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A cura di Stefania Melito

Nel precedente articolo sulla Certosa di Padula si è descritta la cosiddetta corte esterna e la “Casa Bassa”, ossia quell’insieme di luoghi ove potevano accedere anche i laici; varcando la soglia del monumento, invece, ci si addentrerà maggiormente verso gli ambienti prettamente riservati alla clausura, trattando però quelle zone che fungevano da “cuscinetto” fra il mondo esterno e la zona cenobitica vera e propria.

Fig. 1: l’ingresso

La facciata della Certosa

La facciata, probabilmente tardo-cinquecentesca ma con rifacimenti barocchi, si presenta ripartita in due ordini.

Fig. 2: la facciata

Quello più in basso, scandito da massicce colonne doriche che danno vita a tre architravi che movimentano la fascia marcapiano fortemente aggettante, alterna quattro statue di santi a tutto tondo, allocate in nicchie, a finestre; le statue, opera di Domenico Antonio Vaccaro, rappresentano San Bruno, (il primo a destra guardando la facciata) nella sua qualità di fondatore dell’ordine dei certosini, San Paolo, San Pietro e San Lorenzo, il santo a cui è dedicata la Certosa. Al centro, preceduto da una scalinata affiancata da una balaustra con massicci pinnacoli, si trova l’ingresso al monastero vero e proprio. L’ordine superiore invece, più basso rispetto al primo, riporta lo stesso schema ma senza statue: sono presenti sulle finestre dei busti che rappresentano i quattro evangelisti, la Madonna e Sant’Anna, mentre sulla finestra centrale vi è una conchiglia. La facciata è coronata da una balaustra su cui si ergono dei pinnacoli: al centro svetta la statua della Madonna fra due angeli, inserita in una struttura architettonica ad arco coronata da una croce e introdotta, in basso, da un cartiglio recante la scritta “Felix coeli porta” e una data, 1723, mentre ai lati, collocati ad una certa distanza, sono presenti i busti della Religione e della Perseveranza.

Varcando l’ingresso vero e proprio al monumento si staglia in controluce una porta, coronata da una lunetta, che dà accesso al primo dei chiostri della Certosa, ossia il Chiostro della Foresteria. Ultimamente il percorso, a causa dell’epidemia da Covid-19, ha subito delle variazioni e non attraversa più la sala riccamente affrescata che un tempo era adibita a biglietteria.

Fig. 3: particolare sala biglietteria

Il Chiostro della Foresteria

Come dice il nome, si tratta di un chiostro sormontato da un ambiente al piano superiore in cui venivano accolti i pochi e sceltissimi “ospiti” della Certosa: il chiostro, tardo manierista, presenta al centro una fontana in pietra, montata su base ottagonale, che rappresenta un bambino che tiene in mano un delfino;  è circondato da un portico con cinque archi per lato, affiancati da robuste colonne doriche, che in alcuni tratti mantiene l’originaria decorazione a putti. Su di esso affacciano la porta della Chiesa e la porta della Cappella dei Morti, mentre un corridoio laterale conduce in un altro ambiente.

Il pavimento, a spina di pesce, presenta un motivo ornamentale che ricalca gli angoli e la forma della fontana.

Fig. 4: il chiostro della Foresteria

Una fascia marcapiano aggettante separa il primo ordine dal secondo, costituito da un loggiato con balaustra su cui si innestano le arcate, anche qui cinque: sono presenti, sulla parte esterna delle arcate, lacerti di affreschi che in alcuni casi hanno addirittura lasciato a nudo gli schizzi preparatori, mentre la parte interna si presenta decisamente in migliori condizioni. Tutto il loggiato infatti, caratterizzato da un soffitto cassettonato che corre lungo tutti e quattro i lati, è interamente affrescato a trompe l’oeil con scene di paesaggi silvestri e marini inseriti in finte quinte architettoniche, probabilmente seicenteschi, che rimandano ai paesaggisti napoletani e alla scuola di Domenico Gargiulo.

