LA BASILICA DEL SANTO SEPOLCRO DI BARLETTA

A cura di Michele Leuce

La Basilica del Santo Sepolcro di Barletta, o Basilica collegiata del Santo Sepolcro, è una delle principali chiese della città ed ha, da sempre, uno stretto legame con la Terra Santa e il sepolcro di Cristo.

Storia della Basilica del Santo Sepolcro

La Basilica del Santo Sepolcro ha una storia quasi millenaria, ed infatti il primo documento che ne attesta l’esistenza è datato 1130; successivamente vi furono altri documenti a sostegno del primo, come quelli datati 1138 (bolla di papa Innocenzo III) e 1144, dove si fa cenno alla fondazione del tempio per opera dei Cavalieri del Santo Sepolcro che l’avevano realizzato al loro ritorno dalla Palestina. A fianco della chiesa fu costruito l'Ospedale dei pellegrini.

Nel 1291, dopo il fallimento della nona ed ultima crociata, si rifugiò a Barletta il patriarca di Gerusalemme Randulphus, il quale secondo la tradizione portò con sé preziosi cimeli da Gerusalemme. Fra questi la preziosa stauroteca contenente un frammento del vero legno della Croce di Cristo, che da quel momento è particolarmente venerato nella chiesa del Sepolcro.

Nel 1312 Roberto d'Angiò, all'epoca Re di Napoli, ordinò che venisse restaurato il portico antistante la chiesa e che per l'occasione venisse affissa una lapide commemorativa. Nel 1400 venne ricostruito l’ospedale a causa delle disastrose condizioni in cui versava. Nel 1456 un terremoto provocò gravi danni al campanile, situato sull'ala nord-ovest della Basilica.

Nel 1618 fu fondata nella Basilica del Santo Sepolcro la confraternita di S. Carlo Borromeo, e per questo nella quarta campata della navata di destra si conserva il sepolcro dei confratelli, dove è possibile visionare anche la tela raffigurante il Santo.

Nel 1770 fu demolito il porticato antistante la facciata principale della chiesa. Restò in piedi la sola arcata che metteva in comunicazione la chiesa con l'ospedale; fu inoltre sostituito il vecchio campanile cinquecentesco con una torre campanaria di stile barocco.

A partire dal XIX secolo la chiesa ottenne diverse denominazioni importanti:

  • fu prima elevata a collegiata da Pio IX nel 1852.
  • Nel 1908 fu elevata a parrocchia, inoltre vennero effettuati diversi restauri che portarono persino all'abbattimento dell’Ospedale dei Pellegrini.
  • Nel 1951 Pio XII investì la chiesa della dignità di “Basilica Minore”.

Nel periodo compreso tra il 1968 e il 1972 vi fu un complesso restauro dell'intera fabbrica che portò al rinvenimento di reperti della basilica medievale.

Architettura esterna

La Basilica del Santo Sepolcro è orientata verso est, come la tradizione cristiana stabilisce, ed è stata edificata in un punto strategico di intersezione tra due importanti vie di comunicazione: la via per Canosa, che collega Barletta a Roma, e la via Francigena, che collega la città con Siponto, allora meta per i pellegrini in viaggio verso la terra Santa.

La basilica è caratterizzata da uno stile gotico temperato e da un assetto longitudinale con orientamento est-ovest con l’altare posto ad oriente.

Analisi dei prospetti

Prospetto ovest

Per accedervi è necessario scendere alcuni gradini. Il fronte principale è caratterizzato da una tripartizione orizzontale e verticale.

Al centro (in orizzontale) è presente il portale d'accesso alla chiesa sovrastato da un timpano triangolare, mentre ai due lati vi sono due archi a sesto acuto. La parte inferiore centrale del prospetto è divisa da quelle laterali da una semi-colonna per parte addossata ad una parasta, mentre le due parti laterali sono delimitate alle estremità da singole paraste.

Nel livello superiore è presente una tripartizione, al centro vi è una finestra con terminazione ad arco, sovrastata da una cornice e un timpano curvilineo, che fanno parte di una composizione che risulta inglobata in un arco a tutto sesto in pietra, a sua volta incorniciato da due paraste e dalla trabeazione sovrastante, interamente intonacati.

