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A cura di Ornella Amato

 

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, La flagellazione di Cristo, 1607, olio su tela, 286 x 213 cm

Collocazione iniziale:

Cappella De Franchis, basilica di San Domenico Maggiore;

Collocazione attuale:
Sala 78 del Museo Nazionale di Capodimonte.

 

Breve introduzione

La presenza del Caravaggio a Napoli trova il suo punto più alto nelle committenze che l’artista bergamasco riceve, tra le quali quella di Tommaso De Franchis.

Tommaso De Franchis era l’esponente di una famiglia di magistrati napoletani che, avendo acquisito il titolo nobiliare di marchesi, aspirava ad un veloce ascesa sociale e nobiliare. Probabilmente, proprio per “velocizzare” questa scalata sociale, scelsero di commissionare al pittore più controverso presente al momento in città la tela che avrebbe adornato in un primo momento una loro cappella privata, ma che successivamente vollero all’interno della loro cappella nella basilica di San Domenico Maggiore. L’opera dal 1972 è collocata alla sala 78 del Museo di Capodimonte.

 

Il dipinto

La Flagellazione di Cristo – più semplicemente nota come La flagellazione del Caravaggio è una di quelle tele del maestro nelle quali la ricerca della luce e dei suoi effetti sono innalzati a livelli altissimi. La rappresentazione del tema sacro sembra quasi sfidare l’iconografia tradizionale del Cristo alla colonna; la scena è violenta e silenziosa al tempo stesso e il senso delle azioni dei soldati flagellanti è dettato dalla luce che, dal corpo seminudo Cristo, irrompe sulla scena.

 

La scena è quasi teatrale. La colonna che affiora dall’oscurità della scena diventa il punto focale[1] da cui il tutto si snoda: è là che è legalo il Cristo e dal suo corpo tutto si irradia.

Il Caravaggio ha rappresentato gli istanti immediatamente precedenti l’inizio delle frustate. Il corpo di Cristo non è stato ancora martoriato dai flagellanti, rappresentati con atteggiamenti e sguardi rabbiosi. In tre – dopo averlo legato, eseguendo gli ordini di Ponzio Pilato successivi al sommario processo a cui Gesù era stato sottoposto – stanno per iniziare il supplizio che sarà inflitto sul suo corpo.

Tutti i personaggi presenti sulla scena non indossano abiti alla moda romana, ma piuttosto in linea con l’abbigliamento contemporaneo al pittore: ancora una volta Caravaggio umanizza la scena sacra e la rende coeva al suo tempo, senza toglierle sacralità e solennità, che sono invece accentuate dalle tonalità usate.

Dal buio di una vera e propria “quinta teatrale” affiora la colonna marmorea alla quale sono legate le braccia di Gesù. Il suo corpo, al centro della scena, è illuminato da un raggio di luce proveniente da una fonte alta ed esterna che, colpendolo, si espande travolgendo – seppure marginalmente – tutti i personaggi presenti attorno a lui. Sulla sinistra, il primo dei flagellanti è inginocchiato con la schiena ricurva e il capo rivolto verso il Cristo: sta preparando il flagello legando tra loro i rami di legno di una frusta.

 

Alla sua sinistra, un suo compagno tiene stretto in mano il flagello pronto per essere usato, mentre con destra tira i capelli del giovane Gesù, per fargli sollevare il capo chinato. La sua espressione è rabbiosa e lo sguardo quasi violento; una rabbia travolgente che, di lì a breve, sfogherà nel supplizio inflitto a Gesù.

 

L’episodio tratta della flagellazione che i testi sacri raccontano essere avvenuta nelle ore mattutine del venerdì santo, prima che Pilato mostrasse il corpo distrutto e vessato del Cristo al popolo di Gerusalemme in quella che – prendendo spunto dalle stesse parole del prefetto della Giudea – è divenuta poi l’iconografia dell’Ecce Homo.

 

All’estrema destra della tela si trova il terzo ed ultimo flagellante. Il personaggio è impegnato a legare il Cristo alla colonna mentre col piede sinistro spinge, quasi a dare un calcio, il polpaccio sinistro di Gesù, che a sua volta sembra reggersi appena alla colonna, assumendo una posizione disequilibrata e non parallela, facendo forza sul ginocchio e sul piede destro, ben piantati a terra.

