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A cura di Marco Roversi

Introduzione: storia e sviluppo dell’anfiteatro

“Ave, Caesar, morituri te salutant!” “Ave, Cesare, coloro che stanno per morire ti salutano!”. È questa forse una delle espressioni latine ancora oggi più conosciute, e fa la sua prima comparsa nel De Vita Caesarum di Svetonio (al secolo Gaio Svetonio Tranquillo, vissuto tra il 69 e il 122 d.C.). Nella parte dell’opera dedicata alla vita di Claudio, Svetonio riporta tale locuzione ricordando anche che tale espressione venne coniata poco prima di una naumachia (battaglia navale). All’inizio della disputa i combattenti si sarebbero rivolti all’imperatore proprio con queste parole, che alimentano ancora oggi il mito dei gladiatori. Su queste figure, ormai divenute leggendarie, sono stati scritti fiumi di inchiostro da parte di una folla ben nutrita di studiosi e storici; tra prigionieri di guerra, schiavi, condannati a morte, ma anche uomini liberi, oberati di debiti o affamati di denaro e gloria, molti di questi lottatori, che devono il loro nome al gladius (una piccola spada a lama corta) hanno combattuto, trovato gloria e morte in un edificio divenuto simbolo indiscusso del più crudo intrattenimento romano: l’anfiteatro.

Dal greco amphithèatron (amphi – “intorno a” e thèatron – “teatro), l’anfiteatro è un edificio di spettacolo ideato ed impiegato solo ed esclusivamente nell’ambito della cultura romana. Il più delle volte architettonicamente grandioso, maestoso e soprattutto costoso sia in fase di costruzione che di mantenimento, ospitava nella sua arena, dalla caratteristica forma ellittica, spettacoli perlopiù cruenti ma molto amati dai romani, che andavano dai più classici combattimenti fra gladiatori alla caccia di animali feroci ed esotici, passando per battaglie navali e, in alcune occasioni, esecuzioni sommarie e condanne capitali. L’anfiteatro per eccellenza è il Colosseo, noto in origine come Anfiteatro Flavio, voluto dall’imperatore Vespasiano tra il 71 e il 72 d.C., mentre il più antico anfiteatro stabile in assoluto è quello di Pompei, datato al 70 a.C. Con l’avvento dell’Impero, e, conseguentemente, con la progressiva estensione territoriale, politica e militare dello stesso, la cultura dell’anfiteatro arrivò in tutto il bacino del Mediterraneo, ad eccezione di alcune province che non apprezzarono mai appieno il divertimento e i giochi ad esso legati. Nei domini orientali, in particolar modo nei territori di Grecia, Egitto e Turchia, gli spettacoli gladiatori e le cacce alle fiere non erano particolarmente amati. Diversa, invece, la questione nelle province occidentali dell’impero, dove i ludi gladiatores e venationes incontrarono un maggior seguito tra le popolazioni locali, specialmente in area gallica ed iberica. Un esempio di diffusione di anfiteatro in area gallica è l’anfiteatro in Piemonte, dove incontrò notevole successo.

L’anfiteatro in Piemonte: i casi di Ivrea e Vercelli

Limitatamente all’area territoriale del Piemonte (in epoca romana annesso alla provincia della Gallia Cisalpina) molti furono gli anfiteatri eretti nelle principali città della regione. Tra i meglio conservati ai giorni nostri spicca certamente quello di Ivrea, l’antico insediamento di Eporedia: ultima delle coloniae civium Romanorum (città con diritto romano) e dedotta (fondata) intorno all’anno 100 a.C., la città di Ivrea mostra oggi poche tracce del suo passato; tra queste, un ruolo rilevante è occupato proprio dalle vestigia dell’antico spazio ludico cittadino.

Fig. 1 – Veduta aerea dell’area occupata dai resti dell’Anfiteatro di Ivrea. Photo credit: Paolo Spagnoli .

Come esempio di anfiteatro in Piemonte ben conservato spicca quello di Ivrea: venne edificato in piena Età Imperiale, tra la fine del I e l’inizio del II secolo d.C., periodo al quale si ascrive anche l’erezione del teatro. Costruito lungo l’antica via che da Eporedia conduceva a Vercellae, odierna Vercelli, si pensa che in origine questo anfiteatro in Piemonte potesse ospitare più di 10.000 spettatori. Si trattava di un edificio imponente per una città di provincia, e la sua modalità di erezione dimostra anche l’impiego ben programmato di un ingente quantitativo di risorse. L’edificio, infatti, venne interamente realizzato su di un enorme terrapieno, con l’asse maggiore di 65 m di lunghezza, addossato sul versante meridionale ad un possente muraglione di contenimento, atto a sostenere al meglio il terreno. Internamente fu rinforzato con un podio, mentre, lungo il perimetro esterno, da una muratura anulare, rinforzata a sua volta da una serie di concamerazioni semicircolari (in parte ancora visibili in situ) con funzione di contrafforte per bilanciare la spinta del terreno.