Fig. 5: il loggiato della Foresteria

Sul loggiato si aprono le stanze che un tempo venivano destinate agli illustri ospiti, e una cappella privata, la cappella di Sant’Anna, un tripudio di stucchi e decorazioni settecentesche.

Fig. 6: particolare degli stucchi settecenteschi della cappella di Sant’Anna

Al di sopra si eleva la torre campanaria con un orologio, e un tempo vi era anche un piccolo campanile a vela, che però crollò durante il terremoto del 1857 sfondando parte del tetto del corridoio del chiostro della foresteria.

Fig. 7: disegno eseguito da Mallet; è possibile notare in alto a sinistra il tetto del chiostro della Foresteria gravemente danneggiato. Da Miccio G., Padula nel Rapporto di Robert Mallet e l’intervento attuale di restauro della Certosa di S.Lorenzo, in “Viaggio nelle aree del terremoto del 16 dicembre 1857. L’opera di Robert Mallet nel contesto scientifico e ambientale attuale del Vallo di Diano e della Val d’Agri”, a cura di G.Ferrari, vol.1, (pp.313-330. Bologna 2004) pag. 319

L’orologio della torre campanaria ha una storia curiosa: viene descritto da Mallet nel 1857 come un “vecchio orologio inglese costruito 140 anni prima”, che segnava un’ora totalmente sbagliata; fu proprio l’ingegnere irlandese inoltre a regolarlo sull’ora corretta, essendo l’unico orologio presente in Certosa. Tale orologio fu poi rifatto intorno al 1930 da un artigiano di Lagonegro in Basilicata, ma fu eseguito di dimensioni spropositate rispetto al luogo ove doveva essere installato ed andò a sovrapporsi alla meridiana preesistente.

Fig. 8: particolare della torre campanaria

Come si può ben capire questi ambienti della Certosa di Padula assicuravano sia una sistemazione degna di un sovrano, sia addirittura una sorta di privacy, in quanto le funzioni religiose potevano essere officiate alla bisogna e seguite dagli ospiti senza doversi mischiare ai monaci e ai conversi che utilizzavano la sottostante chiesa per le funzioni. Non a caso si è parlato di sovrani: si narra infatti che Carlo V, di ritorno dalla battaglia di Tunisi in cui aveva sconfitto l’usurpatore Khayr al-Din detto il “Barbarossa”, decidesse di trasformare il viaggio di ritorno in una sorta di “passerella” trionfale o propaganda politica per la Penisola della durata di undici mesi, e così fece; toccò la Sicilia, e da lì risalì verso Napoli in direzione dei feudi dei principi a lui fedeli, tra cui i Ruffo, i Pignatelli, i Caracciolo e i Sanseverino (http://dprs.uniroma1.it/sites/default/files/337.html). A Padula sostò in Certosa, ove fu ricevuto con grandi onori e dove, narra la leggenda, volle condividere il modo di vivere e di mangiare tipico dei monaci: pare infatti che l’imperatore desse ordine di non preparare nulla di diverso dai pasti abituali, e così fu. Per il sovrano e il suo esercito fu allestito quindi un pantagruelico banchetto a base non di cacciagione o pietanze prelibate, ma basato su una semplice frittata, straordinaria solo nel numero di uova utilizzate per prepararla, ben mille. Da allora tutti gli anni, il 10 agosto, si ricorda questo aneddoto e si ripete la preparazione di quella frittata, in una gigantesca padella fatta costruire appositamente per contenere un numero così elevato di uova.

 

Bibliografia

Miccio G., Padula nel Rapporto di Robert Mallet e l’intervento attuale di restauro della Certosa di S.Lorenzo, in “Viaggio nelle aree del terremoto del 16 dicembre 1857. L’opera di Robert Mallet nel contesto scientifico e ambientale attuale del Vallo di Diano e della Val d’Agri”, a cura di G.Ferrari, vol.1, (pp.313-330. Bologna 2004

Sitografia

http://dprs.uniroma1.it/sites/default/files/337.html

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