L’Immacolata Concezione, intesa come tema pittorico, ebbe un notevole incremento a partire dal XV secolo, anche se il dogma cattolico ci sarà soltanto nel 1854, proclamato da papa Pio IX. È un tema scottante che ha generato per secoli molte dispute teologiche – il pensiero di Maria, esente dal peccato originale fin dal suo concepimento, poteva essere in contrasto con le parole di Cristo che assunse che nessun uomo è nato senza macchia. E come poteva Maria essere immune dal peccato prima di Cristo? Nei secoli furono molti gli immacolisti (tra cui Francescani e Carmelitani) che provarono a giustificare questa figura. Nel corso dei secoli Maria è stata promossa quale veicolo dell’incarnazione di suo figlio, quindi essa stessa Immacolata e Purissima, perché solo lei nata senza Peccato Originale e concepita senza concupiscenza.
Anche l’evoluzione e lo stabilizzarsi di un’iconografia adeguata a rappresentare una dottrina cosi complessa fu un processo lungo. Un primo tentativo in chiave simbolica fu quello di rappresentare il bacio concepente tra Gioacchino ed Anna, i genitori di Maria, alla Porta d’Oro di Gerusalemme o la Madonna con bambino e sant’Anna, ad indicare il concepimento straordinario della Vergine cosi come quello di suo figlio.
Giotto, Particolare dell’Incontro alla Porta d’oro, 1303-1306, Cappella degli Scrovegni, Padova
Masaccio e Masolino, San’Anna Metterza, 1424-5, Galleria degli Uffizi, Firenze
L’apparizione tarda di questo tema nella storia dell’arte è dovuto alla difficoltà di fissare una convenzione iconografica per un concetto cosi astratto. Nel XVI secolo non è raro trovare alcuni quadri che mostrano Maria davanti a Dio e ai Dottori della Chiesa ad assistere alla Disputa, ad indicare il dibattito che si svolgeva intorno all’argomento. Spesso nelle opere compare anche Duns Scoto, francescano sostenitore del dogma, vissuto nel XV secolo.
Il Pordenone, La disputa, 1530, Museo di Capodimonte, Napoli
Carlo Portelli, Disputa sull’Immacolata Concezione, 1555, Museo dell’Opera di Santa Croce, Firenze
Dal Quattrocento, con il pontificato di Sisto IV della Rovere, savonese, e con i sovrani spagnoli, la devozione verso l’Immacolata sfociò in diverse iniziative volte alla promulgazione del dogma sia all’estero che in Italia nelle diverse realtà regionali. Maria appare da questo momento come la nuova Eva mentre calpesta un serpente o un drago e si attinge alla Genesi e a metafore dell’Antico Testamento per rimarcare la figura di colei che è stata costituita dall’eternità.
Ma è il Cantico dei Cantici che gli artisti utilizzano come riferimento e l’Immacolata Concezione inglobò molte immagini e simboli attribuiti alla fanciulla del poema. Fu un testo di riferimento molto adoperato dove le immagini del poema erano rese familiari dalle litanie medievali dedicate ala Madonna.
(6,10 )«Chi è costei che sorge come l’aurora,
bella come la luna, fulgida come il sole,
terribile come un vessillo di guerra?».
(2,2) Come un giglio fra i rovi,
così l’amica mia tra le ragazze.
(4,4) Il tuo collo è come la torre di Davide,
costruita a strati.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di eroi.
(2,1) Io sono un narciso della pianura di Saron,
un giglio delle valli.
(4,15) Fontana che irrora i giardini,
pozzo d’acque vive
che sgorgano dal Libano.
(4,12) Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, mia sposa,
sorgente chiusa, fontana sigillata.
(7,8) La tua statura è slanciata come una palma
e i tuoi seni sembrano grappoli.
Molte di queste simboli tra cui la palma, la fontana, la torre, il pozzo, il giglio e la luna divennero riferimenti della Madonna e più tardi si aggiungessero anche lo specchio (preso da citazioni del Libro della Sapienza) ad indicare la purezza e la verginità di Maria.