Fig. 2 – Particolare della muratura anulare esterna e delle concamerazioni semicircolari di rinforzo.

Alle estremità dell’asse centrale si aprivano poi due ingressi monumentali, mentre in corrispondenza delle terminazioni dell’asse minore si affacciavano sull’arena due tribune, oggi quasi del tutto scomparse, in corrispondenza delle quali sono state rinvenute tracce di alcune ricche spalliere bronzee che un tempo rivestivano sedili, verosimilmente riservati ai personaggi più influenti e più agiati della città. Al centro dell’arena, inoltre, è ancora visibile un vano sotterraneo dalla forma rettangolare che si collegava, tramite un lungo e stretto corridoio, agli ambienti di servizio collocati al di sotto delle gradinate della cavea. Un ambiente, questo, piuttosto angusto per dimensioni e profondità, ma certamente impiegato, con l’ausilio di macchinari e montacarichi, per consentire l’accesso all’arena di gladiatori e animali, ma anche di attrezzi e strumenti di scena per gli spettacoli. Un ulteriore passaggio coperto, voltato a botte e pavimentato in laterizi, si snodava invece al di sotto del podio lungo tutto il perimetro della struttura. Aveva la funzione di collegare gli uni agli altri i vari ambienti di servizio celati alla vista degli spettatori, disposti in fila lungo l’asse maggiore dell’arena. Ben visibili risultavano al contrario le terminazioni del podio stesso, il quale culminava in una lunga e possente transenna ornata da pesanti lastre di bronzo decorate con grosse borchie a rilievo. Non è infine cosa irrilevante menzionare come l’anfiteatro di Eporedia sorgesse in parte su di un luogo occupato da una preesistente villa suburbana di Età Repubblicana. Al momento dell’avvio del progetto parte di tale villa, risalente nel suo nucleo originario al I a.C., venne così destituita per lasciar spazio al grande cantiere dell’anfiteatro. Ciò non ha tuttavia impedito la sopravvivenza di poche, ma importanti tracce di quella ricca e lussuosa dimora signorile. Più volte restaurata e decorata nel corso della tarda Età Repubblicana, al suo interno dovevano trovare spazio elegantissime stanze decorate da decorazioni parietali a fresco, le più recenti delle quali si datano tra il 50 e il 70 d.C.

Fig. 3 – Particolare delle fondazioni di una delle tribune che si affacciavano sull’arena. Sono inoltre visibili i parapetti lignei moderni che delimitano l’area occupata dal corridoio e dalla cavità rettangolare al centro dell’arena che un tempo permettevano l’accesso di gladiatori e fiere all’area dello scontro.

L’anfiteatro in Piemonte: Vercelli

Altro centro ricco e florido del Piemonte romano fu Vercellae, odierna Vercelli. La sua innegabile importanza come municipium è testimoniata dalla presenza di quelle che erano le infrastrutture tipiche dell’urbanistica romana, tra cui il teatro e, ovviamente, l’anfiteatro. Quinto per dimensioni (secondo i dati raccolti durante le ricerche dallo studioso e architetto francese Jean-Claude Golvin), tra quelli eretti in tutta la Gallia Transpadana e risalente al I o II secolo d.C, anch’esso si organizzava attorno ad un’arena ellittica la cui lunghezza viene stimata tra i 25 e i 30 m; dimensione sufficiente, questa, per renderla impiegabile anche come teatro di battaglie navali. Di questa grande struttura rimangono visibili, tuttora, solo alcune porzioni riferibili alle fondamenta di uno spicchio dell’ellisse della cavea, mentre le restanti fondamenta sono state inglobate e ricoperte da edifici moderni che impediscono un’indagine sistematica dell’intera area. Tuttavia, al momento dei primi scavi (1560) che portarono in luce buona parte di questo anfiteatro, emersero dal terreno due splendide statue, forse un tempo collocate al centro dell’arena, una maschile e l’altra femminile. Una di esse, consacrata ad Apollo, fu poi spostata, a soli cinque anni dalla scoperta, da Vercelli a Torino per volere del duca Emanuele Filiberto di Savoia.

Sitografia

www.vercelli.italiani.it

www.archeovercelli.it

www.serramorena.it

www.anfiteatromorenicoivrea.it

www.museionline.info

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