MOSTRE IN ITALIA REGIONE PER REGIONE
A cura di Mirco Guarnieri
Una panoramica delle mostre in Italia, con le varie iniziative presenti sul territorio nazionale divise per regione.
MOSTRE IN ITALIA: NORD ITALIA
Valle d’Aosta
L’adieu Des Glaciers, Il Monte Rosa: Ricerca Fotografica E Scientifica
Dal 1 Agosto 2020 - 6 Gennaio 2021
Forte di Bard, Bard (AO)
Attraverso le Alpi: un racconto fotografico delle trasformazioni del paesaggio alpino
Dal 19 Settembre 2020 - 1 Novembre 2020
Forte di Bard, Bard (AO)
La montagna titanica di Renato Chabod
Dal 29 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Forte di Bard, Bard.
Mostra Impressionismo tedesco, Liebermann, Slevogt, Corinth dal Landesmuseum di Hannover
Dal 11 Luglio 2020 - 25 Ottobre 2020
Museo Archeologico Regionale, Aosta.
Piemonte
HERBARIUM VAGANS
Dal 13 Settembre 2020 - 11 Ottobre 2020
Orto San Giulio, Novara
Ameno, Novara
Miasino, Novara
Cina. Rivoluzione – Evoluzione. Manifesti della propaganda (1949 – 1983)
Dal 18 Settembre 2020 - 1 Novembre 2020
Istituto Garuzzo per le Arti Visive, Castiglia, Salita al Castello, Saluzzo (CN)
IMPRESSIONISTI. SEGNI E DISEGNI
Dal 18 Luglio 2020 - 1 Novembre 2020
Aula Picta, Barolo (CN)
FILIPPO DI SAMBUY. IL LIBRO DELLO SPLENDORE (ZOHAR), MONOTIPI E ACQUERELLI
Dal 17 Settembre 2020 - 5 Novembre 2020
Museo della Ceramica, Mondovì (CN)
ASTI, CITTÀ DEGLI ARAZZI
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Mazzetti, Asti
SERGIO UNIA. INCONTRARE LA FORMA
Dal 19 Settembre 2020 - 1 Novembre 2020
Castello di Monastero Bormida, Monastero Bormida (AT)
CAPA IN COLOR
Dal 26 Settembre 2020 - 31 Gennaio -2021
Musei Reali - Sale Chiablese, Torino
WORKS ON PAPER
Dal 22 Settembre 2020 - 24 Ottobre 2020
Galleria d’Arte Roccatre, Torino
Novecento in Cortile. Omaggio ai grandi maestri della scultura contemporanea
Dall’8 Luglio 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Arti Decorative Accorsi-Ometto, Torino.
Lombardia
Divine e avanguardie. Le donne nell’arte russa
Dal 28 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Palazzo Reale, Milano
FASCINO SENZA TEMPO. LA BELLEZZA FEMMINILE A MILANO NEI SECOLI
Dal 15 Settembre 2020 - 31 Dicembre 2020
Antiquarium “Alda Levi, Milano
FRIDA KAHLO. IL CAOS DENTRO
Dal 10 Ottobre 2020 - 28 Marzo 2021
Fabbrica del Vapore, Milano
L’ESERCITO DI TERRACOTTA E IL PRIMO IMPERATORE DELLA CINA
Dal 12 Settembre 2020 - 18 Ottobre 2020
Fabbrica del Vapore, Milano
NANDA VIGO - PRIVATE COLLECTION
Dal 6 Ottobre - 31 Dicembre 2020
Museo San Fedele, Milano
TIEPOLO. MILANO, VENEZIA, L'EUROPA
Dal 29 Ottobre 2020 - 21 Marzo 2021
Gallerie d'Italia, Milano
SOTTO IL CIELO DI NUT. EGITTO DIVINO
Dal 30 Maggio 2020 - 20 Dicembre 2020
Civico Museo Archeologico, Milano
TIZIANO IN BERGAMO
Dal 4 Settembre 2020 - 26 Ottobre 2020
Accademia Carrara, Bergamo
ORAZIO GENTILESCHI. LA FUGA IN EGITTO E ALTRE STORIE
Dal 10 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Pinacoteca Ala Ponzone, Cremona
RAFFAELLO TRAMA E ORDITO. GLI ARAZZI DI PALAZZO DUCALE A MANTOVA
Dal 24 Ottobre 2020 - 7 Febbraio 2021
Palazzo Ducale, Mantova
LA SCAPIGLIATURA. UNA GENERAZIONE CONTRO
Dal 19 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo delle Paure, Lecco
Gauguin, Matisse, Chagall. La passione nell’arte francese dai Musei Vaticani
Dal 21 Febbraio 2020 - 4 Ottobre 2020
Museo Diocesano Carlo Maria Martini, Milano
Royal Dalì
Dal 7 Dicembre 2019 - 7 Dicembre 2021
Villa Reale, Monza
Trentino Alto-Adige
RAFFAELLO. CAPOLAVORI TESSUTI
Dal 10 Ottobre - 15 Dicembre 2020
Centro Trevi, Bolzano
L'ALTRO CONTEMPORANEO. CARAVAGGIO | BOLDINI | DEPERO
Dal 9 Ottobre 2020 - 28 Febbraio 2021
Dal 9 Ottobre 2020 - 4 Dicembre 2020 - Caravaggio
MarT, Rovereto
Le Collezioni. L'invenzione del moderno e l'irruzione del contemporaneo
2 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MarT, Rovereto (TN)
Le cinque chiavi gotiche e altre meraviglie
Dal 13 Giugno 2020 - 29 Novembre 2020
Palazzo Assessorile, Cles
Rembrandt Il Gran Virtuoso
Dal 21 Luglio 2020 - 1 Novembre 2020
Castel Caldes, Caldes (TN)
Veneto
I MACCHIAIOLI. CAPOLAVORI DELL’ITALIA CHE RISORGE
Dal 24 Ottobre 2020 - 18 Aprile 2021
Palazzo Zabarella, Padova
6/900 DA MAGNASCO A FONTANA. DIALOGO TRA COLLEZIONI
Dal 17 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Museo di Villa Bassi Rathgeb, Abano Terme (PD)
VAN GOGH. I COLORI DELLA VITA
Dal 10 Ottobre 2020 - 11 Aprile 2021
Centro Altinate San Gaetano, Padova
1910-1940: LA RIVOLUZIONE SILENZIOSA DELL’ARTE IN VENETO, DA GINO ROSSI, A GUIDI E DE PISIS
Dal 12 Settembre 2020 - 27 Dicembre 2020
Villa Ancillotto, Treviso
IL RACCONTO DELLA MONTAGNA NELLA PITTURA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
Dal 12 Giugno 2020 - 8 Dicembre 2020
Palazzo Sarcinelli, Conegliano (TV)
FUTURO. ARTE E SOCIETÀ DAGLI ANNI SESSANTA A DOMANI
Dall'8 Ottobre 2020 - 7 Febbraio 2021
Gallerie d'Italia, Vicenza
Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo
Dal 21 Giugno 2020 - 19 Ottobre 2020
Musei Civici, Bassano del Grappa (VI)
Recensito da Storiarte qui
Marc Chagall - Anche la mia Russia mi amerà
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Roverella, Rovigo
Recensito da Storiarte qui
La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni (1836-1919) scultore, collezionista e mecenate
Dal 27 Giugno 2020 - 31 Gennaio 2021
GAM - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Palazzo della Ragione, Verona
Recensito da Storiarte qui
Friuli-Venezia Giulia
Marcello Dudovich (1878-1962). Fotografia fra arte e passione
Dal 10 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Scuderie del Castello di Miramare (TS)
Nulla è perduto
Dal 04 Luglio 2020 - 13 Dicembre 2020
Casa delle Esposizioni di Illegio, Tolmezzo (UD)
Liguria
OBEY FIDELITY. The art of shepard fairey
Dal 4 Luglio 2020 - 1 Novembre 2020
Palazzo Ducale, Genova
#UNMANIFESTOPERGENOVA
Dal 6 Agosto 2020 - 27 Novembre 2020
Villa Serra, Genova
I sensi del Mare
Dal 3 Agosto 2020 - 3 Ottobre 2020
Sedi varie, Lerici (SP)
MICHELANGELO. DIVINO ARTISTA
Dall’8 Ottobre 2020 - 24 Gennaio 2021
Palazzo Ducale, Genova
Emilia-Romagna
Guardami! Sono una storia…I Portaroli del Pitocchetto
Dal 10 Luglio 2020 - 4 Ottobre 2020
Pinacoteca Nazionale, Ferrara
Antonio Ligabue. Una vita d’artista (1899 − 1965)
Dal 31 Ottobre 2020 - 5 Aprile 2021
Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Tra simbolismo e futurismo. Gaetano Previati
Dal 6 Giugno 2020 - 27 Dicembre 2020
Castello Estense, Ferrara
Schifanoia e Francesco del Cossa. L'oro degli Estensi
Dal 2 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Schifanoia, Ferrara
ATTRAVERSARE L’IMMAGINE. DONNE E FOTOGRAFIA TRA GLI ANNI CINQUANTA E GLI ANNI OTTANTA
Dal 20 Settembre 2020 - 22 Novembre 2020
Palazzina Marfisa d’Este, Ferrara
Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna
Dal 7 Dicembre 2019 - 29 Novembre 2020
Museo Civico Archeologico, Bologna
La riscoperta di un capolavoro - Polittico Griffoni rinasce a Bologna
Dal 18 Maggio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Fava, Bologna
MONET E GLI IMPRESSIONISTI. CAPOLAVORI DAL MUSÉE MARMOTTAN MONET, PARIGI
Dal 29 Agosto 2020 - 14 Febbraio 2021
Palazzo Albergati, Bologna
INCLUSA EST FLAMMA. Ravenna 1921: Il Secentenario della morte di Dante
Dall'11 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Biblioteca Classense
Ulisse - l’arte e il mito
Dal 19 Maggio 2020 - 31 Ottobre 2020
Musei di San Domenico, Forlì
L’ultimo Romantico
Dal 12 Settembre 2020 - 13 Dicembre 2020
Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, PR
LIGABUE E VITALONI. DARE VOCE ALLA NATURA
Dal 17 Settembre 2020 - 30 Maggio 2021
Palazzo Tarasconi, Parma
Fornasetti. Theatrum Mundi
Dal 3 Giugno 2020 - 14 Febbraio 2021
Complesso monumentale della Pilotta, Parma
Incompreso - La vita di Antonio Ligabue attraverso le sue opere
Dal 6 Giugno 2020 - 8 Novembre 2020
Palazzo Bentivoglio, Gualtieri (RE)
MOSTRE IN ITALIA: CENTRO
Toscana
Dopo Caravaggio. Il Seicento Napoletano nelle Collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito
Dal 14 Dicembre 2019 - 6 Gennaio 2021
Museo Palazzo Pretorio, Prato
Il sogno di Lady Florence Phillips. La Collezione della Johannesburg Art Gallery
Dal 24 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Santa Maria della Scala, Siena
“MIO VANTO, MIO PATRIMONIO”. L’arte del ‘900 nella visione di Leone Piccioni
Dal 30 Agosto 2020 - 21 Gennaio 2021
Museo della Città, Pienza (SI)
AFFRESCHI URBANI. PIERO INCONTRA UN ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 20 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo Civico di Sansepolcro, Sansepolcro (AR)
Umbria
GIOVANNI BATTISTA PIRANESI NELLE COLLEZIONI DELLA GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA
Dal 10 Ottobre - 13 Febbraio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
Art Monsters 2020 - Contaminazioni aliene nell’Umbria contemporanea
Dal 6 Agosto 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo civico di Palazzo della Penna, Perugia
Brian Eno. Reflected
Dal 4 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
Raffaello in Umbria e la sua eredità in Accademia
Dal 18 Settembre 2020 - 6 Gennaio 2021
Palazzo Baldeschi, Perugia
Marche
BALDASSARRE CASTIGLIONE E RAFFAELLO. VOLTI E MOMENTI DELLA CIVILTÀ DI CORTE
Dal 19 Luglio 2020 - 1 Novembre 2020
Palazzo Ducale, Urbino
I MAESTRI ITALIANI DEL ‘900 IN MOSTRA PERMANENTE A FABRIANO
Dall’11 Ottobre 2015 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca Civica “Bruno Molajoli”, Fabriano (AN)
Rinascimento marchigiano - Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma
Dal 23 Luglio 2020 - 3 Novembre 2020
Palazzo del Duca, Senigallia (AN)
Made in New York, Keith Haring - Subway Drawings
23 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Campana, Osimo (AN)
Abruzzo
YOKO YAMAMOTO. GEI-SHA
Dall’11 Settembre 2020 - 22 Novembre 2020
Museo Palazzo de’ Mayo, Chieti
Lazio
I MARMI TORLONIA. COLLEZIONARE CAPOLAVORI
Dal 25 Settembre 2020 - 27 Giugno 2021
Musei Capitolini - Villa Caffarelli, Roma
IL TEMPO DI CARAVAGGIO. CAPOLAVORI DELLA COLLEZIONE DI ROBERTO LONGHI
Dal 16 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Musei Capitolini, Roma
ORAZIO BORGIANNI. UN GENIO INQUIETO NELLA ROMA DI CARAVAGGIO
Dall’11 Giugno 2020 - 1 Novembre 2021
Palazzo Barberini, Roma
Banksy - a visual protest
Dall’8 Settembre 2020 - 11 Aprile 2021
Colori degli Etruschi. Tesori in terracotta
Dall’11 Luglio 2019 - 1 Novembre 2020
Musei Capitolini alla Centrale Montemartini, Roma
Civis Civitas Civilitas. Roma antica modello di città
Dal 21 Dicembre 2019 - 18 Ottobre 2020
Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali, Roma
Aspettando l’Imperatore Monumenti, Archeologia e Urbanistica nella Roma di Napoleone 1809-1814
Dal 19 Dicembre 2019 - 25 Ottobre 2020
Museo Napoleonico, Roma
Per Gioco - La collezione dei giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina
Dal 25 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo di Roma, Roma
YAP ROME AT MAXXI 2020
Dal 1 Luglio 2020 - 25 Ottobre 2020
MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma
Andrea Galvani - la sottigliezza delle cose elevate
Dal 23 Luglio 2020 - 25 Ottobre 2020
Mattatoio, Roma
Molise
CROSSING RESIDENCY - ANGELO BELLOBONO. LINEA 1201
Dal 22 Giugno 2020 - 30 Settembre 2020
Sedi Varie, Rocchetta a Volturno, Isernia
MOSTRE IN ITALIA: SUD
Campania
NAPOLI LIBERTY. N'ARIA 'E PRIMMAVERA
Dal 25 Settembre 2020 - 24 Gennaio 2021
Gallerie d'Italia, Napoli
Gli Etruschi e il MANN
Dal 12 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MANN - Museo Archeologico Nazionale, Napoli
Santiago Calatrava - Nella Luce Di Napoli
Dal 6 Dicembre 2019 - 13 Gennaio 2021
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
MARINA ABRAMOVIĆ / ESTASI
Dal 18 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Castel dell’Ovo, Napoli
VENUSTAS. GRAZIA E BELLEZZA A POMPEI
Dal 31 Luglio 2020 - 31 Gennaio 2021
Palestra grande, Pompei (NA)
Puglia
MOVIMENTO. Il linguaggio segreto dell’anima
Dal 24 Luglio 2020 - 24 Ottobre 2020
MAT - Museo dell’Alto Tavoliere, San Severo (FG)
PhEST
Dal 7 Agosto 2020 - 1 Novembre 2020
Varie sedi, Monopoli (BA)
Circuito del contemporaneo in Puglia - INHUMAN
Dal 18 Luglio 2020 - 18 Ottobre 2020
Castello di Barletta, Barletta (BA)
Il polittico di Antonio Vivarini. Storia arte restauro
Dal 1 Marzo 2014 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, Bari
Basilicata
Enrico della Torre incisore
Dal 02 Agosto 2020 - 30 Ottobre 2020
Museo Internazionale della Grafica, Castronuovo di Sant'Andrea (PZ)
Sicilia
Sine Die. La fotografia nel tempo dell’isolamento creativo
Dal 18 Luglio 2020 - 04 Ottobre 2020
Palazzo della Cultura, Catania
RITRATTO DI IGNOTO. L'ARTISTA CHIAMATO BANKSY
Dal 7 Ottobre 2020 - 17 Gennaio 2021
Loggiato San Bartolomeo e Palazzo Trinacria, Palermo
L'ARTE DEL '900 NELLA COLLEZIONE POSABELLA
Dal 12 Aprile 2014 - 31 Dicembre 2020
Galleria Civica Giuseppe Sciortino, Monreale (PA)
DOMENICO PELLEGRINO. ERACLE. L’UOMO, IL MITO, L’EROE
