A cura di Mery Scalisi
Introduzione
Santa Maria dell’Elemosina. Scrigno biancavillese del culto mariano
Biancavilla, posta sul versante sud-occidentale dell’Etna, con i suoi 23.000 abitanti, sorge in una zona di montagna interna, tra Adrano e Santa Maria di Licodia, distante 33 km da Catania, alla cui stessa provincia appartiene (fig.1).
A due km dal paese sono stati ritrovati ruderi di antiche costruzioni, monete e sarcofagi, custoditi oggi nel Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas di Palermo e nel Museo Civico della vicina Adrano, all’interno del Castello Normanno.
L’origine albanese della cittadina è confermata dal privilegio di concessione del 1448 che permise ad alcuni coloni albanesi di eleggere la loro dimora nella Terra di Callicari o Casale dei Greci (antichi nomi con la quale veniva identificata Biancavilla).
Il famoso terremoto del 1693, che distrusse buona parte dei paesi rientranti nella Val di Noto, e l’eruzione dell’Etna del 1699, danneggiarono poco Biancavilla e fu per questo che gli abitanti dei paesi vicini, colpiti, vi trovarono rifugio (fig. 2).
Il Settecento fu il secolo della rifioritura artistica ed edilizia: la piccola chiesa eretta dalla colonia albanese e dedicata a Santa Caterina, con le successive autorizzazioni del Vescovo, venne trasformata in un edificio più grande e sfarzoso che venne indicato come Chiesa di Nostra Signora della ‘’Limosina’’ in segno di venerazione alla Vergine, oggi chiesa Madre del paese.
Inizialmente di piccole dimensioni e dedicata a Santa Caterina d’Alessandria, Santa Maria dell’Elemosina fu costruita dagli albanesi dopo il 1448 ed in seguito all’ottenimento del permesso dai presidenti del Regno di Sicilia, Santapau e Centelles, di potersi stabilire e popolare il territorio.
La chiesa nel tempo ha subito delle trasformazioni (ingrandimenti, rifacimenti, interventi di restauro).
Santa Maria dell’Elemosina: rifacimenti e interventi
Nel corso del 1600 i vescovi Rebiba e Gussio concessero il permesso di allungare la Chiesa portandola a quattro archi e quattro campate; si decise inoltre di sostituire il tetto di legno con quello di gesso (dammuso); ciò ci permette di capire come il transetto, il coro e la cappella dedicata a San Placido (Santo Patrono di Biancavilla) esistessero già e di come, probabilmente, la chiesa alla fine del 1600 si presentasse a croce greca. Nel 1700 si costruirono il pavimento in mattoni, la base del campanile e si proseguì con l’allungamento dell’edificio che arrivò, con l’aggiunta di altri tre archi, ad assumere l’attuale forma.
Nella prima metà dell’Ottocento il campanile era inesistente: sull’aula capitolare si trovava un piano superiore con copertura a terrazzo su cui poggiava un cavalletto che a sua volta sorreggeva una grande campana.
Sempre nell’Ottocento, grazie all’amministrazione comunale, si intervenne affinché venissero realizzati i capitelli in stile composito (corinzio-ionico) e le fasce dei pilastri; per questi lavori venne incaricato l’architetto Leocata, il quale avrebbe dovuto redigere un prospetto di ricostruzione del pavimento in marmo, mentre sotto la direzione dell’ingegnere Nicotra si avviarono i lavori per la costruzione della cupola, affrescata da Gian Battista Russo: essa, però, a causa di mancati accorgimenti durante la sua costruzione, crollò in poco tempo, causando non pochi danni ai quali si decise di porre riparo solo nel 1869.
