A cura di Mery Scalisi
Introduzione
Chi è Sant’Agata? Una giovane fanciulla cristiana, rivoluzionaria, diventata martire e ad oggi considerata eroina della lotta contro gli abusi nei confronti delle donne come lei, che, nonostante i soprusi subiti, non ha avuto paura di essere libera nelle sue scelte.
Per conoscere Sant’Agata occorre andare verso il cristianesimo e nello specifico nella possibile presenza di una comunità cristiana proprio nella città natia della fanciulla, Catania. Ad oggi, numerose fonti storiche ci forniscono informazioni circa la presenza di tale comunità già dal III secolo, in un momento in cui Catania si trova nel bel mezzo di una crescita edilizia iniziata già a partire dal secolo precedente (fig.1), ricoprendo un ruolo da protagonista nel quadro politico ed economico della Sicilia (fig. 2) ed arrivando ad instaurare, insieme a Siracusa, rapporti con Roma, con l’Asia minore e con l’Africa.
Già nei decenni precedenti, nella cittadina etnea, la fede di alcuni cristiani veniva indubbiamente testimoniata dal loro martirio. La cronologia di tali testimonianze va dalle persecuzioni di Decio (fig.3) del 251 – e di queste Sant’Agata sarà vittima – a quelle di Diocleziano del 304.
È importante sottolineare come, fin dalla sua nascita, il cristianesimo non avesse mai mostrato un palese rifiuto nei confronti dell’impero romano; anzi, nonostante ne subissero le persecuzioni, pregavano per lo Stato e per coloro che governavano, sostenendo ad alta voce che il potere dell’uomo fosse donato e dato loro da Dio stesso. Nonostante i buoni propositi, l’impero romano continuò a non accettare la nuova religione; secondo l’ordinamento romano, infatti, esso non rientrava tra i criteri del nuovo Stato, che invece si faceva promotore del rispetto della tradizione e dell’ordine pubblico e della difesa degli usi e costumi di Roma.
Se in un primo momento i romani tollerarono qualunque forma di culto e religione, quindi anche il cristianesimo, ben presto le cose cambiarono, poiché il cristianesimo stesso, che si volse all’universalismo e al conseguente rifiuto di identificarsi in uno Stato, ben presto entrò in inimicizia con l’impero.
La storia di Sant’Agata, come già accennato, si colloca durante la persecuzione di Decio, di origine illirica. Un periodo, questo, durante il quale numerosi membri della comunità cristiana vennero condotti al martirio; tra questi, la giovane e singolare fanciulla Agata, la cui totale fedeltà a Cristo la portò ad opporsi e a resistere con tutta se stessa al governatore romano del tempo, Quinziano, il quale la sottopose ad un terribile destino di torture che culminarono nel martirio.
Nata nei primi decenni del III secolo (nel 231 circa) a Catania, nella zona di Giacobbe (l’attuale Civita) da una nobile famiglia cristiana, Sant’Agata, ancora giovanissima e bellissima, venerava il Signore fin da bambina decidendo di consacrarsi a Lui; la sua richiesta fu accolta dall’allora vescovo di Catania, che le impose di indossare il velo rosso destinato alle vergini consacrate.
Nel 251 l’imperatore Decio, quando in Sicilia governava Quinziano, bandì una violenta persecuzione contro tutti i cristiani che non intendessero rinnegare l’adesione al nuovo culto. Quinziano, parsimonioso e fanatico proconsole di Catania, trasse in arresto la giovane Agata. All’accusa di vilipendio di religione di Stato (editto di persecuzione dell’imperatore Decio) seguì un processo.
Quinziano, sin dal primo momento, si era infatti invaghito di Agata a tal punto da non desiderare altro che prendere la giovane e beata vergine in moglie, ma mai fu ricambiato.
Sant’Agata era sofferente, ma piena di gioia e fierezza nell’amare Dio, e fu grazie alla sua immensa fede che continuò a resistere con tutte le sue forze alla violenza ricevuta; i continui rifiuti da parte di Agata portarono il governatore a consegnare la giovane ad una cortigiana di nome Afrodisia e alle sue figlie (fig.4), le quali avrebbero dovuto persuadere la ragazza, corromperne i principi di fede e farla cedere al proconsole; anche questo tentativo fallì, e la giovane vergine, dinanzi allo scempio, non fece altro che piangere e pregare il suo Dio.
