A cura di Giovanni d’Introno
Il Santuario di San Michele Arcangelo: cenni storici e culto
Il Santuario di San Michele Arcangelo sorge sul Monte Drion (dal greco “quercia”), nel comune di Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia; è un luogo intriso di sacralità e meta di pellegrinaggi sin dal Medioevo. La storia di questo santuario, che ancora oggi attira fedeli cristiani da tutto il mondo, è legata ad alcune apparizioni dell’arcangelo Michele in questa zona: le prime tre, secondo la tradizione, risalgono al V secolo e sono ricordate in un manoscritto dell’VIII secolo, il ”Liber de Apparitione sancti Michaelis in Monte Gargano”.
La prima vicenda che viene raccontata in questo libro, databile al 490, è quella di un ricco signorotto di Siponto, noto con il nome di Elvio Emanuele, il cui toro più prezioso si allontanò dalla mandria pascente. Alla fine l’animale fu ritrovato dall’uomo in una spelonca; questi decise di punire la bestia scagliandogli contro una freccia avvelenata che deviò la sua rotta, colpendo lo stesso uomo. Il signorotto allora chiese l’aiuto del vescovo Lorenzo Maiorano per comprendere questo prodigioso e misterioso evento. Infine l’ecclesiastico ricevette la visita dell’Arcangelo che gli disse che era stato un atto dettato dalla sua volontà, essendo quello un luogo a lui sacro, e lo invitò a realizzare un santuario in quel punto, che già da secoli era antica sede di culti pagani, tra cui quello rivolto al profeta Calcante e al dio Apollo.
Anche la seconda apparizione vede come interlocutore del santo il vescovo Lorenzo Maiorano. Questi, nel 492, invocò l’arcangelo affinché intervenisse in favore della città cristiana di Siponto che resisteva alle violente scorrerie degli Eruli di Odoacre: l’arcangelo gli assicurò la vittoria, che fu conseguita successivamente alle sue parole di conforto. Alcuni storici tuttavia tendono a scontrarsi con la tradizione, facendo risalire questo intervento divino allo scontro avvenuto nel 662-663 tra i Bizantini e i Longobardi, capeggiati dal duca di Benevento Grimoaldo, con la vittoria longobarda conseguita l’8 maggio.
La terza apparizione avvenne nel 493, ricollegata all’evento bellico poc’anzi citato: il ben noto vescovo, per rendere grazie all’aiuto impartito dal santo nel momento di difficoltà, decise di consacrare, come gli era stato ordinato precedentemente, la grotta nella quale si era rifugiato il toro di Elvio Emanuele. Si ottenne l’assenso di papa Gelasio I e il vescovo di Siponto, con il concorso dei vescovi pugliesi e del popolo, si recò nel luogo mistico che era stato già consacrato dal santo stesso, lasciando inoltre la sua impronta nella roccia. Si diede quindi avvio alla costruzione di un santuario a lui dedicato il 29 settembre dello stesso anno.
Con la discesa dei Longobardi in Italia e la fondazione del ducato di Benevento per mano del duca Zottone nel VI secolo, il santuario ricevette forte considerazione da parte dei dominatori Longobardi, che vedevano nella figura di San Michele quella del santo guerriero che combatte contro le forze demoniache; questi finanziarono perciò i lavori finalizzati a rendere l’ambiente sacro più efficiente ad accogliere i numerosi pellegrini che vi giungevano. Nel IX secolo, durante il periodo delle grandi incursioni, il santuario dovette subire l’occupazione dei Saraceni, debellati da Ludovico II, per poi cadere nelle mani dei Bizantini il secolo successivo. .
Il culto di San Michele Arcangelo ebbe molta risonanza anche tra i normanni, tra cui alcuni, nei primi decenni del XI secolo, iniziarono a risiedere nel Gargano per lavorare come mercenari alla difesa del luogo sacro. Questi poi furono arruolati da Melo da Bari nella lotta contro il catepano di Bari.
