FEDE GALIZIA IN MOSTRA AL CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO A TRENTO
A cura di Alessia Zeni
3 luglio – 24 ottobre 2021
Spesso e volentieri il mondo dell’arte femminile è stato poco studiato dalla critica, come è stato il caso della pittrice di origini trentine, Fede Galizia, attiva fra Cinque e Seicento: una pittrice conosciuta per alcune sue importanti opere, ma spesso trascurata dagli storici. Per la prima volta, il Castello del Buonconsiglio di Trento il Castello del Buonconsiglio di Trento ha voluto ricordare la vita di questa singolare pittrice con una mostra monografica visibile dal 03 luglio al 24 ottobre 2021 nelle sale del castello. Una esibizione curata da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa docenti di Storia dell’Arte all’Università Statale di Milano, e Luciana Giacomelli, curatrice del Buonconsiglio, con l’allestimento di Alice De Bortoli, la scenografia di Luca Ronconi, e le luci di Pasquale Mari, uno dei più celebri direttori della fotografia del cinema italiano di oggi.
Fede Galizia e il padre Nunzio
Figlia del pittore Giacomo Antonio Galizia, meglio conosciuto come Nunzio Galizia, di origini cremonesi, Fede nacque nella seconda metà del Cinquecento a Trento, o più probabilmente a Milano, dove si trasferì il padre intorno agli anni Settanta del Cinquecento. La data e il luogo di nascita oscillano tra il 1574 e il 1578 e tra Trento e Milano, ma è certa la sua formazione presso la bottega del padre dove apprese l’arte incisoria e miniaturistica. Il padre Nunzio riuscì ad affermarsi nel mondo dell’arte milanese attraverso l’attività di miniaturista, di incisore e di cartografo, ma fu abile anche nella produzione artigianale di abiti e costumi pregiati, mettendo in pratica il suo estro decorativo. Documentata a Milano almeno dal 1587, Fede Galizia visse prevalentemente nella città lombarda e morì, s’ignora dove, dopo il 21 giugno 1630. Fede ottenne un successo straordinario tra i committenti dell’epoca, tanto che le sue opere raggiunsero la corte imperiale di Rodolfo II d’Asburgo, dove l’arte della giovane artista era particolarmente apprezzata.
Seguendo la tecnica del padre, sin dagli anni Novanta del Cinquecento, Fede sviluppò l’arte della ritrattistica, distinta per la forte caratterizzazione fisiognomica. Non solo, dal padre costumista apprese la resa minuziosa di stoffe e gioielli, come è il caso della “Giuditta”, da lei dipinta nel 1596.
Gli studi novecenteschi, soprattutto italiani ma anche nord europei, hanno dato particolare risalto all’attività di Fede come autrice di nature morte con fiori, frutta e animali vivi o morti. Tali dipinti erano realizzati nella bottega del padre con il quale collaborava nella creazione di modelli per costumi.
Nel primo decennio del Seicento l'attività di Fede Galizia continuò a riscuotere ampio successo, come è testimoniato dalle rime dedicatele rispettivamente nel 1605 e nel 1609 dai poeti Muzio Manfredi e Cesare Rinaldi. Negli anni, l’artista si distinse nella ritrattistica e nelle nature morte, ma non bisogna dimenticare un altro genere nella quale Fede si cimentò, ovvero quello della pittura sacra, dove l’elemento naturalistico di tradizione lombarda rimarrà un dato costante.
A tutt’oggi, due sono le monografie a lei dedicate e non esiste un repertorio completo delle numerose testimonianze letterarie che hanno celebrato, in versi e in prosa, le doti di Fede Galizia. La mostra che sarà in programma a Trento cercherà di colmare questa lacuna con un completo regesto documentario, che sarà approntato da Giovanni Renzi per l’occasione.
L’artista Fede Galizia raccontata in nove sezioni
La mostra in programma dal prossimo 3 luglio nella sale del Castello del Buonconsiglio aspira a sottolineare il valore di quest’artista che tanto successo ebbe all’epoca. Attraverso la presentazione delle sue opere e il confronto con altri quadri dell’epoca, la mostra farà un viaggio nell’arte del XVI e del XVII secolo.
In mostra vi saranno un’ottantina di opere tra dipinti, disegni, incisioni, medaglie e libri antichi.
Oltre a opere di Fede Galizia, Plautilla Nelli, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Barbara Longhi, ci saranno lavori di Giuseppe Arcimboldo, Bartholomeus Spranger, Giovanni Ambrogio Figino, Jan Brueghel e Daniele Crespi, provenienti dai più importanti musei italiani, oltre ad alcuni prestiti internazionali e ad alcune raccolte private.
La mostra sarà articolata in nove sezioni:
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Quando anche le donne si misero a dipingere
Nella prima sezione si cercherà di fare luce sul mondo delle pittrici nel periodo storico di Fede Galizia, affrontando l’affermarsi delle donne pittrici nell’epoca della Controriforma. Si potranno ammirare le opere delle sorelle Anguissola, Lavinia Fontana, Barbara Longhi e suor Plautilla Nelli.
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Trento
La seconda sezione porterà l’attenzione sul Principato vescovile di Trento e sul Concilio tridentino (1545-1563) per attestare i legami di Fede e Nunzio Galizia con la città d’origine. In questa sezione potremmo ammirare un’opera di Fede a testimonianza del suo legame con Trento, ovvero una sua raffigurazione di Simonino da Trento.
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Milano
Nella terza sezione verrà messa in risalto la figura del padre nella città di Milano, dove riuscì ad affermarsi nell’artigianato tessile di lusso. Il padre verrà ricordato attraverso una veduta di Milano da lui realizzata nel 1578, al termine della peste, che è anche la prima veduta tridimensionale della città lombarda.
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Miniature e ritrattini
Nunzio Galizia è qui ricordato per sua opera di miniatore, attività che svolse in particolare a Milano, ma anche a Torino, per la corte sabauda. Nella stessa sezione saranno esposti due ritratti realizzati da Fede.
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Giuditte
Al centro della mostra è la “Giuditta” del museo di Sarasota, firmata e datata 1596: un soggetto che Fede Galizia affrontò più volte, in alcuni casi riproponendo la medesima immagine (Fig. 1). In queste Giuditte emerge il gusto di Fede per la rappresentazione dei costumi e dei gioielli, che va intesa anche alla luce delle competenze in fatto di abbigliamento apprese da suo padre Nunzio.
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A scuola dal Correggio e dal Parmigianino
In questa sezione verrà ricordata la formazione pittorica di Fede, ovvero la pittura dell’emiliano Correggio, di cui studia e copia le opere, a partire da quelle presenti nel contesto milanese. In particolare “l’Orazione nell’Orto”, la “Zingarella” e la “Madonna della cesta”. Anche il Parmigianino è al centro dei suoi interessi, come attesta la “Santa Caterina” che giunge dalla raccolta dei principi Borromeo.
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Una ritrattista famosa
La settima sezione ricorderà l’importante attività di ritrattista della giovane Fede che la farà apprezzare in tutta Europa. Il ritratto del gesuita Paolo Morigia della Pinacoteca Ambrosiana che è stato esposto nel Duomo di Milano poco dopo la sua esecuzione, all’aprirsi dell’ultimo decennio del Cinquecento. In questa sezione saranno anche esposti i ritratti di Ludovico Settala, il medico della peste manzoniana, del pittore Federico Zuccari e di Ippolita Trivulzio, principessa di Monaco.
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Sugli altari
In questa sezione sarà ricordata la pittura sacra di Fede Galizia, in particolare il “Noli me tangere” della Pinacoteca di Brera che diffuse la fama di Fede Galizia nella Milano a cavallo tra Cinque e Seicento, e un “San Carlo Borromeo in adorazione della croce” dipinto per la chiesa di San Carlo alle Mortelle a Napoli. Opere che rimandano alla formazione di Fede per la minuzia nella resa dei dettagli, fiori e stoffe, e la contemporanea produzione di nature morte avviata dall’artista in quegli anni.
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Come catturare la vita silente
In quest’ultima sezione si approfondiranno le nature morte di Fede Galizia; un genere da poco riconosciuto nell’attività pittorica di Fede, ma oggi individuato come uno dei temi più apprezzati dall’artista.
Bibliografia
Fogolari Gino, Artisti trentini a Milano. Nunzio e Fede Galizia: 1573-1630, Trento, Zippel, 1898
Bottari Stefano, Fede Galizia. Pittrice (1578 – 1630), Trento, CAT, 1965
Caroli Flavio, Fede Galizia, Torino, Allemandi, 1989
Berra Giacomo, La natura morta nella bottega di Fede Galizia, in “Osservatorio delle arti”, 1990, V, pp. 55-62
Berra Giacomo, Appunti per Fede Galizia, in “Arte cristiana”, 1992, LXXX, pp. 37-44
Comunicato stampa della mostra “FEDE GALIZIA mirabile pittoressa” al Castello del Buonconsiglio 03 luglio – 24 ottobre 2021
Sitografia
https://www.treccani.it/enciclopedia/fede-galizia/
https://www.treccani.it/enciclopedia/fede-galizia_%28Dizionario-Biografico%29/
TEMPO BAROCCO A PALAZZO BARBERINI
Recensione a cura di Maria Anna Chiatti
Introduzione
Da oggi, sabato 15 maggio 2021, le Gallerie Nazionali di Arte Antica ospitano nei nuovi spazi espositivi dedicati alle mostre temporanee di Palazzo Barberini la mostra Tempo Barocco, a cura di Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori.
La mostra Tempo Barocco indaga il concetto del Tempo nella sua interpretazione di epoca barocca; attraverso le quaranta opere esposte il visitatore compie un vero e proprio viaggio nel XVII secolo, con la complicità di alcuni preziosi e bellissimi orologi d’epoca. L’esposizione è presentata allo spettatore attraverso un’introduzione e una accurata cronologia degli eventi più importanti del Seicento, ed è strutturata in cinque sezioni, intitolate: Il mito del Tempo; Il Tempo e l’Amore; Il Tempo tra calcolo e allegoria; Tempo Vanitas; Fermare il Tempo, cogliere l’azione.
Introduzione e cronologia, Sale 1 e 2
La sala d’ingresso offre già una straordinaria sorpresa: due riproduzioni di tavole dall’atlante dello storico dell’arte Aby Warburg, il Bilderatlas Mnemosyne [1]. La numero 70, intitolata Pathos barocco del ratto. Teatro (fig. 2), esplora l’esuberanza dello stile barocco partendo dalla ricerca del movimento nelle opere di Rubens e Rembrandt. Accanto alle due tavole si può consultare la timeline che riporta tutti gli eventi storico artistici più importanti del periodo barocco, dal 1605 al 1665.
Nella seconda sala il visitatore può godere di un video esplicativo sul barocco romano, in particolare riguardante opere commissionate dalle famiglie Barberini e Borghese (fig. 3).
Il mito del Tempo, Sala 3
Nella prima sezione della mostra, il Tempo Barocco è raffigurato come figura mitica: Chronos nella mitologia greca, Urano in quella latina, Saturno in quella rinascimentale, re della prima età felice degli uomini e sovrano delle Isole dei Beati. È un vegliardo severo, con ampie ali e una falce in mano per raccogliere le vite degli uomini. Ma il Tempo, vecchio e immortale, si accompagna molto spesso a due allegorie, eternamente giovani: la Verità e l’Amore.
In questa sala si può ammirare il primo tra gli esempi esposti di orologi antichi, un meccanismo silenzioso progettato per essere leggibile al buio. L’architettura ebenina è in stile squisitamente barocco, impreziosita da pietre dure e decorata con la rappresentazione della Fuga in Egitto, un’allegoria del Tempo, la Fortuna Occasio e Cupido che scaglia una freccia nel disco delle ore.
Il Tempo e l’Amore, Sala 4
Proseguendo nella visita, la sezione Il Tempo e l’Amore ospita Amor sacro e Amor profano di Guido Reni (fig. 6), un orologio da consolle con il Trionfo di Amore sul Tempo, Il Genio delle Arti (Amore Vincitore) di Astolfo Petrazzi, l’Amore Vincitore di Orazio Riminaldi (figg.7-8), e l’Allegoria del sonno di Alessandro Algardi.
A parere di chi scrive, questa risulta essere una delle sale più riuscite dell’esposizione sia per la gestione dello spazio, sia per il risultato finale dell’illuminazione delle opere. Soprattutto però, è bellissima la sensazione che accoglie il visitatore che entra, un abbraccio inaspettato di forme e colori perfettamente raccordati, di dettagli ben evidenziati: il soggetto dell’«Omnia vincit Amor», tratto dalle Bucoliche di Virgilio (X, 69) e già in uso tra gli artisti del Cinquecento e del Seicento, divenne frequente soprattutto tra i pittori toscani ed emiliani nel XVII secolo. Una caratteristica di questi dipinti è il virtuosismo tecnico sfoggiato nella raffigurazione di accuratissime nature morte, straordinariamente realistiche, in cui gli strumenti del potere e del sapere, delle arti e delle scienze (libri, armi, tavolozze, clessidre), capitolano alla forza dell’Amore che sconfigge il Tempo.
Il Tempo tra calcolo e allegoria. Sala 5
L’allegoria diventa compagna del Tempo in questa grande sala, che raccoglie opere di straordinaria curiosità. Infatti si riesce ad instaurare un bel dialogo tra questo spazio e Palazzo Barberini, giacché sono esposti qui un disegno preparatorio di Andrea Sacchi per l’affresco dell’Allegoria della Divina Sapienza, e due opere derivate dalle grandi volte dipinte del palazzo; quella già citata del Sacchi e quella di Pietro da Cortona (fig. 9).
