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A cura di Valentina Fantoni

 

Rocchetta Mattei: ecclettismo ed elettromeopatia sull’Appennino bolognese

Rocchetta Mattei è un edificio dal fascino misterioso, affascinate ma al tempo stesso sfuggevole: è commistione di arte, scienza, cultura e spettacolo. Questo edificio, più volte definito “magico”, si trova nel comune di Grizzana Morandi, in provincia di Bologna, facente parte dall’Unione dei comuni dell’Appennino bolognese. Il toponimo del comune venne modificato nel 1985 per omaggiare il pittore Giorgio Morandi che passò lunghi periodi a Grizzana, come dimostrano alcuni suoi dipinti. La Rocchetta si staglia su un colle, alto circa 300 metri, su quella che viene chiamata Valle del Limentra, un territorio particolarmente affasciante ed interessante per l’origine dei suoi borghi medievali (La Scola, Montovolo, Tudiano, Poggio di Veggio, Poggio Mezzano).

 

Il Conte Cesare Mattei

L’origine della Rocchetta è abbastanza recente. Fu eretta nel 1850 per volere di un uomo il cui fascino e mistero diedero vita alla magnificenza dell’edificio in tutti i suoi aspetti.

Quest’uomo fu il conte Cesare Mattei (1809-1896). Il Mattei era un uomo di umili origini: i genitori, originari di Scascoli (frazione di Loiano, in provincia di Bologna) erano contadini piuttosto agiati, e col tempo acquistarono diversi terreni e proprietà tra Bologna e provincia. Tra le varie proprietà figurava un palazzo in via Mazzini 46 (oggi Strada Maggiore), che giocherà un ruolo importante nella vita e nella carriera del Mattei.

Formatosi presso l’Alma Mater con alcuni dei più noti ed importanti precettori ed intellettuali del tempo, Cesarei Mattei fu un uomo di grande interesse e cultura. Nel 1837 fu tra i cento membri fondatori della Cassa di Risparmio a Bologna, aspetto che si rivelerà curioso se si pensa che 168 anni dopo questo evento la stessa Cassa di Risparmio, tramite la sua Fondazione, prenderà possesso della Rocchetta per ripristinare il suo splendore grazie ad un’importante impresa di restauro conservativo nel 2005. Nel 1847 ottenne il titolo di Conte, in seguito alla donazione di alcuni suoi possedimenti presso Comacchio a Papa Pio IX, zone al tempo di grande importanza strategica, poiché ai confini tra lo Stato Pontificio e i territori controllati dall’Impero Austriaco. Poco tempo dopo aver ricevuto tale riconoscimento, il Mattei acquistò i terreni in cui avrebbe poi eretto il suo castello, la Rocchetta.

 

L’elettromeopatia

Il Mattei, a seguito di un doloroso lutto nel 1840 per la scomparsa della madre, sviluppò una progressiva sfiducia nei confronti della medicina tradizionale, dedicandosi da autodidatta allo studio della medicina alternativa, quella che sarebbe stata poi chiamata omeopatia. Per farlo si ritirò dapprima nella sua tenuta di Vigorso, e successivamente presso il suo laboratorio per eccellenza, la Rocchetta. Quello che fece in più rispetto a Samuel Hahnemann, fondatore dell’omeopatia, fu quello di lavorare e sperimentare una nuova teoria medica: l’elettromeopatia. Questa nuova medicina offriva dei farmaci basati sullo studio che il Mattei aveva condotto sui fluidi elettrici. Secondo tale tesi, avvalorata dalla medicina ufficiale, il corpo umano possiederebbe due cariche elettriche opposte, una positiva e l’altra negativa, che se non ben equilibrate possono portare a importanti scompensi nell’organismo, come gravi patologie.

I farmaci elettromeopatici del Mattei, suddivisi a seconda delle loro specificità terapeutiche, ebbero un grandissimo successo, tanto da essere importanti a livello internazionale. Inoltre, numerosi furono i personaggi illustri del tempo a recarsi presso le sale del Mattei per farsi curare, tra questi: Alessandro Zar di Russia, il maresciallo Radetzsky, Gioacchino Rossini. Altri invece li ricevano direttamente presso le proprie dimore, come l’Imperatrice Elisabetta (Sissi). Addirittura, lo scrittore russo Dostoevskij ne citò l’efficacia in uno dei dialoghi del romanzo I Fratelli Karamazof. La composizione di questi medicinali era segreta, o meglio gli ingredienti e quindi la ricetta erano noti, ma il Mattei si guardava bene dal rendere noto l’esatto procedimento, motivo per il quale in seguito alla sua morte si perse progressivamente l’efficacia del farmaco.