Con gli svevi, anche Federico II rese grande onore al santuario, ma fu durante il periodo angioino, nei secoli XIII e XIV, che si svolsero gran parte dei lavori che portarono l’edificio ad assumere forme nuove.
Mentre nel Mezzogiorno italiano dilagava la peste, nel 1656 il vescovo lucchese Alfonso Puccinelli si rivolse in preghiera a san Michele, il quale si palesò ai suoi occhi il 22 settembre, ordinandogli di benedire le rocce della Celeste Basilica e incidere una croce le lettere M. A. (Michele Arcangelo), affinché proteggessero i fedeli dal flagello. Così, in seguito alla salvezza della città, fu eretto un monumento nella piazza cittadina recante l’epigrafe: “Al principe degli Angeli Vincitore della peste, patrono e custode. Monumento di eterna gratitudine. Alfonso Puccinelli 1656”. Nel 1872, fu conferito al santuario la nomina di Cappella Palatina, mentre nel 2011 è entrata a far parte del patrimonio dell’UNESCO.
Il Santuario
Come già accennato, il primo nucleo del santuario risale al V secolo, per svilupparsi poi nei secoli successivi.
Ciò che si prospetta all’arrivo del visitatore è il grande piazzale (fig. 1), comunemente chiamato “atrio superiore”. A destra, è la torre angioina (fig. 2), edificata nel 1274 per volontà di Carlo I d’Angiò, in seguito della fine della conquista del Mezzogiorno italiano: egli infatti era stato sollecitato da papa Urbano IV in questa intraprendente impresa per mettere fine all’egemonia della dinastia sveva.
L’architetto Giordano e il fratello Maraldo furono gli artefici di quest’opera, realizzando una struttura a pianta ottagonale, con chiaro richiamo alle torri di Castel del Monte, che nel 1282, anno della fine dei lavori, raggiunse 40 metri d’altezza, di cui 13 deprivati per motivi ancora oggi sconosciuti.
L’edificio che appare ai nostri occhi si presenta con una raffinata decorazione, caratterizzata da una serie di arcate cieche a tutto sesto che corrono lungo le pareti esterne, mentre i quattro piani sono divisi da cornici marcapiano, tra cui spicca quella che divide il secondo piano dal terzo molto sporgente con delle mensole che sono rifinite con fitte decorazioni. Delle bifore e delle monofore alleggeriscono la struttura.
In asse con il cancello dell’inferriata che delimita i due lati dello slargo. vi è l’ingresso al santuario (fig. 3), al quale vi lavorarono sempre sotto Carlo I, ma subì alcuni rifacimenti sia con i Durazzi del XIV secolo sia nella seconda metà dell’Ottocento.
La facciata è costituita da due arcate ogivali nelle quali sono inseriti due portali a sesto acuto; il frontone è coronato da archetti pensili e decorato da due piccoli rosoni separati da un’ edicola ogivale nella quale è posta la statua del miles Christi (fig. 4). I due portali hanno battenti bronzi realizzati negli anni ’90 del secolo scorso da Michele Tiquinio, nei quali , in una serie di riquadri, si ripercorre la storia del santuario, dalle prime apparizioni alla visita di papa Giovanni Paolo II nel 1987. Le lunette di entrambi sono decorate: quella di sinistra del 1865 ripropone il corteo di vescovi che si diressero al grotta consacrata nel 493 ; quella di destra (fig. 5) invece è di gusto prettamente gotico, con la Madonna in trono affiancata da San Pietro e San Paolo, mentre in dimensioni ridotte è collocata nell’angolo in ginocchio la principessa Margherita, madre di Ladislao Durazzo, che commissionò l’opera nel 1395 al maestro Simone ricordato in un’incisione che corre sull’architrave:
AD HONOREM SANCTI MICHAELIS ARCHANGELI MAGISTER SIMEON DE HAC URBE FECIT HOC OPUS D.MCCCVC
