A cura di Rossella Di Lascio
Santa Maria de Lama: introduzione
Santa Maria de Lama è una delle più antiche chiese di Salerno, dedicata alla Madonna della Lama, datata tra la fine del X e gli inizi del XI sec., dunque di epoca longobarda. Si trova nel centro storico cittadino, lungo Via Tasso, e a cui si giunge percorrendo i cosiddetti “gradoni della lama”.
Il toponimo “lama” si riferisce alla presenza nella zona di un torrente che ancora oggi scorre davanti all’edificio, sotto il livello stradale.
Di probabile fondazione nobiliare, le prime testimonianze della sua esistenza risalgono al 1055. Nel corso del XIII sec., probabilmente a causa di un terremoto o di un’inondazione, l’edificio subisce profonde modifiche che portano alla costruzione di una nuova chiesa nella parte superiore, con la pianta rivolta ad ovest, mentre quella originaria diventa una cripta, successivamente sigillata per assumere la funzione di sepolcreto.
La chiesa superiore: descrizione degli esterni
La chiesa superiore è stata restaurata in stile barocco nel XVII sec., perdendo quasi tutti gli affreschi e i mosaici originari. Al Seicento risale anche il campanile che affianca la facciata, la cui mole è alleggerita dall’apertura di monofore.
Quest’ultima, semplice ed essenziale, presenta, nella parte inferiore, un portale rettangolare a cui si accede mediante gradini semicircolari e, nella parte superiore, due monofore ogivali laterali e un oculo centrale.
La chiesa superiore: descrizione degli interni
L’interno presenta un impianto basilicale a pianta rettangolare, sormontato da capriate lignee, divisa in tre navate da due file di colonne di spoglio romane su cui si impostano altrettanti capitelli misti.
Le colonne dovevano essere decorate con affreschi, di cui oggi restano solo alcune lievi tracce cromatiche, ad eccezione di due colonne sul lato destro, su cui è ancora possibile ammirare le due figure, un Cristo portacroce e una figura femminile che sorregge una lanterna accesa, probabilmente la Maddalena, orientativamente datati tra il XIV- metà XV sec.
Della Maddalena spiccano i lunghi e fluenti capelli biondi e le mani dalle dita affusolate, mentre della figura di Cristo, meglio conservata, colpiscono la delicatezza dei lineamenti del suo volto, l’intensità e la pacatezza del suo sguardo e la docilità che esprime nel semplice gesto di abbracciare la sua croce.
L’eleganza complessiva delle figure e dei loro lineamenti, i colori vividi, il blu dello sfondo richiamano la pittura senese.
Santa Maria de Lama. La chiesa inferiore e il primo ciclo di affreschi (X – XI sec.)
La chiesa originaria, attualmente corrispondente alla cripta, sorge sui resti di un edificio di età romana, un impianto termale datato al II sec. d. C., di cui restano ancora visibili alcune tracce di muratura in opus reticulatum e opus listatum. Presenta una pianta rettangolare divisa in due navate da tre colonne centrali e coperta da otto volte a crociera: la navata destra termina con un’abside circolare affrescata con la figura di Santo Stefano, mentre quella di sinistra con un’abside rettangolare recante tracce di affreschi con eleganti decorazioni a girali. Sul lato settentrionale, si apre uno spazio curvo che si ritiene possa essere l’abside di un primo nucleo della chiesa a pianta quadrata, orientato sull’asse N-S.
È questo il cuore pulsante dell’intero complesso, in cui è possibile ammirare due interessanti cicli di affreschi, il primo dei quali datato tra la seconda metà del X e i primi anni dell’XI sec. Ciò significa che ci troviamo di fronte a preziosissime testimonianze di pittura longobarda, le uniche presenti in città.
Il ciclo pittorico prevedeva una teoria di Santi raffigurati in piedi, dall’impostazione frontale e dall’aspetto ieratico, inquadrati da cornici rettangolari costituite da fasce bicolori. Due figure sono meglio conservate e riconoscibili, grazie alla presenza di resti di iscrizioni che ne consentono la sicura identificazione: San Bartolomeo e Sant’Andrea.
San Bartolomeo si presenta come un uomo maturo, il cui viso, di forma ovale, è incorniciato dalla barba bianca terminante a due punte e da una capigliatura riccioluta bianca. Indossa un semplice abito e un mantello di colore chiaro, ha la mano destra benedicente, in cui unisce pollice e mignolo, mentre con la sinistra, velata dal mantello, regge un elegante volume chiuso e impreziosito da una croce gemmata.
Sant’Andrea è il patrono di Amalfi e ciò testimonia la presenza a Salerno di una comunità amalfitana, che si ritiene frequentasse la chiesa. Gli amalfitani furono deportati in città dai Longobardi, per volere del principe Sicardo, in modo da potenziare o avviare lo sviluppo commerciale della città.
