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A cura di Fabio D’Ovidio

Il palazzo Gio Carlo Brignole venne edificato dall’architetto Bartolomeo Bianco al termine degli anni ’20 del XVII secolo per la committenza di Giovan Battista Brignole di fronte ad un palazzo di proprietà della famiglia Grimaldi, abitato all’epoca da Gerolamo Grimaldi; con questi Giovan Battista Brignole stipulò un accordo affinché il futuro edificio non superasse in altezza Palazzo della Meridiana, nome con cui è nota questa residenza Grimaldi.

Nel corso degli anni ’70 dello stesso secolo, Gio Carlo Brignole – figlio di Giovanni Battista – avviò i primi grandi rinnovamenti estetici: commissionò a Pietro Antonio Corradi una revisione architettonica, e allo scultore genovese Filippo Parodi un ciclo scultoreo per conferire magnificenza al portale d’ingresso. Questo era – ed è tuttora – fiancheggiato da due possenti Telamoni quasi a proteggere coloro che entrano nel palazzo; al di sopra dell’architrave stava una coppia di putti con in mezzo lo stemma araldico della famiglia Brignole, oggi perduto a causa di modifiche all’intera architettura del palazzo e al successivo passaggio di proprietà, avvenuto nel 1854 a favore della famiglia Durazzo.

Questa famiglia genovese, che ancora oggi è proprietaria del palazzo, commissionò al pittore Giuaseppe Isola (1808-1893) gli affreschi del sontuoso atrio d’ingresso, realizzati secondo un linguaggio pittorico meramente accademico.

La volta ribassata, posta a copertura di questa prima sezione dell’atrio è stata pensata per omaggiare non solo alcuni viri illustres liguri –  ai lati, ma anche la volontà di indipendenza dell’ormai defunta Repubblica di Genova – al centro del soffitto. Tra gli uomini qui dipinti si possono citare Guglielmo Embriaco (1040-1102), eroe genovese durante la Prima Crociata (1096-1099) che stando agli annali cittadini fu il primo ad entrare a Gerusalemme, mentre secondo il poeta Torquato Tasso si distinse tra i vari cavalieri presenti durante la presa della Città Santa per le doti ingegneristiche. A seguire Caffaro di Rustico da Caschifellone (1080-1164) autore degli Annali, fonte storica principale per la ricostruzione degli eventi che segnarono la nascita e i primi anni di vita del Comune di Genova. Proseguendo in ordine cronologico sono presenti Simone Boccanegra, che nel 1339 istituì la carica dogale; il famosissimo navigatore Cristoforo Colombo (1451-1506); il pontefice Giulio II (1443-1513) che a Roma commissionò a Michelangelo la decorazione ad affresco della volta della Cappella Sistina, mentre a Raffaello  affidò il cantiere delle Stanze vaticane; Andrea Doria (1466-1560); e da ultimo si riconosce il massimo pittore genovese di secondo Cinquecento, Luca Cambiaso (1527-1585), i cui capolavori sono conservati nei musei cittadini, e nelle volte dei saloni dei palazzi Rolli e delle ville aristocratiche fuori Genova.

Al centro del soffitto invece si trova la scena dedicata ad Ottaviano fregoso che fa distruggere la fortezza della Briglia, roccaforte francese costruita per volontà di Re Luigi XII al tempo della dedizione francese, che fu impiegata come avamposto di controllo politico-militare di Genova diventando così un segno tangibile dell’oppressione straniera, con un richiamo al periodo storico coevo al pittore: nel 1849, i bersaglieri guidati da Alfonso La Marmora avevano represso nel sangue un’insurrezione indipendentista contro il Regno di Sardegna [2].

La seconda parte dell’atrio è coperta da una serie di volte a crociera tutte decorate con il motivo della grottesca, che si ricollega così stilisticamente alle decorazioni dei palazzi genovesi di pieno XVI secolo, realizzate da Federico Leonardi, pittore specializzato in questo motivo ornamentale.

