A cura di Arianna Marilungo
Introduzione
Adolfo De Carolis (Montefiore dell’Aso, 1874 – Roma, 1928) è stato un artista dalla vivace e poliedrica personalità, la cui poetica artistica abbraccia numerose forme d’arte: pittore, decoratore, fotografo, ceramista, creatore di disegni per la produzione di stoffe, illustratore di libri, scenografo, costumista, scrittore. La sua produzione artistica è stata talmente prolifica da essere oggetto di numerosi studi, trattati, tesi, convegni. In questa sede, pertanto, si procederà ad una breve trattazione biografica e a ripercorrere le tappe principali che portarono il De Carolis ad una piena maturazione della sua arte.
Formazione e prime commissioni
Artista raffinato e sensibile, coltissimo ed audace sperimentatore di gran talento: così è possibile riassumere la personalità artistica di Adolfo De Carolis, marchigiano di nascita ma romano d’adozione. Nasce il 6 gennaio 1874 a Montefiore dell’Aso, ridente borgo collinare della provincia di Ascoli Piceno, da Gioacchino de Carolis, medico di condotta, ed Ester Pompei. Dodicenne viene mandato dal padre al seminario di Ripatransone, un anno dopo lo lascia per proseguire gli studi al Ginnasio Statale di Fermo.
Nel 1888, a soli 14 anni, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna, diplomandosi 4 anni dopo sotto la guida di Domenico Ferri che sarà anche maestro di Osvaldo Licini e Giorgio Morandi. In questo stesso anno vince una borsa di studio della provincia di Ascoli Piceno che gli permette di frequentare per 3 anni la Scuola di Decorazione pittorica annessa al Museo Artistico Industriale. Incontra e conosce Nino Costa[1], che influenzerà molto la sua arte, ed inizia a frequentare il suo cenacolo “In Arte Libertas” accanto a Marius Pictor, al Parisani ed altri. Il De Carolis entra ufficialmente a far parte del cenacolo nel 1897 e vi rimane fino al 1901.
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento i soggetti dei suoi dipinti sono piccoli paesaggi e marine a tempera e ad olio. A questi anni risalgono “Paesaggio con fiume”, “Paesaggio e colline”, “Il golfo”, “Colline Blu”, “Alberi”, “Nuvole e paesaggio”, “Mandorlo” e “Ginestre”.
Gli ultimi anni della sua formazione scolastica sono caratterizzati da grandi successi: nel 1893 vince il primo premio nei saggi finali di anno scolastico del Regio Istituto di Belle Arti di Roma e, due anni dopo, si diploma ottenendo anche la medaglia d’oro dal Museo Artistico Industriale.
Alessandro Morani, suo maestro, esercita grande influenza nella formazione artistica del De Carolis: intuisce il suo talento e, tra il 1895 ed il 1897, lo coinvolge come collaboratore nei restauri della Sala del Credo dell’Appartamento Borgia nel Palazzo Vaticano (abitazione di Papa Alessandro VI, 1492-1503) e nei lavori per la nuova costruzione della Villa del Barone Blanc, diretti dall’architetto veneziano Giacomo Boni. Sotto la direzione di Morani e Boni De Carolis apprende molto, in particolare il Boni gli trasmette quell’attenzione alla natura che nasceva dall’osservazione dal vero. Proprio in questi anni viene mandato a Firenze a studiare antiche e nuove tecniche ceramiche dai Ginori, e qui il De Carolis familiarizza con i più importanti artisti fiorentini, concentrandosi sulle opere dei Della Robbia, sui quali scrive un saggio.
Nel 1897 la collaborazione con il Boni si interrompe per problemi finanziari del Barone Blanc e, nell’estate dello stesso anno, De Carolis accetta un nuovo incarico: affrescare la villa del Conte Ignazio Costantini Brancadoro a San Benedetto del Tronto (AP).
Questo ciclo di affreschi può definirsi il capolavoro degli anni giovanili del De Carolis, nonostante egli stesso non fosse entusiasta della commissione poiché aveva ambizioni culturalmente più elevate. A discapito di ciò il ciclo pittorico sanbenedettese gli aprirà molte strade, tra cui la decorazione della Villa Cimarella a Macerata per il deputato Alessandro Costa (1904), del Palazzo della Provincia di Ascoli Piceno ed altre importanti commissioni.