 

La nascita di Rocchetta Mattei

Il Mattei acquistò i terreni su cui un tempo si ergeva un castello di proprietà della Contessa Matilde da Canossa, l’antica Rocca di Savignano, ma da alcuni studi più recenti viene confermata la presenza di resti addirittura etruschi, non solo medievali. La costruzione della Rocchetta iniziò nel 1850 per concludersi una settantina di anni dopo per mano di Mario Venturoli Mattei, fedele aiutante del Mattei e suo figlio adottivo. Il conte partecipò in prima persona ai lavori, essendo l’ideatore e l’artefice di ogni aspetto del suo castello, tanto da posare egli stesso la prima pietra. Già nel 1859 la Rocchetta era abitabile, diventando così la residenza stabile del conte per il resto della sua vita.

In seguito alla morte del Mattei nel 1896, si occuparono dell’edificio e della produzione dei farmaci, e quindi dell’attività elettromeopatica, i suoi eredi: il figlio adottivo Mario Venturoli portò a compimento i lavori in Rocchetta che il conte non era riuscito a terminare, e parallelamente la governate Maria Bonaiuti si occupò della produzione dei farmaci. Alla morte del Venturoli nel 1937 l’attività passo alla moglie Gianna Longhi e successivamente ai suoi eredi. Dal 1969 il laboratorio in cui si producevano i farmaci, in Strada Maggiore 46, venne chiuso, gli ultimi eredi sperperano le ricchezze della famiglia e così scomparve l’impero elettromeopatico che il Conte aveva fatto nascere. La Rocchetta stessa subì un destino nefasto: in seguito alla Seconda guerra mondiale il castello venne requisito dai tedeschi, costringendo la vedova Venturoli a rifugiarsi a Bologna. Non tardarono saccheggi e distruzione da parte delle truppe tedesche e poi da quelle alleate, ma anche da semplici civili. Vennero dunque distrutti e portati via molti degli arredi e dei mobili pregiati che adornavano gli ambienti della Rocchetta. Nel 1959, in seguito alla vendita della Rocchetta a Elena Sapori e marito, una delle costruzioni adiacenti venne trasformata in albergo, con annesso ristorante e accesso al parco. Purtroppo, la Rocchetta venne progressivamente abbandonata e lasciata al proprio destino, fino al 1989 quando si decise di chiuderla per ragioni di sicurezza e stabilità strutturale. Grazie all’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna è stato possibile recuperare lo splendore della Rocchetta e così permettere nuovamente di visitarla a chi era desideroso di farlo. I restauri sono stati lunghi, meticolosi e ben fatti. Iniziati nel 2006 e durati circa 10 anni, la Rocchetta è tornata ad essere visibile il 9 agosto 2015. Da quel momento è sempre stata aperta nei giorni di sabato e domenica per visite, suddivise per orari e gruppi, grazie alla formazione di guide in grado di accompagnare i visitatori negli ambienti recentemente restaurati. Quello che ora è visibile risulta essere i 2/3 dell’edificio, dal momento che una parte dell’edificio è ancora bisognosa di importanti restauri.

 

Dentro a Rocchetta Mattei

L’aspetto che più colpisce di questa dimora-castello è il suo fascino: ogni scorcio, ogni angolo colpisce l’attenzione di chi vi sta passando, mostrando alternanze di diversi stili architettonici, da quello romanico, al moresco e il liberty, di colori, di forme e di materiali.

L’ingresso al castello avviene sulla destra della possente roccia che ospita l’intera costruzione, affiancata a sinistra da una possente torre rotonda di chiaro stile romanico. Al centro della torre si colloca un’elegante porta-finestra in stile moresco, con un particolare balconcino formato dalla metà di un pulpito romanico in pietra, sul quale compaiono due degli animali simboleggianti gli Evangelisti: il toro per San Luca e l’aquila per San Giovanni. Il portale di ingresso riporta invece una lapide sulla quale venne inciso: “Il Conte Cesare Mattei – sopra le rovine di antica rocca – edificò questo castello dove visse XXV anni – benefico ai poveri – assiduamente studioso – delle virtù mediche dell’erbe – per la qual scienza ebbe nome in Europa – ed era cercato dagli infermi il suo soccorso – Mario Venturoli Mattei – compié l’edificio – e secondo il voto di lui – nel X anno dalla morte – ne portò qui le ceneri – con amore e riconoscenza di figlio. – il III Aprile MCMVI”[1].