A concludere, in altezza, vi è il timpano, che interessa in larghezza l'intera ampiezza della navata centrale.

Prospetto Est

Il prospetto orientale presenta tre absidi, corrispondenti alle navate interne, con quello centrale naturalmente più ampio dei due laterali. In una visione esterna del prospetto l'abside a destra è scavato, in maniera lievissima, da quattro archi ed è interrotto nel mezzo da una finestra.

L'abside centrale è scavato da sette archi, di cui quello centrale di luce maggiore rispetto agli altri, interrotto nel mezzo da una bucatura.

L'abside a sinistra è molto simile al primo descritto ma viene interrotto da una porta anziché da una finestra.

In alto nel mezzo della facciata svetta per altezza la copertura della navata centrale, con una finestra al centro.

Prospetto Nord

Per accedervi è necessario scendere alcuni gradini, in quanto sotto il livello della sezione stradale.

Il prospetto è caratterizzato dalla presenza della torre d’angolo, che si presenta interamente con pietra a vista tranne che per la parte superiore, intonacata e divisa dalla parte sottostante mediante una cornice. Di fianco vi è una torre più piccola, anch'essa scavata da un arco a sesto acuto, con materiale lapideo a vista nella parte inferiore, intonaco nella parte superiore e nel mezzo una bifora.

Il prospetto viene inoltre scandito secondo un passo costante da sei archi a sesto acuto scavati nella muratura, in corrispondenza dei quali al livello superiore vi sono altrettante porzioni di muro, divise tra loro da opportune paraste, sui quali vi sono sei tetti piramidali, corrispondenti alle sei sottostanti campate.

Nella parte più orientale di questo prospetto trova posto il corpo di fabbrica del transetto. La visione completa del prospetto viene però interrotta dalla presenza del Colosso che troneggia sul suo ampio basamento dinanzi alla facciata della Basilica.

Il prospetto sud non può essere descritto in quanto confinante con altri edifici.

La Basilica del Santo Sepolcro ha avuto tre campanili:

- il primo era situato nell'angolo nord-ovest, ma fu abbattuto intorno al 1550 durante la guerra tra francesi e spagnoli.

- Il secondo fu edificato nel 1515 nella parte occidentale della chiesa, ma fu abbattuto dal forte terremoto del 1731.

- Il terzo fu edificato nel XVIII secolo secondo uno stile barocco ma si dimostrò instabile fin da subito, così si decise per il suo abbattimento nel 1903.

Interno della Basilica del Santo Sepolcro

La chiesa si presenta con impianto basilicale a tre navate, scandite da sette campate, il braccio trasversale del transetto e un'abside terminante per navata. Appena entrati nella chiesa trova posto la scala d'accesso al piano superiore e ai matronei. Il passo delle campate è scandito da sette archi a sesto acuto, impostati sulla trabeazione interna della navata centrale. La navata centrale risulta dunque formata da sette quadrilateri, coperti con volte a ogiva. All'intersezione tra navata centrale e transetto vi è lo spazio quadrilatero in cui insistono l'altare e il presbiterio. Sull'altare maggiore troneggia un crocifisso ligneo. Il coro retrostante è illuminato da una feritoia. Alla sinistra del portale maggiore è affissa una lapide che commemora la consacrazione della chiesa e dell'altare maggiore, avvenuta il 24 febbraio 1726, per mano di don Nicola de Queralt, originario di Barletta.

All'interno dell'edificio è conservato il Tesoro della Basilica del Santo Sepolcro.

Tesoro della Basilica del Santo Sepolcro

Il tesoro della Basilica del Santo Sepolcro è conservato presso la sale museali della Basilica medesima e comprende alcune oreficerie sacre, molte di queste provenienti dalla Palestina.

Il tesoro annovera:

- la Croce Patriarcale binata, contenente la reliquia della Santa Croce;

- il Tabernacolo con il Cristo in Maestà in mandorla;

- la Colomba eucaristica in rame dorato;

- l'Ostensorio risalente al XII secolo;

- il Breviario-Rituale di origine gerosolimitana del XII secolo.