Non solo. Dipinti, affreschi, specchi e orologi scandiscono, simbolicamente, la vita quotidiana del palazzo in una sorta di rito collettivo che aspira a esorcizzare lo spettro della finitezza. L’ambiente, riscaldato dalla tinta brillante della parete di fondo, su cui sono esposte le Quattro stagioni di Guido Reni (fig. 10), ospita altri mirabili esempi di allegorie, come l’Allegoria del Tempo (o della vita umana) di Guido Cagnacci (fig. 11). Il dipinto raffigura il corpo nudo di una giovane donna che emerge dall’oscurità: tiene nella destra una rosa e un soffione, nella sinistra una clessidra. Accanto a lei, su un pilastro, un cranio e quel che resta di candele ormai consumate. In alto appare l’ouroboros, il serpente che si morde la coda simbolo di eternità, a cui incessantemente aspira la personificazione della vita umana.
Sala 6: Tempo Vanitas
La quarta sezione di Tempo Barocco approfondisce un altro aspetto legato allo scorrere del tempo, quello della Vanitas, dove la natura morta è protagonista. Teschi, clessidre, orologi, frutti ammaccati, fiori appassiti ricordano agli uomini la precarietà della bellezza e la fragilità della vita umana.
Due opere in particolare possono esemplificare il concetto della caducità della vita: la Natura morta con spinario di Pieter Claesz (fig. 12) e il Totenührli (Orologio con scheletro) di Christian Giessenbeck (figg. 13-14).
Il dipinto ritrae in maniera dettagliata l’atelier di un pittore con diversi materiali di studio: libri, strumenti musicali, pezzi di armatura e un calco in gesso dello Spinario, la celebre scultura antica che rappresenta un ragazzo che si toglie una spina dal piede; mentre il prezioso orologio è un meccanismo decorato con un piccolo scheletro in piedi al centro del quadrante. La figura indossa una corona d’alloro e con la mano sinistra, intorno alla quale si avvolge un serpente, impugna una lunga freccia con la funzione di lancetta che indica i numeri sul quadrante.
Fermare il Tempo, cogliere l’azione. Sezione V, Sala 7
Se il senso profondo di questa mostra sta nel voler comunicare al pubblico che da sempre l’uomo prova a fermare il tempo, l’ultima sala dell’esposizione rende completamente omaggio all’uomo barocco, che ha tentato l’impresa attraverso l’arte dimostrando che proprio questa è l’unico mezzo per intrappolare il tempo. Il dramma, il pathos, la teatralità dei gesti sono protagonisti delle opere allestite in questa sala (fig. 15).
La pittura gareggia col teatro coinvolgendo lo spettatore nelle emozioni dei personaggi rappresentati, nei loro movimenti improvvisi. Gli artisti raffigurano i propri soggetti nel momento culminante dell’azione, contrapponendo in drammatico equilibrio stasi e movimento (fig. 16-17).
Tempo Barocco: alcune considerazioni
Tempo Barocco sarà accompagnata da un catalogo illustrato, edito da Officina Libraria, con un testo introduttivo delle curatrici, saggi di Francesca Cappelletti, Emilio Russo, Antonio Iommelli e Laura Valterio, e le schede delle opere in mostra.
Tempo Barocco inaugura ufficialmente i nuovi spazi espositivi dedicati alle mostre temporanee, che si trovano al piano terra dell’ala sud di Palazzo Barberini. L’intervento di ristrutturazione dei locali si è rivelato necessario sia per questioni strutturali (e quindi di sicurezza pubblica), sia per motivazioni legate alla fruibilità di tutti gli spazi del palazzo, nell’ambito del progetto più ampio per l’intero museo. Le otto sale restaurate offrono oggi apparati più che adeguati ad accogliere le opere, e un impianto di illuminazione che non solo rende ben visibili i dipinti, ma li valorizza. L’intera architettura della mostra è concepita con l’intento di attirare l’attenzione sull’arte, perdendo il senso del tempo.
Note
[1] Nel 2020 sono state dedicate al Bilderatlas Mnemosyne due mostre al Warburg Institute, che possono essere visitate online al seguente link: https://warburg.sas.ac.uk/aby-warburgs-bilderatlas-mnemosyne-virtual-exhibition
MOSTRA: Tempo Barocco
CURATORE: Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori
SEDE: Roma, Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13
APERTURA AL PUBBLICO: 15 maggio – 3 ottobre 2021
ORARI: martedì – domenica 10.00 – 18.00. Ultimo ingresso alle ore 17.00. Sabato e festivi prenotazione obbligatoria al seguente link: https://www.ticketone.it/city/roma-216/venue/palazzo-barberini-16406/
Oppure contattando il numero: 06-32810
BIGLIETTO:
Solo mostra: Intero 7 € - Ridotto 2 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni).
Mostra e museo: Intero 12 € - Ridotto 4 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni).
Solo museo: Intero 10 € - Ridotto 2 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni).
Per ulteriori informazioni: www.barberinicorsini.org | [email protected]
SFREGI. LE IMMAGINI MALATE DI NICOLA SAMORÌ
A cura di Andrea Bardi
Introduzione
Asfissiante cultura, piccolo ma sprezzante pamphlet scritto da Jean Dubuffet, padre dell’art brut francese, nel 1969, è animato, lungo tutto il suo svolgersi, da una forte vena polemica nei confronti degli intellettuali del Novecento: nient’altro che impostori, sostiene Dubuffet, nient’altro che un esercito di penne messe a guardia del Pantheon inavvicinabile della Tradizione. La martellante propaganda passatista aveva fatto presa sulle grandi masse, e il consenso nei confronti di un passato dai contorni troppo vaghi aveva raggiunto un livello di consenso tale per cui anche chi non aveva “mai letto un verso di Racine o visto un quadro di Raffaello” si mostrava tra i “difensori più accaniti di questi mitici valori” (Jean Dubuffet, Asfissiante cultura). Ancora Robert Cialdini, nel più recente Le armi della persuasione, scrive invece di come, durante la guerra di Corea, i soldati americani, fatti prigionieri dai cinesi, arrivassero ad alterare parzialmente la loro visione del mondo semplicemente mettendo per iscritto alcuni pensieri ed adeguandosi ad essi per principio di coerenza. Ed è proprio quel principio di autoconvincimento, che anestetizza il senso critico comune, a costituire, assieme al suo corollario la drammatica credenza “di essere frutti tardivi ed epigoni” (Friedrich Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita) il bersaglio polemico dei lavori di Nicola Samorì (n. 1977), il cui ventennale percorso artistico è riproposto, su iniziativa del circuito museale Genus Bononiae, tra le sale di palazzo Fava.
Sfregi, la mostra antologica dedicata a Nicola Samorì
In seguito alle ultime disposizioni governative sui luoghi della cultura, la dimora del conte Filippo riapre le sue porte al pubblico presentando Sfregi, prima antologica dedicata al pittore, forlivese di nascita e bolognese di formazione. Patrocinata dal comune di Bologna e dall’Accademia di Belle Arti, Sfregi porta a palazzo Fava ottanta opere che si dispongono, sotto la sapiente regia di Alberto Zanchetta e Chiara Stefani, tra i due piani del palazzo dando vita a un “discorso per immagini” che, evitando intelligentemente qualsiasi successione cronologica, assume piuttosto la forma di una struttura rizomatica, irregolare, all’interno della quale lo spettatore è invitato a spogliarsi di ogni condizionamento preconcetto e a muoversi con maggiore libertà. La disposizione non lineare delle opere in mostra traduce, del resto, quella negazione della linearità del tempo, quell’assenza di finalismo che, partendo dalle pionieristiche riflessioni di Aby Warburg arriva sino a Georges Didi – Huberman, il cui pensiero sembra fornire l’humus culturale su cui va ad innestarsi l’intera pratica pittorica di Samorì. Il filosofo francese, ne L’immagine insepolta evoca, sempre in riferimento a Warburg, il “passamuri”, protagonista dell’omonimo romanzo di Marcel Aymé (Le passe-muraille, 1943) trovatosi di punto in bianco in grado di attraversare le pareti. Traslando il discorso dal piano spaziale a quello temporale, Warburg polemizzava con una certa visione della storia che tendeva ad erigere un “muro” ogni volta che si avventurava in operazioni di formalizzazione concettuale al continuo divenire del processo storico. Applicando al continuum degli eventi una serie di etichette (Antichità Classica, Medioevo, Rinascimento, Secolo dei Lumi ecc.) l’uomo cristallizza il flusso in formule che, pur necessarie, hanno il difetto di restituire un’immagine incompleta, parziale, fatta di medie statistiche di una realtà decisamente più complessa.
Materia e forma per Nicola Samorì
Allo stesso modo, anche la pratica artistica di Samorì mira a contestare tanto le premesse finalistiche di un discorso sul tempo quanto il dogma dell’intoccabilità. Dal tempo presente in cui si trova egli recupera un immaginario passato, quindi automaticamente legittimato agli occhi del grande pubblico (Ribera, Guercino, Guido Reni ecc.), ridiscutendo i termini di un rapporto di forze che lo vorrebbe, proprio in quanto “contemporaneo”, relegato nelle retrovie. La sua abilità di “passamuri” gli permette, dunque, di arrivare al cospetto della Tradizione e di sondarne impertinentemente la superficie, lo strato epidermico, la “pelle” per l’appunto e, liberatosi di questa sovrastruttura razionale, viene accolto da un substrato più profondo di materia ribollente, un magma informe di atomi anarchici in fibrillazione. Squarciando il velo formale della pittura, e arrivando dunque all’interno del suo cuore pulsante, Samorì si inscrive a pieno titolo nella continua lotta tra la spontaneità caotica della vita e la sua razionalizzazione intellettuale (diremmo, ancora con Nietzsche, tra principio apollineo e dionisiaco). Il nodo inscindibile tra materia e forma, tra eros e logos, vero e proprio manifesto dell’intera poetica samoriana, viene reso esplicito sin dalle prime battute della mostra. In quella che appare come una vera e propria dichiarazione d’intenti, l’artista contrappone, a un Apollo marmoreo che fa gli onori di casa Fava, una prima scultura in legno di noce (On the tentacle, 2016, fig. 1), il cui profilo affusolato e sbozzato introduce la riflessione sui contrappunti tra stadi diversi di “perfettibilità” della materia senza però cadere nel tranello di fondare gerarchie valoriali.
On the tentacle non si fa intimidire da Apollo, e rivendicando dignità materica e intellettuale anticipa il ciclo di Cammino cannibale (2018-19, figg. 2 - 3), rielaborazione in sei tappe del mito di Marsia (musico inviso ad Apollo per la sua hybris e per questo scuoiato) che Nicola Samorì dispone sui lati lunghi della Sala di Enea, ultimata dai tre Carracci nel corso di una seconda campagna decorativa (primi anni Novanta del Cinquecento) e completata dal folgorante squarcio di Anulante (2018, fig. 4), olio su rame ispirato a un San Sebastiano di Guido Reni.
Un saggio del profondo rispetto nutrito dall’artista per le preesistenze architettoniche ci viene mostrato, del resto, ancora prima: una battuta di caccia tra Enea e Didone [fig. 5], frescata nel fregio della sala precedente dagli allievi dei Carracci, fornisce all’artista un espediente unico per collocare, sulla parete opposta, il suo Canto della carogna (2020, fig. 6), rielaborazione a olio su rame di una Natura morta di caccia di Giuseppe Maria Crespi che si oppone ai due oli su rame di Selvaggio (2019, figg. 7-8).
Il ballo tardomanierista dei contrappunti continua nella Sala di Giasone e Medea, decorata dai tre Carracci nel 1584. Uno dei termini (finte statue monocrome che spezzano la continuità del fregio suddividendolo in riquadri) raffigurante un Cupido bendato (Fig. 9), posto alla destra della scena con i Tre momenti della giovinezza di Giasone, stabilisce una relazione di interdipendenza con Immortale (2018, Fig. 10), piccolo olio su tavola il cui pennello inglobato al suo interno altro non è che uno dei dardi idealmente scoccati da Amore.
Ancora nella sala, il delicato brano di voyeurismo di Ring (2015, fig. 11): un occhio inquadrato da uno strato circolare di materia pittorica aggettante ammicca alla trama dei lacunari ottagonali del soffitto.
Il profondo senso dello spazio dell’artista gli consente, inoltre, di trasformare uno spazio gregario (un piccolo camerino di raccordo tra due sale) nell’habitat naturale, nel luogo d’elezione di Malafonte (2018, fig. 12), monumentale affresco che si incastra con stupefacente naturalezza tra le due pareti lunghe dell’ambiente.
Punto di partenza della riflessione di Nicola Samorì è, in Malafonte, l’Adorazione del serpente di bronzo che Agnolo Bronzino frescò, nei primi anni Quaranta del Cinquecento, nella cappella di Eleonora da Toledo in palazzo Vecchio a Firenze. Se il riferimento storico può risultare, per gli insiders, abbastanza immediato, meno banale appare la soluzione messa in campo dall’artista, il quale dispiega – su grande formato – una sorta di macchia di Rorschach che, propagandosi dal centro del dipinto, arriva a intaccare i volti di una folla disperata privandola di identità. È l’atrabile, l’umor nero che nella tradizione ippocratica andava a legarsi indissolubilmente a una melanconia che, in Samorì, da individuale sconfina nella dimensione collettiva. A Rorschach pare ispirarsi anche Double page (of frogs and flowers), grande trittico a olio su lino del 2016 [Fig. 13] dinanzi al quale la Maddalena Penitente del Canova (1806-1813, fig. 14) pare inginocchiarsi implorando perdono.
