LA VILLA DI TIBERIO A SPERLONGA

A cura di Vanessa Viti

SPERLONGA: UN TUFFO NELL'ANTICHITÀ

LA VILLA DI TIBERIO

Tacito e Svetonio definirono "Spelunca" la residenza imperiale, da qui prese il nome la cittadina di Sperlonga.

Sul litorale laziale, nel già citato comune di Sperlonga, si trovano i resti di un'antica villa romana. Era il 1957 quando si scavava per costruire la strada litoranea che collega Terracina e Gaeta, grazie a quei lavori vennero riportati alla luce i resti dell'antica residenza dell'imperatore. La villa di Tiberio si estendeva per 300 metri, ed era costituita da vari ambienti disposti su terrazze: la residenza imperiale, le caserme con le stalle, le terme, la piscina e la meravigliosa grotta decorata.

LA GROTTA

La grotta era, per Tiberio e la sua corte, un luogo dedicato allo svago e ai banchetti. All'interno di essa si trovavano dei gruppi scultorei che avevano come tema principale le gesta dell'eroe omerico Ulisse.

L'ingresso della grotta era preceduto da una grande vasca con acqua marina, nel cui centro era stata costruita un'isola che fungeva da sala da pranzo estiva. All'interno, collegata con la vasca esterna, vi era una piscina circolare con il gruppo scultoreo di Scilla. Dal primo ambiente principale si aprivano due vani: a destra si trovava un ninfeo con cascate e giochi d'acqua, mentre a sinistra si apriva uno spazio a ferro di cavallo che ospitava il gruppo marmoreo dell'accecamento di Polifemo.

Le opere che raccontano il Rapimento di Palladio e Ulisse che trascina il corpo di Achille erano poste all'ingresso della grotta. La scultura di Ganimede rapito dall'aquila si trovava al di sopra dell'ingresso.

Purtroppo tutte le opere vennero ritrovate frammentate, molto probabilmente vittime di vandalismo. Addirittura si pensa alcuni monaci,  durante l'Alto Medioevo, potrebbero aver ridotto le opere in macerie per ordine della Chiesa. Nonostante i resti mal ridotti, gli storici e gli archeologi riuscirono ad evincere che tutte le opere sono originali greci di epoca ellenistica. Se si osserva il gruppo di Polifemo, ci appare subito evidente che la figura di Ulisse, il volto in particolar modo, ha molte affinità con il volto del Laocoonte (conservato nei Musei Vaticani); infatti, su alcuni frammenti ritrovati a Sperlonga, vi sono riportate le iscrizioni dei nomi degli scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro, autori appunto del Laocoonte.

Le opere, attualmente, sono ospitate nel Museo Archeologico Nazionale di Sperlonga, appositamente realizzato nel 1963.

I GRUPPI SCULTOREI NELLA VILLA DI TIBERIO

GRUPPO DI POLIFEMO

L'opera racconta il momento appena precedente all'accecamento. Il gigante Polifemo è rappresentato sdraiato e addormentato perché ebbro, l'eroe Ulisse è il più vicino al ciclope, due compagni sorreggono il palo che colpirà Polifemo nell'occhio, sarà proprio Ulisse a compiere questo gesto eroico,  un terzo compagno sorregge la ghirba che conteneva il vino. Ulisse, tra tutti, è l'unico vestito, indossa una tunica ed un mantello.

GRUPPO DI SCILLA

Il gruppo scultoreo rappresenta una delle più grandi opere scultoree antiche giunte fino a noi. L'opera racconta il momento in cui il mostro avvolge la nave di Ulisse e divora gli uomini attraverso le molteplici teste canine. Sei compagni di Ulisse sono caduti, addentati dal mostro, uno di loro viene addentato sulla testa e cerca disperatamente di liberarsi, un altro viene morso al ginocchio e prova ad aprire le fauci della belva con le mani. La figura più drammatica è sicuramente il timoniere, è aggrappato alla poppa della nave, il braccio sinistro teso in aria, le gambe spinte dal movimento della nave si sollevano, sulla testa l'enorme mano di Scilla. Il volto del malcapitato è rappresentato nel momento di massimo terrore, i suoi occhi sono sbarrati per la paura, occhi consapevoli: sarà trascinato negli abissi. Ulisse viene raffigurato nel momento in cui sta per colpire il mostro.

IL RATTO DI GANIMEDE

Opera in marmo policromo che evidenzia bene il piumaggio dell'uccello e rende eterno il momento in cui l'aquila di Zeus afferra Ganimede. Il mito narra che Zeus si fosse invaghito del giovane, il dio prendendo le sembianze di una gigante aquila lo prese e lo portò sull'Olimpo.

ULISSE CHE TRASCINA IL CORPO DI ACHILLE

I resti dell'originale pervenuti fino a noi sono ben pochi, vennero ritrovati soltanto i frammenti della testa e del braccio sinistro di Ulisse, le gambe ed il tallone ferito di Achille.