Colomba eucaristica in rame dorato.

 

Bibliografia

Renato Russo, Le cento chiese di Barletta, Vol. I, Barletta, Editrice Rotas, 1998.

Angelo Ambrosi, Architettura dei Crociati in puglia. Il Santo Sepolcro di Barletta, Bari, Dedalo, 1993.

Renato Russo, La Basilica del Santo Sepolcro di Barletta, la storia, l'architettura, Barletta, Editrice Rotas, 1993.

 

Sitografia

Il rituale del Santo Sepolcro di Gerusalemme conservato a Barletta, su enec.it.

centrostoricobarletta.it

 

Fotografie trovate in rete: tutti i diritti sono riservati agli autori


CONCATTEDRALE DI RUVO DI PUGLIA

A cura di Michele Leuce

Oggi, come nel mio precedente articolo andrò a parlare di una cattedrale pugliese dedicata a Santa Maria Assunta. Come da titolo, parlo della Concattedrale collocata nella località Ruvo di Puglia.

Storia

L’edificio fu costruito tra il XII e il XIII secolo ed è uno dei più importanti esempi di romanico pugliese per via delle sue caratteristiche.

La chiesa è il fulcro del centro storico di Ruvo, inoltre, essendo stata sede della diocesi di Ruvo fino all’anno 1986, è connessa al palazzo vescovile.

Sulla costruzione della concattedrale ci sono diverse ipotesi, ma molto probabilmente la più veritiera è quella che vede Roberto II di Bassavilla, signore di Ruvo, insieme al Vescovo Daniele, a decidere di costruire una cattedrale a seguito delle invasioni Barbariche e degli eventi bellici del XII secolo che rasero al suolo la città. La chiesa ha una storia di continue modifiche e cambiamenti, già nel 1589 poteva contare dodici altari laterali (poi diventati quattordici). Nonostante l’alto numero di questi la prima cappella costruita si aggira intorno all’anno 1640 ed era dedicata al culto del Santissimo Sacramento, dove l’omonima confraternita si riuniva in preghiera ed a oggi non è più esistente. A questa cappella se ne aggiunse un’altra consacrata al culto di San Biagio e delle sue reliquie, infatti all’interno si venera un frammento del braccio di questo santo, racchiuso in un reliquiario a forma di braccio benedicente.

Nel XVII secolo la chiesa subì ulteriori contrasti a causa degli scontri avuti con il potere laico: sotto il dominio di Ettore Carafa, Duca di Andria e Conte della città di Ruvo fu abbattuto l’altare maggiore per sostituirlo con il trono dello stesso Conte. Fortunatamente nel 1697 fu costruito un nuovo altare e inoltre un ventennio dopo venne riedificato e ampliato il palazzo vescovile.

La cattedrale fu, nella prima metà del settecento, soggetta ad ulteriori cambiamenti: nel 1744 la facciata fu allungata di 2,40 metri per lato e pochi anno dopo (1749) si dotò del controsoffitto ligneo decorato dall’artista Luca Alvese. Inoltre presentava varie cappelle su entrambe le navate: sulla navata sinistra erano disposte le cappelle del coro di notte, del Crocifisso, del Santissimo Sacramento, di San Biagio e di San Lorenzo, mentre sulla destra furono costruite le cappelle dell'Addolorata, della Madonna di Costantinopoli, dei Santi Medici, di San Michele Arcangelo e della Madonna di Pompei.

Si ebbero ancora modifiche nel Novecento: Tra il 1901 e il 1925 fu costruito un nuovo ciborio sul modello di quello della Basilica di San Nicola a Bari e fu messa una vetrata policroma raffigurante l’Immacolata. Sempre nel 1925 fu riedificato l’Episcopio.

Furono eliminate tutte le cappelle, di cui l'ultima (quella del Santissimo Sacramento) solo nel 1935. La distruzione delle cappelle fu attuata (oltre che per motivi pratici) soprattutto per motivi ideologici: per preservare l’originaria veste romanica della cattedrale bisognava eliminare tutte le sovrapposizioni barocche (nel 1918 fu rimosso anche il controsoffitto decorato per gli stessi motivi).

