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A cura di Arianna Marilungo

Un sentito ringraziamento alla direttrice, dott.ssa Maria Chiara Leonori,
e allo staff della biblioteca per il prezioso supporto alla stesura dell’articolo.

La città di Fermo

La città di Fermo, uno dei cinque capoluoghi di Provincia della Regione Marche, si sviluppa intorno alla sommità del colle del Girfalco, dove si erge la cattedrale dedicata all’Assunta, tra le valli del fiume Tenna e del fiume Ete Vivo.

La fondazione di Fermo è molto antica: già in epoca villanoviana vi era un insediamento, poi piceno, che nel 264 a.C. fu conquistato dall’esercito romano, diventando a tutti gli effetti colonia dell’Impero Romano con il nome di Firmum. Fu sempre fedele a Roma e per un periodo limitato ebbe il diritto di battere moneta. Dopo la morte di Cesare, divenne sede di una colonia di veterani. In seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 545 venne assediata e conquistata dai Goti di Totila e, dalla fine del VI secolo fino al 774 ca., fece parte del regno dei L ongobardi, sotto i quali visse un periodo di splendore. Successivamente venne annessa al regno dei Franchi e alla fine del X secolo divenne capoluogo della Marca Fermana, territorio che si estendeva dal fiume Musone (vicino ad Ancona) fino al fiume Sangro (sud di Pescara) e dal mar Adriatico ai monti al confine con il Ducato di Spoleto.

Alla fine del XII secolo si costituì libero Comune. A partire dal XIII secolo venne assoggettata da varie signorie feudali e dagli anni trenta del Cinquecento entrò a far parte dello Stato Pontificio fino all’Unità d’Italia. Grazie a Papa Sisto V[1] la diocesi di Fermo fu elevata ad arcidiocesi metropolitana con la bolla Universis Orbiis Ecclesis del 24 maggio 1589.

In epoca napoleonica, tra il 1809 ed il 1815, Fermo venne istituita come capoluogo del dipartimento del Tronto, uno dei tre dipartimenti in cui erano suddivise le Marche quando furono annesse al Regno d’Italia. Gli altri due erano quello del Metauro (capitale: Ancona) e quello del Musone (capitale: Macerata).

Il 22 dicembre 1860, dopo l’annessione di Fermo all’Italia, la città fu accorpata alla provincia di Ascoli Piceno. Dal 2004 è divenuta capoluogo di Provincia, con effetto dal 2009.

La Biblioteca comunale di Fermo

Il cuore della città di Fermo, Piazza del Popolo, è incorniciato da un elegante edificio dalla facciata a tinta unita che dal 1586 ospitò il Palazzo degli Studi e che, ora, è sede della Biblioteca Comunale, intitolata al medico fermano Romolo Spezioli.

Il Palazzo degli Studi, sede dell’antica Università degli studi di Fermo, nacque al posto dell’antico Palazzo del Podestà sul progetto dell’architetto romano Girolamo Rainaldi. L’edificio è caratterizzato da un portale sovrastato da una balconata dove sono stati ricavati un tabernacolo con la statua della Madonna Assunta (Paolo da Venezia, 1587), protettrice della città di Fermo, e una torretta con orologio.

Le finestre della facciata sono decorate dai busti dei papi che hanno concesso benefici all’antica Università di Fermo: Bonifacio VIII, Eugenio IV, Callisto III e Sisto V e sono state eseguite da Giovanni Antonio Paracca detto il Valsoldo nel 1617. È bene precisare che nel caso di papa Bonifacio il reale benefattore è Bonifacio IX. Il riferimento a Bonifacio VIII è dovuto al tentativo di anticipare l’istituzione dell’Università: dal 1398, data effettiva della bolla papale di Bonifacio IX, al 1303.

Particolare della Facciata della Biblioteca: balconcino sovrastata da un tabernacolo recante la statua della Madonna Assunta e torretta con orologio. Fonte: www.comune.fermo.it.

Nascita e prime acquisizioni: Dalla Sala delle Commedie alla Sala del Mappamondo

Anche se la grande facciata esterna risulta sobria, la Biblioteca di Fermo conserva tesori di inestimabile valore ed impreziosisce il ricco patrimonio culturale cittadino al punto da essere annoverata tra le dieci più importanti d’Italia per le antiche collezioni librarie che possiede: 3.000 manoscritti, di cui 127 codici, 300.000 volumi a stampa, di cui 681 incunaboli[2] (tra cui è doveroso citare l’Editio Princeps della Lettera di Cristoforo Colombo: un esemplare a stampa dell’Epistola de su gran descubrimiento che Colombo scrisse al tesoriere della corte reale spagnola per comunicare la sua grande impresa impresso a Roma nel 1493), 15.000 cinquecentine, opere del Seicento e del Settecento, 23.000 opuscoli in miscellanea. A questo patrimonio librario si aggiungono periodici, tesi di laurea, letteratura grigia, (ossia testi non pubblicati ma distribuiti dagli autori) disegni, incisioni, monete e cimeli di vario genere.