Per la villa Brancadoro De Carolis sceglie un disegno minuzioso e tenui cadenze coloristiche. I soggetti sono per lo più paesaggi en plein air che rappresentano le colline o la campagna romana o le spiagge marchigiane. In questo ciclo pittorico De Carolis mostra di essere un artista profondamente colto: numerose sono le citazioni letterarie (ad esempio di versi di Dino Compagni scrittore contemporaneo di Dante Alighieri) ed artistiche con espliciti riferimenti al Gotico Internazionale e ai più conosciuti pittori italiani del Quattrocento. De Carolis, infatti, è uno di quegli artisti che vengono definiti “Quattrocentisti” poiché, sull’esempio dei Preraffaelliti, riporta l’attenzione sui capolavori artistici del XV secolo (da Sandro Botticelli a Piero della Francesca) al fine di riscoprire la grande eredità artistica del Rinascimento italiano.
La sua visione di arte inizia a prendere una forma concreta: è legato ad una concezione artigiana del decoratore e sostiene che «l’opera d’arte è valida se si può viverla, se possiamo servircene, se infine ci imbattiamo in essa nel nostro percorso»[2]. In una lettera all’amico Angelo Morbelli datata 1898 scrive: «Sento che ora non è più il tempo di fare l’arte per l’arte ma l’arte per l’umanità»[3]. Tali pensieri trovano una piena maturazione negli ultimi anni della sua vita quando gli diviene chiaro che l’opera dell’artista deve essere rivolta ad interpretare ed esaltare certi temi dominanti nella coscienza collettiva e non quelli legati alle sue preferenze culturali e sociali. Quindi nel per De Carolis l’artista è aperto al pubblico e la sua arte è al servizio delle coscienze. Per tale motivo nella sua poetica artistica è difficile separare gli aspetti estetici da quelli etici poiché egli «mantiene alta la tensione morale, proiettandone gli esiti verso ideali di grande valore civile e religioso»[4].
Il Novecento: successi e nuove sperimentazioni
Il secolo XX si apre felicemente per Adolfo De Carolis poiché proprio nel 1900 vince il primo premio al concorso indetto da Vittorio Alinari con la tela “Laudata sii per la bella luce che desti in terra”, una Madonna con Bambino accompagnata da tre Angeli in un sentiero campestre.
Nel 1901 conosce Giovanni Pascoli ed inizia una stimolante collaborazione tra i due: per Pascoli De Carolis illustra “Myricae” e “Canti di Castelvecchio” (1903), “Primi poemetti” e “Poemi conviviali” (1904), “Nuovi poemetti” (1909), “Odi e inni” (1911), “Carmina” (1914).
Lo stesso anno si trasferisce a Firenze dopo aver ottenuto il ruolo di insegnante nell’Accademia di Belle Arti, diventando collega di Giovanni Fattori. In questa città De Carolis frequenta Telemaco Signorini, Galileo Chini, Enrico Sacchetto ed Angelo Conti. Qui studia dal vero Leonardo, Giotto, Botticelli, Masaccio, Piero della Francesca e, soprattutto, familiarizza con Michelangelo, vero punto di riferimento della sua arte.
In questi anni si avvicina ad un altro importante scrittore italiano, Gabriele D’Annunzio, per cui illustrerà molte opere: “Francesca da Rimini” (1902), “La figlia di Iorio” (1904) di cui curerà anche le scenografie dell’opera musicata da Alberto Franchetti ed il manifesto, “La fiaccola sotto il moggio” (1905), la seconda edizione delle “Laudi” (1911), le “Canzoni delle gesta di Oltre Mare” (1912), “Notturno” (1917) e molte altre.
Nel 1902 sposa Lina Ciucci dalla quale ha cinque figli: Donella, Adriana, Eleonora, Mila e Carlo.
In questi anni incide la sua prima xilografia, tecnica incisoria di cui diventerà uno dei principali esponenti del suo tempo, eseguendo la testata della rivista fiorentina “Leonardo”.
Alla Biennale di Venezia del 1905 espone “Le Castalidi”: in questa opera è chiara la lezione appresa osservando i precedenti quattrocenteschi soprattutto nell’uso di elementi decorativi dorati.
L’anno seguente inizia la decorazione del Salone delle Feste del Palazzo della Provincia di Ascoli Piceno.