Descrizione Esterno

La facciata, tipicamente romana, è a salienti dotata di tre portali: Il più grande è quello centrale ed è stato arricchito da bassorilievi.

Nell’arco esterno sono raffigurati Cristo affiancato da pellegrini, dalla Madonna e da San Giovanni Battista; questi ultimi sono affiancati da figure angeliche e dai dodici apostoli.

Nel secondo arco è centrale la figura dell’Agnus Dei (Agnello di Dio, simbolo dell’innocenza di Cristo), affiancato dai simboli dei quattro evangelisti; mentre nell’arco interno sono scolpiti due pavoni intenti a beccare un grappolo d’uva (simbolo dell’Eucarestia).

Il portale centrale è dotato di due colonnine sormontate da grifi che poggiano su leoni stilofori a loro volta sostenute da dei telamoni.

I due portali laterali sono invece più piccoli, con al di sopra un arco a sesto acuto.

Sulla facciata sono inoltre presenti archetti prensili con figure umane, zoomorfe e fitomorfe ed al centro si può vedere il grande rosone, cui al di sopra è possibile notare una figura, il “Sedente”, da taluni identificata in Roberto II di Bassavilla. Al culmine della facciata è invece posta la figura del Cristo Redentore che impugna una bandierina segnavento.

Il campanile fu costruito intorno all'anno 1000, prima della concattedrale, con funzione di torre difensiva e di vedetta tanto che da questa struttura era possibile tenere sotto controllo la pianura fino all'Adriatico. Inizialmente la torre era composta di soli tre piani, poi nel XVIII secolo furono aggiunti altri due piani copiando lo stile dei vani originari. La torre faceva quindi anticamente parte del sistema difensivo di Ruvo, per poi diventare campanile con l’edificazione della concattedrale.

Descrizione Interno

L’interno è suddiviso in tre navate che sfociano in tre absidi e in un transetto trasversale alle navate che segue la forma di una pianta a croce latina. La navata più grande è quella centrale ed è circondata in alto da un falso ballatoio che si poggia su due file di colonne, ognuna diversa dall’altra sia per caratteristiche che per provenienza. Le colonne di destra hanno un valore artistico aggiunto rispetto a quelle di sinistra, sono cruciformi e sopra vi sono rappresentate scene della vita di uomini e animali mitologici, su quelle di sinistra invece vi sono rappresentati motivi floreali.

La navata centrale culmina un fantastico ciborio realizzato nel XIX secolo su disegno dell’architetto Ettore Bernich (già famoso per aver realizzato l’eclettico Acquario Romano) e che si ispira a quello della basilica di San Nicola a Bari.

La navata centrale e il transetto sono coperti da una copertura a capriate, mentre le navate laterali da una volta a crociera.

Tesori e Opere d’arte

All’interno della Concattedrale vi sono numerose opere d’arte custodite, tra cui: la statua in legno policromo e intagliato di San Biagio, patrono della città; il reliquario dello stesso santo in argento; un affresco raffigurante la Vergine col Bambino e San Sebastiano risalente al XV secolo, la tavola firmata ZT (il Maestro ZT divenne uno dei protagonisti del revival neobizantino pugliese, che ne condizionò pesantemente lo stile e le iconografie) della Vergine di Costantinopoli; lo splendido crocifisso ligneo del XVI secolo; la statua in pietra del XVI secolo di San Lorenzo; l'affresco del XV secolo la Madonna in trono con il Bambino e il Martirio di S. Sebastiano; una tela della bottega di Marco Pino da Siena raffigurante l'Adorazione dei pastori; tracce di affreschi raffiguranti alcuni santi e la Madonna della misericordia.

Menzione importantissima è la statua argentea di San Rocco realizzata dal maestro napoletano Giuseppe Sammartino.

Sono parte della “collezione” anche numerosi pezzi d’argenteria e di manifattura tessile.

