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Recensione mostra “La mano che crea” a cura di Mattia Tridello

Ugo Zannoni, 1836-1919;

 Scultore, collezionista e mecenate;

“Sotto la man che crea

Non tremava il tuo giovine scalpello,

Quando t’apparve alla feconda idea

Tutto avvolto nel suo bruno mantello,

Il divino sembiante

Della grande e sdegnosa ombra di Dante?”

P. Antonibon, Dante scolpito da Ugo Zannoni, Verona 1865

 

Dante, con sguardo austero, occhi severi e compostezza monumentale, dall’alto del suo piedistallo, guarda da più di 150 anni l’inesorabile e continuo flusso di persone che transitano in Piazza dei Signori, nel luogo che, dal 1865, è diventato la sua sede (Fig. 1-1a). Portandosi la mano al mento, in atteggiamento pensoso, riflette. Sotto di lui, tra un vociferare continuo, espressioni incuriosite e volti di turisti lo ammirano, chi per immortalarlo in qualche foto ricordo, chi, invece, per riservargli una modesta e fuggitiva occhiata. L’Alighieri, tuttavia, continua nel fissare l’eternità, rimane staticamente nella sua posizione, ben consapevole del valore che essa assunse per l’affermazione patriottica di un paese, nell’affermazione di un artista giovanissimo che, a soli vent’anni, con mano vigorosa e forte lo scolpì nel marmo, lo impresse nella memoria dei veronesi che, resistendo all’invasore, videro in questo l’esecutore del più riuscito tributo al padre della lingua italiana. Risulta dunque veramente difficile trovare un artista come l’autore della statua, Ugo Zannoni, così in stretta simbiosi con la storia e l’evoluzione della propria città, capace di aver instaurato un legame forte tanto da farne un indissolubile caposaldo del sistema museale e espositivo veronese.

“La mano che crea”: la mostra su Ugo Zannoni

La mostra “La mano che crea”, che dal 27 giugno 2020 al 31 gennaio 2021 si apre alla Galleria d’Arte Moderna di Verona, si propone come un’eccezionale e straordinaria opportunità di riscoprire il lato meno noto e per tempo sottovalutato della fondamentale figura dello scultore, veronese d’origine ma milanese d’adozione. Zannoni, infatti, dopo i primi studi all’Accademia di Venezia, ben presto si trasferisce nel tumultuoso e dinamico clima della capitale del Regno Lombardo- Veneto, Milano. Ammesso all’Accademia di Brera egli iniziò a maturare un gusto decorativo inseribile nella cosiddetta “Scuola milanese”, figlio del suo tempo, l’artista si appropriò di uno stile ambivalente: realista nell’interpretazione dei monumenti civili ma incline a un naturalismo descrittivo di ispirazione neo-settecentesca nei soggetti di genere che componevano le sue collezioni private. Non stupisce dunque che le sue prime opere, stimolate dalla volontà di risvegliare la città natale dal torpore nel quale si era addormentata, ebbero notevole e precoce successo tanto da rinforzare, nel suo intimo più profondo, un sentimento municipalistico protettivo e affettuoso nei confronti della città di famiglia, un affetto unico che si tramutò in investimenti e generosi lasciti per il costruirsi di un’identità museale, di una realtà che ancora oggi esiste, il Museo Civico.

Storia della donazione artistica di Zannoni alla base de “La mano che crea”

