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La chiesa di Santa Maria del Colle, altrimenti detta collegiata, è situata a Pescocostanzo, in provincia dell’Aquila, ed è uno degli esempi più significativi e completi di Barocco abruzzese. Sorta in epoca rinascimentale oggi essa è il risultato di numerosi interventi di ricostruzione ed ampliamento succedutisi nel corso del XVI e XVII secolo. La denominazione di collegiata è legata alla localizzazione di un primo nucleo religioso sorto su di un colle all’esterno dell’originario centro urbano. All’esterno delle mura cittadine, su un colle poco distante, nella seconda metà dell’anno mille venne edificata una chiesa piuttosto grande, la cui fondazione e posizione si spiegano con l’influenza della tradizione benedettina e in particolare dell’abbazia di Montecassino. La prima testimonianza documentaria ci viene fornita da un atto di donazione del 1108 in cui un certo Odone cedeva al monastero di Montecassino “la chiesa di S. Maria di Pescocostanzo…”.
Nessuna indicazione ci è stata tramandata circa la sua struttura originaria. Il 5 dicembre 1456 un terribile terremoto distrusse sia il paese sia la chiesa. La ricostruzione dell’edificio religioso fu immediata e tempestiva. 
La collocazione sul colle ha fortemente condizionato la configurazione dell’organismo religioso. Costruita sulla linea del crinale, la chiesa presenta la facciata principale, orientata ad est, in corrispondenza della parte terminale del colle. Il forte dislivello rispetto alla strada sottostante ha reso impossibile la costruzione di una gradinata che collegasse la chiesa alla strada. Così l’accesso venne realizzato sulla facciata laterale dove minore era il dislivello. Questa soluzione ha reso necessaria la costruzione di una seconda facciata frontalmente alla strada che immette nel borgo antico e che vista dall’esterno ha tutta l’aria di una facciata principale. La collocazione sul colle ha fortemente condizionato la configurazione dell’organismo religioso. Costruita sulla linea del crinale, la chiesa presenta la facciata principale, orientata ad est, in corrispondenza della parte terminale del colle. Il forte dislivello rispetto alla strada sottostante ha reso impossibile la costruzione di una gradinata che collegasse la chiesa alla strada. Così l’accesso venne realizzato sulla facciata laterale dove minore era il dislivello. Questa soluzione ha reso necessaria la costruzione di una seconda facciata frontalmente alla strada che immette nel borgo antico e che vista dall’esterno ha tutta l’aria di una facciata principale. 
Nel 1466, all’epoca della ricostruzione, la chiesa era a tre navate, ciascuna suddivisa in tre campate, costituite da archi a tutto sesto poggianti su pilastri a croce. Alcuni studiosi ritengono che le navate laterali fossero previste già dal progetto del 1466, altri spostano la datazione al Cinquecento. Di data certa, invece, è la costruzione della facciata principale sulla quale sono presenti due iscrizioni: una sul fregio del portale indica l’anno 1558, l’altra su una lapide indica l’anno 1561. Nel 1606, data incisa su una trave del soffitto, venne realizzato l’innalzamento del tetto allo scopo di aprire due finestre come fonti di illuminazione per la navata centrale e fu realizzata la copertura in legno intagliato della navata centrale. Nel corso del Cinquecento fu realizzata anche la facciata laterale, sul lato settentrionale dell’edificio, sulla quale venne trasposto il portale tardomedievale che in origine doveva trovarsi sulla facciata principale, sulla quale ne venne realizzato uno nuovo.
Nel corso del Seicento furono realizzate anche le coperture in legno delle navate laterali, poi decorate nel corso del secolo successivo, e delle navatelle, lasciate in nudo legno intagliato senza aggiunte decorative. 
La facciata laterale, a nord, presenta uno schema a due ordini di aperture ricorrente in molte chiese pescolane, che vede al centro un portale tardomedievale sormontato da una finestra ad ovale e sui lati due ampie finestre rettangolari, di semplice fattura. Il portale deriva dai modelli delle principali chiesa aquilane della fine del Duecento. Esso è costituito da tre ordini di cornici semicircolari. A concludere la composizione è una cornice più grande, aggettante e decorata con rosette e girali di acanto. La facciata principale è più complessa. Essa ripete lo schema tripartito con portale e rosone al centro e finestroni rettangolari laterali, a carattere spiccatamente rinascimentale, ma in aggiunta presenta due finestre ovali di piccole dimensioni poste poco più in alto del rosone e simmetricamente ad esso. Il portale, datato 1558, è diviso in due ordini; quello in basso è costituito da due lesene scanalate con capitelli corinzi, quello in alto, di minore altezza, presenta due lesene che chiudono una lunetta con arco. Un’alta trabeazione in alto chiude e definisce il portale. 
