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A cura di Silvia Piffaretti

Questo articolo rappresenta la seconda parte dell’approfondimento sul Vittoriale degli Italiani di Gabriele D’Annunzio a Gardone Rivera.

Il Vittoriale degli Italiani: il parco

“Ho trovato qui sul Garda una vecchia villa appartenuta al defunto dottor Thode. È piena di bei libri… Il giardino è dolce, con le sue pergole e le sue terrazze in declivio. E la luce calda mi fa sospirare verso quella di Roma. Rimarrò qui qualche mese, per licenziare finalmente il Notturno”, con queste parole nel febbraio 1921 d’Annunzio comunica a Maria Hardouin della sua temporanea permanenza a Gardone Riviera, dove poi si stabilirà fino alla fine dei suoi giorni.

Fig. 1 – Il Vittoriale degli Italiani.

Il Vittoriale degli Italiani qui eretto è un complesso dal carattere monumentale ed eclettico, secondo il tipico gusto d’annunziano, che si estende per nove ettari su una collina dominante il lago che egli aveva predisposto di regalare al popolo italiano attraverso un atto di donazione. Il complesso sorge in un enorme parco all’interno del quale il visitatore si aggira, tra un estro e l’altro, per cercare di ricostruire l’inimitabile vita del vate. Oltre agli edifici e monumenti di cui ci si occuperà, il parco ospita ben tre piccole zone museali: il Museo d’Annunzio eroe che celebra l’eroismo e le imprese italiane della Prima Guerra Mondiale, il Museo d’Annunzio Segreto in cui sono esposti il vestiario e gli oggetti del vate, ed infine il Museo l’automobile è femmina che mostra il suo amore per le macchine, emblema della velocità e del progresso. Dell’automobile disse “ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice” e inoltre ha una virtù sconosciuta alle donne, la perfetta obbedienza.

Il visitatore viene accolto nel complesso per mezzo di un ingresso monumentale, disegnato dall’architetto Maroni, costituito da una porta con una coppia di arcate ospitante una fontana che riporta in lettere bronzee una citazione del “Libro segreto” di d’Annunzio: “Dentro da questa triplice cerchia di mura, ove tradotto è già in pietre vive quel libro religioso ch’io mi pensai preposto ai riti della patria e dei vincitori latini chiamato Il Vittoriale”, sopra la scritta tra due cornucopie vi è un elmo che protegge lo stemma del Principe di Montenevoso, titolo dato al vate per l’annessione di Fiume, e il noto motto dannunziano “Io ho quel che ho donato”, sorta di monito per il visitatore.

Fig. 6 – Ingresso del Vittoriale. 

Una volta entrato la prima cosa che il visitatore incontra è il Parlaggio, ovvero l’incompiuto anfiteatro all’aperto, terminato da poco, che era ispirato al modello classico del Teatro Grande di Pompei e godeva di una suggestiva vista del lago con il monte Baldo, la rocca di Manerba, l’isola del Garda e la penisola di Sirmione. Né d’Annunzio né l’architetto Maroni videro l’opera ultimata; per il poeta essa doveva essere realizzata con lastre veronesi di marmo rosso, che dovevano ricoprire il cemento armato impiegato per la platea e le gradinate. In tempi recenti nella cornice dell’anfiteatro è stato collocato il suggestivo “Cavallo Blu” di Mimmo Paladino.

Il percorso di visita prosegue raggiungendo la piazzetta Dalmata dove sono collocate la Prioria, ovvero l’abitazione di d’Annunzio, lo Schifamondo e il tempietto della Vittoria di cui ci si occuperà nel prossimo articolo di questa serie. Ma d’Annunzio qui non fu l’unico ad avere una propria zona abitativa: infatti egli, in ogni residenza in cui visse, aveva fatto creare un canile attrezzato per i suoi levrieri che “sono liberi, forti, indipendenti, pugnaci, audaci, volubili; hanno la grazia dei serpenti e la terribilità dei felini”. A loro nel Vittoriale dedicò perfino un componimento scritto su una lapide, datato 1935, che si può ammirare nel cimitero dei cani nel giardino della Prioria.

Dal canile il visitatore può continuare il suo percorso accingendosi a raggiungere a piedi la Nave Puglia, nascosta tra la folta vegetazione. Quest’ultima è probabilmente l’elemento più insolito e spettacolare dell’intero complesso, dimostrante l’estro e l’amore per la monumentalità del vate. Il dono, ricevuto dalla Marina Militare, arrivò al Vittoriale trasportato su ben venti vagoni ferroviari per poi essere alacremente rimontato sulla collina. Quando arrivò il poeta fu serrato “fra i gloriosi ricordi e le fertili malinconie”, infatti quella era la nave su cui Tommaso Gulli trovò la morte nelle acque di Spalato. La sua prua era rivolta verso l’Adriatico e la Dalmazia ed era adornata da una Vittoria dello scultore Renato Brozzi posta sopra un fascio di frecce dove era riportato il motto “Così ferisco. Nella parte sottostante dell’imbarcazione vi è il Museo di Bordo dove sono conservati alcuni modelli d’epoca di navi da guerra.

Dalla nave dipartono poi due rigagnoli d’acqua cristallina, l’acqua Pazza e l’acqua Savia, che conducono al laghetto delle danze: questo prende la forma di un violino, in memoria del suo inventore Gasparo di Salò. La zona fu creata dallo stesso d’Annunzio, devoto della musica, che aveva fatto erigere una piattaforma circolare per ospitare i concerti del Quartetto del Vittoriale (di cui faceva parte la pianista Luisa Baccara), o gli incontri con gli ospiti, oppure gli spettacoli di danzatrici che fondevano i loro leggiadri movimenti al guizzo delle dolci acque.

Fig. 13 – Laghetto delle danze.

Ritornando indietro alla Nave Puglia, il visitatore può salire a piedi sino alla parte più alta del Vittoriale dove è collocato il solenne mausoleo, realizzato dall’architetto Maroni, in cui ha trovato posto la salma di d’Annunzio. Il monumento, costruito sul modello dei tumuli funerari di tradizione etrusco-romana, con tre gironi in pietra che rappresentano le vittorie degli umili, degli artieri e degli eroi, fu eretto sul Mastio per volere dello stesso poeta. La salma di quest’ultimo fu deposta al centro, mentre intorno a lui furono depositate le arche, in marmo Botticino, donate dalla città di Vicenza conservanti le spoglie di dieci eroi e legionari fiumani amici del poeta, tra i quali compare anche l’architetto Gian Carlo Maroni. Alla zona sono stati aggiunte, in epoca recente, delle sculture in cemento e ferro di cani realizzati dall’artista bellanese Velasco Vitali.

Quando d’Annunzio si ritirò a Gardone Riviera per la prima volta, lontano dai disturbatori, era un uomo “avido di silenzio dopo tanto rumore, e di pace dopo tanta guerra”, che qui trovò una fissa dimora rimanendo incantato dal pudico lago dall’indicibile e improvvisa bellezza, avvolto in velo argentino. Egli nell’atto di donazione definì il Vittoriale il suo “testamento d’anima e di pietra, immune per sempre da ogni manomissione e da ogni intrusione volgare”.

 

Bibliografia

La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele d’Annunzio, Giordano Bruno Guerri, Mondadori, Milano, 2013.

 

Sitografia

www.vittoriale.it

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