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A cura di Alice Casanova De Marco

Introduzione

Antonio Canova nacque il primo novembre del 1757 a Possagno, un piccolo paesino alle falde del massiccio del Monte Grappa, in provincia di Treviso. Oggi la città di Possagno conserva e valorizza un notevole patrimonio artistico, costituito da dipinti, gessi, calchi, ma anche scorci di quella che era la vita quotidiana del Canova, come l’arredamento e i numerosi libri da lui consultati. Tutto ciò è racchiuso e visitabile all’interno del “Museo e Gipsoteca di Antonio Canova”, uno dei primi musei del Veneto, che vede la sua sede proprio nella Casa Natale dell’artista. Oltre alla dimora natia – divenuta ora Pinacoteca – il complesso del Museo è costituito anche da un’Ala Ottocentesca – la Gypsotheca – e da un’Ala Novecentesca, progettata dall’architetto Carlo Scarpa.

Fig.1 – Interno della Casa Natale.

La Casa dell’artista si presenta come un’abitazione tipicamente veneta, costituita da un corpo centrale che si sviluppa su più piani e da vari annessi come la cantina, i lunghi portici per il deposito dei materiali da lavoro e la stalla per gli animali da traino. L’edificio che vediamo oggi è il risultato di alcune ristrutturazioni messe in atto dopo il terremoto del 1695 – che provocò crolli e danni in gran parte della città – e le modifiche apportate dal Canova stesso tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Tra queste modifiche è ad esempio la realizzazione della Sala degli Specchi e la costruzione della Torretta, sala un tempo adibita allo studio e ad uso biblioteca (2.575 volumi), ora utilizzata come archivio per i busti di gesso realizzati dall’artista. In generale, la casa natia risulta essere di grande importanza per l’arte veneta, non solo perché conserva gli arredi originali Ottocenteschi, ma soprattutto perché ospita al suo interno una ricca raccolta di tempere e oli realizzati dall’artista. Nonostante Antonio Canova sia per lo più conosciuto come uno dei più grandi scultori neoclassici, ci furono due momenti specifici della sua vita durante i quali egli scelse di allontanarsi temporaneamente dal terreno della scultura per dedicarsi a quello della pittura. Il primo momento pittorico risale al soggiorno a Roma, avvenuto tra il 1783 e il 1790, durante il quale l’artista realizzò ad esempio Venere con lo specchio, (1785) [fig.2] una delle sue prime opere pittoriche, nella quale si nota l’ispirazione ai modelli veneziani o a Guido Reni. Rimandi al classicismo romano sono invece presenti nella seconda Venere dipinta dallo stesso, la Venere con Fauno (1792) [fig.3], la cui figura allungata ed innaturale denota la volontà dell’artista di porvi una nota personale.

Del secondo periodo, 1798-99, fanno invece parte le cosiddette “Tempere di Possagno”, una raccolta di tempere e disegni i cui soggetti traggono ispirazione dalle pitture parietali di Ercolano e vedono come protagoniste Ninfe con amorini, Muse con filosofi e poeti, e Danzatrici [Figg. 4-5]. La danza, motivo emblematico dell’arte canoviana, è il denominatore comune di queste tempere nelle quali emerge «una visione del corpo umano che si sublima nello slancio e nel ritmo» (1). Particolarmente interessante inoltre, è la tecnica e l’insieme di materiali utilizzati dall’artista per la realizzazione di queste opere, ovvero la “tempera all’uovo su tavola”, un miscuglio di pigmenti naturali, tuorlo d’uovo, qualche goccia d’acqua, aceto, alcol o latte di fico.

La Gipsoteca

La costruzione della Gipsoteca – termine che deriva dal greco e significa “raccolta di gessi” – fu voluta dal fratellastro di Antonio Canova, Gian Battista Sartori Canova (1775 – 1858), che divenuto legittimo proprietario di tutti i beni alla morte del fratello, volle raccogliere i gessi presenti nello studio dell’artista a Roma e collocarli a Possagno. Lo spostamento delle opere, iniziato nel 1829, fu un evento inusuale per l’epoca; un’operazione delicatissima e molto costosa, resa possibile soprattutto grazie alla posizione di vescovo del Sartori. Nei mesi di giugno e luglio, 103 casse sezionate e numerate dal bassanese Pietro Stecchini, contenenti gessi, dipinti e marmi lasciarono Roma per essere prima trainati da cavalli e buoi fino a Civitavecchia e poi essere imbarcati in direzione del porto di Marghera. Da qui, le opere furono stipate a Possagno, in attesa della costruzione della Gipsoteca.

