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Fig. 1 – Loggia di Galatea. Credits: Baldassarre Peruzzi.

Introduzione: la Loggia di Galatea

La Loggia o Sala di Galatea, all’interno di Villa Farnesina, è la sintesi di tutte le ambizioni personali di Agostino Chigi, committente della villa. Il banchiere senese aveva riservato alla loggia una funzione particolare, ovvero quella di raffigurare la sua vita attraverso le immagini: non solo il tema della nascita ma anche i suoi progetti futuri. L’insieme delle pareti affrescate da diversi artisti, era arricchito da citazioni classiche che prendevano spunto dalla statuaria antica, dalle gemme e da altre tipologie di opere che facevano parte delle ricchissime collezioni che Agostino riforniva di continuo, grazie anche ai suoi traffici che si estendevano dalla Spagna all’Inghilterra all’Impero ottomano, e ammirate dai numerosi frequentatori della Villa, celebre per i banchetti e gli spettacoli teatrali.

In origine la loggia aveva arcate aperte sul giardino, poi chiuse nel 1650, da cui era prevista l’entrata e questo permetteva di avere una visuale totalmente diversa rispetto a quella attuale, che ci restituisce un effetto distorto della modanatura sul soffitto che, invece, doveva suggerire una profondità illusoria.

Fig. 2 – Loggia di Galatea, le arcate sul giardino.

La Loggia venne affrescata da diversi artisti che si attennero ad un complesso programma iconografico che comprendeva temi astrologici sulla volta dedicata al cielo e scene mitologiche per le pareti, in particolare miti legati all’aria nelle lunette e all’acqua nella prima fascia di riquadri. Forse era prevista una fascia inferiore con riquadri dedicati ai miti di terra, mai completata. Il primo artista a decorare la loggia fu Baldassarre Peruzzi il quale, già nel 1511, aveva probabilmente terminato la volta con l’Oroscopo di Agostino. Tra la fine del 1511 e l’inizio del 1512 nella Sala operarono: Raffaello che affrescò la Galatea e Sebastiano del Piombo che affrescò il Polifemo e le lunette con storie tratte dalla Metamorfosi di Ovidio: miti di delitti e rapimenti furono i prescelti come quello di Teseo che insegue Progne e Filomena, di Aglauro ed Erse, di Dedalo e Icaro, la Caduta di Fetonte, Giunone sul carro alato, Scilla taglia i capelli a Niso, Borea rapisce Orizia, Zefiro e Flora. Solo una lunetta fu decorata dal Peruzzi con una gigantesca Testa di giovane che, secondo una leggenda, fu opera di Michelangelo Buonarroti.

Leggenda vuole che Michelangelo, estremamente curioso di vedere gli affreschi di Raffaello il quale non permetteva a nessuno di vedere il suo lavoro, travestito da venditore riuscì ad eludere la sorveglianza distraendo i custodi con della mercanzia. Entrato nel palazzo durante una pausa dei lavori, si trovò di fronte alle pareti semi-affrescate dal rivale. Non potendo resistere alla tentazione di mostrare le sue capacità, prese un pezzo di carbone e disegnò una bellissima testa di enormi dimensioni prima di fuggire via. Quando Raffaello rientrò nella Sala per riprendere il lavoro, vide il disegno e capì che solo la mano di Michelangelo poteva essere in grado di realizzare un’opera di tale maestria. Pur essendo irritato per l’intrusione, decise di non cancellarlo e ordinò che nessuno lo toccasse. Così è rimasto fino ad oggi.

Fig. 3 – Lunetta con Testa di Giovane.

La volta

Nella volta della Loggia il pittore e architetto Baldassarre Peruzzi aveva affrescato l’oroscopo di Chigi. Personificazioni mitologiche dei pianeti e dei segni zodiacali rappresentavano il tema natale del committente, con gli astri favorevoli a suggerire grandi imprese. La volta è suddivisa da una modanatura architettonica dipinta in ventisei scomparti in cui sono affrescati i miti. È raffigurata la mappa del cielo come doveva apparire il giorno della nascita di Agostino, con gli elementi astrali necessari per elaborare il suo oroscopo. All’interno di dieci pennacchi esagonali sono rappresentati i pianeti e i segni dello zodiaco, nelle quattordici vele sono personificate sdraiate le costellazioni extra-zodiacali mentre sorreggono il simbolo della costellazione che rappresentano; pennacchi e vele sono intervallati da putti a cavallo di animali fantastici a monocromo. Al centro della volta, sul soffitto, si trovano due pannelli ottagonali divisi dallo stemma dei Chigi (sostituito nella seconda metà dell’Ottocento da quello del duca di Ripalta) su sfondo azzurro: a sinistra la Fama annuncia la gloria terrena del banchiere suonando una tromba in direzione dello stemma centrale, mentre Perseo afferra la testa di Medusa e brandisce la spada; a destra la ninfa Elice su un carro, trasformata poi nella costellazione dell’Orsa Maggiore. Infatti proprio quest’ultima e quella di Perseo erano le due costellazioni che segnavano il meridiano celeste sulla città di Siena alle 21:30 del 29 novembre 1466, data e ora indicate sul documento ufficiale di nascita di Agostino Chigi (sono molto rare le indicazioni dell’ora nei documenti di Battesimo del tempo, mentre l’indicazione della mezz’ora è un caso del tutto isolato. Probabilmente il padre di Agostino aveva già intenzione di realizzare un Oroscopo). Inoltre, proprio in quel momento, la stella binaria Algol, nota proprio per rappresentare l’occhio della Gorgone Medusa all’interno della costellazione di Perseo, si trovava allo zenith (in arabo Ghul: testa del demone). Il programma iconografico dovette adattarsi alla struttura architettonica disponibile e, non avendo a disposizione dodici pennacchi, il pittore fu costretto a rappresentare due segni nello stesso esagono (Ariete e Toro; Bilancia e Scorpione). Sembra essere ancora molto controversa la scelta di rappresentare quattordici costellazioni anziché le trentasei esistenti. Una delle ipotesi più sensate tra quelle avanzate a motivare la scelta indica le costellazioni scelte come quelle che sorgono e tramontano insieme al segno della Vergine, identificato come quello in cui si trovava la Luna al momento della nascita di Agostino Chigi.