Anche se, nella storia secolare di collezionisti e mecenati, Verona fu sempre ricca di donazioni che andavano a ingrandire le raccolte museali, nessuna di quest’ultime fu tanto cospicua e ampia come quella che, a diverse riprese, Zannoni generosamente lasciò ai posteri. Dopo un primo lascito di 35 sculture del suo atelier e ben 83 dipinti di autori principalmente lombardi, lo scultore, insieme all’avvocato Zenati, diede inizio a un grandioso progetto espositivo che prevedeva la riorganizzazione dei beni comunali e la creazione di un “sala risorgimentale” (in linea con l’illuminato mecenatismo altolocato ottocentesco) a Palazzo Pompei (all’epoca sede del Museo Civico)  per ospitare l’ingente raccolta artistica messa a disposizione dai due donatori. Le sale, aperte il 1 Maggio 1908, riscossero immediato consenso anche dalle autorità civili il sindaco, Luigi Bellini Carnesali, si congratulò personalmente con Zannoni e i suoi colleghi per “il nobile amore e l’assidua opera” prestata per il riallestimento delle raccolte cittadine. La riconoscenza iniziale degli amministratori comunali, tuttavia, non fu sufficiente negli anni successivi ad assicurare la fortuna tanto sperata alle opere lasciate dallo scultore. Il motivo storiografico principale lo si può desumere dal fatto che Zannoni, come accennato in precedenza, apparteneva a una generazione di scultori italiani sottovalutata dalla critica filo-francese dell’epoca. Questa, prediligendo le nuove sperimentazioni plastiche di Rodin e Boccioni, finì per far oscurare le collezioni donate tanto che, arrivate nel 1916 al totale complessivo di all’incirca quattrocento e più beni, iniziarono ad essere parzialmente dimenticate e celate nei depositi. Gli unici pezzi che continuarono ad essere esposti permanentemente furono gli immancabili successi scultorei giovanili quali il modello in bronzo della statua di Dante e le graziose statuine dedicate al tema infantile. L’esposizione si pone quindi come la prima vera e concreta rivalutazione artistica dell’opera di Zannoni a livello sia personale che di commissione e donazione, si mostra al visitatore un affascinante retroscena sul gusto decorativo e collezionistico otto-novecentesco, dà modo di rileggere, nell’attualità moderna, il contributo fondamentale portato dall’artista nella concezione museale stessa, nell’anticipare e esprimere il ruolo, in primis educativo, che assume l’arte e la contemplazione della bellezza. Non a caso la mostra si arricchisce, proprio per tale motivo, di un’attività che non ha avuto precedenti così riusciti nella storia espositiva veronese, di un laboratorio formativo.

Quest’ultimo ha aperto le porte a studenti e professori delle realtà universitarie e accademiche cittadine permettendo loro di cimentarsi e essere coinvolti, accanto allo staff museale, nelle attività di cura delle collezioni, nella sperimentazione di ciò che avviene dietro le quinte, prima, durante e dopo l’apertura pubblica. Anche in questo non manca di certo l’influenza del protagonista dell’esposizione, Zanoni, infatti, sebbene fosse stato molte volte invitato a insegnare presso l’Accademia di Brera, tra il 1904 e il 1915, nell’ultimo periodo di vita, si dedicò con impegno e dedizione all’insegnamento in una scuola a portata di tutti, alla Scuola del Patronato operaio istituita dai padri Stimmatini di Verona.  L’umanità autentica unita al messaggio educativo che l’artista voleva presente nelle sue raccolte senz’altro riecheggia egregiamente nelle tre sale della mostra “La mano che crea” e si fa ancor più presente nell’animo di coloro che sapranno gustarla col cuore, prima ancora che con gli occhi.

Il percorso espositivo: il laboratorio-mostra “La mano che crea”

Il laboratorio-mostra si svolge in sette tappe articolate tra la grande Sala orientale del Palazzo della Ragione, lo spazio antistante l’antica Cappella dei Notai e la Sala degli Scacchi.

Per il percorso sono state selezionate 83 opere d’arte delle 212 provenienti dalle donazioni disposte da Ugo Zannoni dal 1905 al 1919.

Ingresso all’esposizione. “La mano che crea”

L’ingresso alla mostra “La mano che crea” avviene tramite un locale voltato nel quale, per introdurre la figura di Ugo Zannoni e il tema del mecenatismo, sono esposti tre busti-ritratto: il primo (Fig. 2) , opera dei fratelli Carlo e Attilio Spazzi, ritrae Ugo Zannoni e fu donato da Achille Forti per l’inaugurazione, l’1 maggio 1908, delle nuove “Sale Zannoni” e “Sale d’arte moderna” del Museo Civico all’epoca nella sede di Palazzo Pompei citata in precedenza. Gli altri due busti presenti (Fig. 3) furono scolpiti in marmo da Zannoni su commissione del Comune di Verona, quale omaggio a Giulio Pompei e a Cesare Bernasconi, due dei protagonisti del primo periodo di incremento delle raccolte artistiche del Museo Civico.