Ad accogliere il visitatore, una volta varcato l’ingresso, vi è un piccolo atrio e un arco dalla forma di fiamma, sormontata nella parte che viene lasciata alle spalle di chi entra da una testa di leone incastonata in una cornice elegante e rotonda. Segue poi una lunga ed ampia scalinata scoperta, i cui gradini furono ricavati da un unico pezzo di pietra proveniente dalla cave di Montovolo. Sulla sinistra della scala compaiono tre finestrelle e una balaustra in pietra ospitante sculture simboliche. Ad ammonire i visitatori lungo il percorso una statua di un ippogrifo, animale alato, simbolo esoterico e magico. Dall’altra parte della scalinata un’altra statua scruta chi di passaggio: è quella della testa di Giove barbuto.

 

Percorsa la scalinata si giunge al portone d’ingresso, sormontato da tre piccoli leoni, animale simbolo di potenza. Alla sinistra del portone un’altra scultura accoglie il visitatore: un’arpia che sorregge un mappamondo, esplicito simbolo massonico scelto dal Mattei. Inoltre, nella zona che precede l’ingresso al castello, il conte aveva fatto collocare dei simboli esoterici negativi, per rappresentare la medicina tradizionale che tanto ripudiava, mentre all’interno, dove somministrava i suoi medicinali, i simboli che accompagnavano il visitatore erano invece di segno positivo. Il portone, già esistente al tempo del Mattei, formato da quattro elementi policromi a forma di ruota, motivo ripreso anche nella lunetta sovrastante, introduce a un breve passaggio coperto, dalle pareti rosse decorate da motivi geometrici a zig-zag.

Una volta varcata la soglia, appare la volta dell’arco di ingresso, che introduce al cortile centrale, sorretta da due telamoni: uno bianco, rappresentante il bene, e uno rosa, rappresentante il male. Queste sculture in pietra, di epoca medievale, risalgono al XII secolo. Al di sopra della volta compare un balcone, in stile romanico, le cui mensole di sostegno si dicono provenienti da un monumento funebre attribuito a Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne, scultori veneziani del XII secolo. Il balcone cela alcune delle stanze del castello: la Stanza Bianca, anche detta Stanza del Papa, che il Mattei fece realizzare appositamente in previsione di una visita da parte del pontefice Pio IX in seguito alla sua designazione a conte. Purtroppo per il conte questa visita non avvenne mai. Il resto della parete sovrastante la volta e il balcone, racchiusa tra due piccole guglie, è di ispirazione moresca. Osservando il cortile centrale è evidente la forza dell’influenza architettonica moresca: le decorazioni geometriche e le eleganti finestre che circondano le pareti sono sormontate da piccole croci, formate da cinque elementi a forma di rombo. Al centro del cortile si erge una monolitica fontana in pietra, ricavata da una vasca battesimale del XII-XIII secolo, proveniente dalla Pieve di Verzuno.

 

Nella parete di fronte all’ingresso del cortile, una porta contornata da una cornice sinuosa e arancione, sormontata da piccole formelle di terracotta disposte a scacchiera, permette l’accesso a uno degli spazi più rappresentativi del castello: la Sala dei Novanta. Il nome deriva dal desiderio del conte di celebrare il suo novantesimo compleanno in compagnia di novanta suoi coetanei, ma purtroppo il Mattei morì all’età di 87 anni. La sala è a pianta esagonale ed è illuminata e arieggiata da tre porte-finestre in vetro e ferro battuto in stile liberty, ognuna delle quali consta di un balcone che si affaccia sul paesaggio, e da quello centrale è possibile accedere al parco del castello. Il soffitto, di dieci metri di altezza, è decorato da un cielo stellato e adornato da un lampadario in elegante vetro e ferro battuto, mentre il ritratto del Conte è collocato al centro di una rotonda e colorata vetrata in corrispondenza della porta centrale. Alle spalle del visitatore, sulla porta compare un balcone in legno, dietro il quale si cela la Loggia delle Uri, uno degli ambienti in attesa di restauro. Accanto all’ingresso due eleganti mobili con sedile rafforzano il gusto liberty dell’ambiente, come altri due mobili gemelli affiancano la porta-finestra centrale.

Gli elementi e gli arredi in stile liberty presenti nella Rocchetta sono risalenti agli interventi del Venturoli, e quindi in seguito alla morte del Conte.

