A cura di Andrea Bardi
I personaggi
Un’altra delle novità apportate da Raffaello nella Scuola – elemento prontamente rilevato da Most – è la straordinaria ricchezza del parterre di personaggi, che da un manipolo (Pinturicchio, Perugino) arrivano a sfiorare l’incredibile numero di sessanta unità. Alcuni di questi personaggi, nota ancora Most, sono stati individuati senza particolari difficoltà già dal Vasari: il gruppo centrale, con Platone e Aristotele (con le fattezze di Leonardo e di Bastiano da Sangallo, fig. 1), ma anche le figure di Diogene (fig. 2), Donato Bramante, nei panni di Euclide (fig. 3) e di Raffaello (nei panni di Apelle, fig. 4). L’aretino, tuttavia, commise alcuni grossolani errori di valutazione, identificando addirittura dei “Vangelisti” e un “San Matteo”[i]. A queste figure Bellori aggiunse Socrate, “calvo”[ii], Pitagora (Fig. 5), Empedocle, Epicarmo e Archita, ipotizzando anche la presenza di Francesco Maria della Rovere, nipote del pontefice, nel “nobil giovinetto ammantato fino al collo in candido manto fregiato d’oro con la mano al petto” (fig. 6). Particolare rilievo ha assunto anche Eraclito (fig. 7), personaggio non presente nel cartone preparatorio dell’Ambrosiana (fig. 8) e comunemente associato a Michelangelo Buonarroti.
Oltre a queste suggestioni, si è altresì già fatto accenno a come, nell’Ottocento e in piena temperie positivistica, le ricerche sulla Scuola – nello specifico, quelle relative all’identificazione precisa dei personaggi – avessero raggiunto un livello quasi “isterico” e maniacale. Tale “isteria identificativa” fa capo a Johann David Passavant (Raffaello d’Urbino e il padre suo, Giovanni Santi, 1839), il quale volle leggere, sulla scorta delle Vite dei Filosofi di Diogene Laerzio, l’intera scena come il dispiegamento cronologico della filosofia antica, dai primordi (i presocratici, in alto a sinistra) al suo massimo sviluppo (Platone e Aristotele, al centro) fino all’inevitabile declino (in basso a destra, le scuole filosofiche del periodo imperiale). Fu solo nel 1883 che Anton Heinrich Springer (La “Scuola di Atene” di Raffaello) “riuscì a dimostrare […] la futilità di questo sforzo interpretativo semplicemente stilando sotto le figure una lista delle varie identità proposte dai diversi studiosi”[iii]. Ribadita, in sede successiva, anche da Heinrich Wolfflin (L’arte classica. Introduzione al Rinascimento Italiano, 1924), questa tesi è accolta anche da Most, che non ritiene necessario identificare ogni personaggio al fine di arrivare ad una comprensione esaustiva dell’affresco.
Nel corso del Novecento, tuttavia, alcuni dati precedentemente accettati sono stati messi in questione. Prima Konrad Oberhuber (Raffaello. Il Cartone per la Scuola di Atene, 1972) e poi Giovanni Reale (La Scuola di Atene di Raffaello, 2005) hanno rivolto la loro indagine sul presunto ritratto di Francesco Maria della Rovere. Entrambi gli studiosi, ribaltando il pensare comune, hanno avanzato l’ipotesi che la figura efebica, vestita di bianco, potesse raffigurare l’ideale greco della kalokagathia, formula con la quale si riassume la concezione ellenica di “Bello/Bene”.
Negli anni Novanta, poi, Daniel Orth Bell (New Identifications in Raphael’s School of Athens, 1995) ha messo in discussione anche l’identificazione di uno dei personaggi di sinistra con Socrate. Lo storico, partendo dall’identificazione della figura vicina, in abiti militari – comunemente associata ad Alcibiade – con Pericle, ha sostituito il filosofo “calvo” e dal “naso camuso” (fig. 9) con Anassagora, che di Pericle fu maestro. Anassagora – sostiene Bell – sosteneva che l’universo si ordinasse in distinti livelli di materia organica. Proprio a quei livelli, dunque, sembrerebbe accennare Anassagora, ritratto dal pittore nell’atto di contare con la mano[iv].
Una simile considerazione complica di fatto la situazione, costringendo lo studioso a dover trovare un nuovo e credibile candidato per il ruolo di Socrate. Anche questa volta, tuttavia, Bell effettua un’operazione di sostituzione, individuando in Socrate il personaggio disteso sulle scale, fino a quel momento universalmente accettato come Diogene. La ciotola, che il filosofo cinico, in un episodio ben noto della sua vita, aveva lanciato ad un bambino che beveva con le mani, si trasforma nel contenitore della cicuta, il veleno che diede la morte, dopo un ingiusto processo, proprio a Socrate. La tesi di Bell verrebbe giustificata, inoltre, dalla presenza di due giovani nelle vicinanze (Crito e Apollodoro, che di Socrate erano discepoli), i quali non troverebbero giustificazione alcuna se associati a Diogene[v]. Quella di Bell è una suggestione affascinante, dal momento che rimetterebbe al centro della composizione “i tre filosofi greci più importanti”(trad.mia)[vi], riservando un posto marginale a Diogene, il quale andrebbe – a sua volta – a sostituire il presunto Plotino (fig. 10), un anziano uomo vestito con una semplice tunica rossa, un indumento che il padre della filosofia cinica aveva indossato fino al momento della sua morte. Il recupero di una centralità di Socrate – continua lo storico – ben si presterebbe, poi, ad un raffronto con la scena opposta, la Disputa del Sacramento. In una simile prospettiva, infatti, l’ingiusto sacrificio di Socrate verrebbe letto come un’anticipazione del sacrificio di Cristo[vii].
Bibliografia
Daniel Orth Bell, New identifications in Raphael’s School of Athens, in “The Art Bulletin”, vol. 77, no. 4, New York, College Art Association, 1995, pp. 638-646.
Glenn W. Most, Leggere Raffaello. La Scuola di Atene e il suo pre-testo (1999), trad. it. di Daniela La Rosa, Torino, Einaudi, 2001.
Giovan Pietro Bellori, Descrizione delle immagini dipinte da Raffaelle da Urbino, Roma, Stamperia di Giovanni Giacomo Komarek, 1695.
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, Firenze, Giunti, 1568.
Note
[i] G. Vasari, Le Vite, p. 69.
[ii] G. P. Bellori, Descrizione delle immagini dipinte da Raffaelle da Urbino, p. 35.
[iii] G. W. Most, Leggere Raffaello: la “Scuola di Atene” e il suo pre-testo, p. 11.
[iv] D. Orth Bell, New identifications in Raphael’s School of Athens, p. 641.
[v] Ivi, p. 642.
[vi] Ivi, p. 643.
[vii] Ivi, p. 644.
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