(7,26)È riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell’attività di Dio
e immagine della sua bontà.
Nel Seicento, in piena controriforma, con l’impulso dato al culto della Vergine, si crea una nuova immagine dell’Immacolata Concezione. I caratteri essenziali sono quelli della donna dell’apocalisse, vestita di sole, incoronata con 12 stelle e sotto i suoi piedi una luna. La Madonna è rappresentata giovane, con le mani giunte al petto, il mantello azzurro e la luna crescente, simbolo di castità e il cordone francescano a tre nodi. Questa versione iconografica pur subendo delle varianti rimarrà la versione più nota sul tema.
(12,1) Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle.
(12,2) Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
(12,3) Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi;
(12,4) la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. (12,5)Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono.
A Genova è innegabile il ruolo che svolse la committenza francescana per la diffusione del culto dell’Immacolata. Ne sono testimonianza il gran numero di opere pittoriche giunte fino a noi e una confraternita dedicata al culto immacolista attestata nella chiesa di Castelletto intorno al 1300.
La devozione per tale culto trova riscontro nella tavola più antica giunta fino a noi e oggi conservata nel Santuario di Nostra Signora del Monte. La tavola, l’Albero di Jesse immacolista, del XVI secolo è uno dei primi modelli iconografici volto ad esaltare la figura di Maria. Il messaggio iconografico è ancora debole, tant’è che la tavola appare contornata di cartigli e scritte per rafforzare il messaggio non esplicito dell’immagine.
L’albero di Jesse è un’iconografia medievale che ritroviamo nelle cattedrali gotiche ed è un motivo frequente nell’arte cristiana. Fa riferimento alla profezia di Isaia e rappresenta una schematizzazione dell’albero genealogico di Jesse padre di Davide da cui discende Cristo cosi come riporta Isaia nella sua profezia.
Il tema dell’Immacolata da allora viene rappresentato come un albero genealogico dove le figure principali sono Davide, Maria e Cristo. Nel dipinto genovese sono raffigurati cartigli che indicano i nomi dei discendenti di Jesse. La Vergine, con in braccio il bambino, occupa la composizione principale e l’albero di Jesse diventa in qualche modo una celebrazione mariana e un’illustrazione della genealogia della Vergine che diventa protagonista della composizione. Nel Cinquecento il soggetto assunse caratteri immacolisti accostando il tema della Virginità e purezza di Maria espresse da Isaia al tema della sua discendenza.
Andrea Semino, Albero di Jesse, XVI secolo, Santuario di Nostra Signora del Monte, Genova.
Alla fine del Cinquecento, il pittore Bernardo Castello è volto ad evidenziare il ruolo di Maria corredentrice come sottolineato dal Concilio di Trento e realizza per la chiesa di Santa Maria delle Grazie una pala d’altare raffigurante l’Immacolata, oggi conservata nella chiesa di Santa Maria della Vittoria.
Sullo sfondo, dietro Maria e i profeti che l’accompagnano si apre un paesaggio in cui sono disseminati i simboli mariani: la palma, l’ortus coclusus, la torre, la fontana, il tempio, lo specchio e il giglio. Sotto la nuvola che sorregge la Vergine si scorge il dragone apocalittico sconfitto.
Bernardo Castello, Immacolata, XVI secolo, Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Genova
Nella seconda metà del Cinquecento la peste che colpì Genova portò i fedeli a chiedere l’intercessione dell’Immacolata per la fine della pestilenza. Dopo il voto fatto dai genovesi nel 1579, quasi dieci anni dopo Andrea Semino firmava il contratto per la realizzazione di una tela immacolista per la chiesa di san Pietro in Banchi. La vergine, connotata con i simboli dell’apocalisse- la falce di luna e la corona di stelle- è rappresentata nell’atto di avanzare, circondata ai lati da angioletti che recano in mano i simboli lauretani. Sulla sfondo un paesaggio marino a cui il dragone apocalittico dalle sette teste, rivolge il suo fiato mortifero, allusione all’apocalisse di Giovanni e alla peste sconfitta grazie alla mediazione di Maria.
