A cura di Francesca Strada
Introduzione al MIC
«Ancorché di siffatti vasi e pitture si lavori in tutta Italia, le migliori terre e più belle sono quelle di Castel Durante e di Faenza che per lo più le migliori sono bianchissime e con poche pitture e quelle nel mezzo o intorno, ma vaghe e gentili affatto.» Così il Vasari descrive nelle Vite la produzione di maiolica di Faenza, la città delle ceramiche per antonomasia, dove nel 1908 venne fondato da Gaetano Ballardini il Museo Internazionale delle Ceramiche (MIC), che ospita la raccolta più grande al mondo: essa infatti racconta la storia della città e del Bel Paese dall’antichità al ‘900, arricchita anche da pregevoli collezioni orientali, europee, islamiche e precolombiane. In seguito ai bombardamenti del maggio 1944, il museo subì ingenti danni; tuttavia l’intervento di Ballardini permise la ricostruzione e l’ampliamento della raccolta. Il MIC è stato anche riconosciuto come “Monumento testimone di una cultura di pace” dall’UNESCO.
Faenza e il Medioevo
I primi reperti dell’arte ceramica faentina risalgono al Basso Medioevo: a dominare è il cosiddetto stile arcaico, caratterizzato da toni bruni e verdi e da motivi vegetali o faunistici, ma anche da una rilettura della classicità in chiave cortese, come testimoniato dal boccale con rappresentazioni di Filide e Aristotele, in cui la donna assume il ruolo di “signore” tipico della lirica trobadorica.
Il Rinascimento a Faenza
L’istoriato
Il Rinascimento è un momento di assoluto splendore per la città romagnola; in questo periodo si nota la fioritura di nuovi stili decorativi derivanti dal mondo bizantino, arabo e orientale; tuttavia, a giocare un ruolo fondamentale è la fitta rete di legami con Firenze e la Toscana, che porta a Faenza alcuni dei più grandi nomi del mondo dell’arte e influenza notevolmente la produzione ceramica. I motivi tipici del Rinascimento si inseriscono in breve nelle botteghe, andando a sostituire lo stile arcaico e dando impulso a una nuova era dell’arte faentina, che la renderà famosa a livello internazionale. Nasce l’istoriato, uno stile decorativo caratterizzato da figure umane appartenenti al mondo della corte, ma anche allegoriche; qui si inseriscono le “belle donne”: volti femminili, spesso di profilo, di cui il più celebre è sicuramente la Iulia Bela.
MIC: i Bianchi di Faenza
Dopo la metà del ‘500 ai vivaci colori dell’istoriato si sostituisce il candore dei “Bianchi di Faenza”; lo stile muta e con esso le forme e le figure che popolano i manufatti; amorini e grottesche dai toni gialli, aranciati e blu decorano le brillanti superfici decantate dal Vasari. Il protagonista di questa nuova tendenza è Virgilio Calamelli, ceramista locale la cui fiorente bottega farà da scuola per gli altri.
Il ‘700 a Faenza
Il gusto esotico che caratterizza il ‘700 si riflette anche nella manifattura faentina. La famiglia Ferniani domina la scena, fondendo i temi del Neoclassicismo, come la foglia di vite, alle decorazioni orientali, seguendo le mode europee. Uno dei simboli del periodo è il garofano, di cui verrà fatto largo uso a Faenza come testimoniano svariate opere tra cui la Zuppiera con decorazione al garofano.
L’Italia al MIC
Il MIC non si limita a raccogliere opere di pregio locali, ma predilige regalare al visitatore una visione completa della produzione italiana, mostrando reperti dei maggiori centri artistici del Paese. Quivi si può trovare la sontuosa vasca Farnese della fornace della famiglia Pompei in Abruzzo, della quale il museo conserva anche parti del corredo degli Orsini Colonna, come una fiasca e due albarelli.
Numerosi sono i reperti marchigiani, costituiti da manufatti prevalentemente istoriati provenienti da Urbino, Casteldurante e Pesaro, come lo spasimo di Niccolò Pellipario o il piatto dipinto con il carro di Marte. Del XVII secolo è invece la famosa Anfora Barberini.
Anche l’Umbria offre un vasto repertorio, proveniente da Gubbio e Deruta, prevalentemente dedicato a corredi da farmacia e grandi piatti da pompa, come testimoniano piatto da pompa con raffigurazione del re Giuda Maccabeo a cavallo o piatto da pompa con figura di “Bella”.
Il museo presenta un’opera di assoluta rarità, si tratta di un piatto in porcellana medicea, dipinta di blu su fondo bianco; con questa tecnica sono stati prodotti solamente 50 esemplari, tra cui quello in possesso del MIC. Quivi sono conservate anche svariate opere toscane provenienti da Montelupo e Siena, come L’albarello decorato a occhio di penna di pavone, una fiasca decorata a raffaellesche e ceramiche robbiane.
Dal nord Italia provengono svariate opere veneziane, lombarde e piemontesi dal Rinascimento al XIX secolo; tuttavia, da rimarcare è principalmente il repertorio proposto dalla Liguria, caratterizzato dall’istoriato barocco e la fusione di scene mitologiche ai gusti orientali: a guidare questa tendenza saranno i centri di Albissola Marina e Savona, arricchendo il patrimonio museale.
Il ‘900
Il XX secolo regala al MIC un numero vastissimo di opere sia italiane che internazionali. Quivi sono esposti alcuni dei nomi più noti del panorama novecentesco, come Lucio Fontana, Tullio D’Albissola e Carlo Zauli; tuttavia, a colpire il visitatore sarà sicuramente la storia delle opere di Picasso, Chagall e Matisse. In seguito alla distruzione del museo nel 1944, infatti, Gaetano Ballardini, il fondatore del museo, non si diede per vinto e, terminato il conflitto, ricostruì l’edificio. Intrecciò un rapporto epistolare con il celeberrimo pittore e scultore Pablo Picasso, al quale chiese di donare almeno una sua opera per contribuire al rifacimento del museo. Picasso non solo acconsentì, ma invitò Chagall e Matisse a compiere il medesimo gesto per supportare la causa di Ballardini.
MIC: oltre l’Europa
Al MIC è possibile uscire dall’Europa per pochi istanti, immergendosi in mondi lontani tramite le opere provenienti dall’Iran, dalla Spagna islamica, dall’Anatolia, dalla Siria e dall’Egitto; quella di Faenza è la raccolta d’arte ceramica islamica più corposa dello Stato. Si può ammirare anche una raccolta proveniente dall’estremo Oriente e dal Sud America. Tutto questo è stato reso possibile dalla forte personalità di Ballardini, il quale desiderava un museo che potesse essere da esempio per il mondo e che rendesse Faenza non solo un centro artistico italiano ma anche un punto di ritrovo per l’arte mondiale.
Sitografia
www.micfaenza.org/it/
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