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A cura di Arianna Marilungo

 

 

Il percorso sulle tracce di Carlo Crivelli che abbiamo intrapreso mesi fa (Trittico di Montefiore, il tema Mariano e il Polittico di Massa Fermana) continua con questa tappa che ci conduce ad Ascoli Piceno, precisamente nella cattedrale di Sant’Emidio dove è conservato un polittico di luminoso splendore.

Noto come il Polittico di Sant’Emidio (fig. 1), datato e firmato OPVS KAROLI CRIVELLI VENETI 1473, è una tempera su tavola conservata integra nella cappella del Santissimo Sacramento e chiude il capitolo più produttivo e creativo dell’artista veneziano. Senza dubbio questa è un’opera di rilevante importanza per la sua complessità, la raffinatezza decorativa e per la quantità di pannelli che la compongono. Resta tuttora incerta la commissione: la critica è divisa nell’attribuirla al vescovo Prospero Caffarelli[1] o al Capitolo della Cattedrale[2]

 

La critica tardo ottocentesca non ha risparmiato valutazioni inclementi nei confronti di questo polittico reputandolo lontanissimo dai valori classicheggianti toscani dell’epoca. Lionello Venturi lo definì “plasticamente debole e privo di grazia” (Venturi, 1907) mentre, ancor prima di lui, Cavalcaselle lo descrisse come “sgradevole e sfigurato nel grottesco” (Cavalcaselle, 1871).

Si tratta, invece, di un’opera di grande merito non solo per la tecnica pittorica e per l’alta interpretazione scenica, ma anche per la preziosissima cornice lignea entro cui è incastonata e che è pervenuta intatta fino ai nostri giorni.

La rappresentazione si dipana su tre registri di diversa altezza e presenta 21 figure inserite in scomparti delimitati da colonnine dal gusto goticheggiante: la predella, il registro centrale ed il registro superiore che formano una Sacra Conversazione di acuta espressività e cadenzata da chiari ritmi figurativi simmetrici (fig. 2).

 

Dopo il sisma del 2016 che ha colpito il centro Italia, il Polittico è stato sottoposto ad un intervento di restauro che ha riportato alla luce il suo antico splendore ed il 09 ottobre 2021 è stato ricollocato nella sua sede originaria.

 

La predella

Nella predella, l’unica attribuita all’artista rimasta integra, Crivelli sviluppa il tema già trattato nel polittico di Montefiore dell’Aso in un modus operandi più conciso che si sviluppa a partire dalla figura centrale del Cristo Salvatore del Mondo affiancato da dieci Santi rappresentati in coppia ed in contrapposizione di tipi, stati d’animo e impostazione spaziale. Tutte le figure, invece, sono accumunate da una tensione lineare mimica che “arriva all’umorismo paradossale, caricaturale e grottesco” (Zeri, 1961).

Nel comparto centrale di questo registro affiancano il Salvator Mundi San Pietro Apostolo, alla sua sinistra, e San Paolo, alla sua destra (fig. 3).

 

A destra di questo comparto ve ne sono due che rappresentano: San Bartolomeo e San Giacomo Minore, San Giovanni ed un Santo Apostolo (figg. 4 e 5).

 

I due a sinistra del pannello centrale rappresentano, rispettivamente: Sant’Andrea e San Giacomo Maggiore, San Matteo ed un Santo Apostolo (figg. 6 e 7).

 

Le figure della predella sono state colte in gesti semplici e concreti che animano le scene grazie ad un ritmo figurativo delicato e conciso che trasfigura la realtà rendendola astratta[3].

 

Il registro centrale

Il registro centrale si compone di cinque scomparti, di cui quello centrale è il più grande e rappresenta la Madonna seduta su un trono marmoreo con il Bambin Gesù in braccio che sorregge una mela (fig. 8). Proprio nella parte bassa di questo pannello (136×66 cm) c’è la firma dell’artista: OPVS KAROLI CRIVELLI VENETI 1473. La scena traduce lo schema figurativo della Madonna in trono di Porto San Giorgio (fig. 9) in forme cadenzate con maggior regolarità nello spazio e modellate con maggior consapevolezza dei dettagli.