Andrea Semino, Immacolata, XVI secolo, chiesa di San Pietro in Banchi, Genova
Il tema dell’immacolata Concezione accompagna anche i pittori e scultori genovesi che in piena vocazione seicentesca, sviluppano una pittura illusionista e una scultura trionfale per gli apparati d’altare. Il francese Pierre Puget, già attivo a Genova in quegli anni, tra i vari soggetti a tema immacolista realizza La Vergine Immacolata per l’Oratorio di San Filippo Neri in Via Lomellini. Nel 1670 concluse l’opera che originariamente era stata pensata per la cappella privata di Stefano Lomellini e nella seconda metà del 1700 fu trasferita nell’Oratorio dei Filippini. Il soffio divino che sembra investire la Vergine fa presagire il soffio vitale dell’inizio dei tempi. Sotto il peso dolce e l’andamento curvilineo del corpo fanno capolino da una nube, angeli che portano alcuni simboli dele Litanie Lauretane.
L’aristocrazia locale, a seguito dei rapporti con Roma, cercò artisti aggiornati e capaci di espremere la magnificenza della famiglia attraverso la commissione di opere d’arte. Il Bernin de France, così veniva chiamato Pierre Puget durante il suo soggiorno a Genova, realizzò sculture significative che condizionarono gli sviluppi successivi dell’arte locale.
Pierre Puget, Immacolata, 1670, Oratorio di San Filippo Neri, Genova
Pierre Puget, La Vergine Immacolata, chiesa dell’Albergo dei Poveri, Genova
Alla fine del secolo, sempre in ambito scultoreo, sarà Filippo Parodi che apprenderà i segreti del marmo dalla scultura romana più che attraverso Bernini, per tramite di scultori berniniani e successivamente da Pierre Puget una volta rientrato a Genova.
Tra i tanti contributi del Parodi, si ricorda l’Immacolata per l’altare della Chiesa di San Luca. La scultura si colloca in un ambiente totalmente dipinto, non solo nelle superfici ma anche in molti elementi architettonici grazie all’operato di Domenico Piola. Il pittore, successivamente, riprenderà dal Parodi e dal Puget i modelli icononografici delle realizzazioni plastiche per i propri soggetti immacolisti.
Filippo Parodi, Immacolata, 1699, Chiesa di san Luca, Genova
Domenico Piola,Immacolata, 1680 circa, chiesa di San Francesco a Bolzaneto, Genova
È importante evidenziare anche il ruolo di Savona nella devozione per l’immacolata. Era stato papa Sisto IV, discepolo di Duns Scoto, grande teologo francescano della dottrina dell’Immacolata, a sostenere e diffondere tale culto mariano. La cappella Sistina di Savona, come quella di Roma furono volute da Sisto IV e sono testimonianza del mecenatismo suo e di suo nipote Giulio II. Agli inizi del Quattrocento iniziò la trasformazione della sala capitolare del Convento francescano per adibirla in cappella funeraria per la sepoltura dei genitori. In riferimento alla prima fase di decorazione sappiamo poco, ma probabilmente la cappella era segnata dal tema immacolista che venne ripreso a distanza di tre secoli dall’intervento pittorico di Paolo Gerolamo Brusco sulla volta della Sistina di Savona. Il pittore inserisce i progenitori alludendo alla redenzione dal peccato originale e la grazia ricevuta dall’umanità direttamente per mano della Vergine, colei che fin dall’inizio dei tempi veste il ruolo di nuova Eva da cui il genere umano riuscirà a riscattarsi.
Paolo Gerolamo Brusco, Immacolata Concezione, XVIII secolo, affresco, cappella Sistina di Savona
Bibliografia
Guida d’Italia, Liguria, 7° ed., Milano, Touring Club Italiano, 2009
James Hall, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano, Longanesi, 1983
La Pittura a Genova e in Liguria: Dal seicento al primo Novecento, Genova,Sagep, 1987
L’immacolata nei rapporti tra l’Italia e la Spagna, a cura di Alessandra Anselmi, Roma, De luca Editori d’Arte, 2008
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