Con tutta la crudeltà in suo possesso, Quinziano continuò con le violenze, ma Sant’Agata resistette ancora, senza remore; interrogandola e torturandola di continuo, Quinziano partì col volere che il suo esile corpo venisse straziato con appuntiti pettini di ferro arrivando a farle recidere i seni con delle tenaglie (fig.5). Anche questi tentativi furono inutili: Agata continuò a restare ferma nella sua fede in Dio e questo portò il crudele proconsole a vietare che la giovane donna fosse curata e nutrita.
Sant’Agata in carcere
Sant’Agata, aiutata dalla sua fede verso Dio, dopo una visione in carcere, guarì: fu l’apostolo Pietro, con le sembianze di un uomo anziano, a presentarsi alla fanciulla come medico e a offrirsi di curarla, preceduto da un giovane angelo che teneva una lampada che invase di luce candida l’intero carcere per tutta la notte (fig.6); al rifiuto della giovane, l’anziano uomo rivelò la sua vera identità, ammettendo di esser stato inviato dal Signore per sanarle le ferite del martirio.
Anche i soldati e i custodi del carcere in cui Sant’Agata risiedeva prigioniera, impauriti dall’accaduto, scapparono, e nonostante anche i prigionieri vicini alla cella di Agata le suggerissero di scappare, l’ormai quasi Santa continuò ad affermare di voler portare a termine il martirio per il suo Signore Gesù Cristo.
Tutto questo non fermò Quinziano, il quale ordinò che la fanciulla venisse arsa viva nel fuoco. Ma un terremoto interruppe la tremenda esecuzione, e la fanciulla fu portata ormai in fin di vita nella sua cella; con le braccia allargate in segno di preghiera, Agata morì poco dopo, attorniata da numerosi cittadini sia cristiani che pagani.
L’intera comunità cristiana si prese cura del giovane corpo della martire, seppellendolo secondo la tradizione. Tutto il valore del martirio subito dalla giovane fanciulla venne riportato su una tavoletta, posta nel sepolcro della martire, la quale recava l’incisione Mentem Sanctam Spontaneum Honorem Deo Et Patriae Liberationem (“mente santa spontanea, onore per Dio e liberazione della patria”) (fig.7); alcuni suppongono che tale tavoletta fu donata alla Santa da un giovane nobile, altri, invece, come lo storico medievale Guglielmo Durando, affermano che questa venne lasciata da un angelo.
Intanto Quinziano, fuggito e pronto ad appropriarsi dei beni della famiglia di Agata, morì proprio durante il tragitto, verso il fiume Simeto.
Sant’Agata fu da subito vista come un modello di donna cristiana da seguire, ricca nelle migliori virtù, dalla bellezza al coraggio sino alla pazienza e alla forza.
Il martirio della giovane Agata non è stato vano, in quanto rappresentò, nei secoli a venire, un modello di vita cristiana da condurre, con l’onore e la fedeltà che ha mostrato fino all’ultimo in Dio, nonostante le torture subite ingiustamente; ancora una volta il bene vince sul male, grazie al sostegno che Dio ha mostrato ad Agata.
Furono il suo grande coraggio e la forza nel proferire la fede cristiana ad attribuirle il ruolo di protettrice della città di Catania e dei suoi concittadini, ruolo dovuto alla sua intercessione con Cristo, a cui la giovane si legò col martirio (fig.8).
Bibliografia
Gaetano Zito, S. Agata da Catania, Bergamo, Editrice VELAR, 2004.
Vittorio Peri, AGATA la santa di Catania, Bergamo, Editrice VELAR, 1996.
Claudio Pescio, Augusta Tosone (a cura di), Agata santa Storia, arte, devozione, Firenze, Giunti, 2008.
Antonio Tempio, Agata cristiana e martire nella Catania Romana La vita, gli oggetti e i luoghi di culto, Catania, Giuseppe Maimone Editore, 2017.
Sitografia
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