(il maestro Simone di questa città compì quest’opera in onore di San Michele Arcangelo nel 1395)*
entrambi i portali sono sovrastati da una epigrafe. Quello di destra riporta le parole che, secondo il ”Liber de Apparitione sancti Michaelis in Monte Gargano” l’arcangelo emise quando ricevette la visita dei vescovi pugliesi e del popolo sipontino:
NON EST VOBIS OPUS HANC QUAM AEDIFICAVI BASILICAM DEDICARE IPSE ENIM QUI CONDIDI ETIAM CONSECRAVI
(non è necessario che voi dedichiate questa Basilica che ho edificato, poiché io stesso che ne ho posto le fondamenta, l’ho anche consacrata)*
quella di sinistra invece cita la seguente frase:
TERRIBILIS EST LOCUS ISTE HIC DOMUS DEI EST ET PORTA COELI
(impressionante è questo luogo. Qui è la casa di Dio e la porta del cielo)*
Passando attraverso i due portali, si accede ad un vestibolo dal quale parte la lunga scalinata (fig. 6) che porta alla grotta; anche quest’opera risale ai tempi di Carlo I. La scalinata è affiancata ai lati da una serie di arcate e dai resti di alcuni affreschi quattrocenteschi. In origine diversi sarcofagi accompagnavano il fedele nella discesa verso la grotta; oggi rimane solo una loggia del XV secolo con arcate a tutto sesto trilobate e colonne tortili, nella quale si trova una splendida Madonna col bambino, posta a sorvegliare i resti del nobile Rinaldo Cantelmo (fig. 7).
Al termine della scalinata di 86 gradini, si giunge a quella che è denominata “La porta del Toro”, opera del 1652 con un affresco, oggi perduto, che ricordava la prima apparizione avvenuta in seguito alla fuga della bestia, sulla quale si erge un maestoso crocifisso e un’iscrizione che recita le seguenti parole:
HAEC EST TOTO ORBE TERRARUM DIVI MICHAELIS ARCHANGELI CELEBERRIMA CRIPTA UBI MORTALIBUS APPARERE DIGNATUS EST HOSPES HUMI PROCUMBENS SAXA VENERARE LOCUS ENIM IN QUO STAS TERRA SANCTA EST
(e’ questa la Cripta di San Michele Arcangelo , celeberrima in tutto il mondo , dove egli si degnò di apparire agli uomini. O pellegrino, prostrandoti a terra, venera questi sassi perché il luogo in cui ti trovi è santo)*
L’atrio interno del santuario di San Michele, al quale si accede attraverso la porta di sopra citata, conserva numerosi sarcofagi di periodi diversi, tra cui quello del vescovo Alfonso Puccinelli ( colui che invocò il santo affinché ponesse fine al flagello che stava sterminando la popolazione) del 1658, e un prezioso sarcofago dei primissimi anni del XV secolo del Giudice e Capitano di Monte Sant’Angelo Jacopo Pulderico. Il sarcofago è sostenuto da due colonnine poggianti su dei leoni stilofori; la cassa presenta tre clipei, contenenti rispettivamente le figure della Madonna, dell’Imago Pietatis e di San Giovanni, e sopra è raffigurato il corpo del defunto. Tale struttura è inserita in una sorta di baldacchino formato da due colonne sulle quali due angeli sollevano le cortine (fig. 8).
L’atrio si conclude con il maestoso portale bronzeo (fig. 9), commissionato da Pantaleone di Mauro, nobile amalfitano, nel 1076, a maestranze bizantine che lavoravano nella capitale dell’Impero d’Oriente, Costantinopoli, le quale già negli anni Sessanta-Settanta dell’XI secolo avevano prodotto le porte per il Duomo di Amalfi, le chiese di Montecassino e San Paolo a Roma. Le porte sono divise in 24 riquadri, nei quali sono raffigurate scene veterotestamentarie e neotestamentarie con angeli protagonisti (nel primo caso, per esempio (fig. 10)); le figure sono ageminate, cioè sono stati incisi dei solchi sulla lastra di bronzo per poi essere riempiti d’argento.