È intitolata al fermano Romolo Spezioli (Fermo, 1642 – Roma, 1723), medico e sacerdote a cui si deve la donazione di maggior prestigio.

La Biblioteca venne istituita nel 1688, nel contesto del massimo sviluppo politico e culturale della città, grazie al lascito testamentario di un patrizio fermano, Paolo Ruffo. Nel 1671, infatti, Ruffo aveva donato al convento di San Domenico di Fermo il suo ricco patrimonio librario con la rigida clausola di renderlo fruibile al pubblico.

Fermo si dimostrò una città culturalmente all’avanguardia: infatti grazie all’intervento del Cardinale fermano Decio Azzolino (Fermo, 1623 – Roma, 1689), Segretario dello Stato Pontificio e tutore della ex regina Cristina di Svezia, si riuscì a rendere consultabile il patrimonio librario del Ruffo. I frati domenicani, non potendo consentire la consultazione al pubblico della collezione Ruffo, rinunciarono al lascito testamentario in favore del Comune e l’intervento economico del Cardinal Azzolino consentì l’allestimento della biblioteca all’interno di Palazzo dei Priori, collegato al Palazzo degli Studi (attuale Biblioteca) da un’elegante loggetta a tre fornici, realizzata tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII.

Jacob Ferdinand Voet, “Ritratto del Cardinal Decio Azzolino Junior”, 1670 ca., olio su tela, 119×96,7 cm, Gemaldegalerie, Berlino. Fonte: www.wikipedia.org. Autore: www.investigart.files.wordpress.com.

Il Palazzo dei Priori a Fermo

Il Palazzo dei Priori, attuale sede della Pinacoteca Civica, ha origini assai remote. Un atto notarile datato 1296 documenta l’acquisto da parte del Comune di Fermo delle case di proprietà del nobile fermano Rinaldo di Giorgio con il fine di adibirle a Palazzo del Popolo, quindi sede amministrativa del Comune. Le case acquistate si trovavano proprio nell’allora Piazza di San Martino, odierna Piazza del Popolo, e da un lato confinavano con una via, dall’altro con la Chiesa di San Martino. Già nel 1298 all’interno del Palazzo del Popolo si svolgevano le sedute del Consiglio dei Trecento del popolo e, dal 1352, il Podestà vi trasferì la sua residenza fino al 1396, quando vi si insediarono definitivamente i Priori.

Nel 1446 le truppe sforzesche, asserragliate nel Girfalco, distrussero parte dell’antico Palazzo del Popolo che subì, quindi, vari lavori di ristrutturazione e ricostruzione.

Ma è solo con la fine del XVI secolo che il Palazzo acquisì la forma che oggi conosciamo fondendosi con l’adiacente Chiesa di San Martino. A seguito di una monumentale ristrutturazione della Piazza, che durò più di un secolo (metà XV – fine XVI sec.), il Palazzo dei Priori fu oggetto di un’importante modifica strutturale. Nel 1589 il consiglio di Cernita del Comune incaricò un gruppo di cittadini di sovrintendere al rifacimento della facciata del palazzo, e nel 1590 ne dispose l’ampliamento verso est, a discapito della Chiesa di San Martino. I lavori iniziarono nel 1593, ma a causa di impedimenti burocratici terminarono solo nel 1620. In questa campagna di lavori il Palazzo venne sopraelevato (realizzando le sale dell’attuale Pinacoteca e la Sala del Mappamondo), dotato dell’ala est e della nuova facciata. Quest’ultima, oltre a presentare una doppia scalinata monumentale, è caratterizzata da una loggetta che ospita la statua bronzea di Sisto V eseguita da Accursio Baldi, detto il Sansovino, nel 1588.

Sin dagli inizi degli anni ottanta del Novecento il Palazzo ospitò gli uffici comunali e nel luglio del 1981 la Pinacoteca Civica allestita al primo piano. Nel 1986 il percorso espositivo della Pinacoteca si estese anche al secondo piano e nel 2011 venne inaugurato il nuovo riallestimento.