 

Nell’opera Caravaggio ha voluto non solo fotografare l’istante precedente all’inizio delle violenze, ma anche immortalare tutti i gesti e le espressioni che istintivamente ne conseguivano.

Il corpo di Gesù è lì al centro, che quasi attende il suo destino.

 

Il pittore conferisce umanità al corpo di Cristo, ma soprattutto al suo volo, che già indossa la corona di spine, rendendolo di una dolcezza che quasi contrasta con la durezza della scena, mantenendo comunque la sacralità dell’evento rappresentato.

 

La grandezza di Caravaggio nel rendere umani i personaggi sacri e nell’affrontare le tematiche dure e crude, come quelle legate alla Passione di Gesù, mirano – secondo F. Negri Arnoldi – “ad una naturalità diretta e disadorna, senza l’intermediazione di norme e modelli ideali. Da cui deriva una nuova e più vera umanità […] per l’evidenza espressiva dei loro atti e sentimenti dai quali scaturisce la versione drammatica delle composizioni”[2].

 

I giorni del Sacro Triduo di Pasqua

La drammaticità della rappresentazione del Caravaggio, accentuata dalla purezza del biancore del corpo nudo del Cristo che in maniera inerme si prepara al supplizio sta per ricevere, è soltanto uno dei momenti più duri dei tre giorni del triduo pasquale: le ore che seguono l’Ultima Cena, la preghiera del Cristo nell’orto del Getsemani, il tradimento e l’arresto, il processo sommario e la flagellazione. Il triduo pasquale trova infine il punto più drammatico nel momento della condanna e della morte di Gesù, che i testi sacri riportano essere avvenuta alle 3 del pomeriggio del venerdì.

Dal Vangelo di Mc, Cap 15, 33 – 37:

 

[33] Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. [34] Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». [35] Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». [36] Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere,

dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». [37] Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

 

 

 

Note

[1] Stando a studi e radiografie cui è stata sottoposta la tela nel corso degli anni ’80, pare che la stesura della opera abbia subito molti ripensamenti da parte del pittore. La colonna è decentrata perché probabilmente la larghezza della tela stessa è stata aumentata di 17cm rispetto alle sue misure iniziali.

[2] Cit.: F. Negri Arnoldi – Storia dell’Arte – Vol. III 1997, Fabbri editori – Seicento e Settecento – La Rivoluzione naturalistica del Caravaggio – pagg. 232 -240

 

 

 

Bibliografia

Negri Arnoldi – Storia dell’Arte – Vol. III 1997, Fabbri editori – Seicento e Settecento – La Rivoluzione naturalistica del Caravaggio – pagg. 232 -240;

Pacelli – La Pittura napoletana da Caravaggio a Luca Giordano – Italiane Ed. Scientifiche Cap. II pagg.39-42;

Lachi – La Grande storia dell’Arte – Vol. 7 – Gruppo Editoriale L’Espresso – prima parte – Cap. 2 Caravaggio e la Rivoluzione del Naturalismo – pagg.62 – 81

 

Sitografia

https://www.mbnews.it/2016/03/caravaggio-la-flagellazione-cristo-descrizone-opera-monza-villa-reale-curiosita-storia/

La Flagellazione di Caravaggio rientra al Museo di Capodimonte

https://artsandculture.google.com/story/8gLi2X8Vigy7JA

http://www.lachiesa.it/liturgia/allegati/pdf/BPALM.pdf

https://www.novena.it/sacra_bibbia/vangelo_matteo/vangelo_matteo27.htm

 

ORNELLA AMATO

LAUREATA NEL 2006  PRESO L’UNIVERSITÀ DI NAPOLI “FEDERICO II” CON 100/110 IN STORIA * INDIRIZZO STORICO – ARTISTICO.

Durante gli anni universitari  ho collaborato con l’Associazione di Volontariato NaturArte per la valorizzazione dei siti dell’area dei Campi Flegrei con la preparazione di testi ed elaborati per l’associazione stessa ed i siti ad essa facenti parte.

Dal settembre 2019 collaboro come referente prima e successivamente come redattrice per il sito progettostoriadellarte.it

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