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A cura di Adriana d’Arma

 

  

Come ogni anno, l’8 settembre si celebra la tradizionale ricorrenza in onore di Maria Santissima dell’Alemanna, divenuta patrona della città di Gela.

La festa, ancora oggi attesissima da parte della comunità cittadina, è un intreccio di cultura, storia e leggenda, memoria e fede; difatti, questa piccola icona d’arte bizantina (Fig. 1) costituisce la memoria storica di alcune vicende che coinvolsero la città di Gela nel periodo medievale.

 

Fig. 1 – Originale Icona bizantina, Maria Santissima dell’Alemanna.

 

Il culto della patrona, infatti, risale al XII secolo e trae origine dall’Ordine religioso Cavalleresco dei Teutonici di Santa Maria d’Alemanna (Ordo domus Sanctae Mariae Teutonicorum) – antico ordine ospedaliero – che nel 1220 si stanziò nella città di Gela fondando una cappella con annesso ospedale. La stessa area scelta dai Teutonici coincideva inoltre con quella di un antico edificio di culto greco risalente al VII-VI sec. a.C.

Tuttavia, non abbiamo una versione unica circa l’origine dell’effigie sacra, ma interpretazioni diverse: una di esse vuole che essa sia stata portata da alcuni viandanti, i quali, essendo ospitati dagli abitanti della città, la donarono in segno di ringraziamento ribattezzandola come “Madonna della Manna” (riferito probabilmente al nome della pianta manna); un’altra ipotesi vuole il dipinto realizzato da un’artista di passaggio e lasciato in quel luogo; un’altra tradizione ancora sostiene invece che l’immagine sia stata portata in città proprio dal sopracitato Ordine Teutonico; è quest’ultima ipotesi, in definitiva, a sembrare la più plausibile in quanto legata anche alla sua etimologia: Alemanna deriva infatti da Alemanni, termine con il quale si indicavano le popolazioni germaniche, e dunque riconducibile all’Ordine Teutonico.

 

La storia locale, i racconti popolari e le generazioni più antiche, però, ci tramandano che tale icona fosse stata sotterrata in una buca e nel 1476 rinvenuta miracolosamente da parte di un contadino intento ad arare la terra nei pressi dell’antico Santuario.

Ancora oggi si narra che questo contadino, resosi conto che i suoi buoi non proseguivano più il cammino, ipotizzò si potesse trattare di un ostacolo nascosto sotto il terreno. Messosi a scavare nella speranza di trovare un tesoro nascosto, si ritrovò tra le mani l’effige della Santissima Vergine. Sempre secondo la leggenda, nello stesso istante in cui il contadino trovò l’icona, i suoi buoi di inginocchiarono.

Il punto esatto in cui venne rinvenuto il quadretto della Vergine viene indicato oggi dietro l’altare maggiore (Fig. 2) dell’odierno Santuario dedicato a Maria Santissima dell’Alemanna.

 

Fig. 2 – Luogo in cui venne trovato il quadretto della Vergine.

 

L’edificio religioso vide, nel corso dei secoli, susseguirsi numerosi rifacimenti: nel 1400 venne edificato il santuario vero e proprio (sulla base della preesistente cappella del 1220) che, a causa della precaria struttura, crollò; nei secoli successivi, tra il 1700 e il 1800, sul santuario vennero effettuati altri interventi di costruzione e demolizione fino al 1911, anno in cui l’edificio venne riadattato a lazzaretto durante un’epidemia di colera che interesso il territorio gelese.

Varie vicissitudini interessarono l’edificio, anticamente definito “chiesa rurale”, che venne dotato di colonne ioniche, di una facciata in stile neoclassico, di sei finestre e di un campanile a vela. Solo nel 2017, tuttavia, venero ripresero le attività di promozione e valorizzazione e grazie al sostegno dell’intera popolazione e del Comitato, il Santuario, luogo di culto e di pellegrinaggio per i devoti abitanti della città di Gela, oggi gode di una nuova vita sancita dalla definitiva riapertura avvenuta il 31 agosto 2020 (Fig. 3).

 

Fig. 3 – Odierno Santuario di Maria SS. d’Alemanna.

 

L’icona della Santissima Madonna dell’Alemanna è un piccolo dipinto (67×52 cm) realizzato su tavola di quercia. Esso raffigura la Vergine che poggia delicatamente la guancia sul viso del Bambino il quale, a sua volta, è tenuto delicatamente in braccio dalla madre.

La veste della Madonna è di color marrone e adornata con un manto di colore blu, la cui estremità è finemente decorata con fregi e volute a girali color oro.

Il Bambino Gesù offre allo spettatore uno sguardo assorto e pensoso ed è abbigliato con una veste color amaranto scuro, anch’essa decorata in oro.

Il dipinto si caratterizza per una forte ricchezza decorativa, che interessa, del resto, anche lo sfondo, anch’esso contraddistinto dalla predominanza assoluta dell’oro.

Sebbene la datazione e l’autore siano molto discussi, la critica tende a ricondurre l’icona all’attività di maestranze bizantine; la tecnica del fondo oro, usato soprattutto per la realizzazione delle icone, compare dapprima in ambito bizantino e successivamente nel XII secolo in Italia. Essa prevede la stesura sulla tavola di sottili lamine d’oro (foglie) ricavate grazie al lavoro degli artigiani i quali martellavano delle monete d’oro e successivamente le univano ad altri elementi e sostanze vegetali.

L’oro simboleggia l’Eterno, elemento alla base di quel messaggio cristiano di cui l’opera vuole farsi carico; l’oro esalta le figure, le estrae dal contesto reale isolandole nel tempo e nello spazio. Annulla ogni consuetudine e rapporto con la quotidianità, ogni riferimento a paesaggi familiari o edifici riconoscibile, lasciando allo sguardo la verità assoluta del Divino.

 

Questa meravigliosa icona bizantina è collocata presso il Duomo della città e non all’interno del Santuario a Lei dedicato, presso il quale è custodita una copia fedele (Fig. 4).

 

Fig. 4 – Copia dell’icona bizantina presso l’odierno Santuario.

 

In occasione della Festa patronale la città è in grande fermento: tra i diversi momenti, religiosi e non, vanno ricordati la solenne processione dell’icona, la spogliazione dei bambini di fronte alla Vergine dell’Alemanna e tradizioni popolari quali il Palio dell’Alemanna e il cosiddetto gioco del “paliantino”.

La ricorrenza della festa dell’Alemanna è ormai da anni una particolare tradizione popolare che attrae in chiesa una moltitudine di fedeli che, in quel giorno, vogliono rendere omaggio alla Patrona, alla Santissima Maria dell’Alemanna e a quell’icona tanto piccola quanto preziosa.

 

Le figure 2,3 e 4 sono state scattate dalla redattrice.

 

 

Bibliografia

Mulè, La chiesa Madre di Gela e il culto di Maria SS. D’Alemanna, Gela, Aliotta, 1985.

Vicino, Gela-Monumenti antichi, Raccolti di studi sui beni culturali e ambientali, Caltanissetta, Vaccaro, 1992.

 

 

 

 

 

 

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