È proprio all’interno del Palazzo dei Priori che il Cardinale Azzolino, nel 1688, fece realizzare a proprie spese la biblioteca lignea a doppio ordine, con ballatoio e soffitto a cassettoni, facendosi anche portavoce della necessità degli universitari fermani di disporre di una biblioteca pubblica. La sala scelta ad ospitare la biblioteca era l’allora Sala delle Commedie, destinata appunto alle rappresentazioni teatrali ed oggi conosciuta come Sala del Mappamondo.

Palazzo dei Priori. Al secondo piano vi è la Sala del Mappamondo. Fonte: www.comune.fermo.it.

Il progetto architettonico, affidato all’architetto fermano Adamo Sacripante, consisteva in una scaffalatura in noce a doppio ordine che incorniciava le intere pareti della sala, dotata di un ballatoio cinto da balaustra. Il soffitto a cassettoni è realizzato in legno di abete ed i lacunari sono intagliati, ad eccezione di quello centrale e dei due terminali alle estremità. Incompiuta è rimasta anche la doratura delle volute e dei fregi.

La sala è impreziosita da un grande mappamondo settecentesco. Si tratta di un’opera cartografica interamente eseguita a mano dall’abate fabrianese Silvestro Amanzio Moroncelli (1652-1719), anch’egli gravitante nella corte di Cristina di Svezia. Il globo, datato al 1713, ha una circonferenza di 5,68 metri, un diametro di 1,85 metri ed è montato su un robusto asse di ferro. L’abate Moroncelli rappresentò con dovizia di particolari tutto il mondo allora conosciuto, tralasciando l’Australia di cui disegnò solo una porzione di costa.

Il globo terrestre è stato donato alla Biblioteca Comunale nel 1782 dal fermano Ignazio Morroni, per la cui famiglia era stato eseguito.

La Regina Cristina di Svezia e Romolo Spezioli

Le vicende della neonata Biblioteca si legano anche alla figura della ex regina di Svezia, Cristina (Stoccolma, 1626 – Roma, 1689), che succedette al trono all’età di 6 anni, anche se ottenne i pieni poteri solo nel 1650. Quattro anni dopo, nel 1654, abdicò in seguito alla conversione al cattolicesimo, pronunciata ad Innsbruck nelle mani di Lukas Holstenius, inviato papale. Si trasferì, quindi, a Roma, in una reggia arricchita da una galleria d’arte, una ricca biblioteca e un’accademia scientifico-letteraria, intitolata l’Accademia Reale, che dopo la sua morte si tramutò in Accademia dell’Arcadia.

Jacob Ferdinand Voet, “Cristina di Svezia in età avanzata”, 1670-1675, olio su tela, 67,3×54,6 cm, National Galleries of Scotland, Edimburgo. Fonte: www.wikipedia.org. Autore: www.nationalgalleries.org.

Papa Alessandro VIII affidò al Cardinale Azzolino l’incarico di occuparsi della tutela della regina Cristina. I due strinsero un legame affettivo molto forte, al punto tale che alla morte della regina, avvenuta il 19 aprile 1689, il cardinale fu nominato suo erede universale.

In virtù di questo profondo legame affettivo ed intellettuale, il cardinale Azzolino volle intitolare, originariamente, la Sala del Mappamondo alla regina Cristina: infatti nell’architrave della porta d’ingresso della sala si legge il nome CHRISTINA, che per un errore grafico sembra presentare una P invece della T.

A seguito dell’istituzione della Biblioteca, ufficialmente registrata nel l688, le sue collezioni si arricchirono a gran velocità: tre anni dopo il Comune acquistò la raccolta del cardinale Michelangelo Ricci (Roma, 1619 – 1682), studioso di scienze fisiche e matematiche.

Il fondo più prestigioso è senza dubbio quello intitolato a Romolo Spezioli, uomo di grande cultura che incarnò i valori scientifici e la fecondità culturale propri del suo tempo. Studente dell’Università di Fermo, conseguì il Doctoratus in Medicina e Filosofia nel 1664, per poi esercitare la sua professione nei paesi limitrofi fino al 1675, anno in cui si trasferì a Roma in occasione del Giubileo. Nella città eterna lo Spezioli iniziò a frequentare il palazzo del cardinale fermano Decio Azzolino Juniore, che dimostrò grande benevolenza verso il medico fermano. In questi anni la sua carriera prese grande impulso, soprattutto grazie all’amicizia con la regina Cristina di Svezia.

Pittore della prima metà del XVIII secolo, “Ritratto di Romolo Spezioli”, prima metà XVIII sec., olio su tela, 99×73 cm, Sala del Mappamondo, Palazzo dei Priori, Fermo. Fonte: www.wikipedia.org. Autore: Maurizio Sciortino.

