A cura di Ornella Amato
I segreti nascosti nelle cappelle
*Doveroso un ringraziamento speciale all’intero staff operante all’interno del Complesso, anzitutto per la gentilezza e la disponibilità, per aver inoltre fornito materiale storico e per l’autorizzazione alla realizzazione delle immagini fotografiche contenute in questo elaborato.
Nelle cappelle
dove
grandi nomi provenienti da Firenze,
hanno lasciato la loro opera.
Introduzione
Il viaggio che virtualmente si compie tra la Napoli aragonese e la Firenze rinascimentale si esplica soprattutto attraverso le opere realizzate all’interno di quello che fu il grande cantiere di Santa Maria di Monteoliveto e che trova la sua realizzazione in diverse cappelle, all’interno delle quali lavorarono importanti nomi fiorentini.
La Cappella Piccolomini
Entrando a sinistra, la prima cappella che il visitatore incontra è la Cappella Piccolomini voluta da Antonio Piccolomini, Duca di Amalfi, per la moglie Maria d’Aragona, morta nel 1470 a soli 18 anni ed il cui monumento funebre è collocato sulla parete sinistra della cappella stessa.
Lo stemma della casata, realizzato a seguito dell’unione della casata aragonese coi Piccolomini, è incastrato nel pavimento della cappella e contiene i simboli di entrambe le famiglie: i simboli del casato d’Aragona affiancano la mezza luna per la famiglia del duca.
Alla cappella e al monumento funebre, datati intorno agli anni immediatamente successivi alla morte della duchessa, lavorarono prima Antonio Rossellino fino al 1479, anno della sua morte, e successivamente Benedetto da Maiano, che la completò intorno al 1492.
All’interno della cappella Rossellino ripropone lo schema e gli arredi da lui utilizzati per San Miniato al Monte e per questo stesso motivo è probabile che in origine la cappella fosse stata ornata anche da tondi realizzati con la tecnica della terracotta invetriata, tipica dei Della Robbia, già utilizzata in San Miniato e che si ritrova anche nella cappella Tolosa, all’interno dello stesso complesso monumentale.
Allo scalpellino del Rossellino – e a quello di Matteo del Pollaiolo – è assegnato anche l’Altare della Natività, collocato sulla parete sinistra e lateralmente al monumento funebre. Al centro si trova la splendida scena della Natività e ai lati si segnala la presenza dei Santi Andrea e Giacomo, esplicito richiamo alla famiglia committente poiché erano i santi eponimi dei fratelli del duca.
La scena della Natività non sembra seguire l’iconografia tradizionale perché tripartita in tre momenti. A destra, sullo sfondo, si riconosce l’annuncio ai pastori. Avanzando nella scena, sopra la capanna vi è un tripudio di angeli festanti che danzano a lode e gloria della nascita del Salvatore.
Nella capanna si trovano la Vergine col Bambino e davanti a loro San Giuseppe che riposa, realizzato in una posizione che sembra fare riferimento ad uno dei momenti immediatamente successivi alla natività: il riposo del padre putativo di Gesù che precede la fuga in Egitto. Sovrastano l’intera scena quattro putti reggi festone.
Lateralmente all’altare è collocato il monumento funebre di Maria d’Aragona.
Il volto della giovane duchessa è quello di una fanciulla morta in giovane età e la sua bellezza è tale che, più che morta, sembra che dorma.
La mano di Benedetto da Maiano è stata identificata nel rilievo raffigurante la Resurrezione, tra i due angeli inginocchiati posizionati ai lati del monumento, e nel gruppo in alto in cui è rappresentata una Madonna con Bambino all’interno di una ghirlanda, sorretta anch’essa da due angeli in volo.
La cappella ospita anche un’opera d’arte contemporanea, del 2017: Muscolo Minerale. L’opera è di Jago ed è posizionata al centro della cappella, di cui sembra quasi una sorta di “cuore pulsante”. Non monopolizza l’attenzione del visitare, bensì si integra coi capolavori della cappella, quasi fosse stata concepita con essa e per essa.
L’illuminazione naturale della cappella fa risaltare le opere che custodisce, evidenziandone la tridimensionalità ed incantando chi le osserva.
La Cappella Correale
La prima cappella a destra della porta d’ingresso è la Cappella Correale, voluta dal maggiordomo di Alfonso II, Marino Correale, conte di Terranova, di cui la stessa accoglie anche il sarcofago.
La struttura segue l’impianto tipicamente utilizzato nella tradizione rinascimentale fiorentina con vano cubico, cupoletta e lunette.
Lo sguardo del visitatore è catturato dalla pala d’altare di Benedetto da Maiano raffigurante l’Annunciazione. L’arcangelo Gabriele originariamente aveva nella mano sinistra un giglio, andato perduto, del quale restano sulla pala i fori.
La Vergine è rappresentata in una posa non convenzionale: con la mano sinistra – di grandi dimensioni – sorregge parte della tunica che indossa ed un libro, mentre la mano destra è posta sotto il seno, quasi ad abbracciarsi. Questa posizione è quella tradizionalmente assunta dalle donne gravide nell’atto di proteggere il bambino che portano in grembo. Le braccia e le mani sembrano quasi dare forma ad un cerchio che circoscrive il ventre, non ancora rigonfio dalla gravidanza, nel quale verrà custodito il Salvatore, come annuncia l’arcangelo stesso.