Dall’atrio della Sala dei Novanta si accede a una scala ripida e stretta che conduce alla porta della Cappella, il luogo più ammirato e conosciuto della Rocchetta. La sala fu ideata e iniziata dal Mattei e portata a termine dal Venturoli. L’ispirazione è stata chiaramente la cattedrale-moschea di Cordova, per l’elegante gioco dei numerosi archi bicromi. L’ambiente è composto da tre navate, divise da colonne rotonde di colore bianco che a loro volta sorreggono colonne quadrate, decorate da strisce regolari bianche e nere, dalle quali partono archi a ferro di cavallo, anch’essi bianchi e neri, che raggiungono l’alto soffitto decorato con disegni di stile moresco nei riquadri. Alcuni affreschi sono presenti nelle lunette alla base degli archi, con le figure di San Pietro, San Giovanni e San Paolo. I materiali impiegati per la realizzazione di questa sala sono molto eterogenei: si va dal marmo, alla pietra, ai telai lignei rivestiti di compensato, alla tela utilizzata per i riquadri del soffitto.

Dalla cappella, proseguendo il percorso si giunge a un altro degli spazi più affascinanti della Rocchetta: il Cortile dei Leoni. Di chiara ispirazione moresca, il cortile si rifà al più monumentale Patio de Los Leones dell’Alhambra di Granada, costituendo così il cuore moresco del castello. Il cortile è contornato da uno stretto portico sorretto da colonne rotonde e sottili, dagli eleganti capitelli, sui quali poggiano colonne quadrate più larghe che affiancano degli splendidi archi polilobati. Al di sopra di ciascun arco compaiono scritture in caratteri cufici, la scrittura araba del VII-X secolo, con l’iscrizione: “Dio (o Allah) solo è il conquistatore”. Dai quattro angoli del cortile partono quattro canalette che confluiscono nella sezione centrale del cortile, decorata da una vasca ottagonale. Al centro, su un basamento a forma di croce, si ergono le figure di quattro fieri leoni, che sorreggono una fontana riccamente decorata. Le pareti interne del cortile sono decorate da motivi geometrici riportati su finissime piastrelle di maiolica azuleios provenienti dalla manifattura di Siviglia. In alcune sezioni le pareti sono mancanti delle piastrelle a causa del deturpamento del luogo avvenuto in seguito all’occupazione del castello durante la Seconda guerra mondiale.

 

Superato il Cortile dei Leoni, si accede alla Sala della Musica, ambiente che prende il nome per la presenza di un pianoforte di notevole pregio. I mobili all’interno di questa sala sono autentici, tra i pochi rimasti dei numerosi e preziosi arredi della Rocchetta. L’ambiente, dipinto di verde pallido, riporta un’elegante boiserie, alla cui altezza si incontrano quattro doppie colonne sulla cui parte alta si mostrano gli stemmi della famiglia del conte.

Altra sala che segue lungo il percorso è la Sala Verde, una piccola stanza dalla pianta rotonda, rivestita in legno fino per circa la metà della sua altezza, per concludersi con una bellissima tappezzeria di colore appunto verde. Il soffitto è a cassettoni intarsiati e una grande doppia finestra illumina l’ambiente offrendo una maestosa vista sulla vallata.

Salendo su per una scala, da questo punto è possibile arrivare alla loggia sopraelevata dove si trova la tomba del conte. Dall’alto della loggia è possibile ammirare il gioco geometrico degli archi della cappella sottostante. A dominare lo spazio del balcone è il grande sarcofago di maioliche colorate in stile liberty, opera della Manifattura Minghetti di Bologna, dove riposano le spoglie mortali del conte Cesare Mattei. La tomba è priva di nomi e di date, nel rispetto delle volontà del conte che volle solamente riportata un’iscrizione.

Un’altra sala a cui è possibile accedere è quella chiamata Sala dell’Oblio (o Stanza del Venturoli), che si affaccia sul Cortile dei Leoni. Le pareti sono intonacate da un verde pallido con rifiniture in legno pregiato. Il Venturoli portò a termine questa stanza e vi abitò, per questo è possibile pensare che la lettera M che appare sulla porta-finestra sia da riferirsi al suo nome. Il pavimento in legno intarsiato offre un effetto tridimensionale alla stanza grazie alle sue forme quadrate e romboidali.

