A cura di Adriana d’Arma
A pochi passi dai Quattro Canti di Palermo, esattamente nel quartiere Kalsa, si trova una delle più belle e popolari piazze della città: Piazza Pretoria (Fig. 1), al centro della quale si colloca l’omonima fontana, così chiamata per via del principale ingresso del Palazzo municipale – già residenza del Pretore cittadino – che si apre su di essa.
La Fontana Pretoria
La Fontana Pretoria si presenta circondata su tre lati da antichi edifici: il Palazzo Pretorio, la chiesa di Santa Caterina e due palazzi baronali, Palazzo Bonocore e Palazzo Bordonaro (quest’ultimo tristemente abbandonato). Il quarto lato, infine, si affaccia su via Maqueda.
Considerata uno dei monumenti più iconici della città, la fontana Pretoria narra al visitatore che si approccia ad essa una storia lunga ed appassionante, che tuttavia in pochi conoscono (Fig. 2).
La sua costruzione risale al 1554 ad opera del famoso architetto e scultore italiano Francesco Camilliani. Tuttavia tale fontana non è stata progettata per l’attuale piazza in cui si trova, bensì per decorare il giardino della villa fiorentina di don Luigi di Toledo, fratello della granduchessa Eleonora di Toledo. Per il progetto della fontana fu scelto un materiale di grande effetto scenico nel verde dei giardini: il marmo bianco di Carrara.
Spinto dai debiti, don Luigi fu costretto a vendere la fontana al Senato palermitano. L’idea del Senato era quella di collocare la fontana nel piano del Pretorio, abbattendo alcune case per recuperare spazio, arredandolo prestigiosamente in un periodo in cui si stavano effettuando degli interventi urbani migliorativi, che includevano tra l’altro l’ampliamento del Cassaro.
Quella per la fontana fu sicuramente una spesa non indifferente, e in un momento in cui la città versava in uno stato di miseria essa divenne il monumento simbolo della corruzione politica e civile della città acquisendo il non gradito appellativo di Fontana della Vergogna.
Tale epiteto si lega, tuttavia, anche ad altre dicerie: la “Vergogna” a cui ci si riferisce sarebbe anche quella delle suore di clausura dell’adiacente monastero di Santa Caterina, costrette a coprirsi ripetutamente il volto ogni volta che attraversavano la piazza per non osservare le nudità delle statue. Si narra infatti che che le stesse suore, una notte, uscirono dal convento per distruggere le parti intime maschili e per non dover più tollerare tale visuale.
Il complesso, trasportato su una nave, approdò nella città di Palermo, smembrato in 644 pezzi, nel 1573; tuttavia, il gruppo scultoreo che giunse in città era incompleto, mutilo di alcune statue che in parte vennero danneggiate durante il tragitto, in parte furono trattenute dal proprietario.
Il complesso monumentale è ricco, e conta ben trentasette statue in marmo di Carrara, alcune delle quali sono rappresentazioni di divinità (Fig. 3).
Tra le figurazioni scultoree umane trovano spazio anche delle figure animali (Fig.4), divinità pagane ed eroi mitologici (Orfeo con Cerbero, Ercole e l’Idra trifauce ecc.), mostri e ninfe del mare, creature per metà uomini e per metà pesci, come i Tritoni e le Nereidi, una ninfa d’acqua dolce con Pegaso. Completano la curiosa rassegna di animali fantastici cariatidi, satiri, pesci-cavalli emergenti dalle nicchie.
La fontana Pretoria presenta una pianta ellittica, con vasche d’acqua concentriche sul cui bordo giacciono statue allegoriche dei fiumi di Palermo: l’Oreto, il Papireto, il Gabriele e il Kemonia. Essa si sviluppa in più livelli ai quali si accede attraverso delle piccole scalinate, dove si possono ammirare teste di animali e mostri mitologici, dalla cui bocca sgorga acqua (Figg. 5-6) nonché altre figure mitologiche tra cui si riconoscono Venere, Adone, Ercole, Apollo, Diana e Pomona.
Probabilmente lo stesso architetto Camilliani fu fonte di ispirazione per Gianlorenzo Bernini il quale, circa cento anni dopo in Piazza Navona a Roma, realizzò la celeberrima Fontana dei Quattro Fiumi nella quale quattro statue raffigurano i principali corsi d’acqua di ogni continente: il Gange per l’Asia, il Rio della Plata per l’America, il Danubio per l’Europa, il Nilo per l’Africa.
Il giardino di don Luigi di Toledo costituisce un esempio eloquente di quel passaggio dal gusto rinascimentale – tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento – a quello più propriamente manierista, in cui l’arte e la natura si confrontavano, all’interno dei giardini, a creare uno scenario magico fatto di allegorie, giochi d’acqua e percorsi labirintici che avevano lo scopo di coinvolgere il visitatore tanto nella sua sfera emozionale quanto in quella intellettiva.
Ad oggi la fontana Pretoria è protetta da una cancellata in ferro battuto concepita e realizzata dall’architetto Giovanni Battista Filippo Basile nel 1858.
La fontana pretoria, uno dei simboli più rappresentativi di Palermo che ancora oggi si manifesta agli occhi dei visitatori in tutta la sua meravigliosa imponenza architettonica e decorativa (Fig. 7), venne celebrata, del resto, anche dallo stesso Giorgio Vasari nella Vita dell’architetto Camilliani:
“Fonte stupendissima che non ha pari in Fiorenza, né forse in Italia: e la fonte principale, che si va tuttavia conducendo a fine, sarà la più ricca e sontuosa che si possa in alcun luogo vedere, per tutti quegli ornamenti che più ricchi e maggiori possono immaginarsi, e per gran copia d’acque, che vi saranno abbondantissime d’ogni tempo”. (Vasari-Milanesi, IVV. P. 628).
Tutte le fotografie sono state scattate dalla redattrice dell’articolo.
Bibliografia
De Castro e M. R. Nobile, L’eroico e il meraviglioso. Le donne, i cavalier, l’arme…in Sicilia. Un mondo di immagini nel V centenario dell’Orlando Furioso, Palermo, Caracol, 2017.
La Monica, La Fontana pretoria di Palermo analisi stilistica e nuovo commento, Palermo, Pitti, 2006.
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