Ai lati della scena centrale sono rappresentati i santi Giovanni Battista ed Evangelista, mentre nella predella sottostante sono rappresentate le scene della vita di Cristo. In quest’ultima, è da notare che sono invertite due scene della vita di Cristo: la scena raffigurante la Resurrezione, infatti, precede quella della Deposizione. L’intero riquadro è chiuso da una cornice decorata con un fregio sovrastato da spiritelli che reggono un festone.
Lo spiritello reggi festone di destra oggi è al centro dell’attenzione della critica d’arte: studi diversi lo attribuiscono ad un giovanissimo Michelangelo Buonarroti che, secondo la studiosa tedesca Margrit Lisner, intorno ai quattordici anni si sarebbe trovato a bottega proprio presso Benedetto da Maiano, permettendo di conseguenza di datare l’opera intorno al 1489. Tuttavia, si tratterrebbe di un’attribuzione di stile e non documentata[1]. Il volto e l’atteggiamento della scultura sembrano troppo innovativi rispetto allo stile tradizionalmente rinascimentale di Benedetto, inoltre la postura dello spiritello, che presenta il braccio destro alzato, è una postura che lo stesso Buonarroti riprenderà anche in una fase più matura della sua attività, come per esempio nel Cristo giudicante della Cappella Sistina o nello Schiavo barbuto della Galleria dell’Accademia di Firenze.
Il Cappellone del Santo Sepolcro: Cappella Fiodo e Cappella del Compianto
Il Cappellone del Santo Sepolcro è un grande vano bipartito e il primo ambiente in cui si accede è la Cappella Fiodo.
La cappella ospita la tomba di Antonio Fiodo, dalla particolare forma di sedile marmoreo, ma ospita anche sulla parte opposta le tombe di Antonio d’Alessandro e della moglie.
Il secondo vano è la Cappella Lannoy, appartenente alla famiglia Lannoy – Colonna, di cui lo stemma è inserito nel pavimento della cappella. All’interno di essa trova collocazione uno dei capolavori della chiesa: il Compianto sul Cristo morto del modenese Guido Mazzoni, commissionatogli direttamente da Alfonso II e realizzato in terracotta policroma.
La vena realistica che caratterizza l’intero gruppo scultoreo è impressionante.
Gli otto personaggi sono tutti a grandezza naturale. Il corpo del Cristo è adagiato su un basamento e intorno a lui si riconoscono: Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, la Maddalena, Maria di Salomè, che sembra quasi sorreggere la Vergine, San Giovanni Evangelista e Maria di Cleofa.
Il forte realismo che caratterizza la scena finisce col rendere il visitatore incluso nella scena stessa, come se si trovasse sul Golgota, appena dopo la deposizione del Cristo.
Nessun dettaglio è stato trascurato e la cura del particolare è probabilmente la sua maggiore caratteristica: sguardi addolorati e volti distrutti dal dolore della perdita; occhi piangenti e visi contratti con rughe d’espressione fortemente in evidenza; bocche aperte come se stessero gridando. Tutti i dettagli sono inseriti, anche quelli che potevano essere nascosti poiché lontani dallo sguardo dell’osservatore.
I tratti fisiognomici dei soggetti rimandano alla famiglia d’Aragona, in particolare Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo sembrano ricordare rispettivamente Alfonso e Giovanni Pontano, umanista di corte. Inoltre, non sono mancati critici che nei tratti di Nicodemo hanno voluto vedere il volto di Ferrante d’Aragona.
È da notare che gli abiti indossati dalla Maddalena, da Nicodemo e da Giuseppe D’Arimatea rimarcano l’abbigliamento quattrocentesco. Questo dimostrerebbe come gli artisti “forestieri” chiamati a Napoli, pur proponendo tematiche già realizzate nelle loro città, fossero riusciti a soddisfare le esigenze e le richieste della committenza napoletana.
Per quel che concerne l’opera nel suo complesso, è da segnalare che l’attuale collocazione non è quella originale poiché inizialmente era stata concepita e collocata a sinistra del presbiterio. Non è inoltre da escludere che anche la collocazione attuale delle statue non sia originale: infatti volti e sguardi – ad esempio quello di Ferrante e quello di Nicodemo – sembrano quasi perdersi nel vuoto piuttosto che voltarsi verso il Cristo morto, come logica vorrebbe. Una testimonianza di questa teoria sono i gruppi scultorei, dello stesso Mazzoni, del Compianto (1450) della Chiesa del Gesù di Ferrara e di quello di Modena, nella chiesa di San Giovanni Battista, datato tra il 1477 e il 1479: i personaggi sono posti intorno al corpo del Cristo in un semicerchio che trova il suo congiungimento nel corpo del Salvatore disteso, come a dare senso al cerchio della vita.
L’opera dei fiorentini in Sant’Anna dei Lombardi a Napoli è notevole: la testimonianza della loro presenza aggiunge un altro tassello alla storia del periodo del Rinascimento, uno tra i periodi più ricchi e fecondi: storia, letteratura ed arte si muovono lungo la penisola, sotto la protezione di Lorenzo il Magnifico, lasciando capolavori d’arte inestimabile.
Le immagini fotografiche inserite in questo elaborato – laddove non indicato espressamente – sono state realizzate dall’autrice, previa autorizzazione alla realizzazione ed alla pubblicazione delle stesse, da parte del personale addetto del Complesso monumentale di Sant’Anna dei Lombardi.
Note
[1] Tratto da ‘La Testata magazine.it – Anna Illiano – Michelangelo Buonarroti – Il tesoro di Sant’Anna dei Lombardi si amplia ‘ 2 Gennaio 2022
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