Fig. 4 – Volta affrescata con l’oroscopo di Agostino Chigi.

Il trionfo di Galatea

Raffaello decorò uno dei campi parietali con la leggiadra figura di Galatea, la bella ninfa colta mentre si allontana dal suo corteggiatore su un fantastico cocchio a forma di capasanta trainato da due delfini e guidato dal fanciullo Palemone e circondata da tritoni, amorini e nereidi. I corpi possenti dimostrano un’influenza michelangiolesca addolcita dalla naturalezza dei volti tipica di Raffaello. Situato nel registro inferiore della Loggia, il Sanzio aveva dato corpo a una delle immagini paradigma del Rinascimento, simbolo dell’amore neoplatonico e dell’ideale classico raffaellesco. L’ affresco ha forma rettangolare ed è databile al 1512 circa, probabilmente realizzato tra la fine della Stanza della Segnatura e l’inizio della Stanza di Eliodoro in Vaticano. Si trova sotto una lunetta di Sebastiano del Piombo e a fianco del Polifemo dello stesso artista. Per diverso tempo l’affresco venne considerato di mano di aiuti di Raffaello, in particolare di Giulio Romano; restauri novecenteschi hanno invece rilevano la piena autografia raffaellesca.

Fig. 5 – Raffaello, Trionfo di Galatea, affresco 1512 circa.

Polifemo

Secondo le fonti antiche, qualche mese dopo che Raffaello ebbe completato l’affresco con il Trionfo di Galatea, Sebastiano del Piombo affrescò sulla parete di fianco e in continuità iconografica con esso, la grande figura di Polifemo. Lo sgraziato innamorato di Galatea era originariamente nudo poi, per decenza, venne rivestito con un abito di un azzurro intenso che rimanda al colorismo veneziano. Polifemo è seduto sulla spiaggia, rivolge lo sguardo malinconico verso il mare a destra e regge in mano il flauto con il quale, secondo il mito, tenta di attirare Galatea della quale è innamorato. La posterità di quest’opera rispetto alla Galatea è confermata da Vasari, ma messa in dubbio in particolare dalla Tantillo Mignosi che, basandosi su una campagna di restauri degli anni ’70, mette in dubbio la datazione evidenziando un quadro autonomo privo di relazioni con la Galatea. Ci sembra infatti inverosimile che Sebastiano non venisse influenzato dalla presenza di Raffaello. Inoltre, per avvalorare la priorità di esecuzione del Polifemo rispetto alla Galatea, questo si trova nel primo riquadro sulla parete, mentre la Galatea segue a fianco. Per di più la presenza di Sebastiano a Villa Farnesina viene riconosciuta già durante la decorazione della volta (prima opera affrescata nella Sala). Alla luce di queste considerazioni, la datazione del Polifemo cadrebbe poco prima della Galatea.

Fig. 6 – Sebastiano del Piombo, Polifemo, affresco 1511-12 circa.

Probabilmente le pareti dovevano essere decorate da altre scene tratte dalla storia della Ninfa Galatea, mai realizzate. Per questo motivo i due affreschi presenti (Galatea e Polifemo) non raffigurano gli eventi principali della storia.

Fig. 7 – Parete affrescata, confronto tra il Polifemo e La Galatea.

Ci appare chiaro che difficilmente si riuscirà a decifrare con assoluta certezza un così ricco e complesso programma iconografico che, unico nel suo genere, fu probabilmente elaborato in collaborazione con un astrologo della cerchia papale. È nota comunque la passione di Agostino Chigi per gli studi di astrologia, e sicuramente grande fama in questo campo gli derivò direttamente dalla particolarità della volta astrologica nella Loggia.

 

Bibliografia:

Manzari, La volta affrescata della Loggia di Galatea nella Villa Farnesina. Interpretazioni astrologiche da Saxl ad oggi, in “L’uomo Antico e il cosmo”, 3° convegno internazionale di Archeologia e Astronomia, Roma, 15-16 maggio 2000.

Barbieri, Gli affreschi di Sebastiano del Piombo nella Loggia della Galatea (Vasari e la “maniera difforme di Sebastiano”

Sitografia:

farnesina.wordpress.com

www.villafarnesina.it

www.lincei.it

http://www.iconos.it/le-metamorfosi-di-ovidio

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