Chi più di Canova, d’altronde, incarna l’eccessiva fossilizzazione apollinea di certa arte europea? Chi più di quello scultore che Roberto Longhi, indirizzandogli strali implacabili, definiva “nato morto”? E chi, del resto, meglio di Maddalena, può elemosinare l’assoluzione postuma del suo creatore? La Maddalena canoviana fornisce un utile appiglio per introdurre un altro tema, quello del rapporto di Samorì con la pietra. Non tanto nelle opere scultoree (menzioniamo, tra le altre, Sleeping drummer, Idolo anemico, Lucia) quanto, ancora una volta, nelle prove di pittura, l’artista sembra chiaramente volgere lo sguardo in direzione degli scarti di cava, verso tutti quei supporti malati, corrotti, che recano con sé tracce più o meno estese di impurità. Se i contemporanei di Baudelaire potevano coniare, a ragione, l’espressione “il morbo e il marmo” in riferimento al divario tra contenuto malato e forma classica (il sonetto) dei Fleurs du mal, in Samorì il “morbo” è dunque nel marmo, nella pietra stessa. Sia nei lavori su breccia di Vendôme (Secondo natura, Futuro dei fiori, 2020, figg. 15 - 16), che in quelli su marmo di carrara (Guglia, 2016, fig. 17) o ancora negli splendidi lavori su onice calcarea esposti al secondo piano, la sofferenza, già impressa nella pietra, consente all’artista di operare per addizione di senso e non più per sottrazione.
La piccola lacerazione contenuta in un blocco di alabastro viene così abilmente sfruttata dall’artista per dar vita a un close-up sul costato ferito di Cristo (Ultimo sangue, 2019, fig. 18); allo stesso modo, la trama di nervature curvilinee di una lastra (Jacob, 2019, fig. 19) esprime con grande efficacia l’oscillazione del panneggio (ancora Warburg parlava di bewegtes beiwerk, “accessori in movimento”) dell’angelo in lotta con Giacobbe (una fonte credibile per la Teomachia samoriana è da individuare nell’omonimo dipinto di Paul Baudry del 1853); o ancora, una folla di dannati (?) assiste impotente alla propagazione di un’energia soffocante (Solstizio d’inferno, 2019, fig. 20) la cui forza travolgente mostra sé stessa nel pattern a cerchi concentrici dell’alabastro.
La parabola artistica di Nicola Samorì
A partire da lavori come questi, dunque, è possibile ricostruire l’intera traiettoria di Nicola Samorì da un più esteso campo visuale che ci consente in primo luogo di aggirare la trappola dell’ipotesi iconoclasta (assai lontani risultano, alla luce di tali considerazioni, sia l’intervento di Duchamp sulla Monna Lisa, sia il détournement situazionista nel ciclo delle defigurations di Asger Jorn). Se c’è un leitmotiv, un filo conduttore che lega tra loro tutte le opere di Samorì, esso va ricercato in un ripensamento complessivo del ruolo dell’immagine nella società odierna. In occasione di una recente intervista che ho avuto il privilegio di condurre, l’artista ha tenuto a ribadire la desolante passività con cui l’uomo medio si relaziona all’immagine, la totale indifferenza nei confronti della sua creatura. Preso etimologicamente, l’aggettivo “indifferente” viene utilizzato per indicare uguaglianza, o meglio, “non differenza” in relazione all’altro. Nel regime dell’ipervisibilità contemporanea, pare dirci Samorì, non è quindi solo l’uomo ad essere “indifferente” all’immagine, ma è l’immagine stessa ad essere indifferente a se stessa, presentandosi al mondo solo come parte accessoria di un unico flusso torrenziale di stimoli visivi. Rinnovare il dibattito sull’immagine significa, quindi, riflettere in primis sull’atto della visione, sul momento percettivo, sulla relazione con immagini “stanche” che non desiderano nulla, se non di essere realmente guardate. L’artista, mutilando una forma, la discrimina, ed estraendola dal flusso ne ribadisce l’identità dinanzi a un comune, e preoccupante, analfabetismo dell’occhio. È il “male necessario” che Nicola Samorì pare inseguire; dalla sua prospettiva, inoltre, la sua lotta all’indifferenza acquisisce connotazioni quasi “sciamaniche”: recuperando una processualità dal passo lento, l’artista intraprende un viaggio a due dove il legame che viene a instaurarsi tra artefice e creatura, nonostante esso sfoci talvolta in una liaison torbida che “paralizza l’offesa”, si risolve il più delle volte in un gesto sadico, risoluto, netto, chiara rivendicazione politica di libertà creatrice (e distruttrice) tramite cui egli verifica, riaffermandola con forza, la sua esistenza nel mondo.
Sfregi. Nicola Samorì
Bologna, Palazzo Fava
8 aprile – 25 luglio 2020
Via Manzoni, 2, Bologna
Informazioni utili
Orari
Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato, Domenica: 10.00-19.00 (ultimo ingresso ore 18.00)
Giovedì: 12.00-21.00 (ultimo ingresso ore 20.00)
Visite Speciali per gli adulti
8 Maggio: visita guidata con la curatrice Chiara Stefani
9 Maggio: visita guidata con l’artista Nicola Samorì
Prenotazione obbligatoria (min. 10 – max. 20 partecipanti)
Prezzo intero: 12€
Prezzo possessori Card Cultura: 10 €
Tariffario
Open: € 14
Intero: € 12
Ridotto: € 10
– 75 anni compiuti (con documento);
– Appartenenti alle forze dell’ordine (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza);
– Giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti);
– Portatori di handicap;
Ridotto (Speciale): € 9
– Gruppi – prenotazione obbligatoria min 10 max 20 pax;
– Ragazzi da 12 a 18 anni;
Ridotto (Smart): € 8
– Gruppi con guida Genus Bononiae;
– Biglietto altra sede Genus Bononiae;
– Card Cultura;
– Bologna Welcome Card;
– Studenti Universitari fino a 26 anni muniti di tesserino;
– Bambini da 6 a 11 anni.
Ridotto Scuole: € 5
– Prenotazione obbligatoria min 10 max 20 pax
Omaggio
– Bambini fino a 5 anni;
accompagnatori di gruppi (1 ogni gruppo);
– Insegnanti in visita con alunni/studenti (2 ogni gruppo);
– Un accompagnatore per disabile;
– Possessori Membership Card Genus Bononiae;
– Possessori di coupon di invito;
– Guide con tesserino;
– Giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti) in servizio previa richiesta di accredito da parte della Redazione all’indirizzo [email protected]
Servizi educativi per gli adulti
Prenotazioni
call center: 051 19936343 (da lunedì a venerdi, ore 11:00 -16:00)
indirizzo e-mail: [email protected].
Visite Speciali per gli adulti
8 Maggio (ore 17.00, durata 1 ora): visita guidata con la curatrice Chiara Stefani
9 Maggio (ore 17:00, durata 1 ora): visita guidata con l’artista Nicola Samorì
Prenotazione obbligatoria (min. 10 – max. 20 partecipanti)
Prezzo intero: 12€
Prezzo possessori Card Cultura: 10 €
Visite guidate per utenza libera o gruppi su prenotazione
Domenica 23 Maggio (ore 17:00, durata 1 ora)
Giovedì 27 Maggio (ore 18:30, durata 1 ora)
Prenotazione obbligatoria (min.10 – max. 20 partecipanti)
Prezzo: 8 € ingresso ridotto + 8 € attività
MOSTRE IN ITALIA REGIONE PER REGIONE
A cura di Mirco Guarnieri
Una panoramica delle mostre in Italia, con le varie iniziative presenti sul territorio nazionale divise per regione.
MOSTRE IN ITALIA: NORD ITALIA
Valle d’Aosta
L’ADIEU DES GLACIERS, IL MONTE ROSA: Ricerca Fotografica E Scientifica
Dal 1 Agosto 2020 - 6 Gennaio 2021
Forte di Bard, Bard (AO)
LA MONTAGNA TITANICA DI RENATO CHABOD
Dal 29 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Forte di Bard, Bard (AO)
Mostre in Piemonte
ANDY WARHOL SUPER POP: THROUGH THE LENS OF FRED W. MCDARRAH
Dal 24 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Palazzina di Caccia di Stupinigi, Nichelino (TO)
ALIGHIERO BOETTI IN VIDEOTECAGAM
Dal 22 Ottobre 2020 - 21 Febbraio 2021
GAM – Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, Torino
L’ORIENTE A TORINO
Dal 21 Maggio 2020 - 31 Dicembre 2020
MAO - Museo d’Arte Orientale, Torino
GIULIO PAOLINI “LE CHEF-D’OEUVRE INCONNU”
Dal 15 ottobre 2020 – 31 gennaio 2021
Castello di Rivoli, Rivoli (TO)
AGOSTINO ARRIVABENE. VISITAZIONI
Dal 4 Ottobre 2020 - 22 Novembre 2020
Museo Civico Pier Alessandro Garda, Ivrea (TO)
GIANNI BERENGO GARDIN E LA OLIVETTI
Dal 1 Ottobre 2020 - 15 Novembre 2020
CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia, Torino
DIVISIONISMO. LA RIVOLUZIONE DELLA LUCE
Dal 24 Ottobre - 24 Gennaio 2021
Castello di Novara, Novara
FILIPPO DI SAMBUY. IL LIBRO DELLO SPLENDORE (ZOHAR), MONOTIPI E ACQUERELLI
Dal 17 Settembre 2020 - 5 Novembre 2020
Museo della Ceramica, Mondovì (CN)
ASTI, CITTÀ DEGLI ARAZZI
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Mazzetti, Asti
CAPA IN COLOR
Dal 26 Settembre 2020 - 31 Gennaio -2021
Musei Reali - Sale Chiablese, Torino
Lombardia
DIVINE E AVANGUARDIE. LE DONNE NELL’ARTE RUSSA
Dal 28 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Palazzo Reale, Milano
FASCINO SENZA TEMPO. LA BELLEZZA FEMMINILE A MILANO NEI SECOLI
Dal 15 Settembre 2020 - 31 Dicembre 2020
Antiquarium “Alda Levi, Milano
MICHELANGELO A SONDRIO. TESTIMONIANZE NELLA COLLEZIONE CREVAL
Dal 30 Settembre 2020 - 13 Novembre 2020
Galleria Credito Valtellinese - Palazzo Sertoli, Sondrio
L'INVENZIONE DEL DIVINO PITTORE
Dal 2 Ottobre 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo di Santa Giulia, Brescia
GIUSEPPE BOSSI E RAFFAELLO AL CASTELLO SFORZESCO DI MILANO
Dal 27 Novembre 2020 - 7 Marzo 2021
Castello Sforzesco, Milano
FRIDA KAHLO. IL CAOS DENTRO
Dal 10 Ottobre 2020 - 28 Marzo 2021
Fabbrica del Vapore, Milano
NANDA VIGO - PRIVATE COLLECTION
Dal 6 Ottobre - 31 Dicembre 2020
Museo San Fedele, Milano
TIEPOLO. MILANO, VENEZIA, L'EUROPA
Dal 29 Ottobre 2020 - 21 Marzo 2021
Gallerie d'Italia, Milano
SOTTO IL CIELO DI NUT. EGITTO DIVINO
Dal 30 Maggio 2020 - 20 Dicembre 2020
Civico Museo Archeologico, Milano
ORAZIO GENTILESCHI. LA FUGA IN EGITTO E ALTRE STORIE
Dal 10 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Pinacoteca Ala Ponzone, Cremona
Recensito da Storiarte qui
RAFFAELLO TRAMA E ORDITO. GLI ARAZZI DI PALAZZO DUCALE A MANTOVA
Dal 24 Ottobre 2020 - 7 Febbraio 2021
Palazzo Ducale, Mantova
LA SCAPIGLIATURA. UNA GENERAZIONE CONTRO
Dal 19 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo delle Paure, Lecco
ROYAL DALÌ
Dal 7 Dicembre 2019 - 7 Dicembre 2021
Villa Reale, Monza
Mostre in Trentino Alto-Adige
RAFFAELLO. CAPOLAVORI TESSUTI
Dal 10 Ottobre - 15 Dicembre 2020
Centro Trevi, Bolzano
L'ALTRO CONTEMPORANEO. CARAVAGGIO | BOLDINI | DEPERO
Dal 9 Ottobre 2020 - 28 Febbraio 2021
Dal 9 Ottobre 2020 - 4 Dicembre 2020 - Caravaggio
MarT, Rovereto
LE COLLEZIONI. L'INVENZIONE DEL MODERNO E L'IRRUZIONE DEL CONTEMPORANEO
2 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MarT, Rovereto (TN)
LE CINQUE CHIAVI GOTICHE E ALTRE MERAVIGLIE
Dal 13 Giugno 2020 - 29 Novembre 2020
Palazzo Assessorile, Cles
Veneto
I MACCHIAIOLI. CAPOLAVORI DELL’ITALIA CHE RISORGE
Dal 24 Ottobre 2020 - 18 Aprile 2021
Palazzo Zabarella, Padova
6/900 DA MAGNASCO A FONTANA. DIALOGO TRA COLLEZIONI
Dal 17 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Museo di Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme (PD)
Recensito da Storiarte qui
VAN GOGH. I COLORI DELLA VITA
Dal 10 Ottobre 2020 - 11 Aprile 2021
Centro Altinate San Gaetano, Padova
Recensito da Storiarte qui
1910-1940: LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA DELL’ARTE IN VENETO, DA GINO ROSSI, A GUIDI E DE PISIS
Dal 12 Settembre 2020 - 27 Dicembre 2020
Villa Ancillotto, Treviso
IL RACCONTO DELLA MONTAGNA NELLA PITTURA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