IL RATTO DEL PALLADIO

Il gruppo scultoreo purtroppo è stato quasi interamente perso, viene rappresentato il momento esatto in cui Ulisse sta per sfoderare la spada, nudo, coperto soltanto da un mantello.

 

SITOGRAFIA:

romanoimpero.com

treccani.it


IL PARCO ARCHEOLOGICO DI SCOLACIUM

A cura di Felicia Villella

Il Parco archeologico di Scolacium

Il Parco Archeologico di Scolacium si trova in località Roccelletta di Borgia, in provincia di Catanzaro. Qui sorgeva per l’appunto l’antica città di Scolacium, in seguito conosciuta anche come Minervia, luogo che ha dato i natali al senatore e storico Cassiodoro in epoca bizantina. Località collegata alle vicende relative alla guerra di Troia, secondo le leggende fu fondata da Ulisse, naufragato durante il ritorna verso Itaca, o da Menesteo di ritorno da Troia; verosimilmente la fondazione si collega storicamente alla colonia di Crotone che si contendeva con Locri Epizefiri il controllo dell’istmo di Catanzaro e dei traffici marittimi.

Inizialmente si trattava di un presidio prettamente militare, che conobbe un periodo di serie difficoltà durante il IV secolo a.C. e la portò a passare sotto il dominio dei Brettii. Una forte ripresa si ebbe con la fondazione della colonia romana sotto Gracco, portandola ad un notevole sviluppo economico, urbanistico e architettonico. Sotto Nerva, infine, fu fondata la colonia di Minervia nel 96-98 a. C.

Il collasso definitivo si deve alle incursioni saracene dal 902 d.C., con il conseguente spostamento della popolazione presso le alture circostanze, tra cui l’attuale Santa Maria di Catanzaro, alcuni dei centri abitativi che contribuirono alla formazione dell’odierna città di Catanzaro.

Il sito

Il sito mostra poco dell’impianto abitativo romano, i resti visibili danno comunque un’idea di quello che doveva essere la sua configurazione; sono tuttora visibili le strade lastricate, gli acquedotti, alcuni mausolei e zone sepolcrali, oltre alla basilica e all'impianto termale. Il pendio della collina ha ceduto il posto al teatro che poteva ospitare fino a quasi 5000 spettatori; la struttura risalente al I secolo d.C. è stata oggetto di diversi rifacimenti a causa dell’ampliamento della città. È possibile evidenziare almeno tre fasi costruttive: una di età repubblicana, una Giulio-Claudia e infine un’ultima relativa al II secolo d.C.

La maggior parte del materiale archeologico, frammenti marmorei e gruppi scultorei, esposti nel museo provengono proprio dagli scavi effettuali all'interno del teatro, mentre i resti dell’adiacente anfiteatro, risalente all'epoca dell’imperatore Nervi, non sono stati ancora esplorati.

Il museo è stato allestito in un edificio del 1800 appartenente alla famiglia dei baroni Mazza, una struttura oggetto di recente ristrutturazione proprio per essere destinato a sede museale. I materiali ivi esposti vanno dalla preistoria, passando per l’età greca e romana, fino all'epoca medioevale e provengono tutti dal parco archeologico.

Gli scavi iniziarono nel 1965 da Ermann Arslan, grazie al ritrovamento di un’epigrafe che localizzava la zona; ancora oggi secondo un programma annuale gli scavi vengono portati avanti dalla Soprintendenza, interessandosi soprattutto dei monumenti più evidenti a partire dal foro, dal teatro e dalla basilica normanna.

Gli studi hanno evidenziato pochissime strutture murarie di epoca greca, questo perché probabilmente perfettamente sovrapposte al centro romano successivo.  Pochi sono i reperti di origine greca: qualche frammento di vasellame proveniente dalla zona delle sepolture e una porzione di un capitello dorico in calcarenite, impiegato come materiale di riempimento, risalente probabilmente al IV secolo a.C.

Il parco è organizzato in percorsi, seguendo l’itinerario che è indicato dai pannelli didattici espositivi si arriva ai resti della basilica normanna di S. Maria della Roccella, voluta da Ruggero d’Altavilla, passando per un miscuglio di stili perfettamente in equilibrio fra loro, in cui sono evidenti influenze bizantine e arabe.

Superati il frantoio e l'antiquarium, in direzione del mare si arriva al foro, pavimentato con laterizi quadrati, circondato da un colonnato tuscanico e destinato ad ospitare 3500 spettatori, il monumento è stato realizzato in due fasi costruttive tra il I e il II secolo d.C. Ai confini della piazza sono stati già scavati un caesareum, la curia e un ambiente termale; sono visibili inoltre un tempietto, una fontana monumentale e un tribunale. Nel 1982 tutta l'area è stata espropriata dallo Stato per costituire il Parco Archeologico della Roccelletta.

Fig. 9: Parco archeologico di Scolacium, Basilica medievale

 

Bibliografia e sitografia

Roberto Spadea, Da Skylletion a Scolacium: il parco archeologico della Roccelletta. Roma, ed. Gangemi, 1989.

http://www.kaulon.it/skylletion.htm

http://www.beniculturalicalabria.it/