Dal 5 Ottobre 2020 - 31 Gennaio 2021
Museo Mandralisca, Cefalù (PA)
IO, RENATO GUTTUSO
Dal 27 Giugno 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Civico di Noto – Ex Convento di Santa Chiara, Noto (SR)
NOVECENTO - DA PIRANDELLO A GUCCIONE - ARTISTI DI SICILIA
Dal 30 Maggio 2020 - 30 Ottobre 2020
Convitto delle Arti Noto Museum, Noto (SR)
CARLA ACCARDI – ANTONIO SANFILIPPO. L’AVVENTURA DEL SEGNO
Dal 26 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Convento del Carmine, Marsala (TP)
Sardegna
Maria Jole Serreli. A casa mia avevo tre sedie
Dal 11 Luglio 2020 - 11 Ottobre 2020
EXMA EXhibiting and Moving Arts, Cagliari
Steve Mccurry. Icons
Dal 13 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo di Città, Cagliari
Back_Up. Giovane arte in Sardegna
Dal 27 Giugno 2020 - 17 Ottobre 2020
Museo Nivola, Orani (NU)
Il regno segreto. Sardegna-Piemonte: Una visione postcoloniale
29 Maggio 2020 - 15 Novembre 2020
MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Nuoro
Narcisa Monni. Insieme a te non ci sto più
Dal 13 Agosto 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Stazione dell’Arte, Ulassai (NU)
RECENSIONE MOSTRA DI MARC CHAGALL
Recensione mostra a cura di Mattia Tridello
Introduzione. "Marc Chagall: anche la mia Russia mi amerà"
“Ciascun pittore è nato da qualche parte e anche se in seguito reagisce alle influenze di nuovi ambienti, una certa essenza, un certo profumo, del suo paese natale, persisterà per sempre nel suo lavoro”. Parole più appropriate e veritiere non poteva non scriverle Marc Chagall quando, all'interno della propria autobiografia, si accinse a raccontare gli episodi salienti della sua formazione, non solo artistica ma anche spirituale e umana. Nel vasto dipinto delle avanguardie novecentesche si inserisce quindi una figura complessa, una pennellata intrisa da numerose sfumature e impregnata da mutevoli cromatismi, un artista che non aderì formalmente alle nuove sperimentazioni pittoriche condotte da Picasso, Braque e Modigliani ma che, tuttavia, attinse da queste alcuni riferimenti per poterli tradurre nel suo linguaggio, per stemperarli e immergerli nella variopinta tavolozza della tradizione figurativa russa ed ebraica. Egli, prima ancora che Chagall, era infatti l’ebreo di tradizione chassidica Moishe Segal, il russo Mark Zacharovič Šagal. Non risulta possibile dunque poter comprender appieno l’essenza di tale pietra miliare dell’arte del ‘900 senza conoscerne prima l’origine, la provenienza, l’attaccamento personale alla terra natia, alla cultura ebraico-ortodossa che ne forgiò l’esistenza. In aiuto a questo intento giunge mirabilmente la nuova mostra “Marc Chagall, anche la mia Russia mi amerà” ospitata dal 19 Settembre 2020 al 17 Gennaio 2021 nell'incantevole cornice del quattrocentesco Palazzo Roverella nel cuore della città di Rovigo.
L’esposizione, prima in Italia ad inaugurare una così rara e ben compiuta retrospettiva sul legame di Chagall con la cultura russa, si pone senz'altro come abile excursus della pittura chagalliana e di come l’artista sia arrivato a congiungere, tramite i ricordi di infanzia e giovinezza, la ricca varietà dell’immaginario fiabesco e popolare della tradizione ebraica chassidica con la mistica spiritualità delle rappresentazioni sacre ortodosse per antonomasia, le icone. La mostra non vuole essere quindi un contenitore di quadri disposti senza logica, ma anzi un preciso percorso che si snoda attraverso le forme dei più fantastici abitanti di quelle vedute, di quei dipinti che solo Chagall seppe creare. Così facendo, l’osservatore viene accompagnato in un incredibile viaggio nel quale i più celebri simboli utilizzati dal pittore vengono investigati, spiegati, giustapposti ai corrispondenti della tradizione figurativa russa per poterne ricavare un’importante constatazione. Quest’ultima si può riassumere, di certo, nel fatto che egli, in posizione contro corrente rispetto alla diffusa iconoclastia avanguardista dell’epoca, fece scaturire dalle sue opere una personalità pittorica e poetica non in rottura con il passato ma anzi legata alla memoria, a quei luoghi, personaggi e animali tipici della tradizione iconografica mistico-onirica chaddista; non interruppe il sottile filo che lo legava alla natia Vitebsk, non arrivò a cancellare la sua origine, ma la rese sempre presente, ferma, fissa, tanto ripetitiva quanto fondamentale. Non a caso, la sua autobiografia termina con le parole adottate come titolo della mostra “anche la mia Russia mi amerà” proprio per sottolineare il ruolo primario e generativo di quella grande “madre Russia” che lo vide venire alla luce nel lontano 1887 e che lo accompagnò sentimentalmente per tutto il corso della vita.
Marc Chagall: il percorso espositivo
L’esposizione, che vanta un alto numero di opere autografe dell’artista, mostra al visitatore numerosi quadri di indubbio valore provenienti da alcune delle più autorevoli sedi museali europee e mondiali, tra cui la Galleria Tretyakov di Mosca, il Museo di Stato Russo di S. Pietroburgo, il Centre Pompidou di Parigi, la Thyssen Bornemisza di Madrid e storiche collezioni private. La mostra, articolata negli spazi del sottotetto del palazzo, ripercorre il tema centrale tramite due sezioni distinte che mirano a restituire e ricreare gruppi ideali delle opere che vennero prodotte quando l’artista soggiornava in Russia e quelle prodotte quando si trasferì definitivamente in Francia, con accento sui motivi iconografici della tradizione russo-ebraica.
Prima sezione
La prima sezione (Fig. 1), dedicata ad ospitare tutte quelle opere che vennero prodotte quando Chagall viveva stabilmente in Russia o vi si era assentato per breve tempo ma con l’intenzione di tornarvici, espone, accanto ai capolavori dell’artista, anche i cosiddetti “lubki” (Fig. 2). Quest’ultimi, specificatamente russi nell'impostazione artistica, sono litografie che, a causa dell’elevata tiratura e dello stile che traeva spunto dalle icone, assunsero nel tempo una connotazione puramente popolare e un carattere fortemente illustrativo. Le scene quotidiane raffigurate in quest’ultime, se messe a confronto, rivelano numerose assonanze con l’opera chagalliana, come ad esempio le case lignee e i contadini intenti nelle attività giornaliere (Fig. 3)

Proseguendo nel percorso, il visitatore viene accolto in una della sale più suggestive dove sono collocati due dei più importanti e celebri capolavori del pittore. Sulla sinistra compare infatti la famosa “Passeggiata” (Fig. 4) mentre, a destra, “Il Matrimonio”(Fig. 5) (è la prima volta che l’opera viene prestata e lascia la sede russa). Entrambe le scene sono pervase da un profondo e sincero sentimento d’amore da parte dell’autore per sua moglie, Bella Rosenfeld, il comune denominatore di esse può essere senz'altro la serenità diffusa di un’unione coniugale attesa e desiderata. Di interessante analisi e impatto coloristico risulta la tela del “Matrimonio”. In quest’ultima tutti i personaggi e lo sfondo sono monocromi, l’unico bagliore cromatico deriva dall'angelo che, amorevolmente, sembra abbracciare e custodire la coppia di novelli sposi. La particolarità dell’insieme risiede oltretutto nella presenza, accanto, di due incisioni russe raffiguranti due uccelli del paradiso somiglianti alla figura angelica dell’opera (Fig. 6). Come precedentemente anche qui vi sono numerosi riferimenti, l’angelo del bene reca nella mano un mazzo di fiori e presenta dei colori legati alle tonalità usate da Chagall, il rosso e il grigio. Superando la sala dedicata al tema dei fiori, si viene introdotti al cospetto di un altro dipinto di altrettanto impatto visivo, “L’ebreo in rosso” (Fig. 7). Insieme ai tipici elementi della simbologia ebraica, come le iscrizioni in yiddish sullo sfondo (Fig. 8), emerge imponente la figura dell’ebreo seduto, una figura che da lì a poco, in veste di “ebreo errante”, sarà destinata a occupare le tele dell’artista che, come quest’ultimo, peregrinerà in varie città, da Vitebsk a Parigi, da Mosca (dove lavorerà addirittura per la creazione di costumi teatrali (Fig. 9) a Berlino fino a lasciare definitivamente la terra russa.


La seconda sezione
La seconda sezione della mostra incentra l’esposizione e la scelta delle opere su quelle legate agli anni che videro Marc Chagall definitivamente allontanarsi dalla Russia. Dopo il 1922 infatti, insieme alla famiglia, egli si trasferirà in Francia. Fu costretto a lasciare quest’ultima solamente dal 1941 al 1948 a causa dell’occupazione nazista, della creazione del Governo di Vichy e le conseguenti persecuzioni antisemite. Accanto ai quadri che rievocano il difficile periodo storico attraversato dall'artista, si veda, ad esempio “Gli amanti legati al palo” (Fig. 10) dove, tra un cupo presagio accentuato dai toni scuri, emerge un’imbarcazione, la stessa che Chagall impiegò per attraversare l’Atlantico e rifugiarsi dalla follia del Terzo Reich. Nelle sale circostanti le opere esposte rievocano e fanno ancor di più avvertire la profonda nostalgia che l’artista provava stando lontano da Vitebsk. Non a caso i numerosi quadri si fanno carico di molti simboli della tradizione russo-ebraica, fino a formare una poderosa raccolta di simboli, messaggi e significati. Uno dei temi ricorrenti è infatti quello della pendola ed è riassunto egregiamente nel dipinto “Pendola dall'ala blu”(Fig. 11). Quest’ultima era una suppellettile presente in qualsivoglia casa russa, ma ancor di più in qualsiasi casa ebraica di rispetto dato che essa serviva per scandire non solo l’avvicendarsi delle ore, ma specialmente gli orari delle celebrazioni religiose della tradizione giudaica.
Oltre alle pendole, nell’opera di Marc Chagall compaiono molti altri elementi dal valore altamente, se non puramente, simbolico e interpretativo, come ad esempio i numerosi animali presenti. Tra galline, mucche, capre, asini figura fra tutti il gallo. Nessuno degli animali citati in precedenza assume, almeno nella pittura dell’artista, un valore così discordante, una valenza così opposta. Quest’ultimo per la tradizione russa (Fig. 12) assurge a rappresentazione dell’annunciatore del giorno, quindi di un nuovo inizio di forza, arditezza e virilità. Al contrario, invece, nella cultura ebraica, il gallo è l’animale sacrificale che il rabbino, alla vigilia della festa dello Yom Kippur sacrifica e immola. Chagall, nell'opera intitolata “Il gallo” (Fig. 13) restituisce una sintesi tra i due mondi, l’uomo a cavallo dell’animale (la posizione è simile a quella della stampa) lo abbraccia ripetendo il gesto che, in lontananza, compiono due amanti a bordo di un’imbarcazione. L’immaginario culturale di Chagall si arricchirà in seguito di altri elementi simbolici, basti citare la slitta (Fig. 14), ma al termine della sua carriera artistica egli predilesse e rese più evidente il rapporto di riferimento con le icone.

Scendendo i gradini che conducono all'ultima, ampia sala dell’esposizione, si giunge al termine del percorso artistico proposto al visitatore. Entrati nello spazio, subito l’occhio viene colpito dai rapporti di confronto tra le opere chagalliane e le antiche icone (Fig. 15) prestate dalla Collezione Intesa San Paolo. La curatrice, Claudia Zevi, ha affermato che proprio l’ultima sala era quella che le destava maggior preoccupazione, a causa della presenza di confronti così netti tra una realtà pittorica novecentesca e una molto più antecedente. Tuttavia, se la mostra è riuscita nel suo intento, non sono necessarie ulteriori spiegazioni per comprendere come l’apice più alto del legame tra Marc Chagall e la sua terra sia proprio quello instaurato con la più antica forma di rappresentazione sacra russa, l’icona.

Risulta veramente difficile poter descrivere la cifra stilistica chagalliana se si esclude di fatto il forte legame spirituale che Marc Chagall stesso mantenne sempre vivo e presente con le rappresentazioni della fede russa. Sebbene reinterpretati con altri significati, i simboli che l’artista attinge dalla storia figurativa della sua terra natia restano molto evidenti, ne è un esempio il quadro intitolato “Villaggio con sole oscuro” e l’icona “Ascensione di Elia sul carro di fuoco”(Fig. 15). In entrambe le opere l’elemento coloristico culminante è senza ombra di dubbio l’enorme disco rosso che irradia la scena e sembra voler fondere in un’unica realtà la dimensione culturale e spirituale dell’anima russa. Ulteriori riferimenti si possono scorgere facilmente anche nel piccolo dipinto della “Sacra Famiglia” (Fig. 16) con l’icona della “Madre di Dio del Segno” (Fig. 17): come la Madre di Dio mostra tra le braccia il Figlio Gesù, anche Marc Chagall rappresenta quest’ultimo tra le braccia semi aperte delle figure seduta in primo piano. Spostando lo sguardo verso la parte terminale della sala, lo sguardo viene ancora una volta colpito da un ulteriore paragone tra l’icona della “Madre di Dio di Tolga” (Fig. 18) e “Domenica” (Fig. 19).