Un’altra piccola stanza che si affaccia sulla vallata è la Sala Gialla, arieggiata da una finestra decorata con una colorata vetrata e illuminata da una pregiata tappezzeria gialla.

Altra stanza portata a termine grazie all’intervento del Venturoli è la Sala della Pace, così chiamata per celebrare la vittoria nella guerra del 1915-18, in cui compare la scritta PAX in oro sulla porta d’ingresso. La sala è illuminata da ampie portefinestre, incorniciate da legni intarsiati e scolpiti nelle parti superiori, mentre in quelli inferiori il legno è artificialmente dipinto. Degni di nota sono il lampadario in alabastro, restaurato, e il pavimento ligneo a spina di pesce e la sontuosa tappezzeria rossa che circonda tutto l’ambiente.

Particolare è la Sala Rossa (o Studio del Conte): è divisa in due sezioni da quattro sottili colonne bianche dalle decorazioni azzurre a zig-zag, originariamente in bianco e nero, a sorregger tre archi polilobati. Al di sopra degli archi, una parete gialla finemente decorata accompagna le decorazioni degli archi. La parte più piccola della sala è decorata da pareti di coloro azzurro pallio, mentre il soffitto, di forma esagonale, riporta decorazioni arabescate ed è diviso in spicchi azzurri che convergono vero il rosone centrale. Nell’altra parte della sala le pareti sono decorate da riquadri gialli con cornici bianche e il soffitto è interamente ricoperto da piccole piramidi di color marrone realizzate in cartapesta, ricavata dalle carte di giornali dell’epoca. Il pavimento è unico per entrambi le sezioni della sala, con riquadri a listelli orizzontali e verticali.

A seguire si incontra la Stanza della Torre di Vedetta, una piccola e accogliente stanza dalla pianta circolare con portefinestre incassate fra pannelli di legno. Originale il soffitto a losanghe artisticamente dipinte.

Per concludere, dalla parte del castello si scende da una lunga ed elegante scala a chiocciola, che conduce con una perfetta spirale al cortile centrale.

La Rocchetta, come è possibile intuire, può trasformarsi in un’ottima e particolare scenografia e non si fecero scappare l’occasione di girare al suo interno registi come Pupi Avati (in Balsamus, l’uomo di Satana) o Marco Bellocchio (Enrico IV) o come affasciante ambientazione di romanzi, come dimostrano i libri scritti da Arturo Palmieri (In Rocchetta con Cesare Mattei: ricordi di vita paesana, 1931), Mario Facci (Il Conte Cesare Mattei, parte prima e seconda, 2012 e Il Conte Cesare Mattei Signore della Rocchetta, 2014).  La sera del 9 luglio 2017 il film Enrico IV è stato proiettato nel cortile centrale della Rocchetta, in presenza del regista e dell’attrice Claudia Cardinale.

 

Visite in Rocchetta

Dal 2015 con la riapertura al pubblico, resa possibile dai restauri condotti in seguito all’acquisizione della Rocchetta da parte della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, è possibile visitare la Rocchetta nei giorni di sabato e domenica, con orari e entrate prestabilite, accompagnati da una guida fornita dal servizio del comune di Grizzana Morandi, che ha in gestione l’immobile per il rapporto con il pubblico. Inoltre, durante la settimana sono previste visite esclusive, sempre su prenotazione, è possibile affittare alcuni spazi interni ed esterni per cerimonie, ricevimenti e/o congressi. Non solo, di recente è andato in onda il programma “Voglio essere un mago”, un reality-talent in cui giovani apprendisti tra i 14 e i 18 anni seguono le lezioni di insegnanti esperti per trasformarsi in incantatori e illusionisti professionisti, le cui puntate non potevano che essere registrate all’interno degli spazi della Rocchetta.

Per le visite, orari e prenotazioni è utile, oltre che consigliato, la consultazione del link: https://rocchetta-mattei.it/visite/

 

 

 

Note

[1] Rocchetta Mattei. Un gioiello ritrovato, a cura di Gianni Castellani, ed. IMG – Moderna Industrie Grafiche S.r.l., Bologna, 2017, p. 13.

 

 

Bibliografia

Rocchetta Mattei. Un gioiello ritrovato, a cura di Gianni Castellani, ed. IMG – Moderna Industrie Grafiche S.r.l., Bologna, 2017

 

Sitografia

Chi siamo

La storia della Rocchetta Mattei in breve

https://web.archive.org/web/20150811061646/http://www.fondazionecarisbo.it/fondazionecarisbo/page.do?idc=12

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