Nei primi anni del Novecento, per iniziativa del sindaco Alfio Bruno e del prevosto Rosario Piccione, fu dato l’incarico all’architetto milanese Carlo Sada di redigere un progetto per la costruzione del nuovo campanile; egli progettò e realizzò il campanile demolendo la vecchia torre settecentesca e consolidando le fondamenta su tutto l’angolo tra la facciata canonica e la facciata del lato nord, applicando a tale progetto tutte le tecniche moderne ottocentesche del cemento e dell’acciaio
Descrizione dell’edificio
Ubicata al centro del paese, tra piazza Collegiata, piazza Roma, Via Giuseppe Verdi e Via Orto Botanico, la basilica viene denominata, in gergo dialettale, ‘A Chiesa Ranni’ o ‘A Matrici’ (figg. 3, 4).
L’esterno è sicuramente la parte dotata del maggiore valore artistico e monumentale, poiché offre alla vista due prospetti di rilevante interesse e pregio: il lato sud su Piazza Collegiata e quello ovest su Piazza Roma (figg. 5, 6).
La Chiesa s’innalza maestosa su un ampio sagrato che si conclude con una importante scalinata in pietra lavica, ad angolo fra le due piazze. La facciata, dominata dal campanile, possiede sia elementi dell’Ottocento sia cifre tipiche del tardo barocco siciliano. L’edificio comprende anche l’Aula Capitolare, un tempo adibita alle riunioni del clero del Capitolo, alla sommità della quale si erge il campanile, in tre distinti ordini rastremati verso l’altro: il primo va dal piano terra al cornicione della facciata, il secondo contiene l’orologio e il terzo ospita la cella campanaria, dalla quale si erge un attico che le fa da coronamento e che serve da base alla cuspide ellissoidale slanciata e ricoperta di tasselli cromatici in ceramica, di colore verde e oro. Il sistema compositivo della cuspide si caratterizza per la presenza delle diagonali che mettono in evidenza l’eleganza della sfera metallica, a sezione ottagonale con doghe verticali, sormontata dalla croce a cui sono attaccati la banderuola segnavento e il parafulmine (fig. 7).
L’accesso a Santa Maria dell’Elemosina è consentito grazie a tre portali, il cui maggiore, quello centrale, è costituito da una doppia fila di colonne in basalto lavico, scanalate e con piedistalli che sorreggono le spalle di un timpano curvilineo spezzato al centro per racchiudere un’edicola, aperta sul fronte anteriore e protetta da un’inquadratura finemente scolpita nella medesima pietra lavica e contenente il busto in marmo con la Madonna col Bambino.
Le porte laterali hanno invece una semplice incorniciatura sormontata da timpani compositi in pietra lavica e si presentano suddivise in pannelli lavorati a bassorilievo su cui vengono raffigurati gli stemmi di San Zenone, di San Placido, la Crocifissione, il Santissimo Sacramento, i simboli del Giubileo, gli emblemi del Papa e del Vescovo, l’arrivo dei padri fondatori albanesi e l’Incoronazione della Vergine.
Sovrastanti ed in asse rispetto ai tre portali sono altrettante finestre per l’illuminazione longitudinale delle corrispondenti navate, protette da vetro colorato a forma di croce sulla cui struttura metallica è fissato l’acronimo della stessa Chiesa ‘’S.M.E.’’; alla sommità della finestra centrale, invece, si trova una nicchia contenente un mezzo busto del Redentore.
Alla base della doppia voluta troviamo invece due statue: a destra quella di Santa Caterina, a sinistra quella di San Placido; sul medesimo livello e in corrispondenza al campanile troviamo le statue di San Zenone e San Giuseppe.
L’interno, interamente decorato e affrescato in stile settecentesco/ottocentesco, presenta una pianta a croce latina immissa a tre navate e sette campate, all’interno della quale, ad eccezione di alcuni altari, lo stile decorativo è prevalentemente ottocentesco.
Le campate risultano demarcate da pilastri in muratura e paraste addossate ai muri di perimetro con semplice funzione ornamentale, insieme ai capitelli compositi, collegate da archi dalla quale pendono lampadari realizzati in vetro di Murano.
La luce naturale penetra all’interno dell’edificio grazie a quattordici finestrelle collocate al di sopra della sommità degli archi, sette per ogni lato.