Tra le variopinte reminiscenze degli edifici parigini emergono due giovani volti abbracciati tra loro che, sorridendo serenamente, guardano il panorama francese. A prima vista risulta facile notare la somiglianza di tale figura con quella dell’abbraccio di Gesù attorno alla Madre di Dio, di quel gesto di amore scambievole di un figlio verso la madre, nel caso di Chagall di un marito verso la moglie.
Conclusioni
Ecco dunque che, dando le spalle a quest’ultimo dipinto, ci si avvia verso l’uscita e il termine dell’esposizione sotto gli occhi attenti e quanto mai reali di Chagall che continuano a scrutare coloro che si concedono l’occasione di visitare una mostra dal taglio assolutamente inedito, che non riproduce un arido elenco di quadri ma, anzi, stabilisce un tema ristretto, conciso e mai, in maniera così mirata, approfondito. Un argomento che ha contribuito ad ampliare quanto già si conosceva dell’opera di Chagall, aprendo un campo di ricerca simbolico ampio, variegato e ancora, sotto certi aspetti, ambiguo e complesso. La mostra di Palazzo Roverella si può certamente inserire all'interno di uno di quei percorsi utili non solo per approfondire la figura di uno dei più valenti artisti novecenteschi, ma anche come essenziale nutrimento culturale che giova più che alla mente, al cuore del visitatore. Un cuore, un sentimento, un amore reciproco e sereno che ha contraddistinto, fin dalla gioventù, un ebreo nato in uno sperduto paesino russo, uno straordinario interprete della “mistica del quotidiano”, un eccezionale artista che ha scelto di forgiare la sua arte sulle forme di un passato fiabesco, fantastico e straordinariamente ricco di derivazioni culturali, antropologiche e sociali senza però mai rinunciare allo spirito di modernità dell’avanguardia. Quell'amore per l’arte e per la sua amata Russia, che ancora palpita e respira nelle sue tele, ci aiuti a fidarci di lui e a prendere, come Rosa nella “passeggiata”, il volo verso l’alto, verso il mondo pittorico, etereo ma assai radicato nelle sue origini, di colui che seppe imprimere un solco indelebile nella storia dell’arte, del mondo e della società.
Informazioni per la visita:
MARC CHAGALL. ANCHE LA MIA RUSSIA MI AMERÀ
PALAZZO ROVERELLA - ROVIGO (RO) ITALIA
19 settembre 2020 - 17 gennaio 2021
Orari:
da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 19.00
sabato, domenica e festivi dalle 9.00 alle 20.00
Biglietti previa prenotazione e acquistabili su Vivaticket:
INTERO - € 12,00
RID. 6-18 ANNI - € 8,00
RID. OVER65 - € 8,00
RID. STU UNIV - € 8,00
RID. INSEGNANTI - € 8,00
Catalogo:
Acquistabile presso il Bookshop di Palazzo Roverella, edito da Silvana Editoriale, a cura di Claudia Zevi.
LA REGIONE DELLE MADRI. I PAESAGGI DI OSVALDO LICINI
Recensione mostra "La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini" a cura di Matilde Lanciani
INTRODUZIONE
“Ti scrivo dalle viscere della terra, la regione delle madri forse, dove sono disceso per conservare incolumi alcuni valori immateriali, non convertibili, certo, che appartengono al dominio dello spirito umano. In questa profondità ancora verde, la landa dell’originario forse, io cercherò di recuperare il segreto primitivo del nostro significato nel cosmo. Cessato il pericolo, non dubitate, riapparirò in superficie con la ‘diafanità sovra essenziale’ e ‘senza ombra’. Solo allora potrò mostrarti le mie prede: i segni rari che non hanno nome; alfabeti e scritture enigmatiche; rappresentazioni totemiche, che solo tu con la tua scienza potrai decifrare”.
La mostra “La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini”, aperta dal 25 luglio all’8 dicembre 2020, celebra l’artista ed il comune di Monte Vidon Corrado, sua terra natale. Con queste parole, che l’artista scrisse in una lettera del 1° febbraio 1941 all'amico Franco Ciliberti, è possibile rievocare la profondità interiore della sua arte. Esponente dell’astrattismo novecentesco, rimase sempre intensamente legato alle sue origini marchigiane, tanto da stabilirsi proprio a Monte Vidon Corrado insieme alla moglie Nanny Hellström, conosciuta a Parigi nel Café du Dôme.
La collezione comprende 90 oli e 30 disegni, di cui 33 del periodo figurativo degli anni ‘20, 9 dipinti astratti degli anni ’30 e i restanti degli anni ’40-’50, provenienti da importanti collezioni come il Museo Novecento di Firenze, il Museo d’Arte Contemporanea di Ca’Pesaro a Venezia, il Centre Pompidou di Parigi, la Galleria d’Arte Contemporanea di Ascoli Piceno, il Museo Palazzo Ricci di Macerata, il Museo Civico di Palazzo Chiericati di Vicenza, il Museo Civico Città di Monclavo e da collezionisti privati. Alcune delle opere non sono state mai esposte prima come ad esempio Paesaggio italiano (1921) del Centre Pompidou, Studio per angelo su fondo giallo (1956), Personaggio della collezione M.Carpi, e Colline marchigiane (1926) del Comune di Moncalvo.
BIOGRAFIA DI OSVALDO LICINI
Osvaldo Licini nacque a Monte Vidon Corrado nel 1894 da una famiglia di “contadini proprietari” come dichiarò l’artista nel questionario per riprodurre le sue opere nella collana “Arte Moderna Italiana” predisposto dall’editore Scheiwiller nel 1929. Ben presto i suoi genitori, portando con loro solo la sorella di due anni più piccola, Esmeralda, lasciarono le Marche per recarsi nella Ville Lumière. Il talento di Osvaldo fu dunque lasciato alle cure del nonno Filippo, che lo indirizzerò presso l’Accademia di Bologna cogliendo da subito le sue doti artistiche con molta sensibilità. Durante le estati Licini tornò nel luogo natale e compose nel 1913 i “Racconti di Bruto”, opera letteraria di ispirazione simbolista, successivamente si iscrisse all'Accademia di Firenze ma fu chiamato alle armi interrompendo gli studi. Passò un periodo tra la Francia e le Marche, dal 1917 al 1926, durante il quale espose le sue opere al Salon d’Automne, al Salon des Indépendent e alle Cloiserie de Lilas, frequentando il Caffè di Montparnasse dove ebbe modo di venire a contatto con alcuni degli artisti più importanti del suo tempo (Picasso, Modigliani, Cocteau, insomma tutto l’ambiente effervescente parigino) e dove coltivò le amicizie del circolo fermano dei fratelli Catalini e Arcuto Vitali.
Incontrò nel 1925 Nanny Hellström, pittrice di Göteborg che studiava all’Académie Julian e seguiva le lezioni di André Lothe, con la quale si fidanzò e si trasferì proprio a Monte Vidon Corrado nel 1926, dove i due si sposarono e condivisero il clima di arcaica naturalità.
La sua produzione è caratterizzata dalla rappresentazione del paesaggio marchigiano en plain air in chiave interiore e può essere suddivisa in tre fasi distinte: il figurativismo degli anni ’20, l’astrazione geometrica degli anni ’30 e le creature fantastiche degli anni ’40.
LA PAROLA ALLA CURATRICE DELLA MOSTRA "LA REGIONE DELLE MADRI", DANIELA SIMONI
- Osvaldo Licini. Qual è il suo legame con le Marche e da cosa è nata l’idea, come avete pensato alla realizzazione della mostra?
Daniela Simoni: “Il Polo Licini è formato dal Centro Studi, che è un centro di documentazione con una biblioteca specializzata, e dalla Casa Museo, dove l’artista è vissuto ed è morto che è stata restaurata, acquisita dal comune ed aperta al pubblico dal 2013. La mostra quindi rientra nelle attività svolte dal Centro Studi, sia in sede che all’esterno, come nel caso della collaborazione esterna all'ultima mostra del Guggenheim di Venezia curata da Luca Massimo Barbero.
La mostra "La regione delle madri" nasce dopo il successo di Venezia, e la regione Marche ha deciso di scegliere il suo paese natale. Una mostra ad hoc per questo luogo, una mostra dei paesaggi di Licini, nella sua casa, è possibile solo qui. Una casa dalla quale ha guardato quel paesaggio e si è lasciato ispirare e che costituisce un inevitabile legame tra contenuto e contenitore”.
Continua la curatrice: “Nonostante avesse numerose altre opportunità Licini ha deciso di rimanere a vivere a Monte Vidon Corrado, dove era nato nel 1894: la sua famiglia, infatti, si trasferì a Parigi quando era piccolo e lui rimase qui con il nonno Filippo, contadino abbastanza colto per il tempo, perito agronomo, il quale capì le sue inclinazioni e lo indirizzò agli studi artistici. “Conosce poi la pittrice Nanny e vengono a vivere qui: la dimensione leopardiana silenziosa era il suo habitat naturale per creare. Ispirazione costante tratta dal paesaggio, proprio come Cézanne che era suo riferimento, ma al contempo una riflessione intellettuale continua, un paesaggio che non è mai solo realistico ma interiorizzato e sublimato.
-Per quanto concerne le fasi di strutturazione della mostra invece come è pensata a livello di percorso e di andamento?
“La mostra è articolata nelle due sedi, divisa in due parti, con 9 sezioni – spiega Simoni - La prima sezione nel Centro Studi è quella dedicata ai dipinti figurativi. Licini lavora per serie: Monte Falcone, Appennino, Massa Fermana, Servigliano. Quelle vedute diventano come Sainte-Victoire per Cézanne. Per questa prima sezione l’allestimento è giocato sul verde, quindi sulla naturalità.
La seconda parte è allestita al pianterreno e simboleggia il passaggio alla fase geometrico-astratta e poi alla genesi delle creature fantastiche. Ogni sezione si apre con un dipinto figurativo. Il Birolli ha definito la sua una temporalità circolare: non c’è cronologia rettilinea, Licini riprendeva le opere e si metteva sempre in discussione. Lui ritorna sui temi e sulla struttura compositiva delle opere. Nell’ultima parte, nella cantina, nelle cosiddette “viscere della terra”, troviamo la dimensione siderea con gli Angeli Ribelli, le Amalassunte, gli Olandesi Volanti.”.
“Lo svolgimento è cronologico ma anche tematico. Abbiamo enfatizzato il “ritornare”, la circolarità. Volevamo far comprendere al visitatore il titolo “La regione delle madri”. Infatti Licini, alla fine degli anni ‘30, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, si chiude a Monte Vidon Corrado e ha contatti epistolari con gli intellettuali, non espone in questo periodo per lutto – specifica la curatrice -Contemporaneamente aderisce al primordialismo, movimento fondato da Franco Ciliberti, filosofo comasco, che aveva come scopo capire l’origine della civiltà contemporanea attraverso la metafisica spiritualistica, capire l’origine delle religioni, insomma la dimensione aurorale della civiltà. Licini trova a Monte Vidon Corrado lo specchio di ciò”.
IL PERCORSO DELLA MOSTRA "LA REGIONE DELLE MADRI"
La mostra "La regione delle madri. I paesaggi di Osvaldo Licini" si colloca nella prima sezione all’interno del Centro Studi, adiacente alla Casa-Museo, dove è possibile ammirare una serie di paesaggi (Fig. 1, 2 e 3), italiani e non, in cui traspare tutto l’amore dell’artista per la natura e soprattutto per la sua terra natale e per la sua regione di origine, dove sembra davvero aver trovato la chiave della sua ricerca teorica sul significato dell’esistenza.
La seconda sezione, all’interno della Casa-Museo (Fig.4 ) dove visse l’autore, è caratterizzata da una sorta di riassunto delle due fasi dell’autore, rispettivamente figurativa degli anni ’20 e astratta degli anni ’30. Il passaggio tra questi due periodi è sancito inevitabilmente dalle esperienze francesi ed è presagito in opere come Paesaggio marchigiano del 1925 (Fig.5) o in Studio per archipittura (1935-36) (Fig.6), rielaborato in Archipittura del 1936 con elementi irregolari, asimmetrici e decentrati e con la caratteristica dicotomia tra alto-basso, cielo-terra. L’inclinazione delle sue composizioni deriva sicuramente dal paesaggio collinare di Monte Vidon Corrado, i piani obliqui su cui sono giocate le sue opere sono evidenti in Paesaggio in grigio del 1925 (Fig.7), Il Bilico del 1933 (Fig.8) o Uccello n.4 (1932), quest’ultima con il tema del volo a sua volta anticipatore di quelle che saranno poi le creature fantastiche.
Dal paesaggio, sempre punto di partenza, dopo l’adesione al movimento dei primordiali, si sviluppano i temi fantastici come in Personaggio nella luna (Fig.9) detto anche Olandese Volante o Barone di Münchausen o ancora Bocca, di eco surrealista. Un’estensione del paesaggio in chiave primordialista è anche L’Uomo di neve (Fig.10) accompagnato da Omaggio a Cavalcanti (Fig. 11).

Nella cantina della Casa-Museo, dove si conclude il percorso della mostra "La regione delle madri", troviamo alcune delle opere appartenenti proprio a questa dimensione legata al senso dell’origine, con uno sguardo sulla natura dominato da antropomorfismo ed erotizzazione del paesaggio. In Paesaggio fantastico (Il capro) (Fig.12) lo sguardo dell’artista si identifica con quello dell’animale protagonista e con lo spettatore stesso, forse il monte raffigurato allude al monte Corno, del gruppo del Gran Sasso o ancora al monte Sibilla, legato alla dimensione infera, notturna e profetica del capro stesso. L’Eros come motore del mondo è tema ereditato dal surrealismo, espresso in maniera molto evocativa nelle opere come le Amalassunte e gli Angeli ribelli (Fig.13 e 14).

Il legame con la natura e l’abbandono ad essa, invece, appare evidente, in Marina (Fig.15) del 1922, un dinamico paesaggio francese eseguito con una pennellata vivace ad arabesco. Numeri e lettere appaiono e scompaiono nei dipinti dell’artista: “La natura sfuggirà sempre ai nostri calcoli”, aveva scritto Licini in “Natura di un discorso”.

Ancora l’artista scriveva nella “Lettera aperta al Milione” del 1935: “Dubitare non è una debolezza, ma un lavoro di forza, come forgiare, ha detto Cartesio”. Ciò si evince dai suoi disegni e bozzetti (Fig.16), dallo studio che ritorna ciclicamente a porre il focus sugli elementi già trattati per indagarli ancora, per migliorarne l’espressione e renderla ancora più intensa. I suoi disegni vengono accostati da Licini stesso alla poesia ermetica, ad un simbolismo criptico denso di significati allegorici. I supporti vanno dai blocchi da disegno a inviti di mostre, a tabelle stampate sino a lettere, pagine di libri e copertine di riviste.

MOSTRE IN ITALIA REGIONE PER REGIONE
A cura di Mirco Guarnieri
Una panoramica delle mostre in Italia, con le varie iniziative presenti sul territorio nazionale divise per regione.
MOSTRE IN ITALIA: NORD ITALIA
Valle d’Aosta
Wildlife Photographer of The Year. 55esima edizione
Dal 1 Febbraio 2020 - 13 Settembre 2020
Forte di Bard, Bard.