Dal 12 Giugno 2020 - 8 Dicembre 2020
Palazzo Sarcinelli, Conegliano (TV)
FUTURO. ARTE E SOCIETÀ DAGLI ANNI SESSANTA A DOMANI
Dall'8 Ottobre 2020 - 7 Febbraio 2021
Gallerie d'Italia, Vicenza
MARC CHAGALL - ANCHE LA MIA RUSSIA MI AMERÀ
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Roverella, Rovigo
Recensito da Storiarte qui
LA MANO CHE CREA. LA GALLERIA PUBBLICA DI UGO ZANNONI (1836-1919) SCULTORE, COLLEZIONISTA E MECENATE
Dal 27 Giugno 2020 - 31 Gennaio 2021
GAM - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Palazzo della Ragione, Verona
Recensito da Storiarte qui
ALESSANDRO SEFFER. CRONACA E PAESAGGIO NEL VENETO DELL'OTTOCENTO
Dal 3 Ottobre 2020 - 10 Gennaio 2021
Musei Civici - Palazzo Fulcis, Belluno
VEDOVA / SHIMAMOTO: INFORMALE DA OCCIDENTE AD ORIENTE
Dal 30 Agosto 2020 - 15 Novembre 2020
Museo Civico di Asolo, Asolo (TV)
UN CAPOLAVORO PER VENEZIA - LORENZO LOTTO. SACRA CONVERSAZIONE CON I SANTI CATERINA E TOMMASO
Dal 15 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Galleria dell’Accademia, Venezia
DOMENICO TINTORETTO. RITRATTO DI GIOVANNI GRIMANI
Dal 4 Settembre 2020 - 30 Maggio 2021
Museo di Palazzo Grimani, Venezia
Mostre in Friuli-Venezia Giulia
VIENNA 1900. GRAFICA E DESIGN
Dal 10 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Attems-Petzenstein, Gorizia
Marcello Dudovich (1878-1962). Fotografia fra arte e passione
Dal 10 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Scuderie del Castello di Miramare (TS)
NULLA È PERDUTO
Dal 04 Luglio 2020 - 13 Dicembre 2020
Casa delle Esposizioni di Illegio, Tolmezzo (UD)
Liguria
#UNMANIFESTOPERGENOVA
Dal 6 Agosto 2020 - 27 Novembre 2020
Villa Serra, Genova
MICHELANGELO. DIVINO ARTISTA
Dall’8 Ottobre 2020 - 24 Gennaio 2021
Palazzo Ducale, Genova
AUTUNNO BLU A VILLA CROCE
Dal 29 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce
Mostre in Emilia-Romagna
GUARDAMI! SONO UNA STORIA…ET IN ARCADIA EGO
Dal 16 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Pinacoteca Nazionale, Ferrara
Recensito da Storiarte qui
ANTONIO LIGABUE. UNA VITA D’ARTISTA (1899 − 1965)
Dal 31 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Palazzo dei Diamanti, Ferrara
TRA SIMBOLISMO E FUTURISMO. GAETANO PREVIATI
Dal 6 Giugno 2020 - 27 Dicembre 2020
Castello Estense, Ferrara
SCHIFANOIA E FRANCESCO DEL COSSA. L'ORO DEGLI ESTENSI
Dal 2 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Schifanoia, Ferrara
ATTRAVERSARE L’IMMAGINE. DONNE E FOTOGRAFIA TRA GLI ANNI CINQUANTA E GLI ANNI OTTANTA
Dal 20 Settembre 2020 - 22 Novembre 2020
Palazzina Marfisa d’Este, Ferrara
ETRUSCHI. VIAGGIO NELLE TERRE DEI RASNA
Dal 7 Dicembre 2019 - 29 Novembre 2020
Museo Civico Archeologico, Bologna
LA RISCOPERTA DI UN CAPOLAVORO - POLITTICO GRIFFONI RINASCE A BOLOGNA
Dal 18 Maggio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Fava, Bologna
MONET E GLI IMPRESSIONISTI. CAPOLAVORI DAL MUSÉE MARMOTTAN MONET, PARIGI
Dal 29 Agosto 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Albergati, Bologna
VITTORIO CORCOS. RITRATTI E SOGNI
Dal 22 Ottobre 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Pallavicini, Bologna
Recensito da Storiarte qui
DANTE NELL’ARTE DELL’OTTOCENTO. UN’ESPOSIZIONE DEGLI UFFIZI A RAVENNA
Dal 16 Ottobre 2020 - 5 Settembre 2021
Chiostri Francescani, Ravenna
INCLUSA EST FLAMMA. Ravenna 1921: Il Secentenario della morte di Dante
Dall'11 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Biblioteca Classense
L’OTTOCENTO E IL MITO DI CORREGGIO
Dal 14 Novembre 2020 - 14 Febbraio 2021
La nuova Pilotta, Parma
L'ULTIMO ROMANTICO
Dal 12 Settembre 2020 - 13 Dicembre 2020
Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, PR
LIGABUE E VITALONI. DARE VOCE ALLA NATURA
Dal 17 Settembre 2020 - 30 Maggio 2021
Palazzo Tarasconi, Parma
FORNASETTI. THEATRUM MUNDI
Dal 3 Giugno 2020 - 14 Febbraio 2021
Complesso monumentale della Pilotta, Parma
INCOMPRESO - LA VITA DI ANTONIO LIGABUE ATTRAVERSO LE SUE OPERE
Dal 6 Giugno 2020 - 8 Novembre 2020
Palazzo Bentivoglio, Gualtieri (RE)
NEI CIELI DEL CORREGGIO. UN INEDITO FRAMMENTO DI ANTONIO ALLEGRI DA SAN GIOVANNI EVANGELISTA IN PARMA
Dal 17 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Museo il Correggio - Palazzo dei Principi, Correggio (RE)
OTTOCENTO RITROVATO. Dipinti inediti di maestri emiliano-romagnoli da Fontanesi a Boldini
Dal 5 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo il Correggio - Palazzo dei Principi, Correggio (RE)
MOSTRE IN ITALIA: CENTRO
Toscana
LA REALTÀ SVELATA. IL SURREALISMO E LA METAFISICA DEL SOGNO
Dal 18 Settembre 2020 - 24 Gennaio 2021
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
L’AVVENTURA DELL’ARTE NUOVA | ANNI 60-80 CIONI CARPI | GIANNI MELOTTI
Dal 3 Ottobre 2020 - 6 Gennaio 2021
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti - Complesso monumentale di San Micheletto, Lucca.
DOPO CARAVAGGIO. Il Seicento Napoletano nelle Collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito
Dal 14 Dicembre 2019 - 6 Gennaio 2021
RAFFAELLO E IL RITORNO DEL PAPA MEDICI: RESTAURI E SCOPERTE
Dal 27 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Palazzo Pitti, Firenze
…CON ALTRA VOCE RITORNERÒ POETA. IL RITRATTO DI DANTE DEL BRONZINO ALLA CERTOSA DI FIRENZE
Dall’11 Ottobre 2020 - 31 Dicembre 2020
Pinacoteca della Certosa del Galluzzo, Firenze
AURELIO AMENDOLA. UN'ANTOLOGIA. MICHELANGELO, BURRI, WARHOL E GLI ALTRI
Dal 13 Novembre 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Buontalenti - Antico Palazzo dei Vescovi, Pistoia
IL SOGNO DI LADY FLORENCE PHILLIPS. La collezione della Johannesburg art gallery
Dal 24 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Santa Maria della Scala, Siena
"MIO VANTO, MIO PATRIMONIO". L’arte del ‘900 nella visione di Leone Piccioni
Dal 30 Agosto 2020 - 21 Gennaio 2021
Museo della Città, Pienza (SI)
AFFRESCHI URBANI. PIERO INCONTRA UN ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 20 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo Civico di Sansepolcro, Sansepolcro (AR)
Mostre in Umbria
GIOVANNI BATTISTA PIRANESI NELLE COLLEZIONI DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA
Dal 10 Ottobre 2020 - 13 Febbraio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
BRIAN ENO. REFLECTED
Dal 4 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
RAFFAELLO IN UMBRIA E LA SUA EREDITÀ IN ACCADEMIA
Dal 18 Settembre 2020 - 6 Gennaio 2021
Palazzo Baldeschi, Perugia
Marche
I MAESTRI ITALIANI DEL ‘900 IN MOSTRA PERMANENTE A FABRIANO
Dall’11 Ottobre 2015 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli”, Fabriano (AN)
MADE IN NEW YORK, KEITH HARING - Subway Drawings
23 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Campana, Osimo (AN)
Abruzzo
YOKO YAMAMOTO. GEI-SHA
Dall’11 Settembre 2020 - 22 Novembre 2020
Museo Palazzo de’ Mayo, Chieti
Mostre in Lazio
FUORI. Quadriennale d’arte 2020
Dal 29 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo delle Esposizioni, Roma
Recensito da Storiarte qui
CIVIS CIVITAS CIVILITAS. Roma antica modello di città - PROROGATA
Dal 21 Dicembre 2019 - 22 Novembre 2020
Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali
I MARMI TORLONIA. COLLEZIONARE CAPOLAVORI
Dal 25 Settembre 2020 - 27 Giugno 2021
Musei Capitolini - Villa Caffarelli, Roma
IL TEMPO DI CARAVAGGIO. CAPOLAVORI DELLA COLLEZIONE DI ROBERTO LONGHI
Dal 16 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Musei Capitolini, Roma
BANKSY - A VISUAL PROTEST
Dall’8 Settembre 2020 - 11 Aprile 2021
Chiostro del Bramante, Roma
Per Gioco - La collezione dei giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina
Dal 25 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo di Roma, Roma
MOSTRE IN ITALIA: SUD
Campania
NAPOLI LIBERTY. N'ARIA 'E PRIMMAVERA
Dal 25 Settembre 2020 - 24 Gennaio 2021
Gallerie d'Italia, Napoli
Gli Etruschi e il MANN
Dal 12 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MANN - Museo Archeologico Nazionale, Napoli
SANTIAGO CALATRAVA - Nella Luce Di Napoli
Dal 6 Dicembre 2019 - 13 Gennaio 2021
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
MARINA ABRAMOVIĆ / ESTASI
Dal 18 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Castel dell’Ovo, Napoli
VENUSTAS. GRAZIA E BELLEZZA A POMPEI
Dal 31 Luglio 2020 - 31 Gennaio 2021
Palestra grande, Pompei (NA)
PAESTUM. FOTOGRAFIE DI MARCO DIVITINI
Dal 16 Ottobre 2020 - 16 Gennaio 2021
Museo Archeologico Nazionale di Paestum, Paestum (SA)
Mostre in Puglia
MARIO SCHIFANO E LA POP ART IN ITALIA
Dal 10 Ottobre 2020 - 29 Novembre 2020
Contemporanea Galleria d’Arte, Foggia
L’ORO, LA SANTITÀ E LA GLORIA. PRESENTAZIONE DEI POLITTICI VENETI DEL MUSEO CASTROMEDIANO DOPO IL CANTIERE DI RESTAURO APERTO
Dal 16 Ottobre 2020 - 16 Novembre 2020
Museo Castromediano, Lecce
Il polittico di Antonio Vivarini. Storia arte restauro
Dal 1 Marzo 2014 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, Bari
Sicilia
HEROES - BOWIE BY SUKITA
Dal 10 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Palazzo Sant’Elia, Palermo
ORIENTE E OCCIDENTE. ALLEGORIE E SIMBOLI DELLA TRADIZIONE MEDITERRANEA. INSTALLAZIONI DI NAVID AZIMI SAJADI
Dal 23 Ottobre 2020 - 6 Gennaio 2021
Complesso Monumentale di Santa Maria Nuova di Monreale
RITRATTO DI IGNOTO. L'ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 7 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Loggiato San Bartolomeo e Palazzo Trinacria, Palermo
L'ARTE DEL '900 NELLA COLLEZIONE POSABELLA
Dal 12 Aprile 2014 - 31 Dicembre 2020
Galleria Civica Giuseppe Sciortino, Monreale (PA)
DOMENICO PELLEGRINO. ERACLE. L’UOMO, IL MITO, L’EROE
Dal 5 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Museo Mandralisca, Cefalù (PA)
CARLA ACCARDI – ANTONIO SANFILIPPO. L’AVVENTURA DEL SEGNO
Dal 26 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Convento del Carmine, Marsala (TP)
Mostre in Sardegna
STEVE MCCURRY. ICONS
Dal 13 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo di Città, Cagliari
IL REGNO SEGRETO. SARDEGNA-PIEMONTE: UNA VISIONE POSTCOLONIALE
29 Maggio 2020 - 15 Novembre 2020
MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Nuoro
FUORI. LA QUADRIENNALE D'ARTE DI ROMA
A cura di Maria Anna Chiatti
L’arte è la forma più alta di speranza
Gerhard Richter
Introduzione: la 17ª edizione della Quadriennale d'arte di Roma
La Quadriennale d'arte di Roma, dal titolo: FUORI, si tiene al Palazzo delle Esposizioni ed è aperta al pubblico dal 30 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021.
FUORI moda, FUORI tempo, FUORI scala, FUORI gioco, FUORI tutto, FUORI luogo. Come le persone e come l’arte: FUORI dalle categorie e dalle categorizzazioni. La rassegna è un invito a cambiare punto di vista, ad uscire dagli schemi per vedere l’arte dentro e FUORI di (e da) sé.
La mostra è stata curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol (fig. 1), e organizzata dalla Fondazione La Quadriennale di Roma, e da Azienda Speciale Palaexpo. Il principale partner istituzionale è il MiBACT, che attraverso la Direzione Generale Creatività Contemporanea ha concesso un importante contributo specifico, corrispondente a circa il 55% del budget totale, facendosi anche promotore del progetto speciale Premio AccadeMibact. La restante parte dei fondi è stata fornita da sponsor privati, contributori e altri partner, secondo una modalità di collaborazione tra pubblico e privato avviata con successo nelle precedenti edizioni.