Affreschi del primo piano nobile di palazzo Gio Carlo Brignole

Della grande decorazione ad affresco citata nelle guide cittadine di XVIII e XIX secolo restano oggi le scene mitologiche realizzate da Gregorio e Lorenzo De Ferrari (1647-1726; 1680-1744). Eseguiti sui soffitti dei quattro salottini che circondano il grande salone centrale, gli affreschi sono ascrivibili alla piena maturità di Gregorio e al momento in cui Lorenzo si fece interprete di un linguaggio figurativo estremamente elaborato, soprattutto nella finzione pittorica. Nonostante si sia privi di documenti d’archivio che attestino l’identità del committente e gli anni in cui i pittori si occuparono di tale cantiere, gli studiosi del sito hanno ipotizzato di collocare cronologicamente i lavori entro gli anni ’20 del Settecento, identificando il committente nella figura di Giovanni Carlo Brignole junior, che diventò poi senatore della Serenissima Repubblica di Genova nel 1721.

Dei quattro salotti sopracitati, tre si devono attribuire alla mano del De Ferrari più anziano. Nello specifico, i due vani che si aprono su Strada Nuova mantengono una decorazione perfettamente conservata non solo sotto il profilo dei colori ma anche sotto quello ideologico conferitogli da Gregorio stesso. Leggermente differente è invece lo stato conservativo del salotto dedicato alla Primavera, poiché a causa di infiltrazioni è stato oggetto di ridipinture di qualità non eccezionale nel XIX secolo; tuttavia la decorazione risulta ancora leggibile e si pone in un dialogo ideale con le altre scene.

Seguendo il tradizionale percorso di visita istituito durante i weekend dedicati ai Rolli Days, la visita del piano nobile ha inizio in un salotto le cui decorazioni si datano agli anni centrali del XVIII secolo: sia le pareti che la volta sono dipinte di verde, a conferire un tocco di brillantezza sono gli inserti in legno dorato posti nelle zone di congiunzione tra i muri perimetrali e il soffitto; ad adornare lo spazio delle pareti sono alcuni dei quadri che costituiscono parte dell’ormai dispersa quadreria Brignole, tra cui si possono osservare due ritratti di esponenti della famiglia – la loro identità ad oggi è ignota – e un’Adorazione dei Pastori di Francesco Bassano e allievi (1549-1592).

A questa piccola stanza segue il cosiddetto salotto di Prometeo, opera magistrale di Lorenzo De Ferrari, dipinto negli anni ’30 del XVIII secolo. Raffigurata al centro della volta, dentro una cornice mistilinea prospetticamente aggettante, la scena mostra Prometeo, abbigliato con vesti sgargianti, che con la fiamma del fuoco rubato agli dei infonde la vita ad una statua che sarà l’Uomo. A sovrintendere l’intero evento sta Minerva, dea protettrice dell’ingegno umano capace di domare e superare le avversità, che nella scena è personificato e simboleggiato dal titano stesso. La figura di Prometeo viene dipinta dall’artista con un particolare avvitamento; come se lui stesso fosse una lingua di quella fiamma che a contatto con la pietra marmorea ne trasforma il freddo grigio in rosa carne. Dando le spalle alla finestra che si trova nella stanza, il visitatore può osservare la personificazione del Valore: un giovane ragazzo alato, appoggiato al cornicione, con addosso la leonté erculea e un braccio teso nell’atto di porgere una corona di alloro. Dalla parte opposta dell’illusoria cornice, si trova una seconda figura maschile, questa volta stante con le gambe leggermente divaricate, che regge un globo armillare e un compasso: è l’allegoria dell’Ingegno. Questi due aspetti della mente umana, qui rappresentati dai due giovani, connotano come eccezionale il gesto di Prometeo, che pagherà cara la sua insubordinazione con una punizione esemplare, qui non raffigurata: incatenato ad un monte, un’aquila in eterno gli mangerà il fegato, che ogni notte si rigenererà per poter così ripetere quotidianamente il castigo.

L’intera scena vuole omaggiare attraverso il ricorso all’allegoria il ruolo e la figura del self-made man incarnato dalla famiglia Brignole, i cui membri furono ammessi all’interno dell’aristocrazia genovese non per lignaggio e sangue ma per merito, qualità che concerne anche il rischio: i loro esponenti sono quindi tutti novelli Prometeo, capaci di modificare il destino della città di Genova, così come la figura mitologica protagonista della scena ha influito sulla storia dell’umanità.