La navata maggiore, insieme al transetto, il coro e la cappella di San Placido, presenta volte a botte lunettate (le navate minori hanno volte a pennacchi), e si conclude con l’ampio presbiterio absidato, elevato di quattro alzate rispetto al piano dell’assemblea, in cui sono presenti l’altare maggiore e il coro, quest’ultimo separato dal transetto da una balaustra in marmo, composta da undici balaustrini per lato. Il coro si presenta inoltre impreziosito da stalli lignei, addossati lavorati a bassorilievo e addossati alle pareti, arricchite da due grandi pitture su tavola: la prima, realizzata da Emanuele di Giovanni nel 1952, rappresenta gli albanesi, in procinto di ripartire, mentre tentano – invano – di rimuovere l’icona della Madonna dall’albero al quale era stata appesa durante la sosta; la seconda, realizzata da Domenico Agosta nel 1955, ospita l’Incoronazione dell’Icona della Madonna nel 1948.
Chiude l’altare maggiore, all’interno dell’abside, l’organo costruito nel 1863 da Giuseppe Puglisi (fig. 8).
Tradizioni e manifestazioni legate alla chiesa di Santa Maria dell’Elemosina
Diverse le tradizioni e le manifestazioni di carattere religioso che coinvolgono la chiesa.
A febbraio si svolge la festa di San Biagio: vescovo martire del IV secolo, Biagio viene considerato il protettore della gola ed è infatti tradizione preparare, in occasione di tale festività, i ‘cuddureddi’, ovvero cerchietti di pane di piccolissime dimensioni benedetti dopo la messa del mattino.
La celebrazione della Santa Pasqua, con la Via Crucis, coinvolge sia l’interno dell’edificio sia le vie del paese; nel Venerdì Santo, ed in particolare in occasione della festa detta dei ‘tre misteri’, la teca con il Cristo morto sfila in processione per le vie principali, accompagnata dalle confraternite e dalle melodie funebri eseguite direttamente dalla banda. Sempre per Pasqua, la domenica a mezzogiorno, di fronte la Chiesa, viene rappresentato l’incontro tra Maria e Gesù risorto: il simulacro della Madonna bacia il costato del Figlio, mentre la statua dell’Angelo, adornata di fave, annuncia all’umanità la redenzione degli uomini (figg. 9, 10, 11).
A giugno invece ricorre la celebrazione in onore di San Zenone, un tempo patrono del paese, che vede celebrare la Santa Messa durante la quale viene messa sull’altare la statua del Santo.
Nell’ultima domenica di agosto, invece, la festa della Madonna dell’Elemosina: l’icona della Madonna, posta sul suo bellissimo fercolo e ricoperta dalla preziosa corazza, viene portata in processione per il paese, accompagnata dai fedeli con canti e preghiere che segnano il percorso.
L’ultima ricorrenza religiosa dell’anno legata alla Chiesa è la festa del Santo Patrono di Biancavilla, San Placido, che ricorre il 5 ottobre, giorno in cui il Santo subì il suo martirio nel 539. La statua del Santo, deposta su un maestoso fercolo, è accolta da coreografici fuochi d’artificio, a cui segue la processione lungo le vie del paese.
Bibliografia
Archivio storico Chiesa Madre – Basilica Collegiata Santa Maria dell’Elemosina.
Arte e religione nella storia di Biancavilla, il circolo didattico di Biancavilla.
Can. Placido Bucolo, Storia di Biancavilla.
La Basilica Collegiata Maria SS. dell’Elemosina di Biancavilla, Comune di Biancavilla (ricerca, stesura dei testi e progetto grafico arch. Salvatore Papotto, arch. Alfio Milazzo, Geom. Antonio Zermo, Stud. Acc. Belle Arti Giuseppe Santangelo; ideatore dott. Vincenzo Petralia).
Giosuè Messina, La Collegiata di Biancavilla. Tre secoli di storia, trame e dispute ecclesiastiche, Nero su nero di Biancavilla.
A.Longo, Biancavilla. Guida alla città, Le Nove Muse.
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Grazie all’autrice per averci fatto conoscere con grande competenza questa bellissima chiesa