La montagna titanica di Renato Chabod
Dal 29 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Mostra Impressionismo tedesco, Liebermann, Slevogt, Corinth dal Landesmuseum di Hannover
Dal 11 Luglio 2020 - 25 Ottobre 2020
Museo Archeologico Regionale, Aosta.
Piemonte
Dipingere l’Asia dal vero. Vita e opere di Arnold Henry Savage Landor
Dall’8 Marzo 2020 - 6 Settembre 2020
MAO - Museo d’Arte Orientale, Torino
Sfida al Barocco
Dal 30 Maggio 2020 - 20 Settembre 2020
Reggio di Venaria, Venaria Reale (TO)
Novecento in Cortile. Omaggio ai grandi maestri della scultura contemporanea
Dall’8 Luglio 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Arti Decorative Accorsi-Ometto, Torino.
Lombardia
Georges de La Tour. L’Europa della luce
Dal 7 Febbraio 2020 - 27 Settembre 2020
Palazzo Reale, Milano
Gauguin, Matisse, Chagall. La passione nell’arte francese dai Musei Vaticani
Dal 21 Febbraio 2020 - 4 Ottobre 2020
Museo Diocesano Carlo Maria Martini, Milano
Royal Dalì
Dal 7 Dicembre 2019 - 7 Dicembre 2021
Villa Reale, Monza
Trentino Alto-Adige
L’invenzione del colpevole. Il 'caso' di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia
Dal 3 Giugno 2020 - 15 Settembre 2020
Museo Diocesano Tridentino, Trento
Recensito da Storiarte qui
Le cinque chiavi gotiche e altre meraviglie
Dal 13 Giugno 2020 - 29 Novembre 2020
Palazzo Assessorile, Cles
Rembrandt Il Gran Virtuoso
Dal 21 Luglio 2020 - 1 Novembre 2020
Castel Caldes, Caldes (TN)
Le Collezioni. L'invenzione del moderno e l'irruzione del contemporaneo
2 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MarT, Rovereto (TN)
Veneto
Un architetto al tempo di Canova. Alessandro Papafava e la sua raccolta
Dal 30 Novembre 2019 - 13 Settembre 2020
Palladio Museum, Vicenza
Natura in posa
Dal 2 Giugno 2020 - 27 Settembre 2020
Museo Santa Caterina, Treviso
A NOSTRA IMMAGINE. Scultura in terracotta del Rinascimento. Da Donatello a Riccio
Dal 15 Febbraio 2020 - 27 Settembre 2020
Museo Diocesano, Padova
Giambattista Piranesi. Architetto senza tempo
Dal 21 Giugno 2020 - 19 Ottobre 2020
Musei Civici, Bassano del Grappa (VI)
Recensito da Storiarte qui
Marc Chagall - Anche la mia Russia mi amerà
Dal 19 Settembre 2020 - 17 Gennaio 2021
Palazzo Roverella, Rovigo
La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni (1836-1919) scultore, collezionista e mecenate
Dal 27 Giugno 2020 - 31 Gennaio 2021
GAM - Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Palazzo della Ragione, Verona
Recensito da Storiarte qui
Friuli-Venezia Giulia
Vania Elettra Tam. Insolita Mente
Dal 22 Agosto 2020 - 18 Settembre 2020
Portopiccolo Art Gallery, Trieste
Roberto Ghezzi. Naturografie, un dialogo tra arte, natura e uomo
Dal 15 Agosto 2020 - 08 Settembre 2020
Palazzo Costanzi, Trieste
Marcello Dudovich (1878-1962). Fotografia fra arte e passione
Dal 10 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Scuderie del Castello di Miramare (TS)
La scienza della visione. Fotografia e strumenti ottici all'epoca di Massimiliano D’Asburgo
Dal 02 Giugno 2020 - 13 Settembre 2020
Castello di Miramare (TS)
Marina Legovini. Nel ciel che più della sua luce prende
Dal 21 Maggio 2020 - 05 Settembre 2020
EContemporary - Elena Cantori Contemporary
Il mondo di Leonardo. Codici interattivi, macchine, disegni
Dal 28 Giugno 2020 - 27 Settembre 2020
PAFF! Palazzo Arti Fumetto Friuli, Pordenone
Nulla è perduto
Dal 04 Luglio 2020 - 13 Dicembre 2020
Casa delle Esposizioni di Illegio, Tolmezzo (UD)
Poldelmengo. Opera al nero
Dal 22 Maggio 2020 - 30 Settembre 2020
Galleria Sagittaria, Pordenone
Angiolino. La guerra di un pittore cantastorie
Dal 27 Giugno 2020 - 27 Settembre 2020
Villa Manin, Codroipo (UD)
Calligaro: il linguaggio visivo come avventura
Dal 07 Dicembre 2019 - 13 Settembre 2020
Casa Cavazzini, Udine
Liguria
Sirotti e i maestri
Dal 19 Giugno 2020 - 13 Settembre 2020
Villa Croce, Genova
Bruno Bozzetti e i grandi illustratori
Dal 17 Luglio 2020 - 30 Settembre 2020
GAM - Galleria d’Arte Moderna di Nervi, Genova
OBEY FIDELITY. The art of shepard fairey
Dal 4 Luglio 2020 - 1 Novembre 2020
Palazzo Ducale, Genova
#UNMANIFESTOPERGENOVA
Dal 6 Agosto 2020 - 27 Novembre 2020
Villa Serra, Genova
Marco Nereo Rotelli. Bianca luce
Dal 4 Agosto 2020 - 12 Settembre 2020
Galleria Padula, Lerici (SP)
I sensi del Mare
Dal 3 Agosto 2020 - 3 Ottobre 2020
Sedi varie, Lerici (SP)
Emilia-Romagna
Un artista chiamato Banksy
Dal 30 Maggio 2020 - 27 Settembre 2020
Palazzo Diamanti, Ferrara
Guardami! Sono una storia…I Portaroli del Pitocchetto
Dal 10 Luglio 2020 - 4 Ottobre 2020
Pinacoteca Nazionale, Ferrara
Tra simbolismo e futurismo. Gaetano Previati
Dal 6 Giugno 2020 - 27 Dicembre 2020
Castello Estense, Ferrara
Schifanoia e Francesco del Cossa. L'oro degli Estensi
Dal 2 Giugno 2020 - 13 Settembre 2020
Palazzo Schifanoia, Ferrara
Pittori fantastici nella Valle del Po
Dal 3 Luglio 2020 - 27 Settembre
PAC - Padiglione di Arte Contemporanea, Ferrara
Il Camino dei Fenicotteri. I disegni dei Casanova dall'Æmilia Ars alla Rocchetta Mattei
Dal 15 Marzo 2020 - 6 Settembre 2020
Museo Davia Bargellini, Bologna
Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna
Dal 7 Dicembre 2019 - 29 Novembre 2020
Museo Civico Archeologico, Bologna
La riscoperta di un capolavoro - Polittico Griffoni rinasce a Bologna
Dal 18 Maggio 2020 - 10 Gennaio 2020
Palazzo Fava, Bologna
INCLUSA EST FLAMMA. Ravenna 1921: Il Secentenario della morte di Dante
Dall'11 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Biblioteca Classense
Ulisse - l’arte e il mito
Dal 19 Maggio 2020 - 31 Ottobre 2020
Musei di San Domenico, Forlì
L’ultimo Romantico
Dal 12 Settembre 2020 - 13 Dicembre 2020
Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo, PR
Fornasetti. Theatrum Mundi
Dal 3 Giugno 2020 - 14 Febbraio 2021
Complesso monumentale della Pilotta, Parma
Incompreso - La vita di Antonio Ligabue attraverso le sue opere
Dal 6 Giugno 2020 - 8 Novembre 2020
Palazzo Bentivoglio, Gualtieri (RE)
MOSTRE IN ITALIA: CENTRO
Toscana
The Missing Planet - Visioni e revisioni dei "tempi sovietici" dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte
Dall’8 Novembre 2019 - 27 Settembre 2020, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato
Dopo Caravaggio. Il Seicento Napoletano nelle Collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito
Dal 14 Dicembre 2019 - 6 Gennaio 2021
Museo Palazzo Pretorio, Prato
Il sogno di Lady Florence Phillips. La Collezione della Johannesburg Art Gallery
Dal 24 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Santa Maria della Scala, Siena
“MIO VANTO, MIO PATRIMONIO”. L’arte del ‘900 nella visione di Leone Piccioni
Dal 30 Agosto 2020 - 21 Gennaio 2021
Museo della Città, Pienza (SI)
Umbria
I Dolenti di Sant’Anatolia di Narco
Dal 7 Agosto 2020 - 27 Settembre 2020
Nobile Collegio del Cambio, Perugia (http://turismo.comune.perugia.it/articoli/i-dolenti-di-santanatolia-di-narco)
Art Monsters 2020 - Contaminazioni aliene nell’Umbria contemporanea
Dal 6 Agosto 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo civico di Palazzo della Penna, Perugia
Brian Eno. Reflected
Dal 4 Settembre 2020 - 10 Gennaio 2021
Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia
Raffaello in Umbria e la sua eredità in Accademia
Dal 18 Settembre 2020 - 6 Gennaio 2021
Palazzo Baldeschi, Perugia
Marche
Rinascimento marchigiano - Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma
Dal 23 Luglio 2020 - 3 Novembre 2020
Palazzo del Duca, Senigallia (AN)
RAPHAEL WARE. I colori del Rinascimento
Dal 31 Ottobre 2019 - prorogata fino al 27 Settembre 2020
Palazzo Ducale di Urbino (PU)
Made in New York, Keith Haring - Subway Drawings
23 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo Campana, Osimo (AN)
Abruzzo
Stills of peace and everyday life. VII EDIZIONE
Dal 18 Luglio 2020 - 6 Settembre 2020
Sedi varie, Atri (TE)
FLIC VENTI ’20 - forme e parole (di un anno strano)
Dal 31 Luglio 2020 - 16 Settembre 2020
Polo Museale Santo Spirito, Lanciano (CH)
L'aureola nelle cose: sentire l'habitat
Dal 18 Luglio 2020 - 30 Settembre 2020
Museo Michetti, Francavilla al Mare (CH)
Lazio
Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi
Dal 16 Giugno 2020 - 13 Settembre 2020
Musei Capitolini, Roma
Filippo De Pisis
Dal 17 Giugno 2020 - 20 Settembre 2020
Palazzo Altemps, Museo Nazionale Romano, Roma
Banksy - a visual protest
Dall’8 Settembre 2020 - 11 Aprile 2021
Chiostro del Bramante, Roma
Colori degli Etruschi. Tesori in terracotta
Dall’11 Luglio 2019 - 1 Novembre 2020
Musei Capitolini alla Centrale Montemartini, Roma
Civis Civitas Civilitas. Roma antica modello di città
Dal 21 Dicembre 2019 - 18 Ottobre 2020
Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali, Roma
Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma
Dal 18 Maggio 2020 - 20 Settembre 2020
Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, Roma
Aspettando l’Imperatore Monumenti, Archeologia e Urbanistica nella Roma di Napoleone 1809-1814
Dal 19 Dicembre 2019 - 25 Ottobre 2020
Museo Napoleonico, Roma
Per Gioco - La collezione dei giocattoli antichi della Sovrintendenza Capitolina
Dal 25 Luglio 2020 - 10 Gennaio 2021
Museo di Roma, Roma
Frammenti. Fotografie di Stefano Cigada
Dal 22 Gennaio 2020 - 20 Settembre 2020
Museo di Roma in Trastevere, Roma
Ara Güler
Dal 30 Gennaio 2020 - 20 Settembre 2020
Museo di Roma in Trastevere, Roma
Le altre opere. Artisti che collezionano artisti
Dal 13 Marzo - 13 Settembre 2020
Museo di Roma in Trastevere, Roma
Giò Ponti. Amare l’architettura
Dal 27 Novembre 2019 - 27 Settembre 2020
MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma
Elisabetta Catalano. Tra immagine e performance
Dal 3 Aprile 2019 - 6 Settembre 2020
MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma
YAP ROME AT MAXXI 2020
Dal 1 Luglio 2020 - 25 Ottobre 2020
MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma
Andrea Galvani - la sottigliezza delle cose elevate
Dal 23 Luglio 2020 - 25 Ottobre 2020
Mattatoio, Roma
Molise
Nanda Vigo Light Project 2020
Dal 20 Maggio 2020 - 13 Settembre 2020
MACTE - Museo di Arte Contemporanea, Termoli
MOSTRE IN ITALIA: SUD
Campania
Gli Etruschi e il MANN
Dal 12 Giugno 2020 - 31 Maggio 2021
MANN - Museo Archeologico Nazionale, Napoli (http://www.museoarcheologiconapoli.it/it/)
Santiago Calatrava - Nella Luce Di Napoli
Dal 6 Dicembre 2019 - 13 Gennaio 2021
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
Napoli Napoli di Lava - Porcellana E Musica
Dal 21 Settembre 2019 - 20 Settembre 2020
Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli
Puglia
MOVIMENTO. Il linguaggio segreto dell’anima
Dal 24 Luglio 2020 - 24 Ottobre 2020
MAT - Museo dell’Alto Tavoliere, San Severo (FG)
PhEST
Dal 7 Agosto 2020 - 1 Novembre 2020
Varie sedi, Monopoli (BA)
Ferruccio Ferroni. Fotografie
Dal 1 Agosto 2020 - 13 Settembre 2020
Palazzo delle Arti Beltrani, Trani (BA)
Circuito del contemporaneo in Puglia - INHUMAN
Dal 18 Luglio 2020 - 18 Ottobre 2020
Castello di Barletta, Barletta (BA)
Il polittico di Antonio Vivarini. Storia arte restauro
Dal 1 Marzo 2014 - 31 Dicembre 2030
Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, Bari
ARTE CHE INCONTRA L’ARTE - scultura, pittura, fotografia in masseria
Dal 31 Luglio 2020 - 27 Settembre 2020
Masseria Palombara, Oria (BR)
Alberto Gianfreda. Mirabilia
Dal 26 Luglio 2020 - 31 Agosto 2020
Museo Civico “Emanuele Barba”, Gallipoli (LE)
1979-1992 Piano - Dioguardi: diario di una rinascita
Dal 9 Luglio 2020 - 9 Settembre 2020
Castello Aragonese, Otranto (LE)
Gianni Leone
Dal 26 Giugno 2020 - 27 Settembre 2020
MUST - Museo Storico della Città di Lecce, Lecce
Basilicata
Enrico della Torre incisore
Dal 02 Agosto 2020 - 30 Ottobre 2020
Museo Internazionale della Grafica, Castronuovo di Sant'Andrea (PZ)
Ritorno al passato - Matera 1920
Dal 07 Agosto 2020 - 26 Settembre 2020
Fondazione Sassi, Matera
Calabria
Una collezione è sempre una collezione
Dal 04 Luglio 2020 - 30 Settembre 2020
MACA - Museo Arte Contemporanea, Acri (CS)
Sicilia
Sine Die. La fotografia nel tempo dell’isolamento creativo
Dal 18 Luglio 2020 - 04 Ottobre 2020
Palazzo della Cultura, Catania
Gio Montez. Mare Nostrum
Dal 25 Luglio 2020 - 15 Settembre 2020
Museo Civico G.Perricone, Trapani
Sardegna
Maria Jole Serreli. A casa mia avevo tre sedie
Dal 11 Luglio 2020 - 11 Ottobre 2020
EXMA EXhibiting and Moving Arts, Cagliari
Steve Mccurry. Icons
Dal 13 Giugno 2020 - 10 Gennaio 2021
Palazzo di Città, Cagliari
Back_Up. Giovane arte in Sardegna
Dal 27 Giugno 2020 - 17 Ottobre 2020
Museo Nivola, Orani (NU)
Il regno segreto. Sardegna-Piemonte: Una visione postcoloniale
29 Maggio 2020 - 15 Novembre 2020
MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro, Nuoro
Narcisa Monni. Insieme a te non ci sto più
Dal 13 Agosto 2020 - 11 Ottobre 2020
Museo Stazione dell’Arte, Ulassai (NU)
L'OTTOCENTO E IL MITO DI CORREGGIO
Conferenza stampa di annuncio mostra, Parma 3-7-2020. A cura di Mirco Guarnieri
“Il riallestimento di un museo non è mai definitivo: il museo deve essere un luogo dinamico e centro di ricerca tra le diverse collezioni presenti”
Questo è il messaggio del direttore Simone Verde che oggi, insieme alla storica dell'arte Carla Campanini, ha presentato la mostra “L’Ottocento e il mito di Correggio” visitabile presso la Galleria Nazionale de La Nuova Pilotta di Parma dal 3 Ottobre 2020 al 3 Ottobre 2021. La mostra avrà luogo negli ambienti de La Rocchetta, luogo difficile da musealizzare, dove sono collocate le quattro opere del Correggio, ossia la Madonna con la scodella, la Madonna di San Girolamo e le due tele provenienti dalla Cappella del Bono.