Attraversando il portale, si accede all’interno della Basilica, venendo così accolti dalla grande navata (fig. 11),divisa in tre campate sormontate da volte a crociera costolonate, opera che rientra nel programma di restauro di Carlo I d’Angiò, commissionato ai fratelli Giordano e Maraldo negli ultimi decenni del XIII secolo.
In questo ambiente vi sono alcuni altari del XVII secolo. Nell’abside vi è quello che custodisce il Santissimo Sacramento: è una preziosa opera in marmo del 1690, ornata da alte colonne tortili che inquadrano tre nicchie, in cui sono collocate le statue di Sant’Antonio, San Giuseppe con il Bambino, e San Nicola, mentre alla sommità, un’edicola delimitata da due volute, fa da sfondo a due statue raffiguranti l’Annunciazione (fig. 12). Un altro altare molto importane è quello di San Francesco, voluto dal Cardinale Orsini nel 1675-1677, per commemorare la memorabile visita di San Francesco che si tenne nel 1216 (fig. 13).
Una splendida cappella settecentesca si affaccia sulla navata: in essa sono custodite antiche reliquie come il pezzo di Croce donato da Federico II, dopo la sua crociata in Terra Santa.
Si entra in seguito alla grotta vera e propria consacrata direttamente dal milite divino (fig. 14). Anche in questo ambiente sono dislocati alcuni oggetti dal valore sia sacro sia soprattutto artistico. Si tratta principalmente di statue, tra le quali primeggia la statua di San Michele in marmo di Carrara, opera dell’artista toscano Andrea Sansovino, del 1507 (fig. 15): ritroviamo la classica rappresentazione del santo che brandisce la spada, intento ad uccidere quella figura demoniaca che schiaccia con il piede sinistro; vi sono inoltre una statua di San Sebastiano del XV secolo, la piccola statua coeva di San Michele detta del Pozzetto, perché situata nel punto in cui si raccoglieva l’acqua (anche in questo cosa è costruita secondo i canoni dello schema iconografico) e la Madonna di Costantinopoli del XII-XIII secolo. La cattedra episcopale (fig. 16) invece risale all’XI secolo, è in marmo, poggiante su due leoni, con uno schienale dal disegno cuspidato e traforato, con il bracciolo che reca la lastra in bassorilievo del santo. Una serie di altari sono collocati all’interno di questo ambiente, di gusto prettamente Barocco: uno si erge nei pressi del presbiterio, sotto ad una struttura in legno e con colonne di marmo: un bellissimo frammento di affresco del XVII secolo raffigurante la madonna del Perpetuo Soccorso, alla quale è dedicato l’altare, intenta a salvare i fedeli dalle fiamme dell’Inferno, fra Santo Stefano e san Carlo Borromeo, è coperta da questo baldacchino; altri e due invece si trovano lungo le pareti rocciose, e si tratta dell’altare della Crocifissione, affiancata da due bassorilievi con San Giuseppe e San Domenico, e quello di San Pietro, con un altorilievo del santo del XII- XIII secolo.
Infine, coronano la decorazione del santuario di San Michele i bassorilievi distribuiti lungo le pareti rocciose della spelonca, come quella della Santissima Trinità composta di tre teste in unico corpo (Padre, Figlio e Spirito Santo), e quello di San Matteo facente parte di un altare distrutto (fig. 17).
Bibliografia
Jan Bogacki, Guida al Santuario di San Michele sul Gargano, 1997, Edizioni del Santuario
Sitografia
https://www.santuariosanmichele.it/
http://www.ildiariomontanaro.it/home/20-attualita/1675-monte-santangelo-tra-magia-mistero-e-sacralita
http://www.abbazie.com/sanmichelearcangelo/apparizioni_it.html
https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/monte-sant-angelo-santuario-di-san-michele-arcangelo-gargano
* le scritte latine e le rispettive traduzioni sono tratte dal libro di Bogacki.
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