Gli artisti presenti alla manifestazione
La Quadriennale d'arte di Roma è probabilmente il più importante evento di arte contemporanea cui si potrà partecipare in questa stagione dal clima sociale così singolare, una manifestazione significativa e innovativa sotto il profilo artistico, ma anche un forte segnale di cui il mondo della cultura necessita ora più che mai. L’intero edificio del Palazzo delle Esposizioni di Roma (4.000 metri quadri) è dedicato alla rassegna come tributo per rilanciare la ricerca artistica italiana e internazionale.
Gli artisti selezionati sono 43, ognuno rappresentato da più opere, nell’intento di delineare un percorso alternativo per leggere l’arte italiana dagli anni Sessanta a oggi: Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR - Alessandro Petti - Sandi Hilal, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj and Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaela Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci - Socìetas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo, Zapruder Filmmakersgroup.
Un totale di 300 opere esposte in 35 sale, con molte produzioni site specific; questi numeri hanno creato la necessità di ideare un percorso espositivo che fosse all'altezza del concept progettuale, per consentire una lettura efficace nonché una certa godibilità dell’esperienza di fruizione. La persona da ringraziare per questo è l’architetto Alessandro Bava, che ha saputo dare vita ad un allestimento innovativo, finalmente accompagnato da una illuminazione bella e funzionale.
All’interno della mostra le opere esposte si declinano in una grande varietà di media e tecniche, dalla pittura su tela alle installazioni neon, ai video, alle sculture multimateriche; si trovano così connessi (a volte anche in dialogo) tra loro, artisti emergenti e mid-career con “le sperimentazioni di pionieri che non sempre hanno trovato posto nella narrazione canonica dell’arte italiana”, per citare la curatrice Sarah Cosulich. FUORI affascina non solo per l’intergenerazionalità, ma anche per la multidisciplinarietà, che si esplicita con opere ispirate alla danza, alla lirica e al teatro, all’architettura e al design. L’espressione di desideri e ossessioni; l’esplorazione dell’indicibile e dell’incommensurabile; l’indagine delle tensioni tra arte e potere sono campi di riflessione, così come pure la presenza fondamentale della figura femminile (e femminista). Esplicito anche il richiamo a FUORI!, la prima associazione per i diritti degli omosessuali, formatasi agli inizi degli anni Settanta.
Qualche esempio.
Cinzia Ruggeri, nella Sala 1, sa rileggere la cultura del fashion made in Italy con una sagacia (soprattutto in Abito Ziggurat, fig. 3) per niente scontata.
Nanda Vigo espone (al neon) una serie di opere che offrono un’alternativa al quotidiano spazio-tempo, con specchi che rimandano un’immagine diversa e impensata (fig. 4). A Monica Bonvicini è dedicata una sala che per poco è ancora reale, ispirata alla Turandot di Puccini: presenta una installazione sonora, una serie di spartiti dell’opera che riportano slogan femministi, due sculture che sono una vera poesia di autoaffermazione femminile (fig. 5).
Chiude la prima parte del percorso Lisetta Carmi, con la serie di fotografie Il Parto (1968). Nient’altro che la verità, nuda e cruda, dell’infinito circuito generazionale (figg. 6 e 7).
La Sala 13 è una metamostra (una mostra oltre la mostra). Il collettivo TOMBOYS DON’T CRY espone una serie di opere che riflette sulle trasformazioni dei corpi, e in particolare sul tema della lacrima; mentre la Sala 14 è il bellissimo risultato del fondersi delle opere di Chiara Camoni, Raffaela Naldi Rossano e Diego Gualandris (figg. 8 e 9).
La Quadriennale d'arte continua con i fiori esposti sullo scalone che conduce al secondo piano, e che sono il racconto della storia d’amore dei due artisti Petrit Halilaj e Alvaro Urbano: un progetto che esprime con la delicatezza di un bouquet un modo di essere famiglia che è universale e universalmente comprensibile (figg. 10 e 11)
Il secondo piano offre due progetti interessanti, seppure per motivi diversi: Giuseppe Gabellone nella Sala 22 rompe la realtà con due non-finestre dallo straordinario impatto visivo (fig. 12). Si aprono su ricordanze di antiche civiltà, con decorazioni a motivi fitomorfi e architettonici creati attraverso un lungo processo di lavorazione delle superfici. Nella sala successiva i DAAR (Sandi Hilal e Alessandro Petti) propongono la creazione di un Ente di decolonizzazione, che si mette di traverso rispetto alla nomina a Patrimonio UNESCO di Asmara per le costruzioni razionaliste di epoca fascista. Il progetto pone anche una serie di domande riguardanti lo stesso argomento, ma riferite a otto borghi siciliani, oggi abbandonati, costruiti dall’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano (figg. 13 e 14). Una riflessione estremamente interessante.
Luisa Lambri propone in mostra una serie di Untitled, fotografie in cui l’artista indaga i tagli di Lucio Fontana e le aperture dell’architettura di Marcel Breuer con una attenzione particolare alla luce e alle superfici delle opere stesse, creando uno spazio calmo dove immergersi (fig. 15).
L’ultima sezione della Quadriennale d'arte, di nuovo al primo piano, ospita Valerio Nicolai e il suo Capitan Fragolone (fig. 16), una grande fragola di cartapesta che, del tutto inaspettatamente, accoglie un performer: spiando dai fori praticati sulla superficie della fragola si può osservare infatti la performance di un pirata nella propria nave, come in una matrioska.
La Quadriennale d’arte di Roma 2020 è il risultato di tre anni di lavoro, di programmazione, di un percorso in cui i workshop itineranti di Q-Rated per giovani artisti e curatori e il fondo Q-International per rafforzare la presenza dell’arte italiana nelle istituzioni all’estero hanno rappresentato una fondamentale risorsa per la ricerca, rispondendo alla missione dell’istituzione di mappare la situazione artistica in Italia.
Come principale evento collaterale di FUORI è visitabile nella Sala fontana di Palazzo delle Esposizioni la mostra Domani Qui Oggi, curata da Ilaria Gianni. Questa esposizione presenta i lavori di dieci giovani artisti (tutti under 28) selezionati nell’ambito del concorso per il Premio AccadeMibact, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT in collaborazione con Fondazione Quadriennale di Roma.
FUORI è accompagnata da un corposo catalogo bilingue (italiano-inglese, 680 pp.), edito da Treccani. Contiene saggi dei curatori, schede sugli artisti e sulle opere in mostra, approfondimenti sulle attività di Q-Rated e Q-International; una sezione separata ospita i testi critici di altri autori, che fanno luce su nuove metodologie di ricerca nel campo dell’arte contemporanea.
Per quanto concerne la piacevolezza della visita, gli spazi ampi concedono di godere della mostra in totale sicurezza (certamente con l’uso di dispositivi di protezione individuale); il percorso espositivo, seppur lineare e di facile intuizione, risulta ricco e stimolante. L’apparato di comunicazione del museo è del tutto adeguato, con didascalie anagrafiche e brani di approfondimento in ogni sala. Anche per questo, FUORI si pone come necessità di uscire dalle restrizioni fisiche e mentali che abbiamo vissuto tutti in questo complesso anno 2020.
FUORI
La Quadriennale di Roma 2020
a cura di Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol
Roma, Palazzo delle Esposizioni
30 ottobre 2020 - 17 gennaio 2021
Via Nazionale 194, 00184 Roma
Informazioni utili
Orari
Martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica 11 - 20
Sabato 11 - 22
Chiusure
Chiuso il lunedì
Tariffe
Il biglietto di ingresso alla mostra è gratuito.
Prenotazione obbligatoria su www.quadriennale2020.com
Ingressi consentiti fino a un’ora prima della chiusura.
Costo del catalogo: 35 euro.
Contatti
Tel. +39 06 696271
Ufficio Stampa (Maria Bonmassar)
+ 39 06 4825370
+ 39 335 490311
VITTORIO CORCOS. RITRATTI E SOGNI
A cura di Andrea Bardi
La sfolgorante carriera artistica del livornese Vittorio Matteo Corcos (1859-1933) è ripercorsa, nella sua interezza, all’interno delle sale di Palazzo Pallavicini a Bologna, in una mostra, organizzata proprio da Pallavicini s.r.l. e curata da Carlo Sisi, aperta al pubblico dal 22 ottobre 2020 al 14 febbraio 2021. La rassegna bolognese segue, a distanza di un anno, la precedente monografica – anch’essa curata da Sisi e allestita nelle sale del Museo Accorsi – Ometto di Torino – dedicata al “peintre des jolies femmes”, felice epiteto con cui il corrispondente del “Times” De Blowitz definì il pittore negli anni del suo soggiorno parigino. Non solo un femminino grazioso, tuttavia, arieggia le stanze del palazzo: nelle sei sezioni in cui la mostra è suddivisa i numerosi ritratti, provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Gallerie degli Uffizi di Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Milano), catturano l’osservatore catalizzando la sua attenzione sui loro occhi e offrendogli sensazioni ogni volta nuove ma sempre estremamente vivide. Gli occhi erano, d’altronde, uno dei pallini di Corcos. Per dirla con le parole del pittore:
“In un ritratto quello che conta sono gli occhi: se quelli riescono come voglio, con l’espressione giusta, il resto viene da sé”
E di “espressioni giuste”, negli oltre 40 dipinti esposti in mostra, ce ne sono molte. Dalla sicurezza dell’imprenditore di successo (Emilio Treves) al rovello intellettuale del poeta (Giosuè Carducci), passando per la spensieratezza di Bonheur, il ventaglio di emozioni distillate nelle tele di Corcos va ben oltre quell’aggettivo, joli, con il quale Gabriel Albert Aurier timbrava, nei suoi infuocati sermoni sul “Mercure de France”, lo stuolo di principesse di porcellana che ingombrava i Salons ufficiali e gli atelier dei pittori più à la page dell’epoca. E non è un caso che l’ultima sezione della mostra, dal titolo più che mai eloquente (Stati d’animo) accosti a un riuscitissimo Pietro Mascagni proprio Sogni. Un’opera, quest’ultima, che insieme ad altre (la Morfinomane, non presente in mostra) chiude la questione Corcos tratteggiandolo nella sua complessità di pittore “chastement impur” (castamente impuro) secondo la formula, stavolta quanto mai riuscita, del suo mercante Adolphe Goupil.
La famiglia e gli amici. Nel salotto della “gentile ignota”
Una volta lasciata alle spalle la sala detta “della Ringhiera”, con L’imperatrice Maria Teresa d’Austria sul carro di Cibele affrescata sulla volta, la mostra fa il suo esordio ufficiale nella “Sala delle Udienze” o “Camerone” [fig. 1]. Il sistema di pannellature turchesi accoglie alcuni dei ritratti con cui Corcos immortalò i personaggi, più o meno noti, che gravitavano attorno alla sua casa fiorentina.
Da Emilio Treves (1907) allo scrittore Yorick (pseudonimo di Pietro Coccoluto Ferrigni, 1889), il centro di gravità della Sala è tuttavia concentrato sugli occhi di Emma Ciabatti vedova Rotigliano [fig. 2], moglie in secondo matrimonio di Corcos e perno della vita intellettuale di un circolo che comprendeva Giosuè Carducci [fig. 3], Silvestro Lega e Giovanni Pascoli, amico così intimo della “gentile ignota” da concederle l’affettuoso epiteto.
Gli anni di Parigi
È la piccola “Sala di Giove, Marte e Minerva” ad ospitare, invece, all’interno di una delicata cornice dalle tinte malva, un breve campionario di opere parigine del maestro. Giunto nella Ville Lumière nel 1880 su suggerimento del pittore Domenico Morelli, a Parigi Corcos accolse i molteplici stimoli visivi che pittori come Lèon Bonnat, James Tissot e Giuseppe de Nittis erano in grado di offrirgli. È proprio a De Nittis, infatti, che il maestro indirizza il suo sguardo in Woman with dog [fig. 4], esercizio di stile in cui proprio il barlettano si era cimentato negli stessi anni. Le coordinate figurative di Corcos rimangono, nella sala, sempre interne alla società alto borghese, dalle noie di donne di flaubertiana memoria (femme se promenant au Bois de Boulogne, fig. 5) alla raffinata spensieratezza di Bonheur [fig. 6].
Luce mediterranea
A partire dalla terza sezione della mostra, Luce mediterranea, l’infilata delle stanze, partendo dal salone d’ingresso, percorre in lunghezza l’ala del palazzo affacciato su via San Felice. Tra gli spazi della “Sala dell’Allegoria del Commercio” il fulcro tematico è, stavolta, il profondo legame che il pittore mantenne con la sua villa toscana di Castiglioncello, vero e proprio set fotografico allestito per immortalare ospiti come Peggy Baldwin [fig. 7]. Le marine di Castiglioncello, evocate grazie alla scelta, felice seppur già vista del turchese, pur costituendo uno degli snodi fondamentali del percorso pittorico di Corcos, sono qui trattate simbioticamente rispetto alla figura femminile, che, tra delicati contrappunti cromatici o soffusi mimetismi giocati su una dominante unica di colore (Ritratto di signora sul lago, fig. 8) vuole recitare ancora un ruolo da protagonista.
Le peintre des jolies femmes
Era il 1885 quando il corrispondente parigino per il “Times”, De Blowitz, consegnò a Corcos l’etichetta, scomoda ma non priva di fondamento, di “peintre des jolies femmes”. Sotto la volta affrescata dal Bacco e Arianna di Filippo Pedrini Carlo Sisi ambienta, riproponendo un rassicurante malva, una piccola galleria di ritratti al femminile [fig. 9], dove allo sfaldamento boldiniano della forma (Une elegante, fig. 10) si alternano le esattezze tattili dei ricami (La parigina, fig. 11).