Antonio Allegri, meglio noto come Correggio (1489-1534), fu un pittore rinascimentale del Cinquecento annoverato fra i grandi maestri del suo tempo: attivo fra Parma, Roma e Mantova, fu autore di numerose opere all'interno della cittadina parmense, introducendo di fatto gli stilemi del barocco. All’interno della mostra dedicatagli dalla Pilotta, Correggio sarà al centro di una lettura del contesto artistico dell'epoca, ove verrà spiegato il perché della rimozione delle opere dai loro luoghi di appartenenza e la loro nuova sistemazione ad altezza d'uomo per una maggiore fruibilità. Per comprendere meglio questo stravolgimento culturale, è stato creato un percorso museale tipicamente contemporaneo. Il direttore, Simone Verde, ha tenuto a precisare che, dietro sua scelta strategica, dopo il lungo periodo espositivo la mostra si trasformerà in una sezione definitiva della grande pinacoteca della Nuova Pilotta.
Informazioni mostra
L'Ottocento e il mito di Correggio
Parma, La Nuova Pilotta
3 Ottobre 2020 - 3 Ottobre 2021
Mostra a cura di Simone Verde
LA PILOTTA CONTEMPORANEA: DIALOGO CON SIMONE VERDE
Intervista a cura di Stefania Melito
Il complesso monumentale della Pilotta, formato dalla Galleria Nazionale, il Teatro Farnese, il Museo Archeologico, la Biblioteca Palatina e il Museo Bodoni, si trova a Parma, Capitale italiana della Cultura per il 2020 e il 2021. È un insieme di edifici nato in un primo tempo per funzioni di servizio rispetto al palazzo ducale dei Farnese (ospitava le stalle, il maneggio dei cavalli etc), ma che poi si è ingrandito acquisendo le attuali dimensioni. Il suo nome deriva dalla “pelota”, ossia un gioco nobiliare che si praticava sotto i cortili del complesso in particolari circostanze. Ospita le collezioni d'arte dei Farnese, che nel corso del Seicento accentrarono qui la biblioteca, la collezione di monete, la quadreria e la statuaria, e rappresenta il cuore culturale, dinamico e pulsante, della cittadina parmense.

Tale accezione si è accentuata maggiormente con l’arrivo del direttore Simone Verde: classe 1975, formazione ed esperienza internazionale e poliedrica, in precedenza è stato responsabile della Ricerca scientifica e Pubblicazioni per il AFM/Louvre di Abu Dhabi. È laureato in filosofia teoretica a Roma, ha conseguito un master in Filosofia Antica a Parigi, si è diplomato in Storia dell’Arte all’École du Louvre e ha conseguito un dottorato in Antropologia dei Beni Culturali all’EHESS di Parigi (fonte https://complessopilotta.it/staff/). A metà fra rigore scientifico e sguardo da antropologo, la “sua” Pilotta ha cambiato marcia, affiancando alla sua essenza di museo tradizionale un respiro maggiormente internazionale, fatto di ricerche, tradizione e dialoghi fra moderno e contemporaneo, nell'ottica dell’arte che reinterpreta sé stessa. Abbiamo incontrato (telefonicamente) il direttore per una piccola chiacchierata.

Ci sentiamo intorno alle 11 di mattina. Colto, sicuro di sé, persino tranchant in alcune affermazioni. Una breve chiacchierata di introduzione e poi via alle domande.
- Direttore buongiorno, come va?
- Si campa. (ride)
Già in questa battuta iniziale si svela il lato ironico, che affiorerà qui e lì durante l’intervista.
- Affermazione condivisibile direi... passiamo alle presentazioni. Chiamo da parte di Storiarte, pagina fondata da Giulia Pacini nel 2012, che si pone l’obiettivo di divulgare attraverso i canali social l’arte in ogni sua forma, rendendola immediatamente accessibile a chiunque, senza rinunciare però all'accuratezza tecnica. Conta più di 200.000 followers ed ogni giorno, grazie ad un team di 30 redattori tra storici dell’arte ed archeologi sparsi su tutto il territorio nazionale, si impegna a divulgare le bellezze d’Italia attraverso il progetto Discovering Italia. Monitora anche l’andamento delle pagine social dei musei italiani, fornendo loro feedback e visibilità. Ora passiamo a lei. Direttore, chi è Simone Verde?
- Ah boh! (ride) chi sia non lo so…Posso dirle però che cosa fa.
- E che cosa fa?
- Fa il direttore di un complesso monumentale tra i più belli che ci sono in Italia e in Europa, forse anche nel mondo, e sta tentando di rimettere a posto quest’Istituto che ha trovato in condizioni di estremo degrado, utilizzando però questa congiuntura (il Covid) come un’opportunità, perché nel 2016 il Complesso, che era strutturato in diversi musei divisi tra di loro nonostante le collezioni che lo compongono fossero nate unite, sono stati finalmente riaccorpati. Siamo alle prese quindi con un progetto di ricucitura delle collezioni dei vari istituti, che stanno progressivamente ritrovando la loro conformazione originaria.
- Bene!
- Nel fare questo (io vengo dal Louvre di Abu Dhabi, mi sono diplomato all’Ecole du Louvre e ho avuto la fortuna di lavorare a questo progetto assai visionario e ambizioso, un‘avventura significativa dal punto di vista intellettuale), avendo competenze da antropologo ho un occhio particolare per la storia delle collezioni: quello che mi interessa non è tanto perpetuare i valori sociali dell’arte, ma al contrario quello di demistificarli al servizio dell’emancipazione e della consapevolezza del pubblico. Visto che tutto ciò che riguarda la cultura ha una natura convenzionale, è una comunità che decide di riconoscersi in certi oggetti piuttosto che in altri, ovviamente non in maniera scevra da dinamiche del potere, ritengo che il lavoro museale debba costituire uno strumento di emancipazione per i cittadini. I musei sono nati così nell'ambito della Rivoluzione Francese, e noi perpetuiamo quest’idea mettendo insieme delle competenze di vario genere che vengono anche dalle scienze umane e non soltanto dalla storia dell’arte. Questa è la metodologia con cui noi lavoriamo.
- Un obiettivo ambizioso, e se me lo permette poco convenzionale...
- In realtà no, o forse sì in ambito italiano, dove la museologia come disciplina autonoma ha difficoltà a farsi strada. All'estero ha una sua piena autonomia che deriva dall'incrocio di queste discipline che le ho appena enumerato, non c’è museologia se non c’è antropologia e sociologia. In Italia è un po’ più problematico, perché avendo ereditato delle collezioni dal passato fortemente legate alle famiglie che le hanno messe insieme...
- Identitarie oserei dire.
- Si ma vede, anche il termine “identità” è un altro termine utilizzato a sproposito, che non significa nulla. L’identità non è una fatalità, le identità si costruiscono. Non siamo piante con il loro genoma. Le identità sono dei processi culturali elaborati, complessi, si costruiscono e si de-costruiscono, si scelgono, si smontano. Il punto è che dietro questa nozione di identità si è voluto teorizzare il fatto che noi dovessimo essere ciò che l’Ottocento aveva rappresentato di noi stessi. Io ci ho scritto un libro su questo tema qui. Noi non abbiamo mai avuto una stagione di musei nazionali che costruissero l’identità nazionale, e quindi continuiamo ad avere a che fare con collezioni che sono legate alle storie delle famiglie che le hanno costituite, e di conseguenza la museologia rimane una ottocentesca storia delle collezioni. La storia delle collezioni spiega la provenienza dei pezzi, dove sono transitati, dove sono finiti, ma non si occupa del senso della ricostruzione culturale che le citavo prima. Non so se mi sono spiegato.
- Perfettamente oserei dire, e anzi mi viene da farle una domanda: in questo clima da lei evocato sta a pennello una sua affermazione del 2019 in cui dice che bisognerebbe <<...ri-radicare i musei nelle loro comunità di riferimento>>. Quindi è fondamentale che il museo crei comunità. Focalizzandoci sulla Pilotta, che cosa è stato fatto per ri-radicarla nella sua comunità di riferimento?
- Risponderei alla sua domanda riprendendo il filo di quello che le dicevo prima. Se l’identità è quella ottocentesca di cui parlavamo prima, radicare il museo all'interno della comunità di riferimento significherebbe sentir parlare delle vecchie famiglie parmigiane, i cittadini parmigiani di sette generazioni...No? Visto invece che noi viviamo in comunità estremamente mobili, e visto che abbiamo anche il dovere dell’accessibilità sociale e culturale di un patrimonio che appartiene a tutti, se non altro perché, rimanendo su un piano gestionale, viene gestito con le tasse di tutti, abbiamo il dovere di parlare a tutta la comunità. Ma qual è la comunità di riferimento per il nostro museo? Sono senza dubbio i parmigiani quelli storici, ma ci sono anche i nuovi parmigiani come i lavoratori che vengono da altre parti d’Italia, ci sono gli immigrati che provengono dall'estero, ci sono le minoranze che hanno loro stesse delle rivendicazioni fortemente identitarie (donne, omosessuali), c’è la comunità scientifica locale e internazionale, i visitatori che vengono da fuori... un museo di questo tipo, che ha delle collezioni di questa importanza, ha il dovere di comunicare e di far partecipare alla propria vita intellettuale e scientifica tutte queste comunità. Siamo ben oltre il museo identitario ottocentesco.
- Siamo quasi in un’ottica da museo di arte contemporanea.
- Ad Abu Dhabi noi avevamo lo stesso problema. Si figuri cosa possa essere gestire una collezione in un Paese in cui la comunità locale è il 9% del totale della popolazione. Dal museo del Louvre di Abu Dhabi è uscito fuori che nel primo anno la maggior parte dei visitatori era indiana. Noi viviamo in un mondo paradossale, in negativo ma a volte è paradossale anche in positivo. Ecco, nel nostro lavoro dobbiamo confrontarci più con il paradossale in positivo per fortuna. Viviamo in una società molto più varia di quanto noi non sospettiamo, e noi dobbiamo essere all'altezza di questo.
- Torniamo alla Pilotta...
- Ecco, noi alla Pilotta da tre anni abbiamo posto in essere delle attività di ri-allestimento, abbiamo aperto tredici nuove sezioni, adesso ne sono in ballo altre tre con vari lavori di allestimento che ovviamente implicano lavori di riqualificazione degli spazi. Questi ri-allestimenti implicano anche un ripensamento scientifico delle collezioni, alla luce anche delle scoperte scientifiche più recenti. Abbiamo coniato un concetto, che è quello di mostra permanente: vogliamo un museo proattivo e che sia connesso con la ricerca scientifica: noi facciamo degli allestimenti permanenti ma che sono come delle mostre perché rimangono in piedi finché la ricerca scientifica renderà questi allestimenti sensati. Se ci saranno delle scoperte scientifiche è chiaro che bisognerà ripensare questi allestimenti. Questo è il nostro modo di entrare in contatto con la comunità: riallestire e ripensare gli spazi innanzi tutto di un edificio che è già esso stesso un’opera d’arte, e poi aprire un dialogo culturale e scientifico con la comunità, in cui la comunità venga per riscoprire le collezioni e quindi sé stessa, e quindi si rimetta in discussione. O metta in discussione il lavoro che stiamo facendo. Questo è il senso di un museo partecipativo: un museo dinamico in cui le collezioni sono il portato della ricerca scientifica e in cui questi ri-allestimenti sono un modo per cui i pubblici, o gli utenti come si diceva una volta, possano riscoprire sé stessi attraverso la lente della nostra proposta culturale.
- Questa è una cosa molto bella, e a proposito di ri-allestimenti abbiamo saputo di un ritrovamento piuttosto inaspettato...
- Beh guardi, quando sono arrivato in Pilotta ho fatto fare un’ispezione di tutti gli spazi, dai soffitti alle cantine, per capire lo stato di salubrità dell’edificio; in una di queste perlustrazioni ho scoperto che da un buco si vedeva questo soffitto cassettonato molto bello, della fine dell’Ottocento, molto grande, circa 500 metri quadri, che era stato coperto negli anni ’50 seguendo un’idea de-storicizzata di museo, ossia che il museo dovesse esibire una storia senza parlare della propria storia, come se le collezioni non fossero sottoposte a quelle pressioni culturali o ideologiche che è meglio esplicitare che nascondere in nome di una falsa e velleitaria oggettività che non può essere. Di oggettivo c’è solo la nostra soggettività.
- Esattamente.
- Ho incrociato quest’esperienza con delle foto storiche, da cui è emersa la conformazione originaria della sala, e ovviamente rifunzionalizzandola in relazione a un percorso variato che nulla avevano a che vedere con quelli del tempo (quello era un museo delle antichità in cui venivano esposti delle antichità di vario genere, una specie di esposizione antiquaria, di museo nazionalistico dove dopo l’Unità d’Italia le comunità locali esibivano a Roma la unicità del loro passato per continuare a rivendicare autonomia). Noi abbiamo preso gli elementi essenziali dello spazio: un tavolo enorme di dieci metri che è stato tutto restaurato, le vetrine che verranno messe a posto etc. e ricostituiamo lì una parte del museo archeologico dedicato alle collezioni di antiquaria fra Sei e Ottocento. Questo ci permetterà di svincolare le collezioni del territorio dalle collezioni che verranno messe in spazi diversi, e ci permetterà di avere una sala spettacolare all'altezza delle altre sale spettacolari degli altri Istituti, quindi sarà un modo per dare un simbolo al rilancio del Museo Archeologico.