I lavori di progettazione della cosiddetta “Nuova Fabbrica a uso Galleria” (2), ebbero inizio nel 1834 e furono affidati a Francesco Lazzari (1791-1891), professore di architettura all’Accademia di Belle Arti di Venezia e già attivo nella sistemazione delle Gallerie dell’Accademia. Nonostante i pesanti bombardamenti del Primo conflitto Mondiale (3) [Figg. 8-9], la Gipsoteca rispecchia tuttora l’iniziale progetto di Lazzari: una grande aula basilicale composta da tre moduli quadrati di uguali dimensioni ed un maestoso abside a conclusione della sala. Il soffitto, alto e solenne, è a botte cassettonato, intervallato da tre lucernari che fungono da unica fonte di illuminazione. L’idea di voler realizzare un’illuminazione zenitale fu particolarmente originale, in quanto permise di sfruttare l’integrità delle pareti per esporre bassorilievi e busti evitando dunque di dover sacrificare dei tratti di superficie per aprire le finestre. In generale, la conformazione architettonica della struttura è di grande fascino e tende a condurre naturalmente lo sguardo dell’osservatore verso il fondo della galleria, in direzione dell’abside.

Quest’ultima, ingegnosamente rialzata, dava un tempo ulteriore spicco alla statua della Religione Cristiana (1813) [Fig. 10], mentre ora, in seguito agli spostamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale, mette in risalto l’imponente gruppo di Ercole e Lica (1795-1815).

Fig. 10 – Gipsoteca prima del Secondo Conflitto Mondiale. All’interno dell’abside vi è la statua della Religione Cristiana.

Nel 1836 i lavori furono finalmente completati e nel 1844 il Museo fu accuratamente allestito da Sartori il quale suddivise i gessi per soggetti e dimensioni, separando le statue sacre dalle Ninfe, dalle Veneri e dalle Danzatrici, ed organizzò l’itinerario secondo un unico percorso longitudinale.

Negli anni 1953-1957 la costruzione Ottocentesca di Lazzari fu affiancata da un nuovo spazio, la cui progettazione venne questa volta affidata al celebre architetto Carlo Scarpa (1906 – 1978). La nuova struttura nacque dall’esigenza di voler valorizzare il patrimonio canoviano che giaceva nel deposito, ed esporre in modo adeguato i modellini in gesso e in terracotta. L’ala è composta da un’alta sala a torre e da un corpo allungato che si restringe fino a condurre lo sguardo in direzione di una piscina, davanti alla quale sta il gruppo de Le Grazie. L’ambiente appare fortemente illuminato grazie alla presenza di ampie vetrate e finestre angolari, una soluzione di grande effetto scenografico, ma anche funzionale, in quanto trattandosi di statue in gesso, vi era la necessità di uno spazio molto luminoso.

Fig.13 – Aula Scarpa con dettaglio delle finestre a prisma.

Il Tempio

Fig.14 – Il Tempio di Possagno.

Da qualsiasi direzione si provenga, giunti nelle prossimità di Possagno è impossibile non notare il maestoso Tempio che si erge in cima alla collina a nord della città. Dedicato alla Trinità, come riporta l’incisione latina DEO OPT MAX UNI AC TRINO (4), il tempio è stato realizzato dove un tempo sorgeva la chiesa del paese. Antonio Canova infatti, desiderava che il tempio stesso divenisse la chiesa principale e che fosse un dono da lui offerto alla religione Cristiana. Sebbene pianificato dall’artista stesso, il disegno del progetto fu opera di Pietro Bosio con alcuni suggerimenti dell’architetto Antonio Selva, ed è caratterizzato da un insieme di tre componenti architettoniche. Nonostante sia complessivamente neoclassica, la struttura presenta un colonnato dorico – due file di otto colonne che richiamano il Pantheon di Atene – una parte centrale di forma cilindrica simile al Pantheon di Roma ed infine un’abside rialzata come quelle delle antiche Basiliche Cristiane.

 

Note

(1) M. PRAZ, G. PAVANELLO (a cura di), L’opera completa del Canova, Milano, Rizzoli, 1976, p.139

(2) Come si legge nel Libro mastro della Fondazione Canova datato 1829-36.

(3) Nella notte tra il 25 e il 26 dicembre del 1917, una granata austriaca cadde e devastò gran parte dei gessi presenti all’interno della Gipsoteca.

(4) Dio ottimo e massimo, uno e trino.

 

Bibliografia

BASSI (a cura di), Antonio Canova, Bergamo, Istituto italiano d’arti grafiche, 1943.

CUNIAL, M. PAVAN, Antonio Canova. Museum and Gipsoteca, Grafiche V. Bernardi, Pieve di Soligo (TV)

GUDERZO, Gipsoteche. Realtà e Storia. Atti del convegno internazionale di studi, Treviso, Edizioni Canova, 2008

PASTRO, Le fondazioni per i beni culturali in Italia: qualche esempio dalla Marca Trevigiana, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari Venezia, Facoltà di Scienze Economiche per l’ambiente e la cultura, Anno Accademico 2011/2012.

PRAZ, G. PAVANELLO (a cura di), L’opera completa del Canova, Milano, Rizzoli, 1976.

ROSSI (a cura di), Catalogo Illustato delle opere di Antonio Canova: Gipsoteca e Tempio di Posagno, Libreria Editrice Canova, Treviso.

 

Sitografia

www.museocanova.it

 

Immagini

www.museocanova.it

Pagina Facebook del Museo e Gypsotheca Antonio Canova

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