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A cura di Irene Scovero

Genova razionalista: tra architettura e scultura

Piazza Rossetti e Piazza della Vittoria

Grazie al suo sviluppo urbanistico, anche il volto moderno di Genova, come quello della maggior parte delle grandi città italiane, è frutto della coesistenza di stili architettonici diversi tra i quali va menzionato il Razionalismo che, nelle molteplici opere architettoniche e scultoree realizzate negli anni Venti e Trenta, ha conferito alla città una struttura moderna influenzando i cambiamenti stilistici di alcuni quartieri[1], dando vita ad una Genova razionalista.

Con la “Grande Genova” voluta da Mussolini si crearono le condizioni favorevoli per il rinnovamento urbano di una Genova razionalista. Con la copertura dell’ultimo tratto del torrente Bisagno, nell’area tra il centro storico e il levante genovese, si crearono buone condizioni per dar vita ad un progetto monumentale di rivalutazione di un’area nuova e fortemente rappresentativa (1932). Statue e monumenti come Il Navigatore, o aree come Piazza della Vittoria e Piazza Rossetti alla Foce, si collocano all’interno di quei progetti di edilizia fascista (nonché di riqualificazione di specifiche aree cittadine) coordinati da importanti architetti dell’epoca. Fu proprio la copertura del Bisagno[2], negli anni Trenta, a richiedere l’apertura di un’ampia direttrice a mare e l’assegnazione di nuovi spazi edificabili nei dintorni. L’immagine monumentale, ma allo stesso tempo modernista, con la quale la città intendeva qualificarsi, attraverso quest’imponente intervento urbanistico, influenzò in larga misura le scelte progettuali degli edifici di rappresentanza e dei complessi residenziali sorti in seguito al nuovo piano regolatore dell’area. Tra i nuovi edifici, nell’attuale zona fieristica della Foce, sorse ad esempio Ristorante San Pietro, realizzato su progetto di Mario Labò tra il 1935 e il 1938. L’architetto Genovese era collaboratore della rivista “Casabella” e aderì negli anni Trenta al MIAR[3].

La nuova rete stradale via mare, Corso Italia, creata agli inizi del secolo aveva conferito alla zona della Foce un rinnovato pregio con l’edificazione di un quartiere residenziale. Fu soprattutto con PIAZZA ROSSETTI (Fig.1) che l’intera area assunse l’assetto definitivo grazie al lavoro dell’architetto Carlo Daneri[4] col sostegno di Marcello Piacentini. Il complesso Genova-Foce sorse in seguito ad un concorso bandito dal Comune nel 1934 nel quale Daneri arrivò secondo, ma, proprio grazie all’intervento di Piacentini, venne scelto per l’attuazione del progetto. Quest’ultimo prevedeva una piazza quadrangolare circondata su tre lati da un portico continuo su cui si levano gli 8 edifici che ancora oggi si affacciano sul mare e sono arricchiti da un ampio giardino pubblico centrale. I lavori iniziarono nel 1936, si interruppero per la guerra e, una volta ripresi, si conclusero nel 1958. L’intero complesso residenziale, sin dalle prime edificazioni, fu celebrato in riviste come “Architettura” e “Casabella” poiché si trattava di un complesso intervento di architettura residenziale per il quale Daneri, prendendo spunto dal complesso di Le Corbusier a Marsiglia, rimodernava e creva un lotto residenziale rimarcando al contempo l’idea di unità abitativa. Questo schema concettuale, cui si ispirò anche nelle palazzine del Lido di Albaro in Corso Italia (1952-55), caratterizzò gran parte della sua attività architettonica. Luigi Carlo Daneri viene ricordato a Genova anche per altri cantieri architettonici tra cui il quartiere Bernabò Brea, il complesso di Mura degli Angeli, il quartiere Forte Quezzi denominato Biscione e il Monoblocco San Martino.

Fig. 1.