- E passando agli antipodi, perché la scelta di Fornasetti?
- In realtà siamo in coerenza. Fornasetti è un artista che è esploso fra le due guerre in quel periodo che si chiamava “Ritorno all'ordine”, dopo la tragedia della prima guerra mondiale e che prepara anche il totalitarismo. Fornasetti ha proseguito il suo percorso tutt'intorno alla reinvenzione dei valori formali del Classicismo. Ora consideri che Parma è una delle capitali del classicismo, perché nel 500 sotto i Farnese è stata uno dei luoghi del classicismo italiano, e poi nel 700 è stato uno dei luoghi dove è stato inventato il Neoclassicismo. Noi avevamo bisogno di uno sguardo contemporaneo su questo patrimonio passato per renderlo maggiormente comprensibile al pubblico contemporaneo e stimolarne la curiosità. È un tipo di processo che tecnicamente si chiama rigenerazione del patrimonio. Tu rigeneri il patrimonio passato attraverso dei riferimenti contemporanei e attraverso il linguaggio dell’arte. L’arte che rigenera sé stessa. Abbiamo fatto un bando, da questo bando è uscita fuori vincitrice l'associazione Fornasetti, e abbiamo lavorato tantissimo con loro per far sì che il percorso fosse un modo di esaltare l'identità delle collezioni e di questo dialogo tra collezioni e Fornasetti e ci siamo riusciti. È un risultato di cui andiamo molto orgogliosi e anche il pubblico risulta essere molto soddisfatto perché non ho sentito una critica.
- Quindi siete usciti dal coronavirus con Fornasetti?
- Devo dire nella sfortuna è stata anche una cosa fortunata, che ci ha rilanciato. Una cosa è aprire in maniera ordinaria, una cosa diversa è aprire con una mostra come questa che ci rilancia ancora di più. E che è di spontaneo riferimento ad un pubblico più ampio. In più ci ha permesso anche di giustificare il fatto che non abbiamo tutti gli spazi aperti per ragioni che sappiamo, quindi questo ci ha obbligato, ma devo dire in maniera fortunata perché devo dire che alla fine la mostra è più bella così di quanto non fosse prima a ripensare ad alcuni allestimenti. È tutto molto positivo. Abbiamo tutti gli spazi monumentali del complesso fruibili, perché sono spazi molto grandi e quindi disperdono di più l'aria, e che sono stati dedicati alla mostra che secondo me grazie al coronavirus ha preso ancora più spessore.
- Benissimo, ultima domanda. All'inizio mi diceva “Non so chi sia Simone Verde, posso però dirle che cosa fa” ... bene, trasliamo un po' la domanda: sappiamo bene che cosa sia la Pilotta o meglio nel corso del tempo abbiamo imparato a conoscerla. Cosa farà la Pilotta?
- Sono due progetti, in realtà sono cantieri già presenti: abbiamo utilizzato il Covid come un'opportunità per chiuderci in casa e lavorare e non farci distrarre dalla gestione ordinaria, quindi nel giro di tre mesi abbiamo portato a compimento tutta una serie di progetti; quelli su cui ci stiamo concentrando adesso, i fondamentali, sono appunto quelli su cui ci stiamo cimentando adesso dal punto di vista amministrativo. È partita la gara del nuovo museo Bodoni, speriamo entro l'anno di riuscire a inaugurarlo, una cosa storica perché se ne parla dal 1970. Il museo Bodoni esiste, ma è difficilmente accessibile perché è situato all'ultimo piano. Con la riapertura sarà anche un presidio contro il degrado dell'area in cui si troverà. Poi abbiamo l'apertura dell'ala 1 del museo archeologico, a breve riapriremo l'ala Ovest completamente rinnovata dove la Scapigliata di Leonardo Da Vinci troverà una collocazione finalmente degna. Aprirà un'altra sezione tutta dedicata all'arte fiamminga che ha avuto un ruolo così importante nella Corte parmigiana, che prima era dispersa nelle collezioni italiane e non aveva una sua chiara leggibilità. Soprattutto non aveva chiara leggibilità il ruolo che l'arte fiamminga ha avuto nella reinvenzione dell'arte italiana, perché se di Manierismo si può parlare non è solo per la crisi del 500 e per la perdita del realismo nello spazio, ma anche perché sono i simbolismi tipici dell'arte fiamminga che penetrano in maniera così forte per via della presenza dell'impero nella geopolitica europea nell'arte italiana e quindi scardinano quella costruzione prospettica razionalista ritornando indietro. Apriremo in autunno la Rocchetta tutta rinnovata e riallestita, con una mostra permanente sull'Ottocento e il mito di Correggio. Presenteremo al pubblico per la prima volta le collezioni ottocentesche della Pilotta con un restauro spettacolare del pavimento della sala ottagonale dove si trova una delle due pale del Correggio.
- Quindi parafrasando il motto di Parma capitale della cultura avete intenzione di "battere il tempo" in questo modo...
- Abbiamo intenzione di fare il nostro lavoro (ride).
- Grazie mille, è stato gentilissimo.
- Grazie a lei.
"LA MANO CHE CREA": MOSTRA SU UGO ZANNONI
Recensione mostra "La mano che crea" a cura di Mattia Tridello
Ugo Zannoni, 1836-1919;
Scultore, collezionista e mecenate;
“Sotto la man che crea
Non tremava il tuo giovine scalpello,
Quando t’apparve alla feconda idea
Tutto avvolto nel suo bruno mantello,
Il divino sembiante
Della grande e sdegnosa ombra di Dante?”
P. Antonibon, Dante scolpito da Ugo Zannoni, Verona 1865
Dante, con sguardo austero, occhi severi e compostezza monumentale, dall’alto del suo piedistallo, guarda da più di 150 anni l’inesorabile e continuo flusso di persone che transitano in Piazza dei Signori, nel luogo che, dal 1865, è diventato la sua sede (Fig. 1-1a). Portandosi la mano al mento, in atteggiamento pensoso, riflette. Sotto di lui, tra un vociferare continuo, espressioni incuriosite e volti di turisti lo ammirano, chi per immortalarlo in qualche foto ricordo, chi, invece, per riservargli una modesta e fuggitiva occhiata. L’Alighieri, tuttavia, continua nel fissare l’eternità, rimane staticamente nella sua posizione, ben consapevole del valore che essa assunse per l’affermazione patriottica di un paese, nell'affermazione di un artista giovanissimo che, a soli vent’anni, con mano vigorosa e forte lo scolpì nel marmo, lo impresse nella memoria dei veronesi che, resistendo all’invasore, videro in questo l’esecutore del più riuscito tributo al padre della lingua italiana. Risulta dunque veramente difficile trovare un artista come l’autore della statua, Ugo Zannoni, così in stretta simbiosi con la storia e l’evoluzione della propria città, capace di aver instaurato un legame forte tanto da farne un indissolubile caposaldo del sistema museale e espositivo veronese.
"La mano che crea": la mostra su Ugo Zannoni
La mostra "La mano che crea", che dal 27 giugno 2020 al 31 gennaio 2021 si apre alla Galleria d’Arte Moderna di Verona, si propone come un’eccezionale e straordinaria opportunità di riscoprire il lato meno noto e per tempo sottovalutato della fondamentale figura dello scultore, veronese d’origine ma milanese d’adozione. Zannoni, infatti, dopo i primi studi all’Accademia di Venezia, ben presto si trasferisce nel tumultuoso e dinamico clima della capitale del Regno Lombardo- Veneto, Milano. Ammesso all’Accademia di Brera egli iniziò a maturare un gusto decorativo inseribile nella cosiddetta “Scuola milanese”, figlio del suo tempo, l’artista si appropriò di uno stile ambivalente: realista nell’interpretazione dei monumenti civili ma incline a un naturalismo descrittivo di ispirazione neo-settecentesca nei soggetti di genere che componevano le sue collezioni private. Non stupisce dunque che le sue prime opere, stimolate dalla volontà di risvegliare la città natale dal torpore nel quale si era addormentata, ebbero notevole e precoce successo tanto da rinforzare, nel suo intimo più profondo, un sentimento municipalistico protettivo e affettuoso nei confronti della città di famiglia, un affetto unico che si tramutò in investimenti e generosi lasciti per il costruirsi di un’identità museale, di una realtà che ancora oggi esiste, il Museo Civico.
Storia della donazione artistica di Zannoni alla base de "La mano che crea"
Anche se, nella storia secolare di collezionisti e mecenati, Verona fu sempre ricca di donazioni che andavano a ingrandire le raccolte museali, nessuna di quest’ultime fu tanto cospicua e ampia come quella che, a diverse riprese, Zannoni generosamente lasciò ai posteri. Dopo un primo lascito di 35 sculture del suo atelier e ben 83 dipinti di autori principalmente lombardi, lo scultore, insieme all’avvocato Zenati, diede inizio a un grandioso progetto espositivo che prevedeva la riorganizzazione dei beni comunali e la creazione di un “sala risorgimentale” (in linea con l’illuminato mecenatismo altolocato ottocentesco) a Palazzo Pompei (all’epoca sede del Museo Civico) per ospitare l’ingente raccolta artistica messa a disposizione dai due donatori. Le sale, aperte il 1 Maggio 1908, riscossero immediato consenso anche dalle autorità civili il sindaco, Luigi Bellini Carnesali, si congratulò personalmente con Zannoni e i suoi colleghi per “il nobile amore e l’assidua opera” prestata per il riallestimento delle raccolte cittadine. La riconoscenza iniziale degli amministratori comunali, tuttavia, non fu sufficiente negli anni successivi ad assicurare la fortuna tanto sperata alle opere lasciate dallo scultore. Il motivo storiografico principale lo si può desumere dal fatto che Zannoni, come accennato in precedenza, apparteneva a una generazione di scultori italiani sottovalutata dalla critica filo-francese dell’epoca. Questa, prediligendo le nuove sperimentazioni plastiche di Rodin e Boccioni, finì per far oscurare le collezioni donate tanto che, arrivate nel 1916 al totale complessivo di all'incirca quattrocento e più beni, iniziarono ad essere parzialmente dimenticate e celate nei depositi. Gli unici pezzi che continuarono ad essere esposti permanentemente furono gli immancabili successi scultorei giovanili quali il modello in bronzo della statua di Dante e le graziose statuine dedicate al tema infantile. L’esposizione si pone quindi come la prima vera e concreta rivalutazione artistica dell’opera di Zannoni a livello sia personale che di commissione e donazione, si mostra al visitatore un affascinante retroscena sul gusto decorativo e collezionistico otto-novecentesco, dà modo di rileggere, nell'attualità moderna, il contributo fondamentale portato dall'artista nella concezione museale stessa, nell'anticipare e esprimere il ruolo, in primis educativo, che assume l’arte e la contemplazione della bellezza. Non a caso la mostra si arricchisce, proprio per tale motivo, di un’attività che non ha avuto precedenti così riusciti nella storia espositiva veronese, di un laboratorio formativo.
Quest’ultimo ha aperto le porte a studenti e professori delle realtà universitarie e accademiche cittadine permettendo loro di cimentarsi e essere coinvolti, accanto allo staff museale, nelle attività di cura delle collezioni, nella sperimentazione di ciò che avviene dietro le quinte, prima, durante e dopo l’apertura pubblica. Anche in questo non manca di certo l’influenza del protagonista dell’esposizione, Zanoni, infatti, sebbene fosse stato molte volte invitato a insegnare presso l’Accademia di Brera, tra il 1904 e il 1915, nell'ultimo periodo di vita, si dedicò con impegno e dedizione all'insegnamento in una scuola a portata di tutti, alla Scuola del Patronato operaio istituita dai padri Stimmatini di Verona. L’umanità autentica unita al messaggio educativo che l’artista voleva presente nelle sue raccolte senz'altro riecheggia egregiamente nelle tre sale della mostra "La mano che crea" e si fa ancor più presente nell'animo di coloro che sapranno gustarla col cuore, prima ancora che con gli occhi.
Il percorso espositivo: il laboratorio-mostra "La mano che crea"
Il laboratorio-mostra si svolge in sette tappe articolate tra la grande Sala orientale del Palazzo della Ragione, lo spazio antistante l’antica Cappella dei Notai e la Sala degli Scacchi.
Per il percorso sono state selezionate 83 opere d’arte delle 212 provenienti dalle donazioni disposte da Ugo Zannoni dal 1905 al 1919.
Ingresso all'esposizione. "La mano che crea"
L’ingresso alla mostra "La mano che crea" avviene tramite un locale voltato nel quale, per introdurre la figura di Ugo Zannoni e il tema del mecenatismo, sono esposti tre busti-ritratto: il primo (Fig. 2) , opera dei fratelli Carlo e Attilio Spazzi, ritrae Ugo Zannoni e fu donato da Achille Forti per l’inaugurazione, l’1 maggio 1908, delle nuove “Sale Zannoni” e “Sale d’arte moderna” del Museo Civico all’epoca nella sede di Palazzo Pompei citata in precedenza. Gli altri due busti presenti (Fig. 3) furono scolpiti in marmo da Zannoni su commissione del Comune di Verona, quale omaggio a Giulio Pompei e a Cesare Bernasconi, due dei protagonisti del primo periodo di incremento delle raccolte artistiche del Museo Civico.
La Sala orientale
Lo spazio complessivo della mostra "La mano che crea" si articola principalmente nella Sala orientale del Palazzo della Ragione. Il vasto ambiente, per l’occasione, risulta diviso, tramite pannelli mobili, in tre differenti sezioni, ciascuna con colori e allestimenti diversi pensati appositamente per rievocare, con l’ausilio di gigantografie di foto d’epoca, determinati luoghi cari e significativi alla figura di Zannoni.
SEZIONE 1, prima sala
La prima sezione della mostra, tramite la gigantografia di una foto d’epoca ritraente l’atelier dello scultore presso la Scuola di Plastica del Patronato operaio degli Stimmatini dove egli insegnò dal 1904 al 1915), mira a ricreare l’ambiente di lavoro e di esposizione delle opere, proprie o acquistate, dello scultore (Fig. 4). Ecco quindi che, insieme ai capolavori che lo resero celebre, come il modello bronzeo della statua di Dante (Fig. 5) o i busti di personaggi illustri del “Pantheon veronese” si susseguono alcune opere di gusto rinascimentale di proprietà di Zannoni e fonti di numerosi riferimenti stilistici, un esempio ne è il “Cristo uomo dei dolori” di Paolo Farinati (artista veronese attivo tra il 1524 e il 1606) (Fig. 6). Alla sinistra dell’entrata sono esposte, invece, raccolte dell’artista di epoca più recente, le statuine di vario genere realizzate da Alessandro Puttinati (Fig. 7) e il “Cesare Beccaria” di Giuseppe Grandi ne sono parte.

