A cura di Jacopo Zamagni
La Biblioteca Malatestiana di Cesena è situata nel centro storico della città e rappresenta l’unico esempio al mondo di Biblioteca monastica rinascimentale perfettamente conservata, ricca di codici pregiati e di un numero rilevante di manoscritti di sommo valore storico e letterario. In Italia la Biblioteca Malatestiana è stata la prima ad essere inserita dall’Unesco nel registro della Memoire du Monde.
Personaggio fondamentale nella storia della Biblioteca Malatestiana è Malatesta Domenico detto Novello (1418-1465), signore di Cesena e mecenate d’arte. Oltre a Malatesta Novello, ebbero un ruolo fondamentale anche i Frati Minori osservanti di S. Francesco, i quali chiesero al Papa di poter detrarre da un lascito di beneficenza la somma necessaria per costruire un’ampia libreria.
La costruzione della libreria ebbe inizio presumibilmente nel 1450 e la sua ultimazione avvenne nel 1454 ad opera dell’architetto marchigiano Matteo Nuti, già attivo nelle fabbriche malatestiane di Cesena dal 1448. Malatesta Novello andò ben oltre il ruolo di mecenate d’arte, poiché affidò la gestione della Biblioteca al Comune, che ne garantì l’utilizzazione e la conservazione. A proposito di ciò è interessante ricordare che una bolla papale del 1466 minacciava di scomunica chiunque avesse sottratto volumi alla biblioteca, cosa che servì a mantenere integra la Biblioteca. Il 20 novembre 1465 Malatesta Novello morì e redasse un testamento in cui lasciò 100 scudi annui ai Frati Minori “affinché essi provvedano al suo ampliamento, e trenta scudi per un lettore”. Nel 1474 Giovanni di Marco, medico di Novello, donò alla biblioteca 119 codici in gran parte sulla medicina e di altre discipline.
L’edificio della Biblioteca Malatestiana è suddiviso in due piani; al piano terra si trova la sezione moderna della biblioteca comunale che è stata inaugurata nel 1983. Ulteriori lavori di ampliamento e sistemazione sono tuttora in corso. Dal piano terra si sale al corridoio superiore del primo piano passando per lo scalone dove sono collocati vari reperti lapidei (stemmi, epigrafi) di varia provenienza.
Attraversando il corridoio superiore si giunge davanti alla porta d’ingresso della Biblioteca che reca incisa nella cornice superiore la data “15 agosto 1454”, che presumibilmente costituisce la data di apertura della Biblioteca e il nome dell’artigiano che intagliò l’iscrizione, Cristoforo da San Giovanni in Persiceto.
La porta è suddivisa in 48 riquadri che contengono, nella fila superiore, gli stemmi malatestiani dello steccato, delle tre teste e della scacchiera, mentre nel resto dei riquadri sono raffigurate decorazioni a motivi geometrici e rose a quattro petali, simbolo dei Malatesta.
Sopra la porta è collocato un elefante indiano, che occupa quasi interamente il timpano, con un’iscrizione in latino: «Elephas indus culices non timet», (L’elefante indiano non teme le zanzare).
Sopra la porta si trova un’altra iscrizione che recita: «Malatesta Novellus Pandulphi filiu Malatestae nepos dedit».
Insieme all’iscrizione è presente un’altra scultura raffigurante l’elefante, la quale si reputa che sia stata scolpita da Agostino di Duccio che all’epoca lavorava nel Tempio Malatestiano a Rimini. Infine a destra è posta l’epigrafe a lode e testimonianza dell’opera dell’architetto Matteo Nuti: «Matheus Nutius Fanensi ex Urbe creatus Dedalus alter opus tantum deduxit ad unguen».
Aula della Biblioteca Malatestiana
Varcata la porta si accede all’aula della Biblioteca Malatestiana, a pianta rettangolare e divisa in tre navate da venti colonne in pietra di Montecodruzzo, dieci per parte, mentre il pavimento si presenta completamente sgombro.
La lunga navate centrale presenta una volta a botte, mentre le undici campate delle navate laterali hanno volte a crociera impostate su semicolonne in laterizio.
I capitelli recano i diversi simboli malatestiani, la rosa a quattro petali che è l’arma scelta dai Malatesta a metà del Trecento per potersi attribuire la discendenza dalla famiglia romana degli Scipioni, le tre teste che suggeriscono il significato di male teste, le tre bande a scacchi e lo steccato militare con aste di tre colori, bianco, rosso e verde su un campo bianco, simbolo della forza di Malatesta Novello.
La luce entra attraverso ventidue finestrelle, in stile veneziano, collocate alle pareti laterali dipinte di intonaco verde e attraverso il rosone posto sulla parete in fondo, sotto cui è murata la lapide funeraria di Novello Malatesta, le cui ceneri furono qui spostate nel 1812. All’interno di ogni campata è inserita sul pavimento una targa marmorea che testimonia il dono di Malatesta Novello alla sua città.
All’interno dell’aula si trovano 58 banchi o “plutei”, in legno di pino, disposti nelle due navate laterali. Ogni banco fu costruito sia per contenere volumi, sia come sedile per i lettori che ci poggiavano i libri come fosse un leggio. Sui fianchi di ogni banco, rivolti verso il corridoio centrale, si trova lo stemma malatestiano delle tre teste, invece nell’ultimo banco della fila di destra è incisa la firma di un certo Francesco Fatioli di Ancona, un antico visitatore che visitò la Biblioteca Malatestiana nel 1467 pochi anni dopo l’apertura al pubblico.