La collegiata, in linea con la maggior parte delle chiese pescolane, ha una struttura a pianta longitudinale a cinque navate di matrice rinascimentale, su cui si innestano gli interventi barocchi dei secoli XVII e XVIII. Si tratta di operazioni a carattere prevalentemente decorativo più che costruttivo. Unica eccezione è l’aggiunta della cappella del SS. Sacramento. E’ l’unica struttura barocca di grande originalità e si trova in corrispondenza della terza campata in prossimità del presbiterio. Realizzata nell’ultimo decennio del Seicento presenta una pianta rettangolare con angoli smussati e copertura a cupola ovale che poggia su quattro archi in cui si aprono altrettanti finestroni. La cappella contiene tre altari, di cui uno in legno e due in marmo. A chiudere la cappella è lo splendido cancello in ferro battuto progettato da Norberto Cicco, architetto e scultore pescolano, realizzato dal fabbro Santo di Rocco tra il 1699 e il 1705 e completato nel 1717 dal nipote Ilario di Rocco. 
Come detto la maggior parte degli interventi barocchi nella chiesa pescolana sono di tipo decorativo. Partendo dall’ingresso la prima opera settecentesca che incontriamo è il battistero. A sinistra della gradinata interna si apre un piccolo vano rettangolare coperto da una cupola ovale e chiuso da un cancello in ferro battuto. Questo fu realizzato probabilmente da Ilario di Rocco nel 1753 e si ispira ai caratteri rococò che gli conferiscono un tono elegante e raffinato. Al centro dello spazio interno spicca il fonte battesimale, un tempietto circolare in marmo, realizzato da Filippo Mannella intorno al 1753 con marmi di provenienza napoletana. Ai lati della gradinata interna sono due acquasantiere di grande originalità e creatività realizzate nel 1621-22. Dall’ingresso è immediatamente visibile il pulpito addossato ad uno dei pilastri della navata centrale. Fu realizzato probabilmente nei primi del ‘600 ad opera di Bartolomeo Balcone, romano di nascita ma vissuto a Sulmona, dove ha realizzato il coro della SS. Annunziata. In legno di noce, è composto da pannelli intagliati e decorati a motivi vegetali ed antropomorfi, delimitati da lesene a carattere ionico. In basso, quasi a sostegno dell’intera struttura, è un putto alato che sostiene varie cornici lavorate. A copertura del pulpito è un baldacchino posto più in alto, che ne ricalca la forma. L’effetto dorato con cui si presenta oggi il pulpito è il risultato di interventi successivi. Affini al pulpito sono due altre opere barocche, il badalone e la cantoria. Il badalone, posto al centro del coro, è un leggio di grande importanza. La cantoria, di notevole dimensione, occupa tutta la parete di controfacciata della navata centrale. Una struttura lignea intagliata, dorata e colorata contiene un organo costituito da dodici registri articolati in tre torri, di cui quelle laterali più basse, quella centrale più alta si eleva fino al soffitto.
I soffitti sono una delle caratteristiche principali della chiesa, distinti in tre tipologie. Il più ricco e scenografico è certamente quello della navata centrale realizzato tra il 1670 e il 1682; il progetto e la direzione dei lavori appartiene a Carlo Sabatini; le dorature sono attribuite ai fratelli Gioacchino e Giuseppe Petti da Oratino; gli oli appartengono a Giovannangelo Bucci. Si tratta di una complessa struttura in legno intagliato, laccato e dorato suddivisa in lacunari, scomparti rientranti. Questi, nel numero di ottantacinque, hanno forme diverse, tonda, rettangolare o mistilinea, e sono stati concepiti come contenitori di tele dipinte ad opera di Bucci. I cassettoni sono molto profondi e questo crea l’impressione che i dipinti sprofondino al loro interno. Non è casuale la scelta del colore di fondo, il celeste, che allude all’apertura del soffitto verso il cielo. Unico precedente è dato dal soffitto della cappella del Rosario nella chiesa di San Domenico a Penne, realizzato circa trent’anni prima. Se il soffitto pescolano non rappresenta una novità, è certo che mette a punto una tipologia che troverà ampia applicazione nel Settecento, come nel caso della chiesa di San Bernardino a L’Aquila. I soffitti delle navate laterali adiacenti a quello centrale furono iniziati negli stessi anni ma portati a termine solo nel 1742. L’attribuzione del progetto spetta allo stesso Carlo Sabatini con qualche riserva per quanto riguarda quello di destra. Presentano la stessa impostazione architettonica e compositiva di quello centrale.

In conclusione si può affermare che la ricchezza della chiesa di Santa Maria del Colle, vero scrigno di tesori artistici, è insolita in un piccolo centro montano ed è per questo che genera meraviglia e stupore nel visitatore.

 
<h3><strong>GALLERIA FOTOGRAFICA</strong></h3>
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