SEZIONE 2, seconda sala
La seconda sezione, con grafiche e colori diversi, cerca di riprodurre gli interni di una tipica casa borghese di fine Ottocento. Come è riscontrabile in foto o rappresentazioni d’epoca, le abitazioni del tempo non disponevano di veri e propri spazi dedicati esclusivamente all'esposizione dei quadri e delle statue di famiglia, perciò quest’ultimi venivano collocati negli ambienti di maggiore frequentazione quotidiana, si pensi alle sale da pranzo e ai salotti. Con questo intento si è ricreata un’ipotetica stanza nella quale sono presenti opere di diversi autori e tipologie, di proprietà di Zannoni, probabilmente esposte nella casa di quest’ultimo (Fig. 8a – 8b). Ad arricchire l’ambiente concorre una scrivania d’epoca che funge da supporto per alcune graziose statuette, come l’opera autografa dell’artista, la “Carità”(Fig. 9). A far immedesimare il visitatore sopraggiungono anche le dimensioni, minute e per lo più orizzontali, dei dipinti presenti: si veda, ad esempio, “Lezione a memoria” di Roberto Fontana (Fig.10).
SEZIONE 3, terza sala
Il 1 Maggio 1908 vennero ufficialmente inaugurate le due sale di ri-allestimento della collezione del Museo Civico, all'epoca nella sede di Palazzo Pompei. La terza e ultima sezione espositiva (Fig. 11) cerca, quindi, tramite la riproduzione di una gigantografia di una foto d’epoca scattata all'interno della “sala Zannoni”, di riprodurre il clima che respiravano i visitatori novecenteschi in quell'ambiente, circondati da opere notevoli, presenti ieri come oggi, nelle collezioni civiche (Fig. 12). Ne sono un esempio il “Ritratto di Ugo Zannoni” di Angelo Dall’Oca Bianca (Fig. 12, destra) oppure i gruppi statuari di genere rappresentanti figure sia a tutto tondo che mezzi busti di giovani e aggraziate spose, da notare la complicata ma magistrale lavorazione dei merletti e dei pizzi dei veli delle acconciature (Fig. 13). Un accurato e veramente apprezzabile studio grafico sull'aspetto delle originarie sale novecentesche ha influenzato l’allestimento dell’ultima sezione che, non a caso, presenta nella parte alta della parete alcuni fregi a motivi vegetali simili a quelli presenti in prossimità del soffitto negli ambienti di Palazzo Pompei (Fig. 14).
Termine della visita
Terminata la visita dell’ultima sezione della mostra "La mano che crea", seguendo le indicazioni per l’uscita, si viene introdotti in un ampio ambiente che ospita, oltre a filmati che testimoniano la presenza viva e attuale del collezionismo e del relativo mecenatismo, una suggestiva linea del tempo illustrata (Fig. 15) realizzata, nel corso dell’esperienza laboratoriale, dagli studenti della realtà universitaria e dell’Accademia di Belle Arti di Verona. La rappresentazione, ripercorrendo le tappe fondamentali e principali della secolare storia collezionistica veronese, dal ‘700 fino al ‘900 , conclude cronologicamente l’itinerario artistico nel Palazzo della Ragione.

Giunge alla fine un viaggio retrospettivo e veramente inedito nella figura di Ugo Zannoni, nell'immagine virtuosa e generosa di uno dei principali fautori di un patrimonio artistico unico, di un corpus pittorico e scultoreo che trae le sue radici nell'incondizionato amore dell’artista alla sua città natale, alla terra che ne vide l’evoluzione. Dai primi successi all'ardore patriottico, dalle donazioni alla riorganizzazione del Museo Civico, dal giovane irrefrenabile scultore alla mano paziente e abile nell'allestire spazi d’arte, nel creare luoghi dell’animo in cui piantare i semi dell’amore verso il sentimento del “bello”. Zannoni ha lanciato un seme che ora, germogliando, viene riscoperto, torna alla luce per essere di nuovo da noi tutti apprezzato, alimentato e tramandato alle generazioni future.
Informazioni per la visita
Mostra "La mano che crea", dal 27 giugno 2020 al 31 gennaio 2021
Galleria d’Arte Moderna Achille Forti - Palazzo della Ragione
Cortile Mercato Vecchio 6 - Verona
Tel. 045 8001903
www.gam.comune.verona.it
Orario
Da martedì a domenica 11 -17
Lunedì chiuso
Ultimo ingresso ore 16.15
SABATO 27 e DOMENICA 28 giugno 2020 INGRESSO SPECIALE 1 euro
BIGLIETTERIA
La biglietteria presso la Galleria d’Arte Moderna è attiva.
Il biglietto può essere acquistato anche online su museiverona.com, prenotando anche l'orario di ingresso.
Biglietto Galleria d’Arte Moderna
Intero: 4,00 €
Ridotto: 2,5 €
scolaresche: € 1,00
Hanno diritto al biglietto ridotto: gruppi superiori a 15 persone; ragazzi dagli 8 ai 14 anni; studenti dai 14 ai 30 anni (con tessera studenti o libretto universitario); adulti oltre i 60 anni di età; possessori delle apposite convenzioni.
Ingresso gratuito: bambini fino a 7 anni, residenti nel Comune di Verona con più di 65 anni, portatori di handicap e accompagnatori, insegnanti accompagnatori di scolaresche (due per ogni classe indipendentemente dal numero di studenti).
Biglietto cumulativo Galleria d’Arte Moderna Achille Forti + Torre dei Lamberti
Intero: 8,00 €
Ridotto: 5,00€
scolaresche: € 1,00
Hanno diritto al ridotto: gruppi superiori a 15 persone, studenti dai 14 ai 30 anni (con tessera studenti o libretto universitario), adulti oltre i 60 anni di età, possessori delle apposite convenzioni ingresso gratuito: anziani (over 65) residenti nel Comune di Verona, portatori di handicap e loro accompagnatori, bambini fino a 7 anni, insegnanti accompagnatori di scolaresche (due per ogni classe indipendentemente dal numero di studenti) con HYPERLINK "https://gam.comune.verona.it/nqcontent.cfm?a_id=38678"VeronaCard
Le semplici regole per una buona visita sono disponibili sul sito museicivici.comune.verona.it
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Catalogo
Panini Editore
PIRANESI, ARCHITETTO SENZA TEMPO
Recensione della mostra "Giambattista Piranesi, architetto senza tempo" a cura di Mattia Tridello
La mostra a Palazzo Sturm
Trecento anni fa, precisamente il 4 Ottobre 1720, nasceva Giambattista Piranesi, un artista che con le sue opere incisorie ha regalato al mondo vedute straordinarie dei più importanti monumenti della classicità romana, visioni sublimi dell’antico da lui tanto amato e studiato. Con la volontà di rendere omaggio a quest’ultimo, in occasione del trecentenario dalla nascita, nell’incantevole scenario del settecentesco Palazzo Sturm, sulle sponde del Brenta, dal 21 Giugno 2020 si apre al pubblico un’esposizione che, ad oggi, non ha avuto eguali nella storia museale bassanese. “Giambattista Piranesi, architetto senza tempo” è infatti la prima grande mostra della collezione delle incisioni di Piranesi presenti nel comune di Bassano del Grappa, ed è quindi la prima occasione per poter vedere e apprezzare una raccolta che, grazie ai prestiti della Fondazione Cini di Venezia, si può definire completa, satura di tutta l’opera artistica e grafica prodotta da Piranesi nel corso della sua vita, cronologicamente dettagliata e ampia tanto da creare un concentrato incisorio unico nella città veneta. L’esposizione si configura come la concreta risposta all'esigenza di esporre ai visitatori i tesori che si trovano aprendo semplicemente i cassetti della sala stampe o della biblioteca della città, alla necessità di sensibilizzare pubblicamente la vastissima e pregevole quantità di opere che troppo spesso stanno in disparte e giacciono nei depositi museali, alla volontà di ribadire il primato storiografico e culturale portato da un artista del quale, per via di malintesi e fraintendimenti, per molto tempo si è conosciuto pochissimo della sua vita giovanile, in particolare sul luogo di nascita.
Giambattista Piranesi: gli anni giovanili
Risulta veramente singolare constatare dunque che, pur essendo uno dei maggiori protagonisti dell’arte incisoria europea del Settecento, Piranesi non nacque, come da decenni è stato pensato, a Mogliano veneto, bensì a Venezia. Proprio nella città lagunare egli trascorse l'infanzia e i primi anni della giovinezza accanto al padre Anzolo, un tagliapietre che proveniva dall’Istria, precisamente dalla città di Pirene. Venezia, come è noto, utilizzava per la costruzione dei suoi edifici enormi quantità di pietra d’Istria poiché, già a partire dal governo del Doge Orseolo, il territorio, ora facente parte della Slovenia, risultava annesso alla Serenissima. E’ dunque facile comprendere da dove derivi il cognome della famiglia Piranesi e perché quest’ultima si sia stabilita, negli anni, proprio nella laguna. All'età di vent'anni Giambattista parte alla volta della Città Eterna in qualità di disegnatore nella spedizione diplomatica di Francesco Venier (ambasciatore veneziano). Nel 1743 pubblica a Roma “La prima parte di architetture e prospettive” (1743), il suo primo catalogo di incisioni, a cui ben presto si susseguono altri volumi, primi fra tutti le “Vedute di Roma” (1748) e “Le carceri”(1749 prima edizione, 1761 seconda edizione). Da lì a pochi anni, nel 1778, Piranesi si spegne lasciando però acceso un nutrito e intimo desiderio di continuare l’opera da lui iniziata spingendo così numerosi artisti italiani e europei a imitare le sue vedute, i suoi sguardi sull'antico, i suoi occhi sul tempo passato.
E’ dunque per questo che il sottotitolo stesso dell’esposizione, “architetto senza tempo” vuole rimarcare quanto appena illustrato sottolineando come lo stesso artista, seppur con una basilare formazione architettonica, non produsse, da architetto, molti progetti. Della sua attività costruttiva ci rimane solamente la ristrutturazione della chiesa di Santa Maria del Priorato a Roma e il completamento assiale del famoso portale con “il buco della serratura” situato accanto al luogo sacro e sempre sull'Aventino. Una nuova e veramente interessante riflessione sul tema temporale legato al rapporto tra la contemporaneità settecentesca, in cui viveva Piranesi, e l’epoca romana, ben più distante, viene fornito già dalla prima sala al piano terra (Fig. 1) dell’edificio dove, per la prima volta, viene esposta un’opera di un artista vivente in relazione al tema centrale della mostra. Luca Pignatelli, infatti, propone una stampa di dimensioni notevoli riproducente una veduta di Piranesi, “La veduta del castello dell’acqua felice” (Fig. 2). Su quest’ultima egli inserisce volontariamente orologi di diversa tipologia e grandezza per rimarcare come lo scorrere del tempo, ieri come oggi, sia inesorabile, continuo nel rivestire con la sua patina le città odierne e quelle antiche.
Il percorso della visita
Sfruttando l’ordine cronologico-biografico la mostra si articola negli ultimi due piani del palazzo bassanese che, dopo il recente restauro, sono stati riportati all'originario splendore. Tra stucchi e soffitti dagli echi neoclassici trova sistemazione la ricca e completa collezione incisoria della città, ben custodita grazie a contenitori protettivi e termoisolanti. Un occhio di attenzione e riguardo è stato posto anche nella sistemazione dei punti di illuminazione naturale e artificiale, che permettono una buona lettura delle opere evitando riflessi sul vetro protettivo, utilizzato per non compromettere la perfetta condizione delle incisioni e che garantisce la focalizzazione dell’osservatore sulle stampe, sia singole che rilegate.
Sala 1 e sala 2
Nella prima sala del quarto piano di Palazzo Sturm (Fig. 3), l’esposizione si apre con un’assai piccola stampa risalente al 1757. L’elemento raffigurato e adottato come logo della mostra è un “Occhietto con uroboros”(Fig. 4). L’immagine, seppur di ridotte dimensioni, racchiude un preciso significato, che ancora una volta può far riflettere sulla vita e sui desideri dell’artista. Noto soprattutto per le sue incredibili incisioni, il vero sogno di Giambattista Piranesi rimase sempre quello di essere architetto. In vita, come accennato precedentemente, ottenne un solo incarico in questa veste: il rifacimento della Chiesa di Santa Maria del Priorato a Roma. Questo suo desiderio si riflette sia nel fatto che si firmasse come “architetto veneziano”, sia che usasse come occhietto, in cui collocare il nome della persona alla quale veniva dedicato un determinato volume, un’incisione con gli strumenti di tale disciplina: la penna, la squadra e il compasso.
Questi utensili sono legati insieme fra loro dall’uroboros: un serpente che, mordendosi la coda, forma un cerchio senza inizio né fine. Presente nella cultura di molti popoli ed epoche, l’uroboros, apparentemente immobile ma in eterno movimento, rappresenta l'energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica del mondo, l'unità, l'infinito e l'eternità. Un rimando quindi all'antico di cui Piranesi fu fervente sostenitore e studioso, e una raffigurazione che verrà ripresa in altri contesti ma simili significati anche dal Canova nel monumento funebre per Maria Cristina d’Austria nella Chiesa degli Agostiniani a Vienna (Fig. 5).
Il resto dell’ambiente risulta occupato da alcune delle primissime incisioni, perlopiù frontespizi (Fig. 6), del giovane Piranesi, che proseguono poi anche nella sala successiva.

Sala 3-4-5
La terza sezione del percorso espositivo (Fig. 7) è completamente dedicata a una delle raccolte che, senz'altro, resero celebre Piranesi sia in Italia che all'estero: si tratta di stampe singole o rilegate in volumi eccezionalmente aperti e visibili interamente riproducenti visioni, scorci, vedute della Roma sia antica che contemporanea all'artista, con la popolazione ritratta nelle normali attività quotidiane. Non deve stupire, quindi, vedere come nella “Veduta del Ponte e Castel Sant’Angelo” (Fig. 8), oltre ai meravigliosi monumenti cittadini, non manchino navigatori, pescatori con le loro piccole imbarcazioni intenti a sistemare le reti nel Tevere. Come fa notare uno dei curatori della mostra e del catalogo, Pierluigi Panza, “ … nelle sue vedute vi è un’umanità piccolissima ma sempre indaffarata … è un gran teatro veneziano e umano” .
Nelle numerose vedute presenti (Fig. 9-15), sia in quelle che rappresentano la Roma moderna, sia in quelle legate al ricordo e alla memoria della città imperiale romana, l’indiscussa protagonista è la storia. Attraverso il disegno delle architetture classiche e delle rovine, Piranesi vuole enfatizzare quelle sopravvissute testimonianze di un passato ormai irraggiungibile, di un passato antico ricoperto dalla natura che prosegue nel suo intento corrosivo e al contempo poetico.
Sala 6 a
Terminata la visita alla prima parte dell’esposizione, salendo l’elegante scalinata settecentesca del palazzo, si giunge alla seconda e ultima sezione della mostra. L’ambiente al quinto piano è diviso in due differenti zone di interesse. La prima di queste ospita alcune sedute per poter guardare il filmato che viene proiettato tramite uno schermo alla parete (Fig. 16). Il cortometraggio, realizzato da Grègoire Dupond per factum Arte, ricostruisce tridimensionalmente ogni ambiente delle sedici tavole delle cosiddette “Carceri”(ospitate nella sala successiva) portando così il visitatore all'interno di un viaggio virtuale nelle famose e altrettanto singolari ultime incisioni dell’artista (Fig. 17).