 

Il primo pannello da sinistra mostra un San Pietro Apostolo (fig. 10) dall’aspro incarnato che emana una forza espressiva di grande rilievo. Lo affianca la figura di San Giovanni Battista (fig. 11): contratto, a tratti sofferente, emaciato e finemente descritto nei suoi dettagli anatomici.

 

San Paolo (fig. 12) e Sant’Emidio chiudono a destra il registro centrale. Il primo, rappresentato nel pannello più esterno, viene mostrato come una figura lunga ed asciutta. La sua mano che sfoglia nervosamente il libro cattura l’attenzione dell’osservatore. Alla sua destra c’è la figura di Sant’Emidio (fig. 13), titolare della cattedrale, patrono e primo vescovo della città. Caratterizzano la sua figura gli eleganti paramenti sacri finemente decorati e la luminosità del volto.

 

Il registro superiore

Chiude il polittico il registro superiore, anch’esso composto di cinque pannelli che si diramano a partire da quello centrale che rappresenta la Pietà (fig. 14). Sotto ad un arco ribassato si apre la scena: le quattro figure sono perfettamente incastonate in un piccolo spazio grazie ad un sapiente uso dello strumento prospettico, creando uno spazio tridimensionale.; il ritmo compositivo che ne nasce sembra interpretare chiaramente il dolore e la sofferenza per la scena rappresentata.

 

I due pannelli di sinistra rappresentano Santa Caterina d’Alessandria, con i simboli che le sono propri (la palma e la ruota dentata del martirio), e San Gerolamo, che reca in mano una Chiesa dalle sembianze dell’antico battistero di Ascoli Piceno (figg. 15 e 16).

 

A destra i due pannelli raffigurano San Giorgio (fig. 17) e Sant’Orsola. Il primo, che affianca il pannello centrale, è riconoscibile dalla gioiello-spilla che rappresenta un drago, dalla spada, con cui la leggenda narra che lo abbia ucciso, e dalla palma del martirio. Anche Sant’Orsola (fig. 18), figura che chiude, all’estrema destra, il registro superiore, reca gli attributi che iconograficamente le sono propri: la palma del martirio, le frecce che la uccisero ed il vessillo bianco con croce rossa, segno della sua vittoria sulla morte[4].

 

Questa tavola, uno dei massimi capolavori del Crivelli, presenta grande coerenza di stile in tutte le sue parti, sia pittoriche che decorative. Lo storico dell’arte Pietro Zampetti definisce il linguaggio stilistico utilizzato dall’artista “metafisico” poiché mira a trascendere la realtà. Le figure, infatti, sembrano venire fuori dal fondo dorato improvvisamente, senza alcun riferimento a cenni paesaggistici[5].

 

 

 

Note

[1] È stato un cardinale italiano romano di nascita e vissuto nel XV secolo. Fu nominato vescovo di Ascoli Piceno l’11 dicembre del 1463.

[2] Anna Bovero (a cura di), L’opera completa del Crivelli, Rizzoli Editore, Milano, p. 90

[3] Pierlugi De Vecchi (a cura di), Itinerari Crivelleschi nelle Marche, Maroni, Ripatransone (AP), 1997, p. 325

[4] Idem, pp. 90-91

[5] Pierluigi De Vecchi (a cura di), cit., p. 325

 

 

 

Bibliografia

Anna Bovero (a cura di), L’opera completa del Crivelli, Rizzoli Editore, Milano, 1975

Pierluigi De Vecchi (a cura di), Itinerari Crivelleschi nelle Marche, Maroni, Ripatransone (AP), 1997

Pietro Zampetti (a cura di), Carlo Crivelli, Nardini Editore, Firenze, 1986

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