L’incarnato quasi ceramico delle fanciulle si tinge invece di mistero in La Vestale, [fig. 12], anticipazione delle perturbazioni psichiche di Sogni e, al contempo, efficace tentativo di estrarre l’archetipo dal particolare.
Il primato del ritratto
La spettacolare “Sala dei Conviti”, affrescata da Giuseppe Antonio Valliani su quadrature di Serafino Barozzi, fornisce al nutrito parterre di ritratti presenti una scenografia dal respiro molto ampio che ne consentirebbe la piena valorizzazione [fig. 13] senza un sistema di illuminazioni talvolta troppo aggressivo (è il caso della splendida Lina Cavalieri, fig. 14).
La preziosa collezione di effigi comprende lo storico Ernesto Masi [fig. 15], sporgente da uno sfondo monocromo (evidente la lezione di Bonnat), la Principessa Maria Josè [fig. 16] oltre al bozzetto per il ritratto ufficiale del Kaiser Guglielmo II, il quale, ammaliato dal ritratto della Contessa Rombo Morosini, decise di portare Corcos nella sua residenza di Potsdam e posare per lui.
Stati d’animo
La scelta di un fondale scuro è ripetuta nel Pietro Mascagni [fig. 17] che, assieme alle Tre Sorelle e Sogni, nella “Sala della Biblioteca” dedicata agli Stati d’animo, conclude questa preziosa parata di ritratti. L’effigie del giovane compositore, giunta a palazzo su concessione della famiglia Mascagni, sfrutta infatti la scarsità di riferimenti ambientali non tanto per conferire a quest’ultimo un tono solenne quanto per canalizzare l’attenzione sullo sguardo e sulla posa, sfrontata e audace, del modello.
Audace fu considerata, in occasione dell’Esposizione di Belle Arti di Firenze del 1896, anche Sogni [fig. 18]. Opera quasi più grande del suo artefice, cela il suo segreto nell’abilità dimostrata dal pittore di captare frequenze sopite, ma ben presenti, nella psiche della giovane Elena Vecchi, figlia, poco più che ventenne, dello scrittore Jack la Bolina.
Vittorio Corcos. Ritratti e Sogni
Bologna, Palazzo Pallavicini
22 ottobre 2020 – 14 febbraio 2021
Via San Felice 24, 40122 Bologna
Informazioni utili
Orari
Lunedì – Mercoledì: chiuso
Giovedi – Domenica: 11:00 – 20:00
È possibile acquistare i biglietti fino alle 19:00 (orario di chiusura della biglietteria)
Aperture straordinarie
1 novembre 2020
7, 8, 21, 22, 26, 28, 29, 30 dicembre 2020
31 dicembre 2020 (11:00 – 17:00, ultimo ingresso alle 16:00)
1 gennaio 2021 (14:00 – 20:00, ultimo ingresso alle 19:00)
4, 5, 6 gennaio 2021
23 gennaio 2021 (11:00 – 24:00, ultimo ingresso alle 23:00)
Chiusura
La mostra sarà chiusa al pubblico nei giorni 24 e 25 dicembre 2020.
Tariffario
Intero: € 13
Ridotto: € 11 (dai 6 ai 18 anni non compiuti, over 65 con documento, studenti fino a 26 anni non compiuti con tesserino, militari con tesserino, guide turistiche con tesserino, giornalisti praticanti e pubblicisti con tesserino regolarmente iscritti all’Ordine, accompagnatori diversamente abili in compagnia del disabile, soci ICOM con tesserino, biglietto ITALO avente come destinazione/origine Bologna con data antecedente/successiva di massimo 3 giorni)
Gruppi (minimo 10 persone): € 10 (1 accompagnatore gratuito)
Scuole: € 5 (2 accompagnatori gratuiti per ogni classe)
Bologna Welcome e Bologna Card Cultura: €10
Giovedì Università (con tesserino): €9
Gratuito: bambini sotto i 6 anni disabili con certificato
Biglietto famiglia (con figli dai 6 ai 18 anni non compiuti): € 10 per il Genitore, € 8 per i Minori dai 6 ai 18 anni non compiuti
Biglietto open: € 16 (biglietto con prenotazione senza vincoli di orario e data valido fino a fine mostra)
Servizi di Audioguida
L’audioguida completa della mostra è presente all’interno della nuova App di Palazzo Pallavicini, scaricabile gratuitamente su smartphone.
Contatti
Indirizzo e-mail: [email protected]
Cellulare: +39 331 347 1504
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Ufficio Stampa (Giulia Giliberti)
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SEICENTO-NOVECENTO. DA MAGNASCO A FONTANA
Recensione mostra "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" a cura di Mattia Tridello
Introduzione: "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana"
“… la forma appare circondata da un alone. Essa è una stretta definizione dello spazio, ma è anche un suggerimento d’altre forme. S’espande, si propaga nell’immaginario, o noi, piuttosto, siamo mossi a considerarla come una specie di spiraglio attraverso il quale possiamo penetrare in un regno incerto, che non è l’esteso, né il pensato, ma una folla di immagini che aspirano a nascere.”(Henri Focillon “La vita delle forme”)
La forma, le forme, gli spazi e gli ambienti sono circondati, come ricorda lo storico dell’arte francese Henri Focillon (1881-1943), da un alone diffuso, abbagliante ma discreto che, inserendosi nell’immaginario comune, non separa ma anzi unisce le epoche, gli stili e le opere che il tempo ha saputo produrre e regalarci ma anche tramandarci, secondo precisi e distinti lassi cronologici non sempre in dialogo fra loro. Moretto da Brescia affianco a De Chirico, Severini con Baschenis, Guttuso con Morandi sono solo alcuni degli accostamenti, delle mute ma vivaci conversazioni tra artisti, stili e peculiarità di correnti e movimenti diversi che, eccezionalmente, trovano spazio e allestimento nell’incantevole cornice cinquecentesca di Villa Bassi –Ratgheb ad Abano Terme. La mostra “Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana”, visitabile dal 17 ottobre al 5 aprile 2021, si propone come una splendida e ben curata esposizione volta a ribadire e instaurare dialoghi profondi, studiati e approfonditi tra opere artistiche che, se disposte in malo modo, non sempre risultano di facile accostamento simbolico e visivo. La mostra invece si presenta con un taglio inedito, le contrapposizioni tra i dipinti qui non stridono ma, anzi, diventano facilmente comprensibili e estremamente interessanti. Gli oggetti esposti, vicini tra loro, comunicano con se stessi e con l’osservatore in un impatto visivo unico che genera implicite suggestioni e regala inaspettate scoperte. Addentrandosi tra le sale della villa tutto, dagli arredi alle decorazioni parietali, si fa carico di un importante connubio, di una mistura di artisti che mai, fino ad ora, hanno potuto vedersi e dialogare e che ora, grazie al contributo delle due collezioni da cui provengono le opere in oggetto, potranno incontrarsi e mostrarsi. Il tempo sembra quasi fermarsi per un istante all’interno del museo: l’ambiente, come del resto fu nei secoli la stessa villa che contiene la mostra, diventa un ponte tra il passato e la contemporaneità, tra le storiche e antiche vedute euganee del comune aponense e l’istinto più avanguardistico e moderno delle tele ospitate nella struttura. La loggia centrale (che introduce al palazzo) detiene il primato di filtro tra l’esterno e l’interno, di passaggio arieggiato che permette alla città e all’esposizione di scambiarsi vicendevolmente gli intensi respiri del tempo e di instaurare un legame inedito tra storia, arte e paesaggio.
"Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana": l’esposizione
L’esposizione, che vanta un numero elevato di opere, si presenta come l’unione tra due collezioni diverse per astrazione stilistica e per il periodo dei quadri raccolti, accomunate tra loro da una lunga ma assai importante vicenda storica e collezionistica. La prima, la collezione Bassi-Ratgheb, venne donata al Comune di Abano Terme da parte di Roberto Bassi Ratgheb per via di un nutrito sentimento di affetto nei confronti del luogo in cui amava recarsi per le cure termali. Il nucleo del vasto possedimento artistico si incentra sulla pittura sei-ottocentesca di area lombarda-bergamasca. La seconda, la collezione Marini, è maggiormente conosciuta per la vocazione al collezionismo di opere d’arte contemporanee al suo proprietario. Il grande numero di queste ultime si presta straordinariamente per essere messo in contatto con opere più antiche, per rintracciare anche nel moderno gli influssi mai estinti del passato. Le due raccolte, seppur nell’esplicita e visibile diversità spaziale, temporale e stilistica, non rinunciano ad instaurare un dialogo, anzi, permettono al visitatore di ritrovare in un De Chirico numerosi riferimenti a una pittura seicentesca del Pitocchetto, a volte non investigati o conosciuti dal pubblico.
Il percorso espositivo
La mostra si articola in tre sezioni principali, dedicate ai tre temi più rappresentati nella storia dell’arte (Ritratto, Natura morta e Paesaggio), che si snodano attraverso gli splendidi e ricercati interni di Villa Bassi – Ratgheb (Fig. 1). Agevolata dalla presenza di un involucro d’eccezione assai ricco di peculiarità decorative che vanno dal Cinquecento all’Ottocento, l’esposizione non si presenta come un’arida rassegna di quadri disposti in stanze uguali e monotone, ma anzi diventa una vera e propria vasta passeggiata nella storia che si articola dal piano nobile al sottotetto fino ad arrivare alle incantevoli volte dell’interrato. Il visitatore può quindi comprendere l’essenza della mostra anche grazie al suo contenitore, a quel desiderio di curiosità, nel passare nella sala successiva, che quest’ultima regala e alimenta.
"Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana". Le prime sale
Le prime sale dell’esposizione "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" ruotano attorno all’impianto veneziano cinquecentesco della villa. Ai lati del salone centrale del piano nobile trovano spazio alcune stanze in cui sono ospitate e messe in relazione le opere. Ve n’è un esempio nella prima dove, in concomitanza e somiglianza con le tonalità degli affreschi parietali, sono esposti un paesaggio antico e una reinterpretazione contemporanea (Fig. 1a).
Sezione del ritratto
Una delle tre sezioni della mostra "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" si basa sul tema del ritratto attraverso i secoli. Se nel Cinque-Seicento il soggetto maschile si affaccia sul panorama pittorico come un tema prediletto caratterizzato dalla fierezza dell’impostazione ritrattistica e dal valore di affermazione sociale, nel “secolo breve” tale stabilità e importanza sembra svanire per lasciare spazio a una desolazione interiore, che mira non a prediligere l’uomo nella sua fierezza, bensì nella sua fragilità interiore. Nel Novecento la coscienza di quest’ultimo come “senza qualità” porterà ad evidenti risultati in campo artistico, basti pensare alle famose piazze di De Chirico. Tra l’incombenza di ombre dilatate e scure emergono esclusivamente gli edifici dello spazio, all'uomo è riservata solo una piccola, limitata, porzione della tela. Per tale motivo la curatrice della mostra ha ben deciso di non paragonare i ritratti maschili seicenteschi con quelli novecenteschi ma con un’opera dello stesso De Chirico, per segnalare come, a distanza di secoli, i riferimenti all'opera del passato siano ancora presenti (si veda il bastone del viandante in relazione con la ciminiera) anche in un periodo variegato e assai complicato come il secolo scorso (Fig. 2- 3-4).
Nell’ambito del ritratto femminile, invece, la mostra espone in relazione fra loro numerose opere di autori differenti che instaurano un vivo e emozionante contrasto. Da una parte l’elegante figura dipinta da Rinaldo Agazzi “Ritratto di Isabella Nowak” (Fig. 5) dialoga fortemente con la più sintetica e ombrosa figura della “Signora del crisantemo” (Fig. 5) di Lorenzo Viani per poi rinnovarsi e mutarsi in un assemblaggio scomposto di linee, materiali e tecniche che aderiscono al movimento cubista de “la moglie di Picasso” (Fig. 6) di Enrico Baj.
Sezione della natura morta
Una parte dell’esposizione "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" (Fig. 7) tratta un tema che per secoli ha costituito un punto fermo nel vasto mondo iconografico e stilistico della storia dell’arte. Le nature morte, infatti, di solito utilizzate per adornare le pareti delle abitazioni nobili, col tempo, diventarono un vero e proprio tema canonico, che dal Cinquecento al Novecento fu sempre un riferimento presente nella pittura di molti artisti, ne è un esempio l’ampia selezione che la mostra propone. Iniziando con una tela rappresentante alcuni strumenti musicali di Baschenis (Fig. 8), il percorso si snoda attraverso le numerose versioni, sempre diverse, che altri autori fecero del medesimo tema, evolvendo la figura e mutandola nel suo concetto sia pittorico che spaziale. Dalla piena luce che disegna le forme di Morandi (Fig. 9) si passa al colore di Guttuso (Fig. 10) fino ad arrivare all’astrazione concreta della forma che procede e si sviluppa per linee geometriche e cromatiche operata da Parmiggiani.
Sezione del paesaggio
L’ultima sezione dell’esposizione "Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" (Fig. 11) racchiude numerose opere legate tra loro da un unico filo comune, il paesaggio e la sua metamorfosi tra natura e pittura nel corso del tempo. Partendo da alcuni pregevoli dipinti seicenteschi di area lombarda, l’occhio dell’osservatore viene colpito dalle molteplici forme in cui il medesimo tema è stato trattato, cambiato e rinnovato dagli artisti tardo ottocenteschi e novecenteschi. Risulta proprio in quest’ultimo periodo un profondo mutamento, una vivida destrutturazione delle forme spaziali: gli spazi architettonici diventano linee geometriche, le linee a loro volta si dipartono nello spazio fino ad infrangerlo e lacerarlo, come tagli nella tela. Passando per Tosi, Morlotti e Mandelli, lo sguardo del visitatore si sofferma principalmente sul notevole impatto visivo creato dall’opera di Fontana. Lo spazio, la natura, il paesaggio sembrano quasi non trovare più riscontro. Anzi, quel sottile lembo che lo divideva dal mondo esterno viene tagliato e trafitto quasi a volerlo superare. In “Concetto spaziale, Attese” (Fig. 12) tutto ciò viene riassunto e diventa toccabile, concreto.