Lo Spezioli entrò in contatto con la regina nel 1675, quando venne a mancare Cesare Macchiati, medico personale della regina alla corte di Roma e fidato collaboratore dell’Azzolino. La morte del Macchiati aveva favorito la successione nella carica a favore del medico fermano, grazie alla mediazione del cardinale Azzolino.

Cristina di Svezia, donna di grande sensibilità intellettuale e culturale, guidò lo Spezioli attraverso gli ambienti più nobili della capitale, in particolare alla corte di papa Alessandro VIII. Il legame tra lo Spezioli e Cristina di Svezia si consolidò presto al punto che il dottore rimase a corte fino alla morte della regina.

Nel 1705, dopo quasi 15 anni dalla morte della regina, Romolo Spezioli espresse l’intenzione di donare 1272 libri relativi alle scienze mediche e filosofiche alla sua città natale, Fermo. A tale lascito pose la condizione che la Biblioteca venisse dotata di un bibliotecario. Si adempì alla volontà dello Spezioli chiamando a tale carica il giureconsulto fermano Nicolò Cordella.

Nel 1723 lo Spezioli morì e, per sua volontà testamentaria, donò tutti i libri ancora in suo possesso alla Biblioteca civica di Fermo. Questa donazione comprende opere di autori Scripturales, dei SS. Patres, dei Theologi, le Summae, le Homiliae latinae, le Prediche volgari, le Historiae (sacre e profane), le opere di interesse antiquario, bibliografico e di argomento filosofico, nonché volumi di medicina, tra cui opere di anatomia, chirurgia, fisiognomica, botanica e culinaria, e trattati di geometria, aritmetica, astronomia, architettura etc. È plausibile ipotizzare che fu proprio grazie a questa donazione che confluì nella collezione della Biblioteca il Liber horarum, manoscritto membranaceo n. 113 risalente al XV secolo e tradizionalmente ritenuto di proprietà della regina Cristina di Svezia. Si tratta del codice più pregevole ed importante della Biblioteca: nel volume, molto elegante, si contano undici miniature. Il codice è stato avvicinato alla scuola di Gand per le caratteristiche dell’ornamentazione e la tecnica miniaturistica.

L’Ottocento

L’acquisizione del patrimonio librario dello Spezioli è, senza dubbio, la più importante della storia della Biblioteca Comunale di Fermo. In seguito non ce ne furono altre fino al XIX secolo, quando grazie agli interessi culturali dell’allora sindaco Giuseppe Ignazio Trevisani, vennero incamerati nella Biblioteca i patrimoni librari provenienti dai conventi della città di Fermo e del territorio appartenenti agli ordini religiosi degli Agostiniani, Domenicani, Filippini e Francescani, soppressi a causa del Decreto Valerio[3]. Questa acquisizione costituisce tuttora uno dei punti di forza dell’intero patrimonio bibliografico comunale.

Nel 1869, ancora una volta grazie alla lungimiranza del sindaco Trevisani, si acquistò la libreria del defunto sottoprefetto del Circondario di Fermo Petro Moneret de Villars, che includeva opere moderne e trattati politico-sociali. Un ulteriore oculato acquisto, nello stesso anno, fu quello relativo alla raccolta di 1500 volumi del conte Serafino de’ duchi d’Altemps, appartenente ad una delle famiglie più antiche della nobiltà fermana.

Nel 1872 il Comune di Fermo acquistò per 33.000 lire il fondo composto da 15000 volumi appartenuti ai fratelli Raffaele e Gaetano De Minicis, uomini di profonda sensibilità culturale che trascorsero la loro vita a collezionare e studiare le antichità fermane. La raccolta libraria conservava rarissime edizioni aldine[4], giuntine e cominiane[5] nonché una pregevole collezione di codici cartacei e pergamenacei. La collezione dei fratelli De Minicis non era solo libraria, ma includeva reperti archeologici, epigrafici, numismatici e di carattere artistico.

Allo stesso anno risalgono due importanti donazioni testamentarie disposte dal conte Alessandro Evangelista e dal conte Lorenzo Maggiori.

L’ultima donazione del secolo XIX è quella dell’avvocato Giuseppe Ottaviani, il cui testamento risaliva al 1886 e stabiliva la cessione alla Biblioteca civica di 2200 volumi di argomento giuridico.

Sala San Sebastiano. Principale Sala di lettura della Biblioteca. Fonte: www.wikipedia.org. Autore: Maurizio Sciortino.