Il salotto contiguo, che si affaccia su via Cairoli (già Strada Nuovissima), è quello della Primavera, realizzato da Gregorio De Ferrari nella sua maturità artistica, collocabile tra il primo e il secondo decennio del Settecento. La scena presenta un impianto prospettico molto meno illusionistico rispetto a quello del salotto precedente. Al centro dell’intera scena si può osservare la personificazione dell’Abbondanza, una giovane ragazza bionda adagiata su una nuvola che tiene sotto il braccio la cornucopia – suo tipico attributo – da cui si intravede ogni genere di ricchezze, in particolare monete d’oro, a simboleggiare la potenza economica ottenuta con il duro lavoro dalla famiglia Brignole. In una sezione meno centrale della volta è presente una seconda giovane donna, in questo caso con i capelli castani, raffigurata con una corona di fiori a cingerle il capo, adagiata anch’essa come l’Abbondanza su una nuvola, mentre con le mani cinge un festone floreale che le passa dietro la schiena. A completare l’intera scena troviamo alcuni putti di pieno gusto barocco disposti lungo il cornicione, intenti a giocare con differenti animali: tra i vari rappresentati – soprattutto animali da compagnia – compare il pavone, animale esotico (dall’elevato valore economico), che nell’antica simbologia cristiana rappresentava la rinascita e la vita eterna.

Sulle pareti di questo raffinato salottino trovano posto alcuni quadri, tra questi si possono notare due paesaggi realizzati da due differenti pittori olandesi secenteschi, una Guarigione di Tobia e un Eracle e Onfale.

A concludere l’intero tour del palazzo durante i weekend dedicati all’evento è la visita del grande salone di rappresentanza; sotto il profilo artistico questo presenta sulle pareti più lunghe due grandi arazzi risalenti al XV secolo circa, la cui cromia risulta alterata (in particolare i rossi hanno virato ad un marrone pieno, mentre il rosa degli incarnati oggi risulta molto sbiadito e tendente al beige). Al di là di ciò le due scene – tratte dalla storia antica – risultano nel complesso leggibilissime. L’arazzo della parete destra (dando il volto verso Strada Nuova) raffigura Cambise intento ad uccidere il bue Api; secondo il mito e la tradizione storica, il re persiano fu colpito da una particolare malattia mentale che lo portò appunto a sacrificare il sacro animale; sulla parete opposta invece si può osservare l’incontro tra Cesare e Cleopatra. All’interno di questo ampio salone sono stati poi collocati i busti di Giovanni Battista Brignole di Giacomo Antonio Ponzanelli (1654-1735); di Giovanni Luca Durazzo, opera di Filippo Parodi (1630-1702); di Eugenio Durazzo, di Francesco Maria Schiaffino (1688-1783; di Marcello Durazzo ad opera di Nicolò Traverso (1745-1823). I busti degli esponenti della famiglia erano conservati in quello che è oggi noto come Palazzo Reale, proprietà dei Durazzo sino a quando i Savoia – dopo l’annessione dell’ex-Repubblica di Genova al Regno di Sardegna – non lo acquistarono per farne il loro palazzo ufficiale durante i periodi di residenza nel capoluogo ligure; così la famiglia genovese, tutt’ora proprietaria del palazzo sito in piazza della Meridiana, collocò questi tre busti nel salone del piano nobile.

 

Note

[2] Con il Congresso di Vienna (1° novembre 1814 – 9 giugno 1815), la Repubblica di Genova – o come era meglio nota al tempo, Repubblica Ligure – non riottenne la sua indipendenza in quanto fu annessa direttamente ai territori governati da casa Savoia che da secoli cercavano uno sbocco sul mare, ottenendo così uno dei principali porti del Mediterraneo.

 

Bibliografia

Alizeri, Guida illustrativa della città di Genova, Genova 1845

Colmuto, Palazzo Brignole-Durazzo, in Genova, Strada Nuova, a cura di Vagnetti, Vitali e Ghianda, Genova 1967

Gavazza, Lorenzo De Ferrari, Milano 1965

Gavazza, Lo spazio dipinto. L’affresco genovese del ‘600, Genova 1989

Poleggi, Una reggia repubblicana. Atlante dei palazzi di Genova 1530-1664, Torino 1998

Gavazza, L. Magnani, Pittura e decorazione a Genova in Liguria nel Settecento, 2000

Ciotta (a cura di), Genova. Strada Nuovissima. Impianto urbano e architetture, Genova 2005

Franzone, G. Montanari, Palazzo Brignole Durazzo alla Meridiana in Genova, 2018

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