Il quadro, che infatti chiude la sezione, rimarca ancora la volontà dell’esposizione di voler regalare a qualsivoglia visitatore una cronologica, intensa e innovativa visione dell’arte secolare, cercando di individuare nessi, differenze ma anche rapporti e somiglianze all’interno di un luogo che, collocato in una delle più famose località termali italiane, diventa custode di una notevole eredità, di una mostra che si pone non nel tempo ma tra i tempi. Se nel Seicento Villa Bassi Ratgheb divenne un ponte tra l’intellettualismo veneziano e l’entroterra padovano, oggi quest’ultima ricostituisce quel collegamento, quella mirabile conversazione tra epoche, stili e artisti, quel dialogo che qui, tra i silenziosi colli, non può che risuonare e continuare a diffondere la sua bellezza nel tempo, nei luoghi e nello spazio dell’animo umano.
Informazioni per la visita
"Seicento-Novecento. Da Magnasco a Fontana" Museo di Villa Bassi-Ratgheb, Abano Terme
Via Appia Monterosso, 52 35031 Abano Terme (PD)
Orario della mostra
GIOVEDI’ 14.30 – 18.30
VENERDI’ 14.30 – 18.30
SABATO e DOMENICA 10.00 – 13.00; 14.30 – 18.30
SPECIALE GRUPPI: la mostra è visitabile ogni LUNEDI’ E MARTEDI’ su prenotazione.
SPECIALE VENERDI’ ingresso ridotto riconosciuto ai turisti degli hotel termali di Abano e Montegrotto Terme, SOLO con prenotazione dell’hotel o esibendo un voucher dell’hotel ospitante.
Biglietti e tariffe
Intero: 9 euro
Ridotto: 7 euro
Riduzione per: 7-25 anni, over 70, possessori della Arte Terme Card (si può chiedere al desk del Museo), soci FAI e TOURING CLUB;
Biglietto unico famiglia €20
(famiglia composta da 2 adulti accompagnatori di ragazzi fino ai 18 anni)
Catalogo
Catalogo edito da Silvana Editoriale
"GUARDAMI! SONO UNA STORIA" ET IN ARCADIA EGO
A cura di Mirco Guarnieri
Introduzione: "Guardami! Sono una storia" "Et in Arcadia Ego"
Venerdì 16 Ottobre presso la Pinacoteca Nazionale di Ferrara è stato inaugurato il secondo appuntamento del ciclo di mostre dossier "Guardami! Sono una storia" realizzato dalle Gallerie Estensi in collaborazione con il Laboratorio DiDiArt del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Ferrara. La rassegna si svolgerà fino al 17 Gennaio del 2021 e vedrà come protagonista il dipinto “Et in Arcadia Ego” di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1666), proveniente dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica Barberini Corsini di Roma.
Alla realizzazione della mostra dossier "Guardami! Sono una storia" hanno preso parte giovani studiosi e studenti dell’Università di Ferrara che, con il coordinamento dei funzionari delle Gallerie Estensi e di alcuni membri del Comitato Scientifico del Laboratorio, si sono avvicinati alla vita del museo, lavorando alle fasi di ricerca, progettazione e organizzazione della mostra con l’intento di portare il visitatore ad osservare più approfonditamente l’opera.
Il dipinto, tra i più enigmatici del Guercino, fu probabilmente realizzato tra il 1618 e il 1622, anni in cui il pittore entrò in contatto con la pittura veneta ed emiliana che ne influenzarono lo stile.
Il quadro mostra due giovani pastori che osservano un teschio umano collocato su un muro, che pare rivolgersi ai due pronunciando le parole incise sulla pietra: Et in Arcadia Ego. La frase latina può tradursi con “Anche in Arcadia io (sono)” stando a significare che anche la regione dell’Arcadia sembra entrata a far parte del dominio della Morte portando così l’opera a divenire un “memento mori”, in cui l’artista accosta la giovinezza e la spensieratezza dei pastori al destino di morte che accomuna tutti noi creando un’atmosfera di riflessione e raccoglimento, poetica e profondamente suggestiva.
Informazioni per la visita alla mostra dossier all’interno della Pinacoteca Nazionale:
"Guardami! Sono una storia" Et in Arcadia Ego
16 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Pinacoteca Nazionale di Ferrara
Corso Ercole I d'Este 21
Palazzo dei Diamanti, primo piano
Ferrara
Numero di telefono: 0532 205844
Orari
Dal Martedì alla Domenica: 10 - 17:30
L’ultimo ingresso alla Pinacoteca è consentito fino a mezz'ora prima dell’orario di chiusura del museo.
Biglietti
Intero: 6 €
Ridotto: da 5 € a 2 €
Gratuito: Scuole; disabili al 100% con un accompagnatore; giornalisti e guide turistiche con tesserino; minori di 18 anni; membri ICOM; personale MIBACT; docenti e studenti (per dettagli ed ulteriori gratuità rivolgersi in biglietteria).
Prima dell’ingresso verrà rilevata la temperatura e sarà obbligatorio indossare la mascherina.
Gallerie Estensi - MiBACT
Largo Porta Sant'Agostino, 337
Modena
ORAZIO GENTILESCHI. LA FUGA IN EGITTO E ALTRE...
Recensione a cura di Silvia Piffaretti
“Anche se il timore avrà sempre più argomenti, scegli la speranza”, così dichiarava Seneca, citato da Gian Domenico Auricchio, Presidente della Camera di Commercio di Cremona, in occasione della nuova mostra curata da Mario Marubbi dal titolo “Orazio Gentileschi. La fuga in Egitto e altre storie” presso la Pinacoteca Ala Ponzone di Cremona e aperta al pubblico dal 10 Ottobre 2020 al 31 Gennaio 2021. Quest’ultima rappresenta un importante segnale per la città poiché secondo Luca Burgazzi, attuale Assessore alla Cultura, le istituzioni culturali di fronte alle difficoltà non devono scoraggiarsi ma, al contrario, aprire la via della ripartenza per ricondurre lo spettatore ad un’esperienza reale, e non virtuale, dell’arte. Dunque la città, attraverso l’attualità del tema del viaggio e della fuga di fronte a momenti difficili, riparte dalla cultura per riflettere su valori e virtù che han consentito di affrontare il buio periodo della pandemia.
La mostra, dunque, opera una riflessione su tale tema a partire dalla figura di Orazio Gentileschi (1563-1639) che, a seguito della formazione romana, girò l’Italia e giunse perfino alla corte francese e poi inglese dove rimase fino alla morte. L’artista, come scrisse Roberto Longhi, fu “il più meraviglioso sarto e tessitore che abbia mai lavorato tra i pittori” e a inizio Seicento, apertasi la strada del caravaggismo, ne fornì una personale interpretazione in cui il realismo di luci, superfici e incarnati si combinava a un brillante colorismo e a un forte rigore disegnativo-compositivo.
Ingresso e prima parte: Pier Paolo Pasolini e la “Madonna col Bambino”
La mostra si apre con un ledwall, sulla destra, su cui scorrono scene della fuga in Egitto tratta da “Il Vangelo secondo Matteo” del 1964 di Pier Paolo Pasolini, mentre sulla sinistra la citazione dell’episodio tratta dal Vangelo sopracitato ci introduce alla vicenda, si legge: “Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo»”, e così Giuseppe fece rifugiandosi in Egitto fino alla morte del sovrano.
Da questo corridoio si accede alla prima sala dove si può ammirare, sulla sinistra, una statuetta di età tolemaica della dea egizia Iside col figlioletto Horus, mentre sulla destra la raffigurazione della “Madonna col Bambino in un paesaggio” di Orazio Gentileschi, dove sono visibili il giallo e il blu delle vesti e la dolcezza materna che si ritroverà anche nelle due versioni della fuga.
La seconda parte: le due versioni del “Riposo durante la fuga in Egitto”
Tale parte della mostra è dedicata alle due tele del “Riposo durante la fuga in Egitto”, tema indagato all’iniziò dell’attività dell’artista e ripreso durante il soggiorno inglese. All’epoca infatti era comune che un’artista realizzasse più opere del medesimo soggetto con lievi variazioni che, in questo caso, riguardano le posizioni dei personaggi e i colori delle vesti che sembrano essere invertiti. Nella sala le due tele vengono affiancate sulla parete per permettere all’osservatore un diretto confronto, sulla sinistra vi è quella appartenente ad una collezione privata datata 1612, mentre sulla destra quella del Kunsthistorisches di Vienna non precedente al 1626 e firmata in basso a sinistra, che si discosta dalla precedente per il formato rettangolare che mostra maggiormente Giuseppe.
L’ambientazione di entrambe le tele è molto scura e caratterizzata da una parete di fondo tagliata da un’elegante luce diagonale che, all’interno dell’allestimento museale, sembra quasi il fascio di una luce reale. Nelle tele è chiaro come Gentileschi, a detta di Longhi, si distingua dai suoi contemporanei per “la preparazione lenta delle forme, per la sottigliezza dell’impasto, per la morbidezza quasi serica delle pieghe, per il non raro cangiare” con cui dipingeva. Nella scena la madre e il bambino, da cui lo spettatore è subito rapito, si collocano sulla destra. In particolare, la madre rivolge un pacato e amorevole sguardo materno al piccolo che, a sua volta, volge l’occhio verso lo spettatore. Della Vergine, abbigliata in una veste indagata nelle pieghe rigonfie, si nota la precisione dei tratti morbidi e delicati del viso e la minuzia dell’intrecciata capigliatura. Giuseppe, sulla sinistra, è rappresentato assorto nel riposo e segnato sulla fronte da realistiche rughe dalla muta espressività.
La terza parte: l’indagine attorno al tema
La terza parte della mostra si concentra sull’esposizione di ulteriori dipinti, ma anche sculture, miniature, vetrate, avori e incisioni legati al tema a partire dal Medioevo per giungere fino al Novecento. Tra i dipinti in esposizione vi è la “Fuga in Egitto” del 1436 del pittore e miniatore Giovanni di Paolo. La piccola tavola raffigura in primo piano la Madonna, sul dorso di un mulo, con in braccio il Bambino e accompagnata da Giuseppe col bastone e il sacco da pellegrino.
Di epoca successiva è la rielaborazione della fuga di Pietro Ricchi, detto il Lucchese, datata 1645 in cui domina il buio rischiarato da una luce rivelatrice indugiante sul volto della madre che, con leggiadria, accarezza il volto del piccolo che cerca a sua volta il contatto; sullo sfondo vi è un Giuseppe addormentato. Del 1707 è la suggestiva tela de “Il sogno di san Giuseppe” del Legnanino dove, in un contesto appena suggerito, sono protagonisti l’angelo e Giuseppe dai volti definiti da una luce che costruisce espressivi giochi chiaroscurali, mentre la Vergine e il bambino sono rischiarati da un piccolo lume.
Un’interpretazione originale e insolita è invece data nel 1880 da Luc-Olivier Merson, dove un bagliore lunare fa luce su una sfinge egizia che ospita la Vergine col Bambino, mentre sulla destra Giuseppe giace addormentato a terra accanto a un debole fuocherello e all’asino. Caratteristica è la realizzazione di Mario Sironi del 1930, nata come copertina della “Rivista illustrata del Popolo d’Italia”, dove con stile sintetico e classico pone la Sacra Famiglia in un contesto urbano a cui aggiunge la cometa, di norma non presente nell’episodio, per dare dinamismo e luce.
In questo modo la mostra volge al termine conducendo lo spettatore all’uscita attraverso le sale della collezione permanente ricche di grandi capolavori. La mostra dunque testimonia come, attraverso una solida collaborazione museale, sia possibile fare dell’arte e della cultura una sorgente di bellezza che può divenire strumento di riflessione e accrescimento dell’individuo, specialmente dopo un periodo come quello appena vissuto.
Informazioni per la mostra
Orari:
dal 10 ottobre 2020 al 31 gennaio 2021
da martedì a domenica dalle 10:00 alle 18:00
Informazioni:
www.musei.comune.cremona.it - [email protected] - 0372/407770
www.turismocremona.it - [email protected] - 0372/407081
Prenotazioni:
www.musei.comune.cremona.it - [email protected] - 0372/407770
Biglietti:
acquistabili presso la sede del Museo Civico "Ala Ponzone” e online su www.vivaticket.it
Intero: € 7,00 Ridotto: € 5,00
Visite guidate:
è possibile prenotare gratuitamente una visita guidata alla mostra
mercoledì e venerdì - ore 16.00
sabato e domenica - ore 11,00, 14.30, 16.30
prenotazione obbligatoria - massimo 10 persone per gruppo
Visite guidate gruppi:
I gruppi devono prenotare obbligatoriamente l’ingresso. Ogni gruppo potrà essere di massimo 10 persone. Per i gruppi più numerosi, il museo mette a disposizione gratuitamente una seconda guida per permettere l’accesso contingentato del gruppo diviso. Per usufruire di questa opportunità è necessario prenotare almeno una settimana prima tramite la biglietteria. Tutti i gruppi con guida dovranno essere dotati di radiomicrofono. Nel caso non ne fossero provvisti è possibile noleggiarlo al costo di 3€ a persona.