Nel 1908 vince il primo premio nel concorso bandito dalla Società Francesco Francia di Bologna per la decorazione del Salone del Podestà di Bologna, detto anche dei Quattromila. La commissione giudicante gli conferisce unanimemente il primo premio per l’organicità e la fantasiosa e potente figurazione. Il bozzetto presentato dal De Carolis nell’aprile del 1907 si intitola “Savena”. Questo ciclo decorativo è di dimensioni ciclopiche: 61 metri di lunghezza, per 14 metri di larghezza, per una quindicina di metri d’altezza. I lavori iniziano nel 1910 e lo impegnano per il resto dei suoi anni anche se non riesce a portarne a termine la realizzazione, concepito in 56 episodi. Lo stile adottato dall’artista prende spunto da Michelangelo, ma con la precisa volontà di creare un suo proprio linguaggio espressivo. Ne deriva, dunque, uno stile artificioso ma intellettuale poiché il fine del De Carolis era quello di educare il popolo. Purtroppo ad oggi resta ben poco di questa decorazione.
Nel 1912 fonda la Corporazione degli xilografi divenendone il Presidente ed organizza l’Esposizione Internazionale della xilografia a Levanto con la partecipazione di Austria, Belgio, Francia ed Inghilterra.
Nel 1915 ottiene la cattedra di decorazione all’Accademia di Brera di Milano e l’anno seguente inizia la decorazione ad affresco dell’Aula Magna dell’Università di Pisa che conclude nel 1916, ma il cui soffitto è stato distrutto durante la Seconda guerra mondiale.
Nell’ultimo decennio della sua vita numerose sono le commissioni, a partire dalla decorazione della Chiesa di San Francesco a Ravenna nel 1921. Parallelamente continua la sua attività di insegnante e nel 1922 ottiene la cattedra all’Accademia di Belle Arti di Roma.
Nel 1924 pubblica un manuale sulla xilografia e decora la cappella per i caduti di guerra nella Collegiata di San Ginesio e la Sala del Consiglio nel palazzo Provinciale di Arezzo.
Nel 1927 decora soffitto e lunette nella cappella di San Francesco al Santo di Padova. Pubblica “I fioretti di San Francesco” con illustrazioni a xilografia presso Zanichelli.
Il 7 febbraio 1928 muore a Roma. 22 anni dopo le sue spoglie vengono traslate nella Chiesa di San Francesco a Montefiore dell’Aso, suo paese natale.
L’eredità decarolisiana è estremamente vasta e a tratti contraddittoria, come la contrapposizione tra popolare e intellettuale che caratterizza la sua intera carriera. Il De Carolis si autodefiniva “narratore per il popolo” poiché amava educarlo con la sua arte, ma la sua profonda cultura tendeva a coinvolgere emotivamente gli spettatori per farli giungere ad un messaggio superiore: nonostante l’intento della sua arte sia parlare a chiunque per formare le coscienze, l’opera decarolisiana ha una complessa leggibilità poiché intellettualmente molto ambiziosa.
Uno dei meriti più grandi del De Carolis è quello di aver avvicinato l’artista al pubblico: il suo carattere incline all’umiltà, la semplicità di vita e la profonda religiosità lo portavano ad evitare la vanagloria e l’orgoglio per impersonare sempre più i valori autentici dell’Italia tra Otto e Novecento.
Note
[1]Pittore italiano, il cui vero nome è Giovanni. Nasce a Roma nel 1826 e muore a Marina di Pisa il 31 gennaio 1903.
[2]Paola Frandini, “Adolfo De Carolis tra 800 e 900”, in “Il Veltro”, XII, 1969, p. 453.
[3]Archivi del Divisionismo, Roma, 1968, vol. I, p. 182.
[4]Stefano Papetti, Adolfo De Carolis e gli ideali dell’arte, in Amor di terra natia: 6 gennaio 1874-2004. Adolfo De Carolis, un artista poliedrico. Giornata di studio 6 gennaio 2004, a cura di Progetto Zenone, Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, 2004.
Bibliografia
AA.VV., Amor di terra natia: 6 gennaio 1874-2004. Adolfo De Carolis, un artista poliedrico. Giornata di studio 6 gennaio 2004, a cura di Progetto Zenone, Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, Montefiore dell’Aso, 2004.
Luigi Dania, Pietro Zampetti, Adolfo De Carolis: mostra antologica presso la sala De Carolis di Montefiore dell’Aso, a cura del comitato esecutivo per le onoranze di Adolfo De Carolis, Arti grafiche Ricordi, Milano, 1974.
Luigi Dania, Alvaro Valentini (a cura di), Adolfo De Carolis, Cassa di Risparmio di Fermo, Fermo, 1975.
Tiziana Maffei, Antonella Nonnis (a cura di), La raccolta Adolfo De Carolis a Montefiore dell’Aso: guida al museo, Progetto Zenone, Montefiore dell’Aso, 2005.
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