Ipogeo

Il patrimonio sotterraneo della cattedrale di Ruvo è rimasto nascosto per secoli fino al 1925, quando durante i lavori di ristrutturazione emersero alla luce alcune monofore. Tuttavia nel 1935 con l'abbattimento della cappella del Santissimo Sacramento occorse abbassare la quota di calpestio del transetto e delle navate. La nuova pavimentazione però si rivelava in continuazione umida e bagnata, così le indagini condotte tra il 1974 e il 1975 portarono alla scoperta del ricco sottosuolo. Nell’ipogeo furono trovate tombe riconducibili alla civiltà dei peuceti (e romani) che fa pensare che lo zona fosse adibita a necropoli.

 

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Fonti:

“Storia della Cattedrale” , su cattedraleruvo.it , 2009.

“Sistema difensivo di Ruvo di Puglia”, su ruvosistemamuseale.it , 2009

Ferdinando Ughelli, Italia sacra, Venezia, Sebastiano Coleti, 1721.


LA CATTEDRALE DI ANDRIA

A cura di Michele Leuce

La Cattedrale di Santa Maria Assunta

Al centro della provincia pugliese BAT, più precisamente nella città di Andria, troviamo la bellissima Cattedrale di Andria o Cattedrale di Santa Maria Assunta, principale luogo di culto cattolico di Andria, nonché sede vescovile dell’omonima diocesi. La cattedrale è principalmente nota al pubblico cattolico (e non) per la conservazione e la venerazione della “Sacra Spina” (appartenente alla corona di spine di Gesù) e per le spoglie di San Riccardo, antico vescovo di Andria venerato dalla Chiesa cattolica.

Fig. 1

La cattedrale ha una storia travagliata per quanto riguarda la sua costruzione (il che porterà a diverse modifiche per lo stile architettonico) lunga più o meno otto secoli, indicativamente tra la fine dell’XI secolo e il XIX secolo d.C.

A dare il via alla sua costruzione fu Goffredo d’Altavilla, all'epoca signore della città di Andria, che ne fece iniziare l’edificazione su una precedente chiesa dedicata a San Pietro e che ora corrisponde alla cripta dell’ edificio. Le prime modifiche vennero effettuate nel 1603, il duomo fu ingrandito e furono aggiunte tre navate comunicanti con dodici pilastri con archi a tutto sesto tipici del romanico pugliese, che in quel periodo era lo stile dominante.

Importante fu il passaggio dei Normanni e degli Svevi, che lasciarono un segno nella cattedrale collocando la sepoltura di Emma, moglie del conte Riccardo d’Altavilla (per i normanni) e le due sepolture, rispettivamente di Jolanda di Brienne e Isabella d'Inghilterra, per gli svevi, entrambe mogli di Federico II.

Menzioni onorevoli sono le modifiche effettuate all'edificio nel XIV secolo:

  • nel 1440 si ampliò la già esistente cappella di San Riccardo, adornandola con bassorilievi in pietra raffiguranti la vita del Santo.
  • Nel 1473, vennero edificate una serie di cappelle laterali accanto alle due navate laterali.

“Il tredici febbraio del 1503 i tredici cavalieri italiani capeggiati da Ettore Fieramosca, giurarono nella cappella di San Riccardo: "Vittoria o Morte", prima della famosa Disfida di Barletta.” (fonte: Wikipedia).

All'esterno infatti, è stata posta una lapide di marmo che ricorda l’evento della Disfida e che enuncia: "In questo tempio il XIII febbraio MDIII prima di avviarsi al campo i tredici duce il Fieramosca vindici dell'onore italiano offeso a piè dell'ara propiziatoria stretti in un voto sacramentarono vittoria o morte".

La cattedrale di Andria: descrizione

L’odierna facciata fu realizzata, nella sua parte inferiore, nel 1844, quella superiore fu invece completata nel Novecento sotto modello romanico, si possono infatti notare monofore e rosone.

Il campanile che affianca l’edificio è alto cinquanta metri e fu realizzato in due diverse epoche: nasce su una torre a base quadrata dell’VIII secolo con finestre a sesto acuto e bifore molto ampie al primo piano; fu poi successivamente sollevata dai Normanni fino ad arrivare al tornino ottagonale, la cui cuspide culmina con un gallo (simbolo di San Pietro) a cui la chiesa era originariamente dedicata (il gallo serviva ai fedeli per capire ove il luogo di culto di San Pietro fosse situato).