La Sala orientale

Lo spazio complessivo della mostra “La mano che crea” si articola principalmente nella Sala orientale del Palazzo della Ragione. Il vasto ambiente, per l’occasione, risulta diviso, tramite pannelli mobili, in tre differenti sezioni, ciascuna con colori e allestimenti diversi pensati appositamente per rievocare, con l’ausilio di gigantografie di foto d’epoca, determinati luoghi cari e significativi alla figura di Zannoni.

SEZIONE 1, prima sala

La prima sezione della mostra, tramite la gigantografia di una foto d’epoca ritraente l’atelier dello scultore presso la Scuola di Plastica del Patronato operaio degli Stimmatini dove egli insegnò dal 1904 al 1915), mira a ricreare l’ambiente di lavoro e di esposizione delle opere, proprie o acquistate, dello scultore (Fig. 4). Ecco quindi che, insieme ai capolavori che lo resero celebre, come il modello bronzeo della statua di Dante (Fig. 5) o i busti di personaggi illustri del “Pantheon veronese” si susseguono alcune opere di gusto rinascimentale di proprietà di Zannoni e fonti di numerosi riferimenti stilistici, un esempio ne è il “Cristo uomo dei dolori” di Paolo Farinati (artista veronese attivo tra il 1524 e il 1606) (Fig. 6). Alla sinistra dell’entrata sono esposte, invece, raccolte dell’artista di epoca più recente, le statuine di vario genere realizzate da Alessandro Puttinati (Fig. 7) e il “Cesare Beccaria” di Giuseppe Grandi ne sono parte.

Fig. 7

SEZIONE 2, seconda sala

La seconda sezione, con grafiche e colori diversi, cerca di riprodurre gli interni di una tipica casa borghese di fine Ottocento. Come è riscontrabile in foto o rappresentazioni d’epoca, le abitazioni del tempo non disponevano di veri e propri spazi dedicati esclusivamente all’esposizione dei quadri e delle statue di famiglia, perciò quest’ultimi venivano collocati negli ambienti di maggiore frequentazione quotidiana, si pensi alle sale da pranzo e ai salotti. Con questo intento si è ricreata un’ipotetica stanza nella quale sono presenti opere di diversi autori e tipologie, di proprietà di Zannoni, probabilmente esposte nella casa di quest’ultimo (Fig. 8a – 8b).  Ad arricchire l’ambiente concorre una scrivania d’epoca che funge da supporto per alcune graziose statuette, come l’opera autografa dell’artista, la “Carità”(Fig. 9). A far immedesimare il visitatore sopraggiungono anche le dimensioni, minute e per lo più orizzontali, dei dipinti presenti: si veda, ad esempio, “Lezione a memoria” di Roberto Fontana (Fig.10).

SEZIONE 3, terza sala

Il 1 Maggio 1908 vennero ufficialmente inaugurate le due sale di ri-allestimento della collezione del Museo Civico, all’epoca nella sede di Palazzo Pompei. La terza e ultima sezione espositiva (Fig. 11) cerca, quindi, tramite la riproduzione di una gigantografia di una foto d’epoca scattata all’interno della “sala Zannoni”, di riprodurre il clima che respiravano i visitatori novecenteschi in quell’ambiente, circondati da opere notevoli, presenti ieri come oggi, nelle collezioni civiche (Fig. 12). Ne sono un esempio il “Ritratto di Ugo Zannoni” di Angelo Dall’Oca Bianca (Fig. 12, destra) oppure i gruppi statuari di genere rappresentanti figure sia a tutto tondo che mezzi busti di giovani e aggraziate spose, da notare la complicata ma magistrale lavorazione dei merletti e dei pizzi dei veli delle acconciature (Fig. 13). Un accurato e veramente apprezzabile studio grafico sull’aspetto delle originarie sale novecentesche ha influenzato l’allestimento dell’ultima sezione che, non a caso, presenta nella parte alta della parete alcuni fregi a motivi vegetali simili a quelli presenti in prossimità del soffitto negli ambienti di Palazzo Pompei (Fig. 14).