Sala 6 b
L’ultima sala dell’esposizione (Fig. 18) è interamente dedicata all'esposizione dell’importante prestito concesso dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia: le stampe delle “Carceri d’Invenzione”(Fig. 19-23). Per la loro straordinaria libertà di immaginazione e per la capacità di trasferire nel segno grafico una sensibilità pittorica, le incisioni rivelano l’influenza dei Capricci di Gianbattista Tiepolo, incontrato da Piranesi presumibilmente nel 1747, poco prima della sua ripartenza per la Città Eterna. Descritte da Victor Hugo come “l’orribile Babele sognata dal Piranesi” , le sedici tavole esposte vennero incise dall'artista dopo un delirante attacco di febbre. In queste, il carattere ancora rococò del capriccio piranesiano si unisce alle cupe visioni dell’eccesso barocco, con quel susseguirsi di scale che non portano in alcun luogo, i ponti sospesi, le grate, gli antri bui, gli strumenti di tortura e le figure minuscole che si agitano all'interno. Esse sono il contributo dell’artista al dibattito dell’epoca sui sistemi di tortura e sulla pena capitale, un’espressione di angoscia interiore che anticipa egregiamente le raffigurazioni di Escher e le scomposizioni volumetriche dell’architettura decostruttivista, oggi affermata in tutto il mondo.
Dalle architetture visionarie, stravaganti, per certi versi veramente immaginarie, si ritorna quindi al tema su cui si fonda la mostra stessa. Piranesi, architetto senza tempo, incisore, amante dell’arte antica tanto da essere conosciuto principalmente per quest’ultima, invece che per la sue opere architettoniche, a trecento anni dalla nascita, viene omaggiato e dovremmo dire, ringraziato per la sua straordinaria capacità di captare, raggruppare, immortalare la realtà a lui contemporanea e quella antica in un corpus artistico straordinario, in stampe realizzate sotto un’unica mano, sotto un tratto abile e veloce nel carpire e imprimere nella carta il respiro del passato, la voce dell’antico, l’eco del tempo.
Informazioni per la visita:
PALAZZO STURM
Via Schiavonetti, 40
36061 Bassano del Grappa (VI)
21.6.2020 — 19.10.2020
ORARI
Tutti i giorni, 10-19
chiuso il martedì.
La biglietteria chiude alle 18.
BIGLIETTI
Ingresso compreso nel prezzo del biglietto
7 € intero, 5 € ridotto
CONTATTI
T +39 0424 519 940
*Il catalogo scientifico della mostra edito da Silvana Editore, a cura di Chiara Casarin e Pierluigi Panza, presenta tutte le opere e le incisioni di Piranesi esposte a Palazzo Sturm con i testi di Chiara Casarin, Pierluigi Panza, Luca Massimo Barbero, Enzo Di Martino, Manlio Brusatin e Stefano Pagliantini.
IL "CASO" DI SIMONINO DA TRENTO
Una vera mostra “di ricerca”, o comunque una mostra davvero riuscita, può essere il più concreto atto di fede nella vitalità, nel valore oggettivo, nella serietà e nell’utilità sociale della storia dell’arte: come disciplina scientifica, ma anche come insostituibile mediatrice per l’amore, la comprensione, il godimento delle opere d’arte da parte di un pubblico più vasto.
TOMASO MONTANARI, Contro le mostre, 2017
Con questa citazione di Tomaso Montanari, vorrei parlare di una “mostra riuscita” e di “utilità sociale” che è L’Invenzione del colpevole. Il caso di Simonino da Trento dalla propaganda alla storia. La mostra,ospitata dal Museo Diocesano Tridentino dal 14 dicembre al 13 aprile 2020 (già prorogata all’11 maggio 2020), è a cura di Domenica Primerano con Domizio Cattoi, Lorenza Liandru, Valentina Pedri con la collaborazione dei docenti dell’Università degli studi di Trento, Emanuele Curzel e Aldo Galli.
La mostra si pone l’obiettivo di analizzare tramite documenti e opere d’arte, la vicenda di Simonino da Trento.
Ma chi era Simonino da Trento?
Bottega di Daniel Mauch, Martirio di Simonino da Trento, primo decennio del XVI sec., Trento, Museo Diocesano Tridentino
Tutto ebbe inizio il 23 marzo 1475, Giovedì Santo, quando dalla città di Trento scomparve Simone, un bambino di soli due anni. Il corpo venne ritrovato il giorno di Pasqua in un canale nei pressi della casa di Samuele di Norimberga, uno dei maggiori esponenti della comunità ebraica della città. Dato il luogo del ritrovamento, vennero immediatamente incarcerati e processati per rapimento e omicidio gli ebrei trentini, che poco dopo furono condannati a morte. Uno degli obiettivi della mostra è rianalizzare come il processo fu basato su confessioni estorte con la tortura, rendendo il caso di Simonino da Trento quella che oggi potremmo definire una clamorosa fake news.
L’accusa è stata fatta perché la propaganda antisemita del tempo alimentava un’idea diffusa nell’Occidente medievale già dalla metà del XII sec.,ovvero che durante la Settimana Santa, fosse una consuetudine il “sacrificio rituale”. Secondo la credenza, gli ebrei sacrificavano bambini cristiani con l’obiettivo di reiterare la crocifissione di Cristo, adoperando il sangue della vittima per scopi magici e medico-curativi.
Un ruolo cruciale in questa vicenda fu quello del principe vescovo di Trento, Johannes Hinderbach, il quale da un lato ebbe un controllo diretto sugli interrogatori “pilotati” con lo scopo di far confessare il delitto agli ebrei, dall’altro lato gestì la nascita del culto di Simonino, organizzando pellegrinaggi verso il corpo, registrando i miracoli, commissionando e scrivendo opere agiografiche e soprattutto promuovendo una campagna di immagini che portò zone dell’Italia settentrionale fino alla Germania a un culto di questo “martire”.
Hartmann Schedel, Liber Chronicarum, Nürnberg, Anton Koberger, 23 dicembre 1493. Trento, Biblioteca Comunale
Il Simonino infatti, dopo il fatidico marzo 1475, venne subito considerato un martire cristiano divenendo oggetto di un culto intenso, grazie anche alle immagini e soprattutto alla stampa tipografica. La devozione si diffuse rapidamente;solo papa Sisto IV (1414-1478) provò a fermare questa tendenza, proibendo il culto sotto pena di scomunica.
Il tentativo del papa non ebbe grandi risultati, infatti solamente nel Novecento vennero rilette le fonti da W. P. Eckert, per volontà di Monsignor Iginio Rogger e del vescovo Alessandro Maria Gottardi, stabilendo la verità storica e dimostrando come le accuse di omicidio rituale rivolte agli ebrei fossero infondate. La vicenda si concluse il 28 ottobre 1965, negli anni del Concilio Vaticano II (1962-1965), quando la Chiesa decise di abrogarne definitivamente il culto.
La mostra su Simonino da Trento e “L’invenzione del colpevole”
La mostra occupa due piani del Museo Diocesano Tridentino, il quale ha sede in Palazzo Pretorio, la prima residenza vescovile eretta nel centro della città. La visita comincia al piano terra: qui è possibile capire il contesto in cui nacque l’accusa per omicidio rituale, i meccanismi con cui gli ebrei furono accusati di tale crimine per poi, nell’ultima sala, ripercorrere le fasi che portarono all’abrogazione del culto nel 1965.
Il percorso prosegue poi al secondo piano, dove sono esposte opere di tipo eterogeneo (dipinti, sculture, reliquiari, incisioni, fotografie…), concesse in prestito da importanti musei e istituti culturali nazionali e stranieri come le Gallerie degli Uffizi, la Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano, l’Abbazia di Wilten ad Innsbruck e tanti altri. Questa parte di esposizione ha l’obiettivo di dimostrare la fortuna e la diffusione di un culto che durò più di Cinquecento anni, basato, come abbiamo visto, su una fake news.
Concludo con la citazione dell’augurio dell’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, un pensiero che non si può non condividere dopo la visita a questa importante mostra: “Mi auguro che questa meritevole iniziativa, organizzata dal nostro Museo Diocesano, possa divenire per tutti, a cominciare dalle comunità cristiane, un monito fortissimo a vigilare perché nessuno osi ammantare del nome di Dio ciò che invece ferisce inesorabilmente l’uomo e il credente”.
“La difesa della razza”, V, n.6, 20 gennaio 1942
Bibliografia e sitografia
- Simone da Trento nella tradizione agiografica: i testi latini, catalogo della mostra (Trento, Museo Diocesano Tridentino, 14 dicembre – 13 aprile 2020), a cura di D. Primerano, Trento 2020.
- Montanari, Contro le mostre, Torino 2017.
- https://www.finestresullarte.info/flash-news/5498n_mostra-invenzione-del-colpevole-simonino-da-trento-museo-diocesano-tridentino.php(ultima consultazione 03/03/20).
- https://www.museodiocesanotridentino.it/pagine/trento-mostre (ultima consultazione 03/03/20).
Immagine tratte da:
- Simone da Trento nella tradizione agiografica: i testi latini, catalogo della mostra (Trento, Museo Diocesano Tridentino, 14 dicembre – 13 aprile 2020), a cura di D. Primerano, Trento 2020.
RECENSIONE MOSTRA "DAVID E CARAVAGGIO: LA CRUDELTA' DELLA NATURA, IL PROFUMO DELL'IDEALE"
Palazzo Zevallos Stigliano
Gallerie d’Italia
Napoli – Via Toledo
5 dicembre 2019 – 19 aprile 2020
Palazzo Zevallos Stigliano in via Toledo (nota anche come Via Roma) a Napoli, è stata per anni sede storica della Banca Commerciale Italiana, oggi è la sede napoletana delle Gallerie d’Italia e la sede museale del Gruppo Intesa San Paolo e, fino al 19 aprile 2020, ospita la mostra “David e Caravaggio – La crudeltà della natura, il profumo dell’ideale”.
La mostra, che prende il titolo da un commento di Baudelaire che, riferendosi alla tela “La Morte di Marat” di David, la definì per l’appunto:” crudele come la natura, questo dipinto ha il profumo tutto dell’ideale”, si esplica su tre livelli, dal pian terreno al secondo piano dell’edificio, passando per il piano nobile.
All’occhio del visitatore, si presenta come una sorta di confronto tra l’opera pittorica di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio e uno dei maggiori esponenti del neo classicismo francese, quale fu Jacques-Louis David, ma pare che la realizzazione della mostra, realizzata in collaborazione con l’Institut Français di Napoli ed il Museo di Capodimonte, ma anche il Petit Palais di Parigi e il Fine Arts Museum di San Francisco, curata da Fernando Mazzocca, abbia preso spunto dalla presenza nella Basilica Pontificia di San Francesco di Paola in Piazza del Plebiscito a Napoli dalla fedelissima copia a firma Tommaso De Vivo della Deposizione di Caravaggio, di cui l’originale è inamovibile ed attualmente presente presso i Musei Vaticani, infatti proprio al pian terreno, alla prima sala allestita per la mostra, il visitatore si imbatte in una delle quattro copie esistenti della Morte di Marat del David, proveniente dal Musée des Beaux – Arts de Reims, poiché l’originale della stessa, è considerata anch’essa tra le opere inamovibili ed è conservata al Museo Reale delle Belle Arti del Belgio di Bruxelles, eseguite magistralmente dai suoi allievi e sotto la sua direzione.
L’illuminazione pressoché perfetta delle opere presenti in sala, con luci che mettono in risalto i punti salienti delle opere, sebbene si tratti di un confronto tra copie, monopolizzano l’attenzione del visitatore poiché le stesse, poste l’una accanto all’altra, quasi costringono l’occhio dell’osservatore ad una veduta “di coppia”, come a voler rievocare quel momento storico durante il quale esponenti della pittura del neoclassicismo d’oltralpe soggiornavano a Roma per formarsi e studiare le opere presenti, soprattutto quelle del Caravaggio.
Il percorso è arricchito non solo dalle oltre 120 opere presenti stabilmente nella Galleria e facenti parte delle collezioni permanenti, ma anche dalla fedele ricostruzione della stanza in cui avviene l’omicidio di Marat e dalla presenza di opere di Luca Giordano ed esponenti della sua “scuola”.
Il percorso espositivo, si esplica anche al piano nobile ed al secondo piano, dove, stabilmente è esposta la tela del Merisi raffigurante “Il Martirio di Sant’Orsola” nella Sala degli Stucchi.
La sua collocazione è fissa, ma, se inserita all’interno del percorso della mostra, sembra quasi rappresentare un punto d’arrivo: un’opera suprema che, grazie anche al gioco di luci che illuminano le mani della Santa Martire ripiegate verso il petto nel momento in cui è trafitto dalla freccia del martirio, fa lasciare tutto alle spalle, come se si fosse giunti alla fine di un percorso che, lungo la sua strada, ha preparato il visitatore alla visione di un’opera magna…
Il palazzo con la sua sala, lo scalone monumentale, gli stucchi delle sale del piano nobile ed in particolare del secondo piano, le tele, l’illuminazione ma soprattutto l’ambiente in cui il tutto è esposto, senza particolari forzature o modifiche, dal mio punto di vista rendono il tutto particolarmente suggestivo… per qualche strano motivo che non saprei spiegare, per almeno un’ora, nell’osservare le tele e tutti i quadri esposti, mi sono sentita proiettata in una dimensione diversa, superiore, di quelle che ti avvolgono, quasi ti rapiscono e ti fanno sentire parte di quel mondo che fu di Caravaggio e i suoi seguaci, dell’atelier di David e di quanti vi lavorarono…ma soprattutto dei committenti e tutta quella nobiltà che, in un modo od in un altro, hanno contribuito a quanto oggi possediamo, ammiriamo e soprattutto studiamo.
Già le vetrine della sede del palazzo che precedono l’ingresso, fanno assaporare quanto troveremo all’interno: infatti nelle prime due vi sono gigantografie di opere di Artemisia Gentileschi e Luca Giordano, ma ovviamente non manca la gigantografia dell’opera di Caravaggio, la “ Sant’Orsola” che vi “dimora” stabilmente.
La sala degli stucchi che la ospita, col suo grande camino, specie poi in questo freddo inverno, ti fa sentire quasi in un ambiente delicato…non ho potuto fare a meno di guardarmi intorno, gli stucchi bianchi sullo sfondo azzurro sono delicatissimi, ma voltandomi verso Caravaggio, la sua tela, il “martirio di Sant’Orsola” , l’illuminazione delle mani, la freccia scagliata dal carnefice, le espressioni dei loro volti, hanno monopolizzato il mio sguado e la mia mente, riportandomi non solo a ricordi di studi e anni universitari, ma soprattutto quanto dolore mi fu insegnato a leggere su quella tela….
Sì…tra le opere presenti, molte sono copie. Ma che importa? Non per forza un’opera deve essere un originale per trasmettere e dar voce e vita ad un’emozione…
A me… durante la visita alla mostra è successo…
A me… la mostra è piaciuta e la consiglio….
Il costo del biglietto è di €5, e €3 per il ridotto.
Il costo del Catalogo è pari a €28.n
Fino al 19 aprile 2020, è visitabile :
dal Martedì al Venerdì dalle 10 alle 19
E il Sabato e la Domenica dalle 10 alle 19.
(ultimo ingresso mezz’ora prima).