L’interno della cattedrale è a tre navate, queste si innestano sul transetto da cui si passa al presbiterio e infine sull'abside rettangolare voltata a botte e sui lati lunghi un coro ligneo. All'interno si conserva una pittura su tavola: la Madonna di Andria.

Fig. 2

Oltre alle navate, la cattedrale è caratterizzata da dieci cappelle laterali (cinque per lato); in aggiunta a queste, vi sono altre due cappelle, la prima si trova alla testata sinistra del transetto, ed è una cappella dedicata al Santo Patrono della città (San Riccardo) e al suo interno vi si trovano dieci bassorilievi e sedici formelle in pietra, che raccontano episodi della vita del santo.

Sulla destra del presbiterio si trova la seconda cappella, dedicata alla Sacra Spina. Si tratta di una reliquia della corona di spine di Gesù che venne donata alla Cattedrale da Beatrice d’Angiò, in occasione delle sue nozze con il duca Beltrando del Balzo. Quando il 25 marzo (giorno dell’Annunciazione) coincide con il Venerdì Santo, su questa Sacra reliquia avvengono fenomeni “miracolosi” che sono comparsi per la prima volta nel 1633, ma che avvengono anche nei tempi odierni: nel 2005 furono osservate variazioni di colore e nel pomeriggio del 25 marzo 2016 si rilevarono sulla reliquia rigonfiamenti di colore bianco, come per formare una gemma. Questi rigonfiamenti nel corso dello stesso giorno aumentarono, formando altre due gemme. Trenta minuti dopo, durante l’omelia del Venerdì Santo, Monsignor Raffaele Calabro, vescovo della città di Andria, annunciò ai fedeli: "In questa circostanza ho il piacere di annunciare a voi tutti in maniera solenne che il miracolo ha avuto inizio".

Inoltre, all'interno della cappella è possibile vedere due tele raffiguranti “La Madonna del suffragio” e la “Beata Vergine Immacolata.

Dalla cappella della Sacra Spina si accede alla cripta, questa è a due navate con volta a crociera e colonne di spoglio. All'ingresso vi sono le spoglie delle già citate Jolanda di Brienne ed Isabella d'Inghilterra, mogli di Federico II di Svevia.

L’altare si trova in fondo e presenta un affresco ritraente il Salvatore che con la mano destra benedice mentre con la sinistra sorregge un libro su cui è scritto: “Lux ego sum mundi et redemptor”. (fonte italyra.com)

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LA RISERVA NATURALE DI TORRE GUACETO

UNA PERLA DEL SALENTO

Molti sono i vanti del Bel Paese, che spaziano tra l’architettura, l’arte e meriti storici. Un aspetto purtroppo trascurato, talvolta, è quello delle aree naturali protette, di cui la mia Puglia è ricca.

In particolare, una delle più belle e significative è sicuramente la riserva naturale di torre Guaceto, che si estende in un immenso territorio situato sulla costa adriatica dell’alto Salento.

Dal punto di vista storico, la riserva naturale di torre Guaceto possiede radici antiche: i primi riferimenti topografici sono infatti stati ritrovati in una mappa araba del XIII secolo. Anche lo stesso nome risente di tale cultura: esso deriva da “Gawsit”, letteralmente “acqua dolce”. Infatti, nella riserva è immediatamente visibile una torre che sorge nei pressi di un fiumiciattolo tutt’ora esistente, che attraversa la zona umida e si protrae nell'entroterra. Tuttavia, numerosi reperti archeologici (vasellame, ceramiche varie) dimostrano che la zona era effettivamente abitata già in epoca preistorica (l’abbondanza di creta tipica della zona ha permesso la creazione di manufatti vari). Dopo l’insediamento dei Messapi, furono i Romani ad abitare il territorio. Successivamente alla caduta dell’Impero Romano, i saraceni diedero nuovamente importanza alla Riserva, usandola come porto per lo scambio di merci come vino e olio. Nell’838 una flotta araba occupò la zona di Guaceto e fu indicata con il nome di “Saracinopoli”; tuttavia l’importanza della Riserva diminuì con la caduta dell’Emirato di Bari e con il successivo tentativo bizantino di ricostruire Brindisi.

