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A cura di Francesca Strada

 

Introduzione

Nel comune di Faenza è possibile trovare un istituto dalla storia singolare, si tratta della Scuola di Pratica Agricola “Furio Camillo Caldesi”, che sorge sul colle Persolino, sede di importanti ritrovamenti archeologici e scoperte scientifiche. Si tratta di uno spazio suggestivo, che ha molto da offrire a coloro che troveranno il tempo di visitarlo, scoprendone l’antichissimo passato.

 

Storia dell’istituto

Il fondatore della Scuola di Pratica Agricola “F.C. Caldesi” fu Lodovico Caldesi, studioso faentino e fervente garibaldino, che, a seguito della morte prematura del figlio Furio Camillo, volle dedicare uno spazio all’istruzione dei giovani, destinando con testamento i suoi possedimenti all’apertura di un collegio agrario. La morte lo colse nel 1884 e appena un anno dopo venne riconosciuta la fondazione del “Collegio Convitto Agrario Furio Camillo Caldesi”, si dovette però attendere il 1912 per l’inaugurazione ufficiale della Scuola di Pratica Agricola.

 

Lodovico Caldesi

La vita del botanista romagnolo non fu facile; fu esiliato a causa delle sue idee politiche e della partecipazione attiva ai moti liberali, facendo ritorno grazie all’intervento di Papa Pio IX. Nel 1848 guidò un battaglione faentino a Vicenza durante la rivoluzione e fu deputato della provincia di Ravenna l’anno seguente. Sebbene avesse rifiutato la cattedra di botanica all’Università di Bologna per il ruolo di deputato nel Parlamento del Regno d’Italia, Caldesi lasciò la sua prestigiosa carica per combattere nella III Guerra d’Indipendenza, senza mai abbandonare la sua passione per la botanica. La nascita del figlio segnò un momento di stacco nella vita del patriota garibaldino, che si allontanò dalle turbolente vicende politiche per accudire il piccolo e approfondire le sue conoscenze di fitologia, collaborando con articoli periodici sulla flora faentina nel “Nuovo giornale botanico italiano”.

 

Il roseto del colle Persolino

Sul colle Persolino è possibile ammirare uno dei roseti più importanti d’Italia, che funge, non solo da collezione-catalogo, ma anche da laboratorio didattico per gli studenti dell’istituto agrario, quivi presente. Si tratta di un luogo estremamente stimolante, dove trova spazio uno splendido percorso basato sulla storia della rosa, partendo dall’antico Egitto fino ad arrivare alle moderne ibridazioni, attraversando il Medioevo e il Rinascimento.

 

La storia della rosa, infatti, è estremamente antica; l’uomo iniziò la sua coltivazione già 5000 anni fa a scopi nutritivi e medicinali, per poi trasformarla nell’ornamento floreale per eccellenza soprattutto in età romana, fino ad arrivare allo studio intensivo delle sue specie nel XIX secolo. La collezione dell’Istituto annovera varietà come la Rosa Gallica Versicolor, o “Rosa Mundi”, le cui origini vengono fatte risalire al XII secolo.

 

I ritrovamenti archeologici

Le prime campagne di scavo nell’area iniziarono nel 1903 con il ritrovamento di alcune capanne dell’età del bronzo, per poi proseguire con utensili di manifattura neandertaliana, resti di un edificio di matrice etrusca e di un portico romano. Il recupero delle fondamenta dell’edificio etrusco fu accompagnato dal rinvenimento di piatti, vasetti di carattere votivo e di una stipe sacra, i quali hanno condotto gli archeologi all’ipotesi del ritrovamento di una costruzione di carattere religioso databile al VI secolo a.C. circa.

 

La sua edificazione viene attribuita a una popolazione di cultura medio-adriatica, di cui il “tempietto” sarebbe la testimonianza più importante finora pervenuta in Romagna. Per quanto concerne il portico romano, non vi sono prove che si tratti di una costruzione adibita a luogo di culto, bensì di una struttura ausiliaria di una villa rustica.

Il Miracolo del Crocifisso

Il misticismo sul colle Persolino non è legato solamente al mondo antico. Quivi venne costruito un eremo in età medievale, poi sostituito dal convento dei Frati Cappuccini, ai quali si lega la tradizione del “Miracolo del Crocifisso”. Nel XVI secolo, il frate Battista Castellini, uomo d’arme convertito, dopo un aspro rimprovero, si trattenne dal ribattere al suo Superiore con uno sforzo tale da fargli scoppiare una vena nel torace, provocando una violenta emorragia. Battista si inginocchiò allora ai piedi del Crocifisso, invocando Dio. L’immagine sacra si indicò la ferita del costato e rispose al frate: “Vedi, o Battista, quanto anch’io ho sofferto per te”. Lo sbigottimento di Castellini e di Costantino da Modigliana, un confratello sopraggiunto qualche istante prima, fu tale da raccontare seduta stante agli altri la notizia, che presto si diffuse per tutta Faenza. L’immagine si trova ora nel Santuario del SS. Crocifisso.

 

Risvolti positivi in ambito scientifico

Per volontà del professor Vincenzo Ossani iniziò la coltura di piante da frutto e una collaborazione con il professor Morettini, volta all’applicazione dell’incrocio controllato per una produzione qualitativamente migliore.  Da tale desiderio, partì dal 1973 il programma autonomo di miglioramento genetico per la selezione di nettarine a polpa gialla e bianca, portando alle nuove Caldesi 84 e 85 e Caldesi 2000-2010-2020. Il lavoro svolto dall’istituto nel corso del XX secolo è stato di vitale importanza per lo sviluppo agricolo e lo studio delle varietà nel territorio romagnolo, avviando la regione verso un continuo miglioramento nel settore agroalimentare, in particolar modo per alcune specie come Pesche, Susine, Kiwi e Cachi. Particolarmente apprezzata sul territorio nazionale è un tipo di Cachi noto come Loto di Romagna, che in queste terre trova le sue maggiori piantagioni.

 

 

Tutte le foto sono state scattate da chi scrive l’articolo

 

Bibliografia

Il colle di Persolino. Un incontro di culture, M. Minguzzi ed. E. Tura, Tipografia Faentina

Centenario di una scuola, Tipografia Faentina

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