Tra i nuovi progetti urbani per una Genova razionalista, PIAZZA DELLA VITTORIA (Fig.2), considerata la più grande piazza della città, è così denominata per celebrare la fine della Prima Guerra Mondiale. La piazza fu progettata da Marcello Piacentini[5] tra il 1922 e il1938 insieme alla collaborazione di artisti locali e fu creata in modo da formare una pianta rettangolare con al centro il Monumento ai Caduti eretto negli anni ‘30 in onore delle vittime della Grande Guerra. L’architetto romano realizzò la piazza pensandola come un gioco prospettico dove, intorno allo spazio quadrangolare, trovarono spazio eleganti edifici in marmo travertino, l’arco della Vittoria al centro e di fronte la scalinata del Milite Ignoto, meglio conosciuta come scalinata delle Caravelle per l’immagine floreale che riprende le tre navi di Colombo. In basso alla scenografica scalinata, sullo sfondo della piazza, il Liceo Andrea Doria e il Palazzo della Questura. Prima della sistemazione in stile razionalista questo spazio, a lato del torrente Bisagno, era un’area pianeggiante e verde dove si tenevano manifestazioni e giochi. Al centro della Piazza, circondato da imponenti edifici, spicca l’Arco della Vittoria (Fig.3) o Arco ai Caduti, un imponente arco di trionfo inaugurato il 31 maggio del 1931. Vincitore del concorso per la realizzazione di un monumento celebrativo nella piazza, Marcello Piacentini, insieme allo scultore Arturo Dazzi, realizzò un monumento commemorativo e trionfale pienamente in accordo con il volto di una Genova razionalista. Tra immagini simboliche della città di Genova si trovano anche statue dello scultore Giovanni Prini raffiguranti le Vittorie e le allegorie del Dazzi che ricordano i caduti della Grande Guerra. Nel fregio dello stesso scultore sono rappresentati i corpi dell’esercito italiano tra cui alpini, mitraglieri, l’aviazione e la marina e sono rievocate le battaglie dell’Isonzo e del Piave.

 

Note

[1] RAZIONALISMO è un linguaggio architettonico diffuso in Europa e Stati Uniti a partire dagli anni venti del Novecento e coinvolge personaggi come Le Corbusier, Alvar Aalto, Frank Lloyd Wright, Giuseppe Terragni. Non si tratta di un progetto unitario, ma i monumenti sono caratterizzati da forme essenziali senza orpelli decorativi, più aderenti alle reali necessità sociali ed economiche del paese che mirano a soluzioni architettoniche più razionali tentando di eliminare ogni parte emotiva ed estetica per una forma pura. Il movimento in Italia ha assunto la sua forma più vitale nel Gruppo 7 e nel MIAR. Nel 1926, un gruppo formato da sette architetti tra cui Terragni, Figini e Pollini formarono il Gruppo 7 che aderirà al MIAR- movimento italiano architettura razionale- nel 1928.

[2] La delibera dell’amministrazione comunale risale al 1919

[3] Movimento italiano per l’architettura razionale

[4] Luigi Carlo Daneri (Borgo Fornari, 1900 – Genova, 1972) architetto genovese, fu interprete dell’evoluzione architettonica della seconda metà del Novecento aderendo ad un sobrio razionalismo internazionale. Le sue opere si caratterizzano per una grande nitidezza volumetrica e inventiva funzionale. Fu attivo soprattutto nel capoluogo ligure.

[5] Marcello Piacentini (Roma,1881-1960) architetto romano, fu il principale interprete dell’architettura italiana del primo trentennio del Novecento. Architetto, professore e urbanista, aggiornato sulle esperienze internazionali, viaggiò soprattutto nell’Europa del Nord per assimilare i nuovi etimi del moderno, abbandonando l’eclettismo ottocentesco. Rivoluzionò il volto della Roma degli anni ‘10 e ‘20 e successivamente, grazie ai numerosi concorsi pubblici, anche quello di tante altre città in Italia cercando di coniugare le nuove costruzioni architettoniche con la cultura del luogo. La sua figura, nel tempo, è stata assimilata a quello di massimo interprete dell’arte di regime. Proprio per i suoi legami con il fascismo fu molto criticato e le sue opere messe in discussione. Negli ultimi tempi, la sua figura di grande urbanista e architetto è stata rivalutata e il giudizio pessimo in cui veniva ricordato come uomo e architetto è ormai sorpassato.

 

Bibliografia

Matteo Fochessati, Gianni Franzone (a cura di), Genova moderna percorsi tra il Levante e il centro città, Genova, Sagep, 2014.

Fabrizio Bottini, Dalla periferia al centro: idee per la città e la city, in Giorgio Ciucci, Giorgio Muratore (a cura di), Storia dell’architettura italiana – il primo Novecento, Milano, Electa, 2004, pp. 346 – 371.

Franco Sborgi (a cura di), La scultura a Genova e in Liguria, Il Novecento, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1989.

Matteo Fochessati, Gianni Franzone (a cura di), La memoria della guerra, Antonio G.Santagata e la pittura murale del Novecento, Genova, Sagep, 2019.

Silvia Barisione, Ville in Riviera tra eclettismo e razionalismo, Genova, Sagep, 2015.

 

Sitogragia

www.anmig.it www.fondoambiente.it

www.treccani.it

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