olandese Volante o Barone di Münchausen o ancora Bocca, di eco surrealista. Un’estensione del paesaggio in chiave primordialista è anche L’Uomo di neve (Fig.10) accompagnato da Omaggio a Cavalcanti (Fig. 11).

Nella cantina della Casa-Museo, dove si conclude il percorso della mostra "La regione delle madri", troviamo alcune delle opere appartenenti proprio a questa dimensione legata al senso dell’origine, con uno sguardo sulla natura dominato da antropomorfismo ed erotizzazione del paesaggio. In Paesaggio fantastico (Il capro) (Fig.12) lo sguardo dell’artista si identifica con quello dell’animale protagonista e con lo spettatore stesso, forse il monte raffigurato allude al monte Corno, del gruppo del Gran Sasso o ancora al monte Sibilla, legato alla dimensione infera, notturna e profetica del capro stesso. L’Eros come motore del mondo è tema ereditato dal surrealismo, espresso in maniera molto evocativa nelle opere come le Amalassunte e gli Angeli ribelli (Fig.13 e 14).

Il legame con la natura e l’abbandono ad essa, invece, appare evidente, in Marina (Fig.15) del 1922, un dinamico paesaggio francese eseguito con una pennellata vivace ad arabesco. Numeri e lettere appaiono e scompaiono nei dipinti dell’artista: “La natura sfuggirà sempre ai nostri calcoli”, aveva scritto Licini in “Natura di un discorso”.

Ancora l’artista scriveva nella “Lettera aperta al Milione” del 1935: “Dubitare non è una debolezza, ma un lavoro di forza, come forgiare, ha detto Cartesio”. Ciò si evince dai suoi disegni e bozzetti (Fig.16), dallo studio che ritorna ciclicamente a porre il focus sugli elementi già trattati per indagarli ancora, per migliorarne l’espressione e renderla ancora più intensa. I suoi disegni vengono accostati da Licini stesso alla poesia ermetica, ad un simbolismo criptico denso di significati allegorici. I supporti vanno dai blocchi da disegno a inviti di mostre, a tabelle stampate sino a lettere, pagine di libri e copertine di riviste.
