A cura di Francesca Strada
Introduzione
L’abbazia è da sempre nell’immaginario collettivo un luogo di culto e di sapere, dove la religione e lo studio caratterizzano le giornate di coloro che la popolano. Nella città di Forlì è possibile ammirare una badia dalle origini assai antiche, il cui aspetto l’ha resa uno dei simboli della località: l’Abbazia di San Mercuriale. Ferita ma sopravvissuta ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, è un piccolo gioiello nel cuore della Romagna, insignita del titolo di “Basilica minore” nel 1958.
Storia
L’abbazia sorge sui resti di un’antica pieve, presumibilmente dedicata al protomartire, distrutta nel XII secolo da un incendio scatenato da disordini politici interni alla città, per poi essere ricostruita in nuove forme e dedicata a San Mercuriale, colui che, secondo i racconti, avrebbe impedito a un drago di continuare a terrorizzare gli abitanti con le sue empietà. Nel basso Medioevo, l’abbazia forlivese acquistò prestigio e divenne un punto di riferimento.
Il campanile
Con un’altezza di 72 metri, il campanile dell’abbazia svetta sulla città di Forlì, mostrandosi in tutta la sua imponenza. La sua importanza non è circoscritta alla provincia romagnola, ma si estende ben oltre, infatti, fu il modello studiato per la ricostruzione del Campanile di San Marco a Venezia dopo il crollo del 1902.
La facciata
La facciata del tempio è di stampo romanico, decorata da un rosone volto ad alleggerire la massiccia arcata centrale, nella quale spicca il portale in pilastri marmorei, sovrastato dalla lunetta dell’Adorazione dei Magi del XIII secolo, probabilmente ad opera del Maestro dei Mesi di Ferrara, che comprende, non solo l’incontro con la Vergine, ma anche il Sogno dei Magi, riportando alla memoria la celebre immagine del Capitello di Autun. Le figure presentano un rilievo estremamente marcato, parendo, a un occhio distratto, statue a tutto tondo.
Il Monumento funebre a Barbara Manfredi
Entrando nella chiesa, una giovane donna accoglie il visitatore, giace dormiente con il capo adagiato su un morbido cuscino, è Barbara Manfredi, moglie di Pino III Ordelaffi, signore di Forlì. Morta all’età di ventidue anni, la figlia del signore di Faenza fu tumulata nella chiesa di San Biagio, distrutta durante i bombardamenti; il monumento funebre venne quindi trasportato nell’abbazia. La straordinaria opera è frutto del lavoro dell’artista fiesolano Francesco di Simone Ferrucci.
La cappella dei Ferri

Un nome del tutto singolare è quello della Cappella dei Ferri, forse in riferimento alle inferiate presenti nella cancellata marmorea al suo ingresso. Nella cappella possiamo trovare l’Immacolata col Padre Eterno in gloria e i santi Anselmo, Agostino e Stefano, una pala d’altare presentante una tavola centrale e una lunetta superiore, ad opera del celebre artista forlivese Marco Palmezzano, che qui lasciò alcuni dei suoi capolavori, conservati nel Museo Civico, ma anche nella basilica. Nella tavola i santi Anselmo e Agostino sono rivolti alla Madonna, che assorta contempla l’Eterno, mentre, alla destra di lei, Santo Stefano regge il Vangelo. Sullo sfondo, incastonata in uno splendido paesaggio montuoso, si scorge la città di Forlì con il campanile dell’abbazia.
La cappella Mercuriali
La navata di destra termina con una suntuosa cappella: la Cappella Mercuriali, richiesta da Girolamo Mercuriali, padre della fisiatria, per seppellire degnamente il figlio Giovanni. La personalità illustre di Girolamo valse al figlio una cappella altrettanto maestosa; uomo colto e ben istruito, il Mercuriali scrisse il primo trattato al mondo sulle malattie della cute e fu teorico della medicina sportiva, venne insignito del titolo di conte palatino dall’imperatore Massimiliano II.
La decorazione ad affreschi della cappella è di incerta attribuzione, ma si riconosce la mano di Ludovico Cardi nella pala di San Mercuriale che doma il drago e quella di Domenico Cresti nella Madonna e i Santi Girolamo e Mercuriale. Con un successivo restauro, la cappella fu destinata a uso famigliare e, per suo volere, quivi fu sepolto anche l’illustre medico, ricordato con una lapide commemorativa.
Il Chiostro dei Vallombrosani
Il complesso presenta un elegante chiostro, noto come il Chiostro dei Vallombrosani, costruito intorno al XV secolo, presenta al centro ancora uno splendido pozzo seicentesco, sfuggito ai danni bellici. Sul finire degli anni ’30, venne proposto il suo abbattimento per consentire un più agevole passaggio alla piazza retrostante; tuttavia, l’ingegnere Gustavo Giovannoni si oppose, proponendone il restauro e l’abbattimento del muro esterno per creare una via d’accesso senza distruggere quest’opera secolare.
Bibliografia
Marco Viroli e Gabriele Zelli, Forlì. Guida alla città, Diogenebooks, 2012
Quanto ti è piaciuto l'articolo?
Fai clic su una stella per votarla!
Media dei voti: 4.3 / 5. Totale: 12
Nessun voto finora! Sii il primo a votare questo post.