Termine della visita

Terminata la visita dell’ultima sezione della mostra “La mano che crea”, seguendo le indicazioni per l’uscita, si viene introdotti in un ampio ambiente che ospita, oltre a filmati che testimoniano la presenza viva e attuale del collezionismo e del relativo mecenatismo, una suggestiva linea del tempo illustrata (Fig. 15) realizzata, nel corso dell’esperienza laboratoriale, dagli studenti della realtà universitaria e dell’Accademia di Belle Arti di Verona. La rappresentazione, ripercorrendo le tappe fondamentali e principali della secolare storia collezionistica veronese, dal ‘700 fino al ‘900 , conclude cronologicamente l’itinerario artistico nel Palazzo della Ragione.

Fig. 15

Giunge alla fine un viaggio retrospettivo e veramente inedito nella figura di Ugo Zannoni, nell’immagine virtuosa e generosa di uno dei principali fautori di un patrimonio artistico unico, di un corpus pittorico e scultoreo che trae le sue radici nell’incondizionato amore dell’artista alla sua città natale, alla terra che ne vide l’evoluzione. Dai primi successi all’ardore patriottico, dalle donazioni alla riorganizzazione del Museo Civico, dal giovane irrefrenabile scultore alla mano paziente e abile nell’allestire spazi d’arte, nel creare luoghi dell’animo in cui piantare i semi dell’amore verso il sentimento del “bello”. Zannoni ha lanciato un seme che ora, germogliando, viene riscoperto, torna alla luce per essere di nuovo da noi tutti apprezzato, alimentato e tramandato alle generazioni future.

 

Informazioni per la visita

Mostra “La mano che crea”, dal 27 giugno 2020 al 31 gennaio 2021

Galleria d’Arte Moderna Achille Forti – Palazzo della Ragione

Cortile Mercato Vecchio 6 – Verona

Tel. 045 8001903

www.gam.comune.verona.it

 

Orario

Da martedì a domenica 11 -17

Lunedì chiuso

Ultimo ingresso ore 16.15

 

SABATO 27 e DOMENICA 28 giugno 2020 INGRESSO SPECIALE 1 euro

 

BIGLIETTERIA

La biglietteria presso la Galleria d’Arte Moderna è attiva.

Il biglietto può essere acquistato anche online su museiverona.com, prenotando anche l’orario di ingresso.

 

Biglietto Galleria d’Arte Moderna

Intero: 4,00 €

Ridotto: 2,5 €

scolaresche: € 1,00

Hanno diritto al biglietto ridotto: gruppi superiori a 15 persone; ragazzi dagli 8 ai 14 anni; studenti dai 14 ai 30 anni (con tessera studenti o libretto universitario); adulti oltre i 60 anni di età; possessori delle apposite convenzioni.

 

Ingresso gratuito: bambini fino a 7 anni, residenti nel Comune di Verona con più di 65 anni, portatori di handicap e accompagnatori, insegnanti accompagnatori di scolaresche (due per ogni classe indipendentemente dal numero di studenti).

 

Biglietto cumulativo Galleria d’Arte Moderna Achille Forti + Torre dei Lamberti

Intero: 8,00 €

Ridotto: 5,00€

scolaresche: € 1,00

Hanno diritto al ridotto: gruppi superiori a 15 persone, studenti dai 14 ai 30 anni (con tessera studenti o libretto universitario), adulti oltre i 60 anni di età, possessori delle apposite convenzioni ingresso gratuito: anziani (over 65) residenti nel Comune di Verona, portatori di handicap e loro accompagnatori, bambini fino a 7 anni, insegnanti accompagnatori di scolaresche (due per ogni classe indipendentemente dal numero di studenti) con HYPERLINK “https://gam.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=38678″VeronaCard

 

Le semplici regole per una buona visita sono disponibili sul sito museicivici.comune.verona.it

 

Bookshop

Il bookshop del museo è fornito di pubblicazioni e oggetti di design

Servizio di biglietteria e bookshop

Rear soc. coop.

 

Catalogo

Panini Editore

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