Catalogo:
Editore Bolis. Prezzo di vendita 38€
In vendita presso il bookshop della mostra a 30€
VAN GOGH I COLORI DELLA VITA
Recensione mostra "Van Gogh i colori della vita" a cura di Mattia Tridello
Introduzione
“Van Gogh non era pazzo”. Con questa breve ma intensa frase Marco Goldin (curatore della mostra) apre gli esiti delle ricerche e del lungo studio svolto sull’opera di uno dei più famosi artisti della storia dell’arte, di un personaggio per troppo tempo rilegato alla figura del genio matto e tormentato che ora, grazie alla mostra in oggetto, potrà essere osservato da un taglio inedito e ben più veritiero. Van Gogh, infatti, se si dovesse usare una metafora, fu come Icaro: si avvicinò in fretta al sole per carpirne, intravederne e comprenderne le cromie dell’umanità, con il suo abile pennello intrise di viva materia la tela facendone scaturire visioni di incredibile bellezza e autentica sperimentazione coloristica. Rimase attaccato a quel bagliore dorato delle soleggiate giornate vissute tra i campi di grano, a quelle ore passate accanto ai covoni, a quelle spighe che tanto appassionatamente raffigurò. Ancora, vedendo i suoi quadri, lo si può immaginare mentre errante passeggia con il suo cavalletto sulle spalle, attraversa distese assolate, colline, paesi e città riposandosi sotto il bagliore delle stelle del firmamento. Van Gogh, dunque, non era un semplice artista pazzo, ma fu un abile tessitore delle vicende della vita tramite quel colore che mai nessuno, prima di lui, seppe così egregiamente interpretare e rendere proprio.
In questa cornice si apre il 10 Ottobre, per chiudersi l’11 Aprile 2021, dopo una trepidante attesa, la mostra “Van Gogh, i colori della vita” presso il Centro culturale San Gaetano di Padova. Fornita di ben 82 capolavori del maestro olandese, l’esposizione apre i battenti dopo un lungo periodo di chiusura che a ha più volte messo in discussione l’affermarsi e la conferma dell’evento stesso. Tuttavia, trovarsi a distanza ravvicinata con alcune delle più conosciute opere dell’artista implica una domanda da porsi circa la loro presenza in una città antica e assai ricca di cultura come Padova. Ebbene, potrà risultare sorprendente ma è proprio lo stesso Van Gogh a raccontarlo dopo aver letto un articolo, indicatogli dal fratello Theo, sulla rivista “Dei due mondi”. In esso si narrava della visita che Boccaccio fece a Francesco Petrarca proprio a Padova presso la casa, accanto al Duomo, di quest’ultimo. Durante l’incontro i due capisaldi della letteratura italiana si intrattennero a conversare nel giardino dell’abitazione. Immaginando una situazione simile, pochi mesi prima dell’arrivo di Gauguin, Van Gogh volle ricreare alcuni quadri con vedute di giardini per arredare la futura stanza dell’amico, sperando che anche loro avrebbero potuto dialogare in serena tranquillità come i due poeti italiani. Comprendere, quindi, come l’artista avesse già avuto conoscenze della città veneta, permette all’esposizione di inserirsi non a caso nel tessuto culturale cittadino, anzi di essere un punto di riferimento per i visitatori e i turisti in cerca di una mostra che non sia solo un arido elenco di quadri ma un racconto cronologico della vita, attraverso la pittura, dell’artista olandese. Per questo motivo l’itinerario proposto mira a ricostruire non un unico tema, ma anzi un preciso e dettagliato percorso, l’intero cammino dell’attività di Van Gogh, concentrandosi dagli inizi fino alle ultime opere realizzate poco prima della scomparsa. L’ottantina di quadri e disegni riuniti eccezionalmente al San Gaetano sono frutto di importanti prestiti concessi da alcuni dei più autorevoli musei vangoghiani del mondo, basti citare il Van Gogh Museum di Amsterdam e il Kröller-Müller Museum di Otterlo. Avere la possibilità di visitare la mostra permette al visitatore, quindi, di immergersi nel racconto della vita dell’artista tramite la sottile ma fulgida narrazione di alcuni dei più famosi capolavori che, straordinariamente, sono visibili in una sede diversa da quella olandese, in un luogo che per la prima volta li riunisce e ne permette l’osservazione, concedendo così al visitatore di instaurare un rapporto diretto con ciò che fu, divenne e continuerà ad essere Van Gogh.
Il percorso di visita
Giunti al primo piano della sede espositiva, la mostra si presenta suddivisa in 7 sale che ricostruiscono cronologicamente la formazione e le tappe che diedero una significativa svolta all’opera pittorica dell’artista tramite una successione di disegni e quadri intervallati da alcune citazioni dal vasto e ricco epistolario intrattenuto da Vincent con il fratello Theo. Per consentire e garantire una visita in sicurezza, oltre agli ingressi scaglionati, la visita nelle prime sale è contingentata e prevede un tempo massimo di permanenza.
Sala 1
La prima sala della mostra si presenta al visitatore con un quadro riprodotto ma non più esistente. Si tratta dell’opera intitolata “Il pittore sulla strada di Tarascona” (Fig. 1), che venne distrutta da un bombardamento alleato su Magdeburgo durante la Seconda Guerra Mondiale. Il quadro, raffigurante lo stesso Vincent mentre è intento ad attraversare eroicamente la campagna di Arles per andare incontro al suo quotidiano lavoro, segnò e influenzò indelebilmente uno dei più importanti e innovativi artisti del secolo scorso, Francis Bacon, che decise di ispirarsi a quest’ultimo capolavoro per crearne ben sei reinterpretazioni, tre delle quali sono esposte proprio in mostra (Fig. 2).
Fig. 1: “Il pittore sulla strada di Tarascona” (perduto)
Le grandiose tele del pittore statunitense, realizzate tra la fine del 1956 e l’inizio del 1957, sono volte proprio ad enfatizzare la figura eroica di un uomo, Van Gogh, che in controcorrente e con uno stile personalissimo affrontò con i suoi colori l’esistenza terrena.
Fig. 2: Sala 1
Sale 2-3
La seconda e la terza sezione dell’esposizione (Fig. 3-4), attente nel ricostruire i primi approcci di Van Gogh con il disegno, mettono in luce il percorso molto breve (1880-1881) che vide l’artista cimentarsi con i primi schizzi realizzati al di fuori delle lettere indirizzate al fratello. Proprio nel medesimo periodo di soggiorno tra le miniere di carbone della zona del Borinage in Belgio, si assiste alla ripresa dell’epistolario con Theo che, precedentemente, aveva subito una battuta d’arresto. In una lettera Van Gogh comunica chiaramente, anche visto l’impegno utilizzato per i suoi primi disegni ispirati alla vita quotidiana, la volontà di compiere il mestiere dell’artista nella vita.
Sala 4
L’itinerario di formazione dell’artista olandese prosegue nella quarta sala (Fig. 5) dove, investigando il periodo trascorso da quest’ultimo a Nuenen nel Brabante, possono essere osservati i primi lavori che mostrano una maggiore affinità con il disegno e permettono di comprendere come l’artista, affascinato dalla teoria del colore di Charles Blanc, inizi a sperimentare il primo uso dei colori complementari. Tuttavia, almeno per questo periodo, Van Gogh continua ad essere legato alla narrazione degli episodi della vita giornaliera di contadini e tessitori, anticipando sia nello stile che nella scelta dei temi la pittura dei “Mangiatori di patate” (Fig. 6-7).
Dopo un breve soggiorno di tre mesi ad Anversa, Van Gogh si trasferisce finalmente a Parigi nel 1886, più precisamente a Montmartre, dove risiedeva il fratello, interrompendo per ovvi motivi la corrispondenza con lui e privandoci del racconto quotidiano della sua vita nella capitale francese. Quest’ultima, tuttavia, oltre ad essere teatro di scambio di influenze artistiche, sarà il luogo in cui Vincent vedrà per la prima volta dal vero un quadro impressionista. La vivida, nuova interpretazione della realtà portata avanti da esponenti quali Gauguin, Seurat e Signat (in sala sono esposte alcune tele) influenzerà profondamente la pittura del giovane olandese tanto da farne scaturire capolavori assoluti della sua neonata cifra stilistica, opere che sono esposte eccezionalmente in questa sezione (Fig. 8. Tra quest’ultime non si può non citare il celeberrimo “Autoritratto con il cappello di feltro” (Fig. 9) che, nella sua piccola dimensione, costituisce un punto di riferimento all’interno dell’esposizione stessa.
Sala 6
Il 19 Febbraio 1888 Van Gogh lascia Parigi per recarsi, alla ricerca del caldo sole del sud, ad Arles. I quindici mesi trascorsi nella cittadina furono determinanti per l’affermazione dello stile coloristico dell’artista. Sotto la luce del paese egli iniziò ad affrontare in pittura numerosi e svariati temi, da quelli legati alle nature morte e ai fiori a quelli ritrattistici ispirati, per lo più, alle poche persone che egli conosceva e con cui aveva stretto qualche contatto. Non a caso la sala (Fig. 10) vanta la successione dei quadri raffiguranti i cosiddetti “Amici di Arles”, tra questi, il postino Roulin (Fig. 11) e i coniugi titolari del Cafè de la Gare in Place Lamartine ubicato sotto l’abitazione di Van Gogh (Fig. 12).
Nella sala trova spazio anche un interessante confronto che permette di comprendere come l’artista non sia stato influenzato solamente dallo stile impressionista e post-impressionista, bensì anche da i grandi maestri realisti del passato come Millet. Non a caso proprio un quadro di quest’ultimo è stato collocato vicino all’opera intitolata “il seminatore” di Van Gogh (Fig. 13).
Fig. 13: il seminatore
Il periodo trascorso tra la città e i suoi dintorni venne segnato e caratterizzato dalla permanenza, dal 23 Ottobre al 23 Dicembre 1888, di Paul Gauguin. Gli esiti del contrastato rapporto di amicizia tra i due artisti si concretizzarono in una crisi profonda che coinvolse Van Gogh fino al famoso taglio dell’orecchio e alla decisione autonoma di rifugiarsi nell’istituto di malattie mentali di Saint- Remy.
Sala 7:
Gli ultimi quindici mesi dell’esistenza del tormentato ma geniale Van Gogh, dal Maggio del 1889 alla fine di Luglio del 1890, trascorsero prevalentemente sotto i cieli di Saint-Remy. Il periodo di un anno trascorso tra le mura della casa di cura per malattie mentali di Saint-Paul-de-Mausole, nel medesimo paese, costituisce sì un periodo intenso e complicato costellato da ben quattro crisi, ma anche un’incredibile stagione di puro colorismo che, attraverso i quadri ritraenti i covoni di grano (Fig. 14-15) e le nubi dense ma bianche e languide, costituiscono il testamento spirituale dell’artista. Gli ultimi 70 giorni della sua esistenza combaciano con la piena adesione al nuovo stile, una pittura carica di materia ma altamente luminosa e vibrante nelle forme, nuova nelle dimensioni e sorprendentemente vivace nei colori. La parte finale della sala è volta quindi, tramite pannelli fotografici, ad illustrare i campi di grano e quei paesaggi che accompagnarono Van Gogh fino alla morte, fino a quella tomba che, non a caso, è riprodotta sull’ultima parete dell’esposizione.
Quella lastra che custodisce il corpo di uno dei più geniali artisti del XIX secolo ancora alimenta e continua ad emanare intense suggestioni che mai smetteranno di essere accolte. Un esempio è ancora il fascino che la pittura di Van Gogh ha esercitato su una serie di artisti contemporanei che, in concomitanza con la mostra, hanno realizzato alcune reinterpretazione dell’opera vangoghiana tramite quadri, disegni e addirittura capi d’abbigliamento. Questo dunque non è altro che il chiaro, indiscutibile risultato dell’eredità culturale e pittorica che l’artista olandese ci ha lasciato, di quell’intimo e profondo sentimento umano che nei suoi quadri ha voluto far trasparire, di quel girasole che, sulla sua tomba, evoca e continuerà per l’eternità a tramandare il testamento di una vita, il colore.
Informazioni per la visita:
VAN GOGH. I COLORI DELLA VITA
Padova, Centro San Gaetano
10 ottobre 2020 - 11 aprile 2021
CALL CENTER PER INFO E PRENOTAZIONI
TEL 0422 429999
[email protected]
E' VIVAMENTE CONSIGLIATA LA PRENOTAZIONE
PER LA MIGLIORE GESTIONE DEGLI INGRESSI IN MOSTRA
ORARIO MOSTRA
(ultimo ingresso 70 minuti prima della chiusura)
da lunedì a giovedì: 10 - 18
venerdì: 10 - 19
sabato: 9 - 20
domenica: 9 – 19
BIGLIETTI
(prezzi comprensivi di diritto di prenotazione)
Intero € 17,00
Ridotto € 14,00 studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni, giornalisti con tesserino
Ridotto € 11,00 minorenni (6-17 anni)
BIGLIETTI CON VISITA GUIDATA
(prezzi comprensivi di diritto di prenotazione)
Intero € 24,00
Ridotto € 21,00 studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni, giornalisti con tesserino
Ridotto € 18,00 minorenni (6-17 anni)
Per i titolari di biglietto gratuito (bambini fino a 5 anni compiuti - accompagnatore di persone non abili) la visita guidata resta a pagamento (€ 7).
GRUPPI
(15 persone)
Intero € 13,00
Ridotto € 10,00 minorenni (6-17 anni)
SCUOLE
Le scuole interessate a una visita guidata sono pregate di contattare, a partire dall'1 settembre, il nostro call center (0422 429999 - [email protected]).
INGRESSO GRATUITO
Bambini fino a 5 anni compiuti, accompagnatore di persone non abili.
Per i disabili che necessitino di accompagnatore e per chi accompagna in mostra bambini fino a 5 anni, è necessario fare la prenotazione tramite call center 0422 429999.