Anche Sant’Andrea ha il volto ovale incorniciato da una capigliatura riccioluta e dalla barba a due punte, ma ha un aspetto più giovane di San Bartolomeo; la mano destra è aperta e benedicente, mentre la sinistra sorregge una sottile e preziosa croce gemmata.
I tratti, i lineamenti dei volti, la resa stessa delle figure, dei dettagli degli ornamenti, degli abiti e delle pieghe delle vesti sono resi mediante l’impiego di marcate linee scure.
Ancora oggi colpiscono i colori che, originariamente, si presentavano più intensi, e la fissità dei volti dei personaggi, di cui risaltano gli occhi grandi e rotondi.
La chiesa inferiore: il secondo ciclo di affreschi (XIII – XV sec.)
Il secondo ciclo pittorico risale, invece, al XIII-XV sec. Anche qui doveva essere presente una teoria di Santi, sempre racchiusi entro cornici rettangolari bicolori.
Nell’abside semicircolare, che si apre lungo il muro est, si riconosce la figura di Santo Stefano, identificabile dalla scritta SCS STEPHANUS posta ai lati dell’aureola.
Dall’aspetto giovane, imberbe e dai lineamenti delicati, è seduto su di un trono, con la mano sinistra reggente un libro e la destra aperta in atteggiamento di saluto.
L’eleganza della figura è data dal raffinato abito ricamato che indossa e da un motivo di perline bianche che decora l’aureola e la cornice che lo inquadra.
Sull’ultimo pilastro del muro sud si staglia un giovane santo imberbe, vestito da monaco e con il capo coperto dalla cocolla, recante nella mano sinistra una catena spezzata, mentre la destra è in atto benedicente. Tale figura era stata inizialmente identificata con Santa Radegonda, ma si ritiene possa trattarsi di un personaggio maschile, probabilmente San Leonardo. L’iconografia ritrae solitamente San Leonardo con l’abito nero e bianco dell’ordine benedettino e con le catene spezzate, in quanto considerato patrono dei carcerati per aver spesso intercesso in favore dei prigionieri. Inoltre, il culto per San Leonardo, a differenza di quello per Santa Radegonda, è attestato in zona dalla fondazione di un convento cistercense dedicato a San Leonardo.
In questo secondo ciclo di affreschi è possibile notare un maggiore gioco tra luci ed ombre che conferisce senso plastico alle figure, come nel caso di Santo Stefano in trono, di cui si accenna alla volumetria delle ginocchia.
Santa Maria de Lama: stato attuale
Allo stato attuale, purtroppo, gli affreschi sono molto danneggiati a causa dell’umidità, delle infiltrazioni d’acqua e dei cambiamenti climatici verificatisi nel corso degli anni, perciò si auspica in un intervento tempestivo di restauro e conservazione, per evitare in futuro la perdita totale di questo patrimonio.
Il complesso di Santa Maria de Lama è stato lasciato in uno stato di abbandono e di chiusura dopo il terribile terremoto del 1980. I lavori di restauro sono stati avviati dagli anni Novanta, ma è solo di recente che è tornato a nuova vita, grazie all’opera del Touring Club di Salerno che l’ha preso in gestione dal 2015, consentendone l’apertura ai visitatori e ai cittadini ogni fine settimana, dalle ore 10 alle ore 13.
Il complesso è oggi accessibile anche ai disabili, grazie ad un sistema di passerelle per i disabili motori e al progetto “Accessibilità all’arte”, messo a punto dal 2018, grazie all’opera del giovane e brillante ricercatore e matematico salernitano Michele Mele.
Impiegando tecnologie che sfruttano un particolare sistema di algoritmi, tra l’altro già sperimentati con successo in Gran Bretagna, è stato realizzato un album per ipovedenti e non vedenti, contenente immagini a rilievo di alcune delle opere più significative del complesso su speciali fogli di polimeri che riproducono le immagini tattili bidimensionali degli affreschi, affiancati da didascalie in braille.
I visitatori possono, così, sfogliare l’album, “toccare con mano” le opere, e, al contempo, ascoltare la spiegazione della guida.
Infine, la chiesa superiore ospita periodicamente giornate di studio, concerti musicali, presentazioni di libri, rievocazioni in costume, che ne fanno un polo di attrazione culturale.
Sitografia
La chiesa di S. Maria de Lama a cura di Paola Valitutti e Barbara Visentin
www.livesalerno.com
www.ambientesa.beniculturali.it
Speranza D., Michele, il matematico che aiuta i ciechi a vedere l’arte: “La disabilità è chance” in www.ilmattino.it
D’Amico P., Michele, il matematico ipovedente “I miei algoritmi abbattono barriere” in www.corriere.it
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