I volumi posti all’interno dei banchi furono legati con delle catenelle in ferro battuto per evitare che venissero rubati oppure ritirati per essere letti e mai più restituiti. La maggioranza delle catenelle risale al XV secolo e formata da piccole “ghiande”, mentre le catenelle più recenti sono ad anelli intrecciati. I volumi della Biblioteca Malatestiana sono 343, scritti a mano e in maggioranza vergati su pergamena, cioè su pelle di pecora, capra o agnello, trattata in modo da poter accogliere la scrittura ad inchiostro. La maggior parte di questi volumi è scritta in latino, mentre 14 codici sono scritti in lingua greca, 7 in ebraico e un solo volume in italiano. Dal punto di vista della datazione, il manoscritto più antico risale all’inizio del IX secolo, numerosi libri risalgono al Due-Trecento ed infine un gruppo di 126 codici fu scritto a metà Quattrocento da copisti italiani e stranieri al servizio di Malatesta Novello. All’inizio e alla fine di ogni volume venivano poste, durante la rilegatura, alcune carte bianche per proteggere il primo e l’ultimo foglio scritto; in queste pagine bianche si trovano tutt’oggi annotazioni, disegni, preghiere o versi di poesie scritte da chi comprava il libro oppure da chi lo leggeva.
All’interno dell’aula della Biblioteca si trovano testimonianze di altri visitatori che hanno lasciato la loro firma intagliata sull’intonaco verde delle pareti.
Biblioteca Piana
Di fronte all’aula della Biblioteca Malatestiana si trova la Biblioteca Piana, il cui nome deriva da Papa Pio VII, al secolo Gregorio Barnaba Chiaramonti (Cesena 1742 – Roma 1823). Al suo interno sono conservati 5500 volumi a stampa dei secoli XV-XIX, una sessantina di codici e vari manoscritti che testimoniano gli interessi del pontefice per le belle arti, l’antiquaria e la numismatica che gli valsero l’appellativo di “papa archeologo”.
Nel 1821 il papa lasciò la sua biblioteca in uso ai benedettini di Cesena e la raccolta libraria fu custodita dai monaci nell’abbazia di Santa Maria del Monte fino al 1866 quando lo Stato italiano, in seguito alla soppressione delle corporazioni religiose, la trasferì nelle mani del Comune. Dal 1941 la Biblioteca Piana è in deposito a tempo indeterminato al Comune di Cesena e oggi si conserva nel salone di fronte alla Biblioteca Malatestiana.
Nella Biblioteca Piana sono esposte due serie di corali, una commissionata dal cardinale Bessarione a metà del Quattrocento e composta da otto corali, l’altra commissionata dal vescovo di Cesena Giovanni Venturelli alla fine del XV secolo e composta da 8 corali.
In una vetrina della sala sono esposti cinque libri di piccolo formato, tra cui il “libro più piccolo del mondo leggibile senza lente”. Il libro misura 15 x 9 mm, stampato nel 1897 dalla casa editrice dei fratelli Salmin e contiene al suo interno una lettera di Galileo Galilei all’indirizzo della Granduchessa di Toscana Cristina di Lorena, nella quale lo scienziato dà conto delle sue scoperte scientifiche.
La Biblioteca Piana contiene una sessantina di manoscritti medievali che vanno dall’XI al XV secolo, esposti nelle vetrine in ordine cronologico in modo tale da costruire una specie di “storia della scrittura”; si può infatti osservare l’evoluzione della scrittura dalle forme in uso dopo il Mille fino alla scrittura inventata e diffusa dagli umanisti nel Quattrocento.
Oltre ai manoscritti, nella Biblioteca Piana si trova la Mazza, uno stemma in argento donato a Cesena da Pio VI (Giannangelo Braschi) nel 1790 per sostituire la mancata elezione di Cesena a capo del Dipartimento del Rubicone.
Bibliografia
ANGELA FABBRI, Cesena e i suoi dintorni, guida turistica – storica – artistica, Cassa Rurale ed Artigiana – Cesena, Imola, 1981, pp. 52-81.
A cura di PIERO LUCCHI, Corali Miniati del Quattrocento nella Biblioteca Malatestiana, Fabbri Editore, Sonzogno, 1989.
RICCARDO DOMENICHINI, ANTONELLA MENGHI, ALBERTO SEVERI, Cesena, Maggioli Editore, Rimini, 1991, pp. 53-60.
A cura di FABRIZIO LOLLINI e PIERO LUCCHI, Libraria Domini, I manoscritti della Biblioteca Malatestiana: testi e decorazioni, Grafis Edizioni, Bologna, 1995.
PAOLA ERRANI, MORENA VANZOLINI, La biblioteca Malatestiana di Cesena, Collana delle perle volume 1, Tipo-lito Wafra, Cesena, 2009.
Sitografia
http://www.comune.cesena.fc.it/malatestiana
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Ottimo articolo….eccelle nella comprensione del testo.È realizzato veramente bene …bravissimo l’autore.
Grazie a tutti, in particolare a Jacopo Zamagni, questo articolo è magnifico