In Terra d’Otranto sono presenti molte torri: quella di Guaceto è una delle più grandi (a dimostrazione della numerosità di queste torri, la torre della riserva comunica visivamente con altre due, una a nord-ovest e una a sud-est).

La storia delle dominazioni del territorio è travagliata: durante il corso della storia, infatti, essa ne ha conosciuto diversi, che hanno avuto la funzione di preservarne l’importanza. A partire dal XIX sec Guaceto divenne poi un porto deserto, frequentato solo da contrabbandieri e pertanto non sicuro.

Verso la fine dello stesso secolo Ernesto Dentice di Frasso, proprietario della riserva, bonificò il territorio, definendone i limiti attuali.

Attualmente sono i comuni di Carovigno e di Brindisi che, attraverso un consorzio di gestione, dal 2000 si preoccupano del mantenimento della riserva per garantirne l’integrità.

La notorietà del luogo è perciò dovuta alla sua storia? Sebbene sia imprescindibile l’importanza dell’aspetto storico, ciò che pone la riserva su un piedistallo è l’insieme delle sue caratteristiche naturalistiche.

Il territorio infatti si estende per circa 1.200 ettari a mare fino alla linea batimetrica dei 50 metri e 2.100 circa a terra.

La riserva naturale di torre Guaceto è dunque divisa in “Riserva naturale statale” e “Riserva naturale marina”. In entrambe le zone, grazie alle particolari cure del consorzio di gestione, l’ecosistema permette la proliferazione continua di flora e fauna che delineano diversi habitat naturali. È possibile incontrare diverse specie animali, dal più comune mammifero (lepri, volpi), ai rettili (colubro leopardino, cervone), alle tartarughe marine (per cui peraltro è in corso un progetto per la loro salvaguardia). Inoltre è raro, ma non impossibile, avvistare alcuni animali sicuramente meno comuni (come il tasso, la donnola o la faina). In un ambiente naturale così variopinto non sorprende l’esistenza di una flora altrettanto florida: nella zona umida si sviluppa il canneto, sulla spiaggia crescono le piante pioniere quali la calcatreppola marittima, l’euforbia marittima, la cakile marittima, la gramigna delle spiagge la santolina delle spiagge; e ancora, nella macchia sono presenti in forma arborea il ginepro, il lentisco, il mirto, lo spazio villoso, il cisto, il timo, e il giunco pungente, il leccio (fonte: WWF Italia).

Un occhio di riguardo particolare è dedicato alla zona marina, la quale è suddivisa in tre zone con diversi gradi di tutela:

-  Nella zona A, di Riserva integrale, non è possibile la navigazione, l’accesso e la sosta di navi. Dunque, è vietata qualsiasi attività antropica, per evitare di recare danno all’ambiente marino poiché tale zona è considerata il cuore dell’area marina protetta.

- Nella zona B è possibile invece la balneazione, ma solo dall’alba a tramonto.

- Nella zona C invece, insieme alle attività consentite già nelle due aree precedenti, è possibile la pesca e la navigazione.

Le misure preventive di protezione non impediscono l’attività turistica: la Riserva è notoriamente un punto di ritrovo per appassionati di snorkeling e immersioni. Il fondale marino del luogo è tappezzato da praterie di Posidonia oceanica e il Coralligeno, mentre a soli pochi metri di profondità è già possibile ammirare distese di diverse specie di alghe, fonte di cibo per numerosi organismi. La fauna marina, proprietaria indiscussa e prima fruitrice delle risorse del fondale, è anch’essa variata e dinamica (Serranidi, come lo sciarrano e la perchia, o i Labridi come le donzelle comuni e le donzelle pavonine).

Torre Guaceto, con la sua biodiversità, rappresenta un connubio perfetto tra terra e mare, in cui la potenza della natura rigogliosa riflette il suo splendore e si pone fiera all’osservatore, lasciandolo in uno stato contemplativo di riflessione e di ammirazione.