Il Novecento

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento le acquisizioni di maggior rilievo furono le raccolte librarie Filoni, Maranesi e Gigliucci.

Nel primo ventennio del Novecento don Gabriele Filoni donò la sua collezione di 1200 opuscoli di argomento letterario, religioso, di diritto canonico e di carattere storico-artistico della città di Fermo.

La raccolta di Giulio Maranesi (1861-1939), professore di geografia negli istituti di istruzione secondaria, confluì nel fondo della Biblioteca nel 1939 ed è costituita da oltre mille volumi di tema geografico.

Datato al 24 luglio 1958 è, invece, l’atto d’acquisizione della prestigiosa Biblioteca dei Conti Gigliucci: circa 5000 volumi in ottimo stato di conservazione che includono numerose edizioni del Cinquecento, opere sette ed ottocentesche e molte edizioni locali (106 marchigiane e 77 fermane). Quasi tutti i volumi presentano l’ex libris[6] della famiglia Gigliucci, ovvero un elegante giglio.

La raccolta include numerose ed eleganti edizioni di classici greci e latini, con una preferenza per le opere di Cicerone, a cui si aggiungono i classici italiani, in massiccia presenza i romanzi storici. Non mancano opere straniere (francesi, tedesche, spagnole ed inglesi), opere filosofiche, teologiche e di carattere giuridico.

Del 1996 è la donazione dell’importante collezione del professor Alvaro Valentini, composta da una sezione libraria ed una documentale.

Nello stesso anno la Biblioteca ha acquisito anche la collezione del professore e compositore Firmino Sifonia composta da una raccolta di volumi di carattere musicale e letterario, da dischi, spartiti e libretti d’opera.

Grazie alle donazioni di cui la biblioteca è stata oggetto nel corso dei secoli, nel suo posseduto sono confluiti anche 4254 disegni e 6500 incisioni. Seguendo un preciso programma di mostre i disegni e le incisioni vengono esposte periodicamente in un elegante sala della biblioteca: il Gabinetto delle stampe e dei disegni.

 

Note

[1]Al secolo Felice Peretti, nasce a Grottammare (AP) il 13 dicembre 1521 e muore a Roma il 27 agosto 1590. Frate francescano dal 1535 con il nome di frà Felice, diventa sacerdote nel 1547. Nel 1566 viene ordinato vescovo e vicario generale dei frati minori conventuali. Nel 1570 diventa cardinale e sale al soglio pontificio nel 1585.

[2]Nome assegnato ai primi prodotti della tipografia, dalle sue origini al 1500 circa (chiamati anche quattrocentine).

[3]Così viene ricordato il decreto n. 705 emanato il 3 gennaio del 1816 da Lorenzo Valerio, regio commissario generale straordinario per le Marche, con il quale lo Stato sopprimeva tutte le Corporazioni religiose incamerandone i beni.

[4]Il termine “edizioni aldine” indica le pubblicazioni realizzate a Venezia da Aldo Manuzio detto il Vecchio, dal     suocero Andrea Torresani, da Paolo Manuzio e dal figlio Aldo il Giovane in un periodo compreso tra il 1494 ed il 1597.

[5]Relativo al tipografo Giuseppe Comino (fine XVII sec.– 1762) e al figlio Angelo (XVIII – XIX sec.). Le edizioni cominiane includono testi a stampa classici pregevoli per la correttezza filologica e per l’elegante veste editoriale.

[6]Termine che indica un’etichetta personalizzata con un disegno non necessariamente artistico e che porta inciso il nome ed il cognome del titolare di una raccolta di libri.

 

Bibliografia

VV., “Scoprire la Biblioteca di Fermo. Guida alle collezioni storiche e artistiche”, il lavoro editoriale, Ancona, 2000;

Maria Chiara Leonori (a cura di), “Biblioteca Civica di Fermo Romolo Spezioli”, Nardini Editore, Firenze, 2005;

Fabiola Zurlini, “Romolo Spezioli (Fermo, 1642 – Roma, 1723): un medico fermano nel XVI secolo”, Vecchiarelli editore, Manziana (Roma), 2000;

Alfredo Serrai, “Romolo Spezioli e la Biblioteca Civica di Fermo”, Morlacchi editore, Perugia, 2015

Francesca Coltrinari, Patrizia Dragoni (a cura di), “Pinacoteca comunale di Fermo. Dipinti, arazzi, sculture”, Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (MI), 2012

 

Sitografia

www.abebooks.it

www.treccani.it

www